Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 23166 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 23166 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/05/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CATANZARO il 27/02/1975 avverso la sentenza del 09/01/2025 della Corte d’appello di Catanzaro Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.Con sentenza del 9.1.2025, la Corte di Appello di Catanzaro, all’esito di trattazione orale, ha confermato la pronuncia emessa in primo grado nei confronti di COGNOME NOMECOGNOME che l’aveva dichiarato colpevole del reato di furto aggravato.
2.Avverso la suindicata sentenza, ricorre per cassazione l’imputato, tramite il difensore dì fiducia, deducendo quattro motivi di seguito enunciati nei limiti di c all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.
2.1.Col primo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione adducendo la nullità della sentenza impugnata per erronea considerazione dello
status dell’imputato. La sentenza impugnata risulta affetta da nullità assoluta ai sensi dell’art. 178, comma 1, lett. c) del codice di rito in quanto è stata pronunciat In assenza dell’imputato che è stato erroneamente considerato libero assente mentre, come risultava dalla sentenza di primo grado, era in realtà detenuto. La Corte di appello ha omesso di verificare lo status effettivo del ricorrendo violando il diritto dello stesso di partecipare al processo. Né l’onere di rilevare lo stato detenzione può essere attribuito alla difesa.
2.2.Col secondo motivo deduce la violazione dell’art. 604 del codice di rito per mancata declaratoria di nullità della sentenza di primo grado. Qualora non si ritenga fondato il primo motivo di ricorso, deve essere evidenziato che la difesa aveva sollevato in appello la questione della nullità della sentenza di primo grado per difetto di motivazione, sia in relazione alla mancata applicazione dell’art. 131-bi cod. pen., sia con riguardo alla fragilità probatoria in ordine al riconoscimento dell’imputato. La Corte di appello ha omesso di esaminare in modo approfondito tale questione limitandosi a una conferma aprioristica della sentenza di primo grado senza un’adeguata disamina delle eccezioni difensive.
2.3.Col terzo motivo deduce violazione di legge e vizio di motivazione in relazione alla mancata applicazione dell’art. 131-bis cod. pen. La sentenza impugnata ha, da un lato, trascurato che il danno patrimoniale di circa 200 C è esiguo e che la condotta non è connotata da particolare pericolosità sociale e, dall’altro, ancorato l’esclusione della particolare tenuità del fatto alla biogr penale dell’imputato ovvero alla mera esistenza di precedenti penali, circostanza, questa, che invece non preclude automaticamente l’applicazione della causa di esclusione della punibilità di cui all’articolo 131-bis.
2.4.Col quarto motivo deduce l’erronea valutazione delle prove e vizio di motivazione in merito all’identificazione dell’imputato. La sentenza impugnata ha confermato la condanna dell’imputato basandosi esclusivamente sul riconoscimento dello stesso attraverso immagini di videosorveglianza senza l’ausilio di ulteriori elementi probatori certi ed univoci. Secondo la Corte di merito il teste di Polizi Giudiziaria avrebbe fornito una descrizione compatibile con la ricostruzione dell’effrazione offerta dal commerciante derubato, senonché le dichiarazioni del teste di PCOGNOME recano un evidente vulnus in quanto contraddittorie e poco lineari, frutto di una ricostruzione basata su mere congetture, come tali inidonea a fondare un giudizio dì penale responsabilità. Nel caso dì specie le immagini erano di qualità non eccelsa e riprese da distanza considerevole, le condizioni di illuminazione variavano, essendo orario notturno, rendendo incerta l’identificazione. Non sono stati indicati altri elementi oggettivi che confermino l’identità del ricorrente ladd la Corte di Cassazione ha più volte affermato che il riconoscimento del colpevole
basato su immagini di videosorveglianza deve avvenire secondo criteri rigorosi, non potendosi fondare su mere valutazioni soggettive di investigatori o testi. Inoltre, l Corte di Cessazione ha ribadito che il riconoscimento operato da personale di polizia giudiziaria, pur se dotato di esperienze investigativa, non può costituire da solo una prova certa di colpevolezza specie in assenza di altre conferme oggettive.
È stato infine precisato che in assenza di una perizia tecnica o di altri riscont oggettivi, il riconoscimento basato esclusivamente su immagini di scarsa qualità non può costituire prova piena per una condanna ma solo un elemento indiziario da valutarsi con prudenza.
Il ricorso, proposto successivamente al 30.6.2024, è stato trattato – ai sensi dell’art. 611 come modificato dal d.lgs. del 10.10.2022 n. 150 e successive integrazioni – in assenza di richiesta di trattazione orale, senza l’intervento de parti che hanno così concluso per iscritto:
il Sostituto Procuratore Generale presso questa Corte ha concluso chiedendo dichiararsi inammissibile il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 ricorso è, nel suo complesso, infondato.
1.1. Il primo motivo di ricorso è, sotto certi aspetti, anche generico.
E, invero, inammissibile, per difetto di specificità del motivo, l’impugnazione (nella specie, il ricorso per cassazione) con cui si deduce la nullità della notifica un atto in ragione della sua effettuazione presso il difensore di fiducia e non a domicilio dichiarato dall’imputato, ove il ricorrente non abbia indicato il concret pregiudizio derivato in ordine alla conoscenza dell’atto stesso e all’esercizio del diritto di difesa (Sez. 6, n. 24741 del 04/01/2018, COGNOME, Rv. 273101).
E, nel caso di specie, il ricorso, proposto con procura speciale rilasciata dall’imputato, in calce all’atto, al difensore, avv. NOME COGNOME gi domiciliatario, in virtù di elezione dì domicilio del 13.6.2023, e destinatario in qualità della citazione in appello, nulla dice al riguardo limitandosi a rilevare nullità assoluta della sentenza di appello per essere stato l’imputato erroneamente dichiarato assente, mentre, come risultava dalla sentenza di primo grado, era detenuto (per altra causa).
A fronte del fatto che l’avv. COGNOME risulta il difensore dì fiducia che h assistito l’imputato sin dal primo grado di giudizio e che ha redatto l’atto di appell in calce al quale risulta parimenti apposta la procura speciale rilasciata dal COGNOME che si indica come residente in Catanzaro INDIRIZZO il ricorso, senza neppure
affermare esplicitamente che l’imputato fosse ancora detenuto per altra causa all’atto della citazione in appello, né prospettare la mancata conoscenza del processo da parte dello stesso, che ben avrebbe potuto essere notiziato dell’udienza di trattazione in appello proprio dal difensore domiciliatario, si limita ad eccepire ricorrenza della nullità ex art. 178, comma 1, lett. c) c.p.p. assumendo che la dichiarazione di assenza fosse intervenuta senza il preventivo accertamento dello status dell’imputato. E fonda tale assunto sul fatto che l’imputato era stato dichiarato assente laddove dalla sentenza di primo grado emergeva il suo status di detenuto per altra causa; circostanza questa che avrebbe dovuto comportare l’accertamento, da parte della Corte di merito, dello status attuale dell’imputato.
1.1.1. La difesa non considera che, alla stregua della giurisprudenza di questa Corte, trasfusa anche in diverse pronunce delle Sezioni Unite, si deve distinguere il caso dell’omessa citazione in giudizio da quello in cui la citazione sia intervenuta ma con modalità diverse da quelle stabilite dalla legge che hanno potuto comunque consentire la conoscenza dell’atto da parte dell’imputato (cfr. innanzitutto Sez. U, n. 19602 del 27/03/2008, Rv. 239396 – 01 che rispetto ad una ipotesi di notificazione del decreto di citazione per il giudizio di appello dell’imputato presso difensore di fiducia in violazione delle diverse modalità prescritte, ha affermato che si tratta di nullità a regime intermedio che deve ritenersi sanata quando risult provato che non ha impedito all’imputato di conoscere l’esistenza dell’atto e di esercitare il diritto dì difesa, ed è, comunque, priva di effetti se non dedo
Ebbene, se è vero che compete all’autorità giudiziaria procedente di verificare se l’imputato è detenuto per altra causa ove emergano elementi in tal senso, è altrettanto vero che allorquando la detenzione non afferisce al giudizio in corso, dal mancato accertamento, non intervenuto in mancanza di elementi da cui desumere che l’imputato potesse essere detenuto, non può farsi discendere alcuna conseguenza. Nel caso di specie, dallo stesso tenore dell’atto di appello e della relativa procura speciale rilasciata in calce allo stesso non si evince(va) che l’imputato fosse ancora detenuto per altra causa, e la difesa, d’altronde, non ha allegato tale circostanza neppure col ricorso in scrutinio, che, a ben vedere, come detto, non adduce nemmeno la mancata conoscenza del giudizio di appello da parte dell’imputato, dolendosi genericamente del fatto che la dichiarazione di assenza sarebbe avvenuta senza l’accertamento dello status dell’imputato, omissione che avrebbe comportato “una irregolare celebrazione del giudizio di appello, determinando una nullità assoluta della sentenza” (così testualmente in ricorso); né, tanto meno, la difesa ha rilevato o eccepito alcunché in merito alle modalità di notifica della citazione dell’imputato presso il difensore, né in ricorso né allorquand è stata rilevata, e dichiarata, l’assenza da parte del collegio territoriale. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
tempestivamente, essendo soggetta alla sanatoria speciale di cui all’art. 184, comma primo, alle sanatorie generali dì cui all’art. 183, alle regole di deducíbilità d cui all’art. 182, oltre che al termini di rilevabilità di cui all’art. 180 cod. proc. applicazione di tale principio le SS.UU, hanno ritenuto che il vizio di notificazion difforme dal modello legale, non abbia provocato lesioni del diritto di conoscenza e di intervento, del resto nemmeno dedotti, dell’imputato, il quale, tra l’altro, ave proposto personalmente le impugnazioni di appello e di legittimità; d’altro canto, le S.U. hanno ritenuto tardiva la relativa eccezione di nullità, che ben poteva e doveva essere proposta nel giudizio di appello. Cfr. altresì Sez. U, n. 12778 del 27/02/2020, Rv. 278869 – 02, che ha affermato che le notificazioni effettuate, nei confronti dell’imputato detenuto, presso il domicilio dichiarato od eletto e non ne luogo dì detenzione, danno luogo a nullità a regime intermedio, soggetta alla sanatoria prevista dall’art. 184 cod. proc. pen.)
In particolare, le Sezioni Unite, con la sentenza n. 12778 del 27/02/2020, testé citata, dopo aver affermato il principio secondo cui “le notificazioni all’imputato detenuto vanno sempre eseguite, mediante consegna di copia alla persona, nel luogo di detenzione, pur in presenza di dichiarazione od elezione di domicilio, anche nei confronti dell’imputato detenuto in luogo diverso da un istituto penitenziario e, qualora lo stato di detenzione risulti dagli atti, anche nei confro del detenuto “per altra causa”, hanno chiarito che le notificazioni effettuate, nei confronti dell’imputato detenuto, presso il domicilio dichiarato od eletto e non ne luogo di detenzione, danno luogo a nullità a regime intermedio, soggetta alla sanatoria prevista dall’art. 184 cod. proc. pen. (e non solo).
Le Sezioni Unite hanno al riguardo anche citato l’ordinanza n. 315 del 1998 della Corte Costituzionale, che, nel richiamare la sentenza n. 25 del 1970, ha ribadito che la «notifica nelle forme ordinarie, nei confronti di chi sia detenuto p altro processo, non importa menomazione del suo diritto dì difesa fin quando viene eseguita alle persone e nei luoghi con cui è ragionevole presumere che l’imputato conservi, nonostante il suo stato di detenzione, contatti e rapporti, mediante consegna della copia nei luoghi ove l’imputato ha residenza o dimora, dovendosi ritenere che le persone cui la copia è consegnata, o per i vincoli e i rapporti che esse hanno con l’imputato e sono dalla legge indicati, o per la scelta fiduciaria che egli stesso ebbe a farne… inoltreranno a lui l’atto notificato».
Indi, ha concluso il massimo Consesso che, se è vero che, fra ì due modelli notificatori, in caso di imputato detenuto, prevale quello “legale” (proprio perché quello volontario scaturente dalla dichiarazione/elezione di domicilio rimane sospeso), «è altrettanto indubbio, però, che, ove la notifica sia (erroneamente) eseguita presso il domicilio eletto o dichiarato è del tutto improprio ipotizzare un
inesistenza della notifica, come sostiene la Sezione rimettente che, invoca, ìn proposito, le Sez. U, n. 7697 del 24/11/2016, dep. 2017, COGNOME, Rv. 269028 e le Sez. U, n. 17179 del 27/02/2002, Conti, Rv. 221402›>.
La sentenza che deve invece essere presa in considerazione al riguardo argomentano le Sezioni Unite – perché ha compiutamente distinto fra notifica omessa e notifica nulla e sulle conseguenze che derivano dall’una o dall’altra ipotesi, «è quella pronunciata a Sez. U, n. 119 del 27/10/2004, dep. 2005, COGNOME, Rv. 229539, che hanno affermato il principio di diritto secondo cui in tema di notificazione della citazione dell’imputato, la nullità assoluta e insanabi prevista dall’art. 179 cod, proc. pen. ricorre soltanto nel caso in cui la notificazi della citazione sia omessa o quando, essendo eseguita in forme diverse da quelle prescritte, risulti inidonea a determinare la conoscenza effettiva dell’atto da part dell’imputato. Di conseguenza, se la notificazione della citazione avvenga in modo viziato (art. 171 cod. proc. pen.) o adottando un modello diverso da quello prescritto, si verte in un caso di nullità a regime intermedio rilevabile nel termine cui all’art. 180 cod. proc. pen., e sempre che la nullità non resti sanata, a norma dell’art. 184 comma 1 cod. proc. pen., quando la parte compaia o rinunci a comparire».
Nella fattispecie, il giudizio si è svolto mediante trattazione orale e l’imputa risultava elettivamente domiciliato presso il difensore, che nulla ha eccepito in merito alle modalità di notifica della citazione del medesimo, né alla mancata conoscenza del giudizio da parte del medesimo.
Pertanto, non avendo, il difensore dell’imputato – come avrebbe dovuto e potuto ai sensi del combinato di sposto di cui agli artt. 178 lett. c) e 180 c.p. trattandosi di nullità derivante da citazione irregolare in appello e non omessa (cfr da ultimo, anche Sez. U, Sentenza n. 42123 del 27/06/2024, Rv. 287096 – 02) eccepito alcunché né immediatamente, né, nel corso del giudizio, prima della deliberazione della sentenza di secondo grado, essa, nullità, deve, in ogni caso, ritenersi tardivamente addotta col ricorso in cassazione in scrutinio.
1.2. Quanto ai rilievi, di cui al secondo e terzo motivo di ricorso, sul motivazione svolta, nella sentenza impugnata, in merito al diniego di applicazione della fattispecie di cui all’art. 131-bis cod. pen., essi sono aspecifíci, limitandos evidenziare la entità del danno ai circa 200 euro) e ia insussistenza di una preclusione al chiesto riconoscimento sulla sola base dei precedenti penali risultanti a carico del richiedente. Laddove la Corte di merito non si è limitata a rilevare l biografia penale del prevenuto, ma ha evidenziato l’insidia insita della condotta posta in essere dallo stesso, attuata in orario notturno ed eseguita danneggiando
finestra e registratore di cassa, e dunque cagionando alla persona offesa un danno anche superiore alla somma asportata.
1.3. Il quarto motivo è infondato.
Ed invero, come ha già posto in evidenza la Corte di merito, il ragionamento probatorio del primo giudice è in linea col consolidato orientamento di questa Corte in forza del quale il riconoscimento dell’imputato nel soggetto ritratto ne fotogrammi estratti dalla registrazione effettuata dalle telecamere di sicurezza presenti sul luogo di consumazione del delitto, operato da parte del personale di polizia giudiziaria che vanti pregressa personale conoscenza dello stesso, ha valore di indizio grave e preciso a suo carico, la cui valutazione è rimessa al giudice di merito (cfr. tra tante Sez. 2, Sentenza n. 45655 del 16/10/2014, Rv. 260791 – 01; Sez. 2, Sentenza n. 42041 del 27/06/2019, Rv. 277013 – 01).
E la sentenza impugnata, a sua volta, non si è limitata a rilevare l’intervenuto riconoscimento da parte dell’operante che già aveva avuto modio di conoscere l’imputato per ragioni di servizio, ma ha precisato che lo stesso aveva anche offerto una descrizione dei tratti fisionornici del Di COGNOME. E quanto alla idoneità del immagini, la Corte di merito ha spiegato che il dubbio esternato dall’investigatore, ed enfatizzato dal difensore, ha avuto ad oggetto la risposta fornita dal teste con riferimento alla riconoscibilita dei soggetto dalle sole immagini registrate dal prima telecamera, ciò crie invece la difesa non considera è come proprio lo stesso teste avesse subito dopo riferito di aver seguito, grazie alle altre telecamere collocate sul percorsa, l’intero tragitto effettuato dal soggetto e di aver successivamente e pacificamente riconosciuto come l’odierno imputato.
In altri termini si evince dalla motivazione resa dalla Corte di appello come la valutazione dalla medesima svolta sia stata congrua, avendo essa fornito risposta adeguata a quanto rilevato dalla difesa in quella sede. E non solo, dalla motivazione impugnata, oltre che da quella del Tribunale, si evince altresì come i giudici di merito hanno in buona sostanza valutato l’attendibilità dei riconoscimento attraverso l’esame della deposizione del teste di NOMECOGNOME crie ebbe ad effettuarlo, evidenziando come questi non si era limitato a riferire i’esito della visione dei filma registrati dalle diverse telecamere esistenti sui luoghi interessati dal passaggio dell’imputato, ma aveva anche distinto tra le immagini che avevano consentito il riconoscimento e quelle meno chiare a tai fine, ed offerto la descrizione della fisionomia della persona riconosciuta. Si è peraltro trattato di un riconoscimento non effettuato sulla base di mere effigi ma di immagini in movimento, che, evidentemente, in maniera ben più esaustiva sono idonee a fornire gli elementi identificativi di un soggetto.
2. Dalle ragioni sin qui esposte deriva il rigetto del ricorso, cui consegue, p legge,
ex art. 616 cod, proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle
spese di procedimento.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 16/5/2025.