Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 33196 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 33196 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 23/09/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
COGNOME NOME nato a ORTONA il 18/07/1977
COGNOME NOME nato a PESCARA il 31/07/1975
avverso la sentenza del 14/10/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME che ha co)1211so chiedendo
udito il Pubblicojjiisero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Con sentenza del 14/10/2024 la Corte di appello di L’Aquila ha confermato la sentenza del Tribunale di Pescara di condanna degli imputati COGNOME NOME e COGNOME NOME perché ritenuti responsabili di plurime violazioni dell’art. 73 d.P.R. 309/90.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione gli imputati, a mezzo del comune difensore, articolando i seguenti motivi di doglianza.
Con riferimento alla posizione di NOME NOME la difesa eccepisce la nullità delle sentenze di primo e di secondo grado per omessa notifica del decreto di giudizio immediato nelle mani dell’imputato detenuto.
Nel merito la difesa contesta l’affermazione di penale responsabilità dell’imputato quanto al capo 9) della rubrica, sostenendo che la ricostruzione dei fatti offerta dai giudici sarebbe illogica ed incoerente.
Parimenti illogica sarebbe l’interpretazione fornita in sentenza del dialogo intercettato con il coimputato COGNOME dal quale è stato tratto il convincimento che l’oggetto della conversazione riguardasse la sostanza stupefacente.
Con riferimento alla posizione di COGNOME NOME la difesa si duole dell’affermazione di penale responsabilità in relazione agli episodi di cui ai capi 10) e 10bis) della rubrica.
Per quanto attiene alla prima contestazione, mancherebbe qualsiasi riferimento nella motivazione del provvedimento impugnato agli elementi che hanno portato a ritenere la colpevolezza dell’imputato con riferimento ai singoli episodi citati nella imputazione, verificatisi in tre distinte date. L’unico elemento valorizzato in sentenza è rappresentato dal colloquio intercorso tra COGNOME NOME e COGNOME Luca (intercettazione ambientale del 13/06/2014). Dalla suddetta conversazione la Corte di merito ha desunto il pieno coinvolgimento del COGNOME nei traffici di stupefacenti ed in particolare nel recupero dei crediti, senza però minimamente considerare che COGNOME, pressato da COGNOME che reclamava il pagamento delle somme, potrebbe aver attribuito falsamente a COGNOME il ruolo di esattore per prendere tempo. Lo stesso COGNOME, come riportato in sentenza, in sede di interrogatorio ha negato di aver avuto rapporti con l’imputato in relazione allo spaccio di stupefacenti.
In relazione al capo 10bis) della rubrica, l’imputato è stato ritenuto colpevole della detenzione di gr. 50 di hashish solo perché è stato intercettato un
colloquio nel quale si vantava di aver “beffato” i Carabinieri, eludendo un potenziale controllo. Proprio il tenore del colloquio e l’inverosimiglianza di quanto dichiarato, in assenza del pur minimo riscontro, avrebbe dovuto indurre la Corte di merito a ritenere non dimostrato il reato.
Il Procuratore Generale, con requisitoria scritta, ha concluso chiedendo raccoglimento del primo motivo di ricorso proposto da COGNOME Paolo e l’inammissibilità del ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME
Il primo motivo di ricorso proposto da COGNOME PaoloCOGNOME con rilievo assorbente su ogni altra questione, è fondato e deve essere accolto.
Alla data della notifica del decreto di giudizio immediato l’imputato era detenuto agli arresti domiciliari per questa causa, come evidenziato dagli stessi giudici di merito.
La notifica del decreto è stata eseguita a mezzo posta il 10 marzo 2016 in Spoltore, alla INDIRIZZO ove l’imputato non veniva rinvenuto (con la conseguenza che si procedeva all’affissione dell’avviso con invito a ritirare l’atto presso l’ufficio postale viciniore, atto mai ritirato).
La difesa aveva tempestivamente eccepito, innanzi al giudice di primo grado, la nullità della notifica del decreto di giudizio immediato. In proposito aveva evidenziato che l’imputato, alla data della notifica, era stato autorizzato dall’Autorità Giudiziaria a spostare il proprio domicilio a Montesilvano, alla INDIRIZZO ragione per la quale non aveva ricevuto la notifica dell’atto.
Il primo giudice aveva rigettato l’eccezione, ritenendo che all’imputato non dovesse essere rinnovata la notifica, avendo COGNOME eletto domicilio nel luogo in cui era stata effettuata la notifica (“L’eccezione non merita accoglimento atteso che il Decreto di Giudizio Immediato, reso dal GIP Distrettuale del Tribunale di L’Aquila il 22.6.2016, è stato notificato all’imputato COGNOME NOME in Spoltore INDIRIZZO domicilio eletto dallo stesso nel corso dell’interrogatorio reso dinanzi al GIP il 06.08.2015, elezione di domicilio mai formalmente modificata. L’eccezione va, pertanto, rigettata “).
La Corte d’appello, investita della questione, ha nuovamente rigettato l’eccezione, sostenendo che la difesa non aveva dimostrato, con idonee allegazioni, che l’autorizzazione al cambio di domicilio fosse intervenuta prima della notifica del decreto di citazione.
4.1. Come è noto, con riferimento alla questione che occupa, le Sezioni Unite hanno recentemente chiarito, risolvendo il contrasto delineatosi sul punto, che le notificazioni all’imputato detenuto devono essere sempre eseguite
mediante consegna di copia alla persona nel luogo di detenzione, anche in presenza di dichiarazione od elezione di domicilio; le notificazioni effettuate, nei confronti dell’imputato detenuto, presso il domicilio dichiarato od eletto e non nel luogo di detenzione, danno luogo a nullità a regime intermedio, .
In base all’esegesi dell’art. 156 cod. proc. pen. risultante dalla motivazione della pronuncia citata, lo stato di detenzione comporta “ex se” la necessità che la notificazione sia sempre svolta mediante consegna personale al destinatario nel luogo in cui è ristretto (comma 1), anche se diverso da un istituto penitenziario (comma 3), e non può essere superato da alcuna dichiarazione o elezione di domicilio, precedente o concomitante.
La sola eccezione al principio enunciato è rappresentata dalla detenzione per altra causa non risultante dagli atti (comma 4).
Al riguardo le Sezioni unite operano un distinguo, affermando testualmente: “Ulteriore conferma del favore che il legislatore ha accordato alla notifica personale, quando il destinatario è un detenuto, si desume dall’art. 156, comma 4, cod. proc. pen., a norma del quale la consegna di copia delle notificazioni va eseguita alla persona nel luogo di detenzione (istituto penitenziario o luogo diverso di detenzione) «quando dagli atti risulta che l’imputato è detenuto per causa diversa dal procedimento per il quale deve eseguirsi la notificazione o è internato in un istituto penitenziario». In questo caso, come si può notare, l’unica differenza – rispetto all’imputato detenuto per il procedimento per il quale deve eseguirsi la notificazione – è costituita da un elemento di fatto e cioè che la detenzione deve risultare dagli atti. La ragione di tale differenza è intuitiva. L’autorità giudiziaria che procede nei confronti di un imputato detenuto, non può non sapere il suo status: da qui l’obbligo di notifica personale. Al contrario, lo stato di detenzione, ove l’imputato sia detenuto per altra causa, può non risultare trattandosi di procedimenti diversi”.
Nel passaggio argomentativo appena richiamato si rimarca come l’Autorità giudiziaria che procede nei confronti di un imputato detenuto, non può non conoscere il suo status. Da tanto si deduce che l’obbligo di notifica personale imposto dalla norma di riferimento si estende alla necessità di accertare dove l’imputato si trovi effettivamente detenuto per provvedere ad una corretta notificazione dell’atto introduttivo del giudizio.
4.1. Venendo al caso che occupa, è incontroverso il fatto che l’imputato fosse stato autorizzato a spostare il domicilio ove si trovava in regime di arresti domiciliari per i reati oggetto di giudizio,
Il giudice di primo grado, nell’evadere l’eccezione difensiva circa la nullità della notifica, non ricevuta nelle mani dell’imputato, aveva aderito all’orientamento – superato dalla pronuncia delle Sezioni Unite richiamata – in base al quale era sufficiente la notificazione dell’atto al domicilio eletto.
La Corte d’appello, innanzi alla quale l’eccezione era stata riproposta, non rinvenendo in atti il provvedimento di autorizzazione alla modifica del luogo di detenzione, di cui non ha escluso l’esistenza, ha ritenuto che fosse onere della difesa produrre la suddetta autorizzazione.
Essendo compito dell’Autorità giudiziaria procedere alla corretta notificazione del decreto di giudizio immediato secondo i criteri indicati dalle Sezioni Unite, ed integrando la mancata notifica a mani dell’imputato detenuto una ipotesi di nullità a regime intermedio, era doveroso da parte del collegio investito della doglianza verificare il luogo in cui era detenuto l’imputato all’atto della notifica del decreto di giudizio immediato onde verificare la sua ritualità.
La censura, pertanto, deve essere accolta. Ne consegue l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e di quella di primo grado, con trasmissione atti al Tribunale di Pescara per nuovo giudizio.
5. Inammissibile è il ricorso proposto da COGNOME COGNOME
I motivi di doglianza riguardanti l’affermazione di penale responsabilità dell’imputato sono palesemente versati in fatto.
Il coinvolgimento del ricorrente negli episodi contestati (capo 10 e 10 bis della rubrica), è stato desunto dall’analisi di talune conversazioni intercettate, oggetto di puntuale disamina nelle conformi sentenze di merito.
Quanto ai fatti di cui al primo episodio (capo 10) viene in rilievo il dialogo intercettato tra i coimputati COGNOME NOME e COGNOME COGNOME figure centrali nel contesto degli intensi traffici di stupefacenti oggetto delle indagini.
Dal contenuto della conversazione, si legge in motivazione, emerge chiaramente il ruolo svolto dal ricorrente nella vicenda che occupa, essendo
deputato a riscuotere le somme di danaro derivanti dalle continuative attività di cessione di stupefacenti cui erano dediti gli imputati.
Quanto all’episodio sub capo 10bis) della rubrica viene richiamata in sentenza la conversazione nella quale l’imputato, colloquiando con COGNOME, gli confida di essere sfuggito ad un controllo di Polizia su strada, gettando mezzo etto di sostanza stupefacente dal finestrino dell’auto.
La difesa avversa le argomentazioni dei giudici di merito contestando il significato attribuito alle conversazioni intercettate e dolendosi della mancanza di riscontri.
Gli assunti sono palesemente infondati. Le censure sono volte a denunciare la supposta erronea interpretazione del significato attribuito dalla Corte di merito alle conversazioni intercettate, proponendo la difesa significati alternativi rispetto a quelli indicati nella motivazione della sentenza. Si tratta, all’evidenza, di censure non proponibili in questa sede: é noto come, in tema di intercettazioni di conversazioni o comunicazioni, l’interpretazione del linguaggio adoperato dai soggetti intercettati, anche quando sia criptico o cifrato, costituisca questione di fatto, rimessa alla valutazione del giudice di merito, la quale, se risulta logica in relazione alle massime di esperienza utilizzate, come certamente risulta nel caso di specie, si sottrae al sindacato di legittimità (Sez. U, n. 22471 del 26/02/2015, Sebbar, Rv. 263715; Sez. 2, Sentenza n. 50701 del 04/10/2016, COGNOME, Rv. 268389).
Quanto alla mancanza di riscontri, i giudici di merito hanno fatto corretta applicazione del precipuo onere motivazionale di cui è gravato il giudice nel caso di cosiddetta “droga parlata” (Sez. 4, n. 20129 del 25/06/2020, COGNOME, Rv. 279251; Sez. 6, n. 27434 del 14/2/2017, Albano, Rv. 270299; Sez. 3, n. 16792 del 25/3/2015, COGNOME, Rv. 263356), dando conto di un’attenta e scrupolosa valutazione delle conversazioni intercettate, dalle quali hanno reputato emergere il pieno ed attivo coinvolgimento dell’imputato nella vicenda che occupa.
In ragione di quanto precede, in relazione alla posizione di COGNOME NOMECOGNOME si dichiara l’inammissibilità del ricorso con condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Quanto alla posizione di NOME è annullata senza rinvio la sentenza impugnata e la sentenza del Tribunale di Pescara con trasmissione degli atti al Tribunale di Pescara per l’ulteriore corso.
Dichiara inammissibile il ricorso di COGNOME NOME e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Annulla senza rinvio con riferimento a NOME NOME la sentenza impugnata e quella di primo grado pronunciata dal Tribunale di Pescara il 2.05.2019 disponendosi la trasmissione degli atti al Tribunale di Pescara per l’ulteriore corso.
Così deciso il 23 settembre 2025
Il Consigliere estensore
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Il Presidente