Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 4786 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2   Num. 4786  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 16/01/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da: NOME COGNOME (CUI NUMERO_DOCUMENTO), nata in Marocco il DATA_NASCITA, avverso la sentenza del 16/11/2021 della Corte di appello di Firenze; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO, che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
RITENUTO IN FATTO
 Con la sentenza in epigrafe, la Corte di appello di Firenze, in esito a giudizio abbreviato, ha confermato la sentenza emessa dal Giudice per l’udienza preliminare Tribunale di Firenze il 15 aprile 2014, che aveva condannato la ricorrente alla pena di giustizia in relazione al reato di ricettazione di capi abbigliamento ed altri beni di provenienza illecita.
Ricorre per cassazione l’imputata, deducendo:
violazione di legge e nullità della sentenza impugnata dovuta alla mancata osservanza RAGIONE_SOCIALE formalità di notifica alla ricorrente del decreto di citazione per i giudizio di appello.
Nel ricorso ci si duole del fatto che la notifica al difensore, ai sensi dell’art. 1 comma 4, cod. proc. pen. fosse stata effettuata prima e non dopo il tentativo di notifica all’imputata presso il suo domicilio eletto.
Sarebbe stato violato anche l’art. 157 cod. proc. pen., non avendo l’ufficiale giudiziario dato atto dell’inidoneità del domicilio prima di procedere a mezzo di notifica con deposito presso la casa comunale, senza ulteriori ricerche;
violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla confisca della somma di euro 8000 ai sensi dell’art. 240-bis cod.pen..
La Corte non avrebbe dato giustificazione della asserita sproporzione tra la somma ed il reddito lecito della ricorrente, pari ad euro 15.800, non rilevando neanche le modalità con le quali tale somma di danaro era detenuta, all’interno di un calzino ed in contanti.
Peraltro, la Corte non si sarebbe espressa su una eventuale revoca parziale del provvedimento ablativo, nella parte ritenuta proporzionata al reddito.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato.
1.Quanto al primo motivo, dal controllo degli atti, reso possibile per la natura processuale della questione, risulta provata l’inidoneità del domicilio dichiarato, presso il quale la ricorrente risultava sconosciuta, come attestato dall’ufficial giudiziario.
Pertanto, risulta regolare la notifica al difensore ai sensi dell’art. 161, comma 4 cod. proc. pen, quand’anche effettuata prima di quella presso il domicilio dichiarato, non andata a buon fine.
Tale scansione temporale della procedura di notificazione, sebbene insolita, non è sanzionata da alcuna violazione di legge, una volta che si è avuta la prova in questa sede della inidoneità del domicilio dichiarato.
Tanto assorbe ogni altra considerazione difensiva.
2. In ordine al secondo motivo, il ricorso è generico poiché si concentra solo su una parte della motivazione della Corte di appello, quella volta a rilevare la sproporzione tra la somma di danaro oggetto di sequestro ed il reddito dichiarato dall’imputata.
Tuttavia, la Corte ha anche evidenziato – con carattere decisivo idoneo a sostenere la statuizione adottata in modo autonomo rispetto alla censura difensiva – che l’imputata non si era difesa sostenendo che la somma in sequestro provenisse da suoi risparmi, quanto, piuttosto, collegandola a RAGIONE_SOCIALE transazioni verbali inerenti ad una autovettura e ad arredi oggetto di vendita, rimaste prive di ogni prova a corredo; tale ultima circostanza, unita al ritrovamento della somma dentro un calzino e all’ulteriore rilievo che altre somme di danaro contenute in un libretto di deposito erano state restituite perché quelle si ritenute di lecita provenienza, rende la motivazione immune da vizi logico-giuridici e non intaccata dalle deduzioni difensive, neanche con riguardo al mancato dissequestro parziale della somma, che non era stato, peraltro, richiesto con l’atto di appello.
3.Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, commisurata all’effettivo grado di colpa della stessa ricorrente nella determinazione della causa di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE. Così deliberato in Roma, udienza pubblica del 16.01.2024.
Il Consigliere estensore
Azt.Presidente
NOME COGNOMEv
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NOME COGNOME
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