Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20640 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20640 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/05/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME nato a PATERNO’ il 23/06/1934 COGNOME NOME nato a PATERNO’ il 06/04/1950
avverso la sentenza del 02/10/2024 della Corte d’appello di Catania Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udite le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi i ricorsi inammissibili; per udito l’Avv. NOME COGNOME per i ricorrenti, che ha insistito l’accoglimento dei ricorsi.
RITENUTO IN FATTO
La sentenza oggi al vaglio della Corte è stata deliberata il 2 novembre 2024 dalla Corte di appello di Catania, che ha confermato la condanna di NOME COGNOME e NOME COGNOME per i reati di bancarotta fraudolenta distrattiva e documentale, quali amministratori succedutisi nel tempo della ‘RAGIONE_SOCIALE, dichiarata fallita dal Tribunale di Catania il 22 luglio 2010.
In particolare, COGNOME era stato amministratore dal 30 novembre 2005 all’8 aprile 2009 e NOME da questa data al fallimento. In primo grado, NOME era stato assolto per non aver commesso il fatto dalla bancarotta fraudolenta distrattiva perché le condotte depauperative sono state reputate tutte ascrivibili a COGNOME durante il periodo in cui aveva rivestito la carica; NOME era stato altresì prosciolto per prescrizione dal reato di cui all’art. 483 cod. pen., a lui ascritto per avere presentato una falsa denunzia di smarrimento del libro giornale relativo agli anni 2007, 2008 e 2009 e di alcune fatture passive, sporta il giorno prima della dichiarazione di fallimento.
Quanto alla bancarotta fraudolenta documentale, si trattava di omessa tenuta o sottrazione del libro giornale predetto, del libro degli inventari e di quello dei cespiti ammortizzabili.
Avverso detta sentenza hanno presentato ricorso entrambi gli imputati, con il ministero del comune difensore di fiducia, che ha redatto un atto unico.
2.1. Con il primo motivo di ricorso, i ricorrenti lamentano mancanza di motivazione, eccepiscono la prescrizione dei reati e, il solo COGNOME, lamenta omessa citazione per il giudizio di appello.
Quanto a quest’ultimo aspetto, Distefano assume che la notifica, effettuata a mezzo posta, non si era perfezionata perché non era comprovata la ricezione della raccomandata informativa dell’avvenuto deposito presso l’ufficio postale, necessaria alla luce della decisione delle Sezioni Unite civili n. 10012 del 15 aprile 2021.
In ordine al giudizio di responsabilità, i ricorrenti rievocano la decisione avversata, per poi concentrarsi sul vaglio del coefficiente soggettivo della bancarotta fraudolenta documentale che si legge nel ricorso avrebbe dovuto condurre alla derubricazione in bancarotta semplice; a sostegno della censura, i ricorrenti evocano alcuni approdi giurisprudenziali.
Per finire, i ricorsi accennano ad una critica circa la bancarotta fraudolenta distrattiva ed eccepiscono la prescrizione dei reati, che sostengono essere maturata nell’ottobre 2024.
CONSIDERATO IN DIRITTO
I ricorsi sono fondati.
Il ricorso di Distefano è fondato per l’assorbente ragione che effettivamente la notifica del decreto di citazione per il giudizio di appello non si era perfezionata.
Trattandosi di una censura di ordine processuale, a questa Corte è dato il compito di verificare direttamente gli atti del procedimento, al fine di svolgere uno scrutinio diretto circa la fondatezza della censura (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092; Sez. U, n. 155 del 29/09/2011, dep. 2012, Rossi, Rv. 251497 – 01, in motivazione; Sez. 3, n. 24979 del 22/12/2017, dep. 2018, F e altri, Rv. 273525; Sez. 1, n. 8521 del 09/01/2013, Chahid, Rv. 255304).
Ebbene, la verifica degli atti ha consentito di accertare quanto segue:
il decreto di citazione in appello era stato emesso il 13 maggio 2024 (per l’udienza del 2 ottobre 2024);
detto decreto era stato inviato per la notifica all’imputato COGNOME all’UNEP, che aveva utilizzato il servizio postale;
il 24 maggio 2024 il piego non era stato notificato per ‘temporanea assenza del destinatario’, come si evince dalla cartolina;
dalla medesima cartolina, si trae che era stata contestualmente spedita la raccomandata che avvisava l’imputato dell’avvenuto deposito presso l’ufficio postale (CAD);
dagli atti non risulta però la prova che tale raccomandata fosse stata ricevuta da Distefano.
Il 4 giugno 2024 il piego era stato rispedito al mittente siccome non ritirato dal destinatario.
Tanto premesso, la mancata prova della ricezione della raccomandata CAD determina un’ipotesi di omessa citazione dell’imputato, con conseguente nullità assoluta della sentenza emessa all’esito del giudizio di appello a carico di Distefano, ai sensi del combinato disposto degli artt. 178 lett. c) e 179 cod. proc. pen.
Il rilievo demolitivo della mancata prova della ricezione pur a fronte della comprovata spedizione della raccomandata di avviso al destinatario del deposito presso l’ufficio postale del piego non consegnato in prima battuta (CAD) è stato ripetutamente affermato da questa Corte, con riflessioni che il Collegio intendere fare proprie e ribadire.
In particolare, si è ritenuto che, in tema di notificazioni a mezzo posta, nel caso in cui l’atto notificando non sia consegnato al destinatario per il suo rifiuto a riceverlo ovvero per la sua temporanea assenza o per l’assenza o l’inidoneità di altre persone legittimate a riceverlo, non è sufficiente, per provare il perfezionamento della procedura notificatoria, la spedizione della raccomandata con la comunicazione dell’avvenuto deposito dell’atto presso l’ufficio postale, ma è necessario che l’organo notificante dia dimostrazione dell’avvenuta ricezione dell’atto da parte del destinatario, garantendo solo tale
adempimento l’effettiva conoscenza dell’atto processuale e l’esercizio dei diritti di difesa (Sez 3, n. 15132 del 2025, n.m.; Sez 5 n. 19968 del 2024, n.m.; Sez. 4, n. 4359 del 09/01/2024, Rv. 285752; Sez. 5, n. 21492 del 08/03/2022, Rv. 283429; Sez. 3, n. 36330 del 30/06/2021, Rv. 281947; Sez. 2, n. 24807 del 04/04/2019, Rv. 276968; Sez. 2, n. 13900 del 05/02/2016, Rv. 266718).
L’insegnamento suddetto trova autorevole conferma nella pronunzia delle Sezioni Unite civili (sentenza n. 10012 del 15/04/2021, Rv. 660953), che ha sancito il principio secondo cui, qualora l’atto notificando non venga consegnato al destinatario per rifiuto a riceverlo ovvero per temporanea assenza del destinatario stesso ovvero per assenza/inidoneità di altre persone a riceverlo, la prova del perfezionamento della procedura notificatoria deve essere data dal notificante esclusivamente mediante la produzione giudiziale dell’avviso di ricevimento della raccomandata che comunica l’avvenuto deposito dell’atto notificando presso l’ufficio postale (c.d. ‘CAD), non essendo a tal fine sufficiente la prova dell’avvenuta spedizione della raccomandata medesima.
Tale esegesi è del tutto condivisibile, perché la mera spedizione dell’avviso non è di per sé modalità idonea a dimostrare che l’imputato sia stato effettivamente reso edotto del deposito dell’atto (e, dunque, della possibilità di prenderne effettiva conoscenza ritirandolo presso l’ufficio postale) se alla stessa non segue la ricezione dello stesso avviso. D’altronde, come sostenuto dai precedenti di questa Corte sopra evocati, tali conclusioni sono coerenti con la decisione della Corte costituzionale che, con la sentenza n. 346 del 1998, aveva dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’originaria formulazione dell’art. 8, comma 4, della l. 890 del 1982 laddove non prevedeva che, in caso di mancata consegna dell’atto al destinatario o a persone idonee, venisse data comunicazione del tentativo di notifica mediante raccomandata con avviso di ricevimento. Si trattava di un’esegesi, poi recepita dal legislatore ordinario, diretta a garantire l’effettiva conoscenza dell’atto da parte del destinatario quale condizione di compatibilità della procedura di notificazione di cui si tratta con i principi costituzionali. La previsione della necessità di avviso dell’avvenuto deposito con raccomandata con avviso di ricevimento si è, altresì osservato sarebbe stata del tutto inutile se l’effettività e il contenuto di quest’ultimo fossero irrilevanti ai fini della verifica della regolarità della procedura di notificazione.
2. Anche il ricorso di Dolia è fondato.
Questi risponde oggi solo di bancarotta fraudolenta documentale, essendo stato assolto in primo grado dall’addebito di bancarotta fraudolenta distrattiva per non aver commesso il fatto. Quanto al tipo di bancarotta fraudolenta documentale ascritto al ricorrente, l’ambiguità del capo di imputazione e come
si dirà la laconicità della sentenza impugnata hanno imposto di verificare la sentenza di primo grado, dalla quale si comprende che il ricorrente è stato condannato per bancarotta fraudolenta documentale da omessa tenuta o sottrazione del libro giornale relativo agli anni 2007, 2008 e 2009, del libro inventari e del libro dei cespiti ammortizzabili.
A questa ricostruzione del profilo oggettivo della condotta, nella decisione di prime cure non corrispondeva tuttavia un vaglio specifico del versante soggettivo con riferimento alla posizione di COGNOME, tanto più che lo stesso Tribunale aveva ritenuto quest’ultimo estraneo alle condotte predatorie ai danni della fallita. Il giudizio di responsabilità per la bancarotta fraudolenta documentale avrebbe richiesto, infatti, la verifica degli indicatori della precisa finalità di recare pregiudizio ai creditori, specifica direzione che caratterizza la condotta dell’autore della bancarotta fraudolenta documentale cosiddetta specifica e che la distingue sotto il profilo soggettivo da quella generica (tra le altre, Sez. 5, n. 26379 del 05/03/2019, COGNOME, Rv. 276650 Sez. 5, n. 43966 del 28/06/2017, COGNOME, Rv. 271611; Sez. 5, n. 18634 del 01/02/2017, Autunno e altro, Rv. 269904).
Ebbene, benché l’appello dell’imputato si dolesse di tale carenza, la Corte di appello ha offerto una risposta del tutto lapidaria e, in parte, contraddittoria e manifestamente illogica laddove si è limitata a ricollegare senza alcuna ulteriore specificazione il dolo della fattispecie alle attività depauperative e alla bancarotta patrimoniale, trascurando di considerare che NOME fin dal primo grado era stato prosciolto dalla relativa accusa per non aver commesso il fatto. Né può supplire a questa evidente aporia motivazionale il fugace riferimento della pronunzia impugnata alla denunzia di smarrimento della documentazione contabile in relazione alla quale NOME era stato tratto a giudizio per il reato di cui all’art. 483 cod. pen. e prosciolto in primo grado per prescrizione, giacché, in disparte la circostanza che non vi è stato giudizio di condanna per tale condotta, la Corte di merito non ha chiarito perché di per sé la falsa denunzia proverebbe il dolo della fattispecie.
3. La fondatezza dei ricorsi comporta la necessità di annullare la sentenza impugnata, con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Catania. Quanto all’accenno dei ricorrenti alla maturazione del termine prescrizionale all’ottobre 2024, il Collegio precisa che il calcolo non è corretto, dal momento che il termine massimo di prescrizione maturerà il 25 maggio 2025, decorsi dodici anni e sei mesi dalla dichiarazione di fallimento, cui vanno aggiunti 854 giorni di sospensione, legati ai rinvii dal 29 marzo 2016 all’8 novembre 2016 su richiesta della difesa non giustificata da termine a difesa, dal
23 maggio 2017 al 27 febbraio 2018 e dal 20 novembre 2018 al 5 novembre 2019 per adesione del difensore dell’imputato all’astensione di categoria.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra sezione della Corte di appello di Catania. Così è deciso, 09/05/2025
Il Consigliere estensore
Il Presidente NOME COGNOME
NOME COGNOME