Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 4243 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 4243 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 21/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a Napoli il DATA_NASCITA COGNOME NOME nata a Napoli il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 03/04/2023 della CORTE di APPELLO di ROMA
PARTE CIVILE: RAGIONE_SOCIALE
Esaminati gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere COGNOME; dato atto che si procede nelle forme di cui all’art. 23, comma 8, d.l.
n.137 del 2020 conv. in I. n. 176 del 2020;
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha chiesto il rigetto dei ricorsi.
FATTO E DIRITTO
Con sentenza del 03/04/2023 la Corte di Appello di Roma, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Roma il 07/07/2017, appellata dagli imputati NOME COGNOME e NOME COGNOME, ha confermato il giudizio di responsabilità nei confronti di entrambi per il reato sub C) ex artt. 633 e 639bis cod. pen., rideterminando la pena a seguito della dichiarazione di prescrizione dei reati sub A) e B)
Avverso la sentenza di appello propongono ricorso per cassazione gli imputati tramite il comune difensore di fiducia, con separati atti.
2.1. Nell’interesse di NOME COGNOME si eccepisce la nullità della sentenza, in quanto le notifiche dei decreti di citazione, in primo e secondo grado, non andate a buon fine presso il domicilio eletto, erano state eseguite, ai sensi dell’art. 164, comma 4, cod. proc. pen., presso un difensore di ufficio, il quale si era disinteressato del processo, sì da essere sostituito in sede dibattimentale; la dichiarazione di assenza, pertanto, non era giustificata, in mancanza di certezza in ordine alla conoscenza della pendenza del giudizio da parte dell’imputato.
Inoltre, il verbale di elezione di domicilio del 20 luglio 2012 era privo dell’avviso previsto a pena di nullità dall’art. 171, lett. e) cod. proc. pen. circa conseguenze dell’inidoneità del domicilio ai fini della notifica.
Con un secondo motivo si censura la mancata esclusione della recidiva, nonostante l’ultimo precedente penale fosse risalente nel tempo, senza indici concreti di pericolosità e riprovevolezza della condotta.
2.2. Anche nell’interesse di COGNOME NOME sono articolati due motivi di ricorso, il primo, processuale, coincidente con quello dell’altro imputato, il secondo attinente al diniego, ritenuto ingiustificato, delle circostanze attenuanti generiche.
Il primo motivo di ricorso presenta indubbi profili di fondatezza, lamentando i ricorrenti la mancanza di effettiva conoscenza del processo a seguito della notifica del decreto di citazione a giudizio presso il difensore di ufficio, ai sensi dell’ar 161, comma 4, cod. proc. pen. dopo l’infruttuoso tentativo al domicilio eletto.
La Corte di appello sul punto, nonostante lo specifico motivo di impugnazione, non fornisce una risposta esauriente, limitandosi a richiamare la giurisprudenza in tema di diversità di elezione di domicilio in caso di procedimenti poi riuniti; argomento eccentrico rispetto al tema sottoposto al suo esame.
3.1. Con specifico riguardo alla censura che direttamente ci occupa, e cioè quello della notificazione della citazione a giudizio, le sezioni unite hanno di recente ribadito (Sez. U, n. 14573 del 25/11/2021, dep. 2022, D., Rv. 282848) che il sistema normativo, delineato soprattutto dalla novella del 2014, è teso a garantire l’effettività della conoscenza del processo in capo all’imputato, in linea con i moniti provenienti dalla Corte europea dei diritti dell’uomo che aveva messo in luce talune criticità del sistema legale di presunzioni di conoscenza degli atti proprie dell’ordinamento processuale penale italiano.
Il fondamento del sistema, introdotto con la legge n. 67 del 2014, è che la parte sia personalmente informata del contenuto dell’accusa e del giorno e luogo dell’udienza. L’art. 420-bis, comma 2, cod. proc. pen., nell’ottica di una agevolazione del compito del giudice, ha indicato alcuni casi in cui, ai fini della certezza della conoscenza della vocatio in iudicium, può essere valorizzata una
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notifica che non sia stata effettuata a mani proprie dell’imputato, quando vi sia comunque prova della conoscenza del procedimento, determinata o dall’essere stato l’imputato l’autore di alcuni determinati atti processuali (la dichiarazione o l’elezione di domicilio ovvero la nomina di un difensore di fiducia) oppure il destinatario di misure restrittive della libertà personale (arresto, fermo misure cautelari) o, ancora, dall’acquisizione di dati che dimostrino, con certezza, che l’imputato abbia avuto cognizione del procedimento o che si sia volontariamente sottratto alla conoscenza del medesimo o dei suoi atti. Indici di conoscenza che, come affermato dalle Sezioni Unite Ismail (n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Rv. 279420), non possono però essere interpretati come presunzioni di conoscenza, pena la innaturale regressione al sistema del processo contumaciale, anteriore alla riforma del 2005, in violazione delle disposizioni convenzionali, come interpretate dalla Corte Edu.
In una visione di sintesi, può quindi osservarsi come la tradizionale dicotomia di fondo tra conoscenza legale – conseguente, cioè, al solo rispetto delle forme stabilite dall’ordinamento – e conoscenza effettiva, che ha animato la novella del 2014, così come interpretata dalle Sezioni Unite, è stata spostata a vantaggio della seconda. In dichiarata continuità con la introduzione di maggiori garanzie di effettività della partecipazione al processo, si è giunti al definitivo superamento del processo in contumacia con l’introduzione del processo in assenza “volontaria” dell’imputato.
3.3. Tornando al caso in esame, le notifiche presso il domicilio non sono andate a buon fine e sono state eseguite ai sensi dell’art. 161, comma 4 cod. proc. pen. presso un difensore di ufficio che non solo i destinatari dell’atto non conoscevano – per non essere stata portata la nomina a loro conoscenza – ma che non prendeva con essi contatto, disinteressandosi della vicenda processuale sì da essere sostituito in sede dibattimentale ai sensi dell’art. 97, comma 1 cod. proc. pen., come risulta dal verbale di udienza dell’Il maggio 2017.
Dalla complessiva analisi del procedimento notificatorio deve pertanto escludersi che gli imputati si siano volontariamente sottratti al processo e che dello stesso ebbero reale ed effettiva conoscenza, proseguendo altresì il giudizio di appello su impulso del difensore di ufficio (solo per il giudizio di cassazione risulta conferito mandato difensivo), con conseguente fondamento della relativa eccezione di nullità.
Agli effetti penali, tuttavia, il giudizio va definito applicando il principi diritto secondo cui l’immediata declaratoria delle cause di non punibilità ex art. 129 cod. proc. pen. opera anche nel caso in cui la causa estintiva del reato ricorra
contestualmente a una nullità processuale assoluta e insanabile (di recente, Sez. 2, n. 1259 del 26/10/2022, dep. 2023, Raciti, Rv. 284300).
Il residuo reato di cui al capo C, infatti, deve ritenersi estinto per prescrizione nei confronti di entrambi gli imputati; commesso il 2 agosto 2012, secondo la precisa indicazione contenuta nel dispositivo della sentenza appellata, risulta estinto anche per COGNOME NOME, in considerazione del più lungo termine di prescrizione di nove anni, conseguente all’applicazione della recidiva specifica contestagli, in assenza di causa di sospensione o interruzione del termine.
Va a tal fine precisato che il tempus commissi delicti è stato diversamente individuato nella motivazione della Corte di appello (pagina 1), con differente indicazione anche del capo della rubrica – a) anziché C) – con la conseguenza che, nel contrasto fra le parti della sentenza, deve darsi prevalenza al dispositivo – ed all’inequivoco riferimento alla data di commissione, e non di accertamento, del reato – peraltro più favorevole agli imputati, in mancanza di impugnazione sul punto della Procura Generale o della parte civile.
Vanno confermate, invece, le statuizioni civili, emergendo la materialità anche della condotta di occupazione abusiva, oltre di quella oggetto dei reati già dichiarati prescritti in appello, e l’insussistenza di cause di giustificazione; condotta in sé non contestata con l’impugnazione in esame, dalla quale è derivato un pregiudizio economico per l’ente proprietario dell’immobile.
Va rigettata, infine, la richiesta della parte civile di condanna degli imputati al pagamento delle ulteriori spese processuali, in quanto tale parte non ha effettivamente esplicato, anche solo attraverso memorie scritte, un’attività diretta a contrastare l’avversa pretesa a tutela dei propri interessi di natura civile risarcitoria, fornendo un utile contributo alla decisione, adottata a seguito di rito camerale non partecipato, in mancanza di richiesta di trattazione orale (cfr. Sez. 2, n. 33523 del 16/06/2021, D., Rv. 281960 – 03).
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata agli effetti penali, perché il reato è estinto per prescrizione. Conferma le statuizioni civili.
Così deciso in Roma il giorno 21 dicembre 2023
Il Consigliere estensore
La Presidente