Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 2320 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 2320 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 21/11/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da
COGNOME NOME, nato a Bari il DATA_NASCITA avverso la sentenza della Corte di appello di Bari del 29 marzo 2023 visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; Lette le conclusioni trasmesse dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME, che ha concluso chiedendo la reiezione del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza descritta in epigrafe la Corte di appello di Bari ha parzialmente riformato la decisione appellata, resa dal Tribunale locale, riducendo la pena irrogata a NOME COGNOME, responsabile del reato di cui all’art. 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990, in ragione della ritenuta applicabilità alla specie della attenuante di cui all’ad 62, n. 4, cod. pen., negata in primo grado.
Propone ricorso la difesa dell’imputato e lamenta violazione di legge e vizio di motivazione in relazione
al mancato riconoscimento al COGNOME della diminuzione di pena prevista per il rito abbreviato, le cui forme processuali non furono seguite nella specie per una asserita intempestività della richiesta in tal senso formulata, che di contro, ad avviso della difesa, sarebbe stata resa in termini, guardando all’unico decreto di giudizio immediato utilmente notificato all’imputato (quello del 13 maggio 2020, atteso che quello notificato in precedenza si componeva unicamente di una mera relata di notifica, non preceduta dal decreto);
alla applicazione di una pena non attestata nel minimo edittale, in piena distonia rispetto alle ragioni che hanno portato al riconoscimento dell’attenuante ex art 62 n. 4 cod. peri, oltre che con la stessa giurisprudenza di legittimità che ha finito per riscontrare il reato ascritto al ricorrente – qualificato ai sensi dell’ad 73 comma 5 d.P.R. n. 309 del 1990- sino ai casi di detenzione di 150 grammi di cocaina, così da rendere poco coerente il distacco dal minimo edittale in ipotesi, come quella di specie di una detenzione di circa 1,3 grammi della medesima sostanza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per le ragioni precisate di seguito.
Il primo motivo è manifestamente infondato alla luce della disamina degli atti, favorita dalla natura del vizio prospettato.
2.1.Come messo in evidenza dai giudici del merito, infatti, il decreto di giudizio immediato e la relativa richiesta furono notificati il 20 novembre 2019 al ricorrente. Poiché l’udienza all’uopo indicata ebbe a cadere nel corso del periodo emergenziale, la stessa venne differita ( peraltro su sollecitazione della difesa) e il tribunale ebbe a disporre una seconda notifica del decreto, con la nuova data di trattazione.
Solo in esito a quest’ultima notifica l’imputato ebbe a richiedere il giudizio abbreviato.
2.2.E’ pacifico che guardando alla prima notifica, la richiesta di abbreviato non poteva ritenersi tempestiva perché resa oltre il termine decadenziale di cui all’art. 458 comma 1 cod. proc. pen.; di contro, siffatta decadenza sarebbe da escludere guardando alla notifica del secondo decreto.
Sostiene, tuttavia, la difesa che la prima notifica non sarebbe idonea alla decorrenza del termine per la utile proposizione della richiesta di abbreviato perché non risulterebbe consegnato all’imputato il decreto di giudizio immediato. Ma una
tale ricostruzione all’evidenza non può essere condivisa perché, per contrastare il dato cristallizzato dalla relativa relata (che dava conto della consegna del decreto) occorreva proporre querela di falso, non valendo al fine la semplice negazione in cui si è sostanziato il rilievo prospettato con l’appello, pedissequamente ribadito dal ricorso.
2.3. Da qui la manifesta inconferenza dell’assunto difensivo, dovendosi guardare, nel verificare la tempestività della richiesta di abbreviato, alla prima notifica del decreto che ebbe a disporre il giudizio immediato e non rilevando al fine la successiva rinnovazione della notifica del medesimo atto, non idonea a far decorrere nuovamente il termine di decadenza previsto dal citato art. 458 cod. proc. pen. perché resa a dibattimento già instaurato.
3. E’ inammissibile il secondo motivo di ricorso.
La motivazione spesa dalla Corte del merito nel determinare la misura della pena (sulla quale è stata poi apportata la riduzione legata al riconoscimento dell’attenuante di cui all’ad 62 n. 4 cod. pen. accordata solo in esito all’appello) trova puntuali e adeguati riferimenti giustificativi, anche in considerazione del modesto discostamento dai minimi edittali, nella presenza dei carichi pendenti, anche per fatti specifici e recenti, attestati dal relativo certificato acquisito in e délla rilevanza assegnata alla condotta in ragione del tipo di sostanza commercializzata (cocaina) e della qualità del relativo principio attivo. Considerazioni queste che, a differenza di quanto rimarcato dalla difesa, non entrano in contraddizione con le valutazioni spese nel riconoscere l’attenuante del lucro di speciale tenuità (coerentemente legata alla specifica monetizzazione della iniziativa illecita sanzionata); e che, coerenti ai parametri sanciti dal primo comma, n. 1 e dal secondo comma, n. 2, dell’art. 133 cod. pen. rendono il relativo giudizio di merito non censurabile in sede di legittimità.
Alla inammissibilità del ricorso seguono le pronunce di c:ui all’ad 616 cod. proc. pen. definite nei termini di cui al dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 21/11/2023.