Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 6831 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 6 Num. 6831 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/01/2025
SENTENZA
sui ricorsi proposti da:
NOME COGNOME n. in Gambia 10/02/1998
RAGIONE_SOCIALE, n. in Gambia 23/04/1999
avverso la sentenza n. 1530/24 della Corte di appello di Palermo del 19/03/2024
letti gli atti, i ricorsi e la sentenza impugnata; udita la relazione del consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria scritta del pubblico ministero in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto dei ricorsi
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata, la Corte di appello di Palermo ha ribadito la affermazione di responsabilità, pronunciata in primo grado, di NOME COGNOME e NOME COGNOME a titolo di concorso nella cessione continuata di modesti quantitativi di sostanze stupefacenti del tipo hashish (artt. 81, 110 cod. pen. e 73, comma 5, d.P.R. n. 309 del 1990), confermando la pena irrogata dal primo giudice alla misura di otto mesi di reclusione e 1.200,00 euro di multa ciascuno e sostituendo quella detentiva con l’espulsione dal territorio dello Stato.
Avverso la sentenza hanno proposto ricorso congiunto per cassazione gli imputati attraverso il loro comune difensore, con la deduzione di tre motivi di censura.
Ricorrente RAGIONE_SOCIALE
Violazione di legge in relazione agli artt. 395 e 179, comma 1, cod. proc. pen. per insussistenza della prova della notifica all’imputato del decreto di citazione diretta a giudizio del 18/05/2021, avendo in senso contrario sostenuto la Corte di merito che l’imputato aveva avuto comunque conoscenza dell’esistenza del giudizio penale a suo carico all’atto dell’arresto in flagranza di reato e della assistenza nell’occasione prestatagli dal difensore di fiducia.
Ricorrente COGNOME
Vizi congiunti di motivazione in ordine alla ribadita affermazione di responsabilità per entrambi gli episodi di cessione contestati, nonostante le palesi contraddizioni tra le dichiarazioni rese in dibattimento dal Cap. Carabinieri A. COGNOME e quelle del primo acquirente dello hashish, identificato in tale NOME COGNOME oltre all’esito negativo della perquisizione personale subita nella immediatezza del fatto.
Motivo congiunto
Violazione di legge in relazione all’art. 133, primo comma, n. 3 e 62-bis cod. pen. per irragionevolezza e sproporzione della pena irrogata e inidoneità della motivazione in ordine al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche.
CONSIDERATO IN DIRITTO
L’impugnazione del ricorrente Touray è fondata e merita accoglimento,
mentre va dichiarata manifestamente infondata quella del ricorrente COGNOME.
Il ricorrente COGNOME deduce una questione di natura procedurale integrante, ove riconosciuta fondata, un’ipotesi di nullità assoluta rilevante ai sensi degli artt. 178, lett. c) e 179 cod. proc. pen. in quanto incidente sulla citazione nel giudizio di primo grado.
Dagli atti presenti nel fascicolo processuale risulta che la questione dell’omessa notifica della citazione per il giudizio di primo era stata ritualmente dedotta con l’atto di appello, ma la Corte di merito l’ha respinta con l’argomento che l’imputato aveva comunque avuto conoscenza dell’esistenza del giudizio penale a suo carico al momento dell’arresto in flagranza di reato e dell’assistenza nell’occasione prestatagli dal difensore di fiducia.
Nella sentenza di primo grado non vi è, invece, alcun riscontro della questione, sebbene risulti dal verbale di udienza del 11/11/2021 che il difensore aveva formulato l’eccezione, respinta, tuttavia dal giudice con una motivazione del tutto sovrapponibile a quella svolta dalla Corte di appello (pag. 2 sent. imp.).
Ciò premesso, secondo quanto stabilito da Sez. U, n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, NOME COGNOME, Rv. 279420 ai fini della dichiarazione di assenza non può considerarsi presupposto idoneo la sola elezione di domicilio presso il difensore d’ufficio, da parte dell’indagato, dovendo il giudice, in ogni caso, verificare, anche in presenza di altri elementi, che vi sia stata l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale tra il legale domiciliatario e l’indagato, tale da fargli ritenere con certezza che quest’ultimo abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente alla stessa (principio affermato in relazione a fattispecie precedente all’introduzione dell’art. 162, comma 4-bis, cod. proc. pen. ad opera della legge 23 giugno 2017, n. 103).
La citazione dell’autorevole precedente giurisprudenziale è d’obbligo in quanto sia la Corte di appello sia il Procuratore Generale nella requisitoria scritta (La Corte ha richiamato gli indicatori di conoscenza del processo e, in particolare, la presenza del Touray all’udienza di convalida con applicazione della misura del divieto di dimora, la contestazione degli addebiti in quella sede, la nomina del difensore di fiducia al momento dell’arresto in flagranza e la successiva elezione di domicilio presso detto difensore all’atto della scarcerazione, l’effettiva instaurazione di un rapporto tra il Touray e il difensore di fiducia domiciliatario. In aderenza al dettato delle SSUU Ismail (n. 23948 del 28/11/2019, dep. 2020, Ismail, Rv. 279420), il giudice ha verificato, anche in presenza di altri elementi, l’effettiva instaurazione di un rapporto professionale con il legale domiciliatario, tale da far ritenere con certezza che l’imputato abbia avuto conoscenza del procedimento ovvero si sia sottratto volontariamente allo stesso) mostrano di
affrontare la questione sotto il profilo della conoscenza del procedimento da parte dell’imputato, quando, ad avviso del Collegio, il problema consiste, piuttosto – atteso il carattere non esattamente perspicuo della doglianza – nello stabilire se si verte in un caso di irregolare notifica del decreto di citazione a giudizio ovvero di omessa citazione tout court.
Senonché all’esito di un rinnovato esame del fascicolo processuale trasmesso per il giudizio di legittimità, composto di un volume e di una cartella allegata, doverosamente condotto dal Collegio in ragione del carattere procedurale della doglianza (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092), non solo non è stata rinvenuta la notifica dell’atto all’imputato o al suo difensore ma nemmeno l’originale dell’atto.
Ne consegue che la motivazione articolata dal Tribunale nella citata ordinanza resa all’udienza del 11/11/2022 e nel solco di questa dalla Corte di appello deve ritenersi incongrua, riguardando il diverso tema della conoscenza del procedimento da parte dell’imputato (eventualmente rilevante in sede di istanza di rescissione del giudicato) e non la questione dell’omessa vocatio in iudicium, così come con costanza dedotta dalla difesa.
Da quanto ora esposto consegue l’annullamento non solo della sentenza impugnata nei confronti del ricorrente COGNOME ma anche della pronuncia di primo grado emessa dal Tribunale di Agrigento in composizione monocratica in data 13/10/2022, Tribunale cui gli atti vanno trasmessi al fine di procedere alla corretta instaurazione del rapporto processuale mediante rinnovazione della notifica del decreto di citazione diretta a giudizio emesso ai sensi dell’art. 350 cod. proc. pen. dal Pubblico Ministero all’imputato ed al suo difensore.
La natura della pronuncia rende ovviamente assorbito il secondo (comune) motivo di censura.
3. Va, invece, dichiarato inammissibile il ricorso di NOME COGNOME.
Il motivo di censura che lo riguarda è declinato esclusivamente in punto di fatto e postula un’indebita rilettura nel merito, a fini di rivalutazione, dell risultanze probatorie.
Restano, infatti, sempre validi i principi stabiliti da una pur non recente pronuncia di questa Corte di cassazione a Sezioni Unite, secondo cui l’indagine di legittimità sul discorso giustificativo della decisione ha un orizzonte circoscritto, dovendo il sindacato demandato alla Corte di cassazione essere limitato – per espressa volontà del legislatore – a riscontrare l’esistenza di un logico apparato argomentativo sui vari punti della decisione impugnata, senza possibilità di verificare l’adeguatezza delle argomentazioni di cui il giudice di merito si è avvalso per sostanziare il suo convincimento, o la loro rispondenza alle
acquisizioni processuali. Esula, infatti, dai poteri della Corte di cassazione quello di una “rilettura” degli elementi di fatto posti a fondamento della decisione, la cui valutazione è, in via esclusiva, riservata al giudice di merito, senza che possa integrare il vizio di legittimità la mera prospettazione di una diversa, e per il ricorrente più adeguata, valutazione delle risultanze processuali (Sez. U, n. 6402 del 30/04/1997, Dessimone, Rv. 207944).
Trattasi, anzi, dei fondamenti, desunti dalla lettera della legge, che definiscono la natura del giudizio di legittimità ed ai quali la Corte di cassazione penale informa l’intera sua attività.
Manifestamente infondato è anche il secondo motivo di ricorso, avendo la Corte di merito fornito congrua risposta alla corrispondente doglianza formulata con l’atto di appello (v. pag. 5).
Alla dichiarazione di inammissibilità dell’impugnazione segue, come per legge, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della cassa delle ammende che si reputa equo determinare in misura di tremila euro.
P. Q. M.
Annulla senza rinvio nei confronti di RAGIONE_SOCIALE la sentenza impugnata e quella di primo grado, disponendo la trasmissione degli atti al Tribunale di Agrigento per il giudizio.
Dichiara inammissibile il ricorso di NOME COGNOME che condanna al pagamento delle processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso, 9 gennaio 2025