Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 20082 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 20082 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOME, nato a Belmonte Mezzagno (PA), il DATA_NASCITA, avverso la sentenza della Corte di Appello di Palermo emessa in data 29/05/2023; visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO; udite le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME, che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO INI FATTO
1.Con la sentenza impugnata la Corte di Appello di Palermo confermava la sentenza del Tribunale di Termini Imerese in composizione monocratica del 25/07/2022, che aveva condannato NOME COGNOME a pena di giustizia per il reato di cui agli artt. 624, 61 n. 11 cod. pen., in Beirnonte Mezzagno il 31/12/2015.
In data 06/09/2023 NOME COGNOME ricorre, a mezzo del difensore di fiducia AVV_NOTAIO, deducendo tre motivi, di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen.:
2.1 inosservanza di norme processuali sancite a pena di nullità, inammissibilità, inutilizzabilità, decadenza, in riferimento agli artt. 178, lett. c), 179, 185, 60 comma 4, cod. proc. pen., ai sensi dell’art. 606, lett. c) cod. proc. pen., in quanto in sede di conclusioni del processo di primo grado era stata sollevata la questione della nullità del decreto di citazione diretta a giudizio, attesa la mancata notifica all’imputato dell’avviso di cui all’art. 415-bis cod. proc. pen., notificato in data 08/07/2016 al genero dell’imputato, soggetto non convivente e, nel caso di specie, addirittura inesistente; la sentenza impugnata, erroneamente, ha affermato che l’eccezione non fosse stata proposta in primo grado, al contrario di quanto emerge dalla motivazione del primo giudice, ed ha, inoltre, omesso di fornire ogni motivazione in riferimento al primo motivo di gravame, con cui si deduceva la nullità della sentenza ai sensi dell’art. 604, comma 4, cod. proc. pen.;
2.2 inosservanza di norme processuali sancite a pena di nullità, inammissibilità, inutilizzabilità, decadenza, in riferimento agli artt. 178, 179, 157 cod. proc. pen., ai sensi dell’art. 606, lett. c) cod. proc. peri., in quanto la sentenza impugnata è illogica nella misura in cui ritiene valida la notifica del decreto di citazione giudizio a mani della moglie convivente senza il successivo invio della raccomandata, quando ad effettuare la notifica sia un ufficiale giudiziario;
2.3 violazione di legge, in riferimento all’art. 62 n. 6 cod. pen., vizio motivazione, ai sensi dell’art. 606, lett. b) ed e), cod. proc. pen., essendo del tutto illogica la motivazione con cui la Corte di merito non ha concesso il riconoscimento della circostanza attenuante del risarcimento del danno, eseguito dall’imputato nei confronti di NOME COGNOME, soggetto diverso dalla persona offesa, in epoca antecedente l’inizio del processo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di NOME COGNOME è inammissibile.
1.In relazione al primo motivo di ricorso, la sentenza impugnata afferma che il difensore dell’imputato, nel giudizio di primo grado, non aveva sollevato alcuna eccezione in riferimento alla omessa notifica dell’avviso di conclusione RAGIONE_SOCIALE indagini preliminari all’imputato stesso e che, quindi, trattandosi di nullità a regime intermedio, questa era sanata.
Tale motivazione è coerente con il principio di diritto secondo cui la nullità del decreto di citazione diretta a giudizio per omessa notifica all’imputato dell’avviso
di cui all’art. 415-bis cod. proc. pen. implica la lesione del diritto di difesa, ed inquadrabile nelle nullità di ordine generale, che possono essere eccepite fino alla deliberazione della sentenza di primo grado (Sez. 4, n. 46763 del 27/09/2018, COGNOME NOME, Rv. 274475; Sez. 6, n. 1043 del 20/12/2012, dep. 09/01/2013, Cimmino, Rv. 253843).
In realtà, dal contesto motivazionale della sentenza di primo grado non emerge alcuna indicazione di tale eccezione, essendo, invece, trattata unicamente la questione inerente all’eccepita nullità del decreto di citazione a giudizio.
Peraltro, compulsando gli atti processuali – attività consentita al Collegio in virtù della natura processuale dell’eccezione -, emerge che, effettivamente, all’udienza del 13/05/2022, la difesa aveva eccepito l’irregolarità della notifica del decreto di citazione a giudizio ex art. 7 I. 245 del 1948, mentre non vi è traccia di alcuna eccezione relativa alla notifica dell’avviso di cui all’art. 415-bis cod. proc. pen.
Né di tale notifica vi è traccia agli atti processuali, con la conseguenza che, sul punto, il ricorso non è neanche autosufficiente, considerato che la difesa avrebbe dovuto onerarsi di produrre la notifica dell’avviso ex art. 415-bis cod. proc. pen., ovvero verificare che la stessa fosse presente agli atti trasmessi a questa Corte.
2. Quanto al secondo motivo di ricorso, occorre ricordare che secondo Sez. 5, n. 4652 del 16/10/2017, dep. 31/01/2018, Bresciani e altro, Rv. 272276, la notifica a mani di familiare convivente del decreto di citazione all’imputato non detenuto, ai sensi dell’art. 157, comma 1, cod. proc. peri., è valida anche se l’ufficiale giudiziario non abbia dato ulteriore avviso al destinatario mediante invio di lettera raccomandata, essendo tale adempimento previsto nel solo caso RAGIONE_SOCIALE notifiche a mezzo agente postale, a norma della legge 890 del 1982. Tale arresto, in motivazione, afferma che, ai sensi dell’art. 157 cod. proc. pen., non sia affatto previsto l’invio di raccomandata in caso di notificazione eseguita a mani di persona capace e convivente da parte dell’ufficiale giudiziario, diversamente da quanto previsto dal comma 3, che, invece, disciplina l’invio della raccomandata quando la consegna avvenga a mani del portiere.
Nel caso in esame la notifica era stata effettuata a mani della moglie dell’imputato, presso il domicilio dichiarato, per cui nessuna nullità può ritenersi configurata.
In relazione, infine, al terzo motivo, occorre ricordare come la sentenza di primo grado abbia chiarito che il COGNOME si era fatto consegnare denaro in contante dal marito, poi deceduto, di NOME COGNOME, per eseguire lavori in realtà mai eseguiti, e, quindi, in restituzione della somma anticipatagli peri lavori mai effettuati, aveva consegnato alla COGNOME uno degli assegni sottratti presso l’abitazione di NOME ed NOME COGNOME, dell’importo di 870,00 euro, avendo egli effettuato lavori presso quest’ultima abitazione, da cui aveva sottratto due assegni non compilati,
La Corte di merito, quindi, del tutto condivisibilnnente, ha osservato che la dazione dell’assegno di importo corrispondente alla somma ricevuta dal marito della COGNOME non incide sul pregiudizio subito dalla persona offesa, NOME COGNOME, a causa della sottrazione degli assegni, ma attiene alla compilazione ed alla consegna del titolo ad un terzo in buona fede.
Dall’inammissibilità del ricorso discende, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali e della somma di euro tremila in favore della RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
Così deciso in Roma, il 11/01/2024
Il AVV_NOTAIO estensore
Il Presid,en e