Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 1432 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4 Num. 1432 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 05/12/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da: NOME nato il 15/04/1994
avverso la sentenza del 28/03/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procurator COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza n. 1426 del 2023, la Corte d’appello di Firenze, in parziale riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Lucca il 23 gennaio 2017 nei confronti di NOME COGNOME e NOME COGNOME ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di quest’ultima essendo il reato ascrittole estinto per prescrizione ed ha confermato nel resto la sentenza impugnata, condannando NOME COGNOME al pagamento delle spese processuali.
Il Tribunale di Lucca aveva ritenuto le donne responsabili del reato p. e p. dagli artt. 110 e 624 bis cod. pen. perché, in concorso tra loro, al fine di trarne profitto, si impossessavano di denaro in contante per complessivi euro 1590 di proprietà della parte offesa, mediante introduzione nella sua abitazione; precisamente, aprivano il cancello dell’abitazione, nonostante la presenza nel giardino della proprietaria che si opponeva, andavano nella camera da letto al piano terra e si impossessavano del denaro, quindi si allontanavano. Era pure stata ritenuta la recidiva specifica, reiterata ed infraquinquennale per NOME COGNOME
NOME COGNOME in particolare, era stata condannata alla pena di anni due e mesi sei di reclusione ed euro 1.000 di multa, così aumentata per la recidiva contestata la pena base di anni uno e mesi sei di reclusione.
Durante l’istruttoria era stato sentito il carabiniere che aveva confermato che la parte offesa aveva chiamato le forze dell’ordine subito dopo aver subito il furto posto in essere da due donne che si erano avvicinate al cancello con il pretesto di chiedere se avesse bisogno di aiuto, incuranti del rifiuto della proprietaria, facevano ingresso all’interno dell’abitazione. Dopo essersi dirette l’una nella camera da letto e l’altra nel salotto ed aver frugato nella borsetta e nell’armadio della proprietaria, le due donne lasciavano velocemente la casa portando con sé la refurtiva costituita dalla somma di euro 1500 custodita all’interno di una busta nell’armadio ed euro 90 che si trovavano all’interno della borsetta.
Le imputate, fermate per un controllo il giorno prima nei pressi dell’abitazione della parte offesa, erano state riconosciute dalla stessa, dopo che le erano state mostrate in foto.
La Corte d’appello, rilevato che il reato ascritto a NOME COGNOME era caduto in prescrizione il 9 febbraio 2018, con riferimento alla imputata COGNOME unica posizione qui rilevante, dopo aver dato atto che erano pervenute alle ore 13,30 del 28 marzo 2023 conclusioni scritte dell’avvocato NOME COGNOME del foro di Torre Annunziata, relative alla eccezione di nullità della notifica in quanto effettuata al solo difensore anche ex art. 161, comma 4, cod. proc. pen., in ragione del fatto che lo stesso avvocato non era difensore della imputata o che almeno non era a conoscenza della nomina da parte della COGNOME ha rigettato la richiesta ritenendo regolare la notifica effettuata il 26 gennaio 2023 ex art. 161,
comma 4, cod. proc. pen. all’avvocato di fiducia NOME COGNOME nominato il 9 marzo 2020, posto che l’imputata non era stata trovata al proprio domicilio in data 27 gennaio 2023, perché emigrata a Sorso (SS) come da accertamenti presso l’anagrafe del 20 aprile 2021.
6. Nel merito, la Corte territoriale ha respinto le censure addotte alla sentenza impugnata rilevando che per la giurisprudenza di legittimità la testimonianza indiretta de relato poteva avere ad oggetto anche una avvenuta individuazione fotografica di cui era stato testimone il personale di polizia. Nella fattispecie, peraltro, l’imputata aveva acconsentito ali’ acquisizione della denuncia querela presentata dalla parte offesa, che era persona anziana impossibilitata a recarsi in Tribunale. Nel fascicolo era pure presente il materiale fotografico sottoposto alla parte offesa attraverso il quale era avvenuto il certo riconoscimento delle imputate.
7. Anche la censura relativa al trattamento sanzionatorio è stata disattesa, in quanto l’imputata, nata nel 1994, era già gravata da plurime condanne per furti in abitazione commessi a partire dall’anno 2012 ; dalle quali si rendeva evidente la presenza di una personalità dedita alla costante perpetrazione di delitti contro il patrimonio mediante la commissione dei quali traeva i mezzl di vita. Il delitto contestato, peraltro, appariva particolarmente odioso perché perpetrato ai danni di una persona anziana che per la sua fragilità non aveva potuto impedire alle donne di introdursi nell’abitazione, nonostante si fosse a ciò opposta. Tali circostanze rendevano adeguata la scelta di commisurare la pena base in misura superiore al minimo edittale e cioè in anni uno e mesi sei di reclusione ed euro 1000 di multa, non essendo giustificata la concessione del beneficio di cui all’art. 62 bis c.p. e dovendosi invece aumentare la pena in considerazione della contestata recidiva specifica reiterata ed infraquinquennale.
8.Avvero tale sentenza, ha proposto ricorso per cassazione l’avvocato NOME COGNOME nell’interesse di NOME COGNOME sulla base di due motivi, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione (art. 173 disp. att. cod. proc. pen.).
9. Con il primo motivo di ricorso, si denuncia l’inosservanza o l’erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nell’applicazione della legge penale (art. 606, lett. b) cod. proc. pen.) in relazione all’art. 161, comma 4, cod. proc. pen.
9.1. Rileva il difensore che, quando ia notifica viene effettuata attraverso la procedura prevista dall’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., che legittima la notifica sostitutiva al difensore nei casi in cui non sia possibile perfezionarla presso il domicilio eletto, occorre accertare la legittimità di tale notifica mediata attraverso una rigorosa verifica della impossibilità di effettuare la medesima notifica, regolarmente, presso il domicilio eletto; tale verifica, nel caso di specie, non
sarebbe stata effettuata. La circostanza, peraltro, era stata fatta valere attraverso le conclusioni scritte inviate alla Corte d’appello il 28 marzo 2023.
10. Con il secondo motivo, il difensore denuncia l’inosservanza o erronea applicazione della legge penale o di altre norme giuridiche di cui si deve tenere conto nell’applicazione della legge penale (art. 606, lett. b) cod. proc. pen.) in relazione all’art. 99, comma 4, cod. pen.
10.1.0sserva che la pena è stata determinata applicando l’aumento di due terzi sulla pena base, ma alla ricorrente non poteva essere riconosciuta la recidiva reiterata, specifica ed infraquinquennale, ma la sola recidiva specifica infraquinquennale in quanto al momento della condanna qui impugnata risultava gravata dall’unico precedente penale relativo ad una sentenza emessa 1’8 agosto 2012 dai Tribunale ordinario di Savona, divenuta definitiva 1’11 marzo 2013 per fatti del 7 agosto 2012.
Il P.G. ha depositato conclusioni scritte con le quali ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
CONSIDERATO IN IDIRITTO
Il primo motivo è manifestamente infondato.
La sentenza impugnata, con il rinvio a quanto indicato in epigrafe, ha riscontrato che la notifica all’imputata nel domicilio eletto in Boscoreale (Napoli), INDIRIZZO non fu effettuata perché la destinataria risultò assente, in quanto emigrata a Sorso (SS) e, per tale ragione, il decreto di citazione relativo al processo d’appello fu notificato al difensore di fiducia, avvocato NOME COGNOME del foro di Torre Annunziata. Lo stesso depositò memoria alle ore 13,30 del giorno fissato per la trattazione, eccependo la nullità di tale notifica.
Correttamente la sentenza impugnata ha disatteso l’eccezione di nullità, in conformità all’orientamento espresso da questa Corte di legittimità. In materia, si ricorda Sez. U , n. 28451 del 28/04/2011 (dep. 19/07/2011), COGNOME, Rv. 250120 – 01; Sez. U , n. 58120 del 22/06/2017 (dep. 29/12/2017), COGNOME, Rv. 271772 01, che hanno confermato la completezza del procedimento notificatorio descritto dagli articoli da 161 a 164 del codice di rito per l’ipotesi di domicilio eletto dichiarato che è alternativo a quello previsto dall’art. 157 cod. proc. pen. per la prima notificazione all’imputato non detenuto. L’imputato, che abbia scelto dove ricevere le comunicazioni processuali formali, viene, infatti, informato del dovere di aggiornare ogni eventuale successiva variazione ai sensi dell’art. 161, commi 1 e 2, cod. proc. pen., non potendosi più applicare nei suoi confronti la sequenza di cui all’art. 157 cod. proc. pen., limitata solamente alla prima notificazione, da riservarsi all’imputato non detenuto che non abbia ancora ricevuto l’invito a indicare il domicilio dedicato a dette comunicazioni.
Sempre la pronuncia COGNOME ha specificato che, a seguito della prima notificazione regolarmente effettuata all’imputato e nel caso di nomina del difensore di fiducia, le successive si eseguono mediante consegna al difensore ai sensi dell’art. 157, comma 8-bis, cod. proc. pen.; diversamente, in caso di già intervenuta dichiarazione o elezione di domicilio, detta ultima norma non si applica.
La sentenza COGNOME ha precisato che il rinvio disposto dall’art. 163 cod. proc. pen. alle formalità descritte dall’art. 157 non si riferisce ai luogni ove effettuare l notifica, indicati nel corpo degli artt. 161 e 162, ma alle persone che possono ricevere l’atto da notificare con le cautele sulla riservatezza previste al comma 6 dell’art. 157. La medesima decisione, nel c:aso di rifiuto di ricevere l’atto o dell’assenza del destinatario (imputato o domiciliatario) ovvero delle altre persone ritenute idonee alla ricezione nel domicilio già indicato, integra l’ipotesi d impossibilità della notificazione con conseguente sostituzione del destinatario con il difensore ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., non potendosi più applicare la procedura descritta all’art. 157, comma 8, che, come detto, è riservata alla prima notificazione all’imputato non detenuto mai avvisato dell’onere di scegliere dove ricevere le comunicazioni relative al processo.
6.Coerentemente con queste decisioni a Sezioni Unite, si è espressa la giurisprudenza maggioritaria (si ricordano Sez.6, n. 24864 del 19/04/2017, COGNOME, Rv. 270031-01; Sez. 6, n. 52174 del 06/10/2017, COGNOME, Rv. 271560-01; Sez. 3, n. 12909 del 20/01/2016, COGNOME, Rv. 268158; Sez. 6, n. 42548 del 15/09/2016, COGNOME, Rv. 268223) la quale ha affermato che, per integrare l’ipotesi di “impossibilità” della notifica, ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., è sufficiente l’attestazione dell’assenza dell’imputato nel domicilio dichiarato o del domiciliatario nel domicilio eletto, senza che sia necessaria alcuna ulteriore ricerca, doverosa solo quando non si sia riuscito a provvedere alla notilcazione nei modi previsti dall’art. 157, richiamato dall’inciso iniziale dell’art. 159 cod. proc. pen.
Conseguentemente, la temporanea assenza dell’imputate o la non facile individuazione del luogo indicato come domicilio consentono il ricorso all’alternativa prevista dall’art. 161, comma 4, cod. proc. pen.
L’inidoneità del domicilio indicato è quindi ravvisabile nelle ipotesi di impossibilità effettiva di notificazione, escluso il caso fortuito e ia forza maggiore, e quando le indicazioni rese dall’interessato non risultino funzionali a realizzare lo scopo per cui sono state fornite qual è l’esito positivo della notificazione.
Anche il secondo motivo è manifestamente infondato, posto che il certificato penale dell’imputata, come accertato dalla sentenza impugnata e ricordato dal P.G., recava anteriormente alla data di commissione del reato per cui ora si procede ben tre condanne per furto.
10. In definitiva, il ricorso va dichiarato inammissibile.
Alla inammissibilità del ricorso consegue la condanna della ricorrente pagamento delle spese processuali. Tenuto conto della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000 e rilevato che non sussistono element per ritenere che la ricorrente non versasse in colpa nella determinazione de causa di inammissibilità, deve essere disposto a suo carico, a norma dell’art. cod. proc. pen., l’onere di versare la somma di 3.000,00 in favore della Cassa de ammende, somma così determinata in considerazione delle ragioni di inammissibilità.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spe processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 5 dicembre 2023.