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Non punibilità: quando il ricorso è inammissibile

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imputato condannato per un reato previsto dalla legge n. 110/1975. L’imputato chiedeva l’applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. La Corte ha ritenuto che la motivazione della sentenza impugnata fosse sufficiente e che le argomentazioni del ricorrente fossero meramente ripetitive, condannandolo al pagamento delle spese e di una sanzione pecuniaria.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Quando un ricorso per non punibilità viene dichiarato inammissibile?

La recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante chiarimento sui limiti dell’appello basato sulla richiesta di applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, disciplinata dall’art. 131-bis del codice penale. Questo principio consente di evitare una condanna penale quando il reato commesso, pur esistendo, è di gravità così lieve da non giustificare l’applicazione di una sanzione. La decisione in esame sottolinea come la mera riproposizione di argomenti già valutati e respinti non sia sufficiente per ottenere una revisione della sentenza in sede di legittimità.

I Fatti del Caso: L’impugnazione della condanna

Il caso ha origine dalla condanna di un individuo per un reato previsto dall’art. 4 della legge n. 110 del 1975. L’imputato, ritenendo ingiusta la decisione, ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione. Il fulcro del suo appello era la mancata applicazione da parte del giudice di merito della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto. Secondo la difesa, le circostanze del reato erano tali da rientrare pienamente nei criteri di lieve entità previsti dalla legge, rendendo sproporzionata una condanna penale.

La Decisione della Cassazione sulla richiesta di non punibilità

La Settima Sezione Penale della Corte di Cassazione ha esaminato il ricorso e lo ha dichiarato inammissibile. Questa decisione non entra nel merito della questione (ovvero se la non punibilità fosse effettivamente applicabile), ma si concentra sulla validità stessa del ricorso presentato. La Corte ha stabilito che l’appello non presentava i requisiti di legittimità necessari per essere discusso. Di conseguenza, ha confermato la condanna e ha inoltre ordinato al ricorrente di pagare le spese processuali e una somma di tremila euro alla Cassa delle ammende.

Le motivazioni

La Corte ha basato la sua decisione su una valutazione critica delle argomentazioni del ricorrente. I giudici hanno osservato che la sentenza del Tribunale, che aveva escluso l’applicazione dell’art. 131-bis c.p., era supportata da una motivazione ‘sufficiente e non illogica’. In altre parole, il giudice di primo grado aveva spiegato in modo adeguato e razionale perché riteneva che il fatto non fosse di particolare tenuità. A fronte di ciò, il ricorso in Cassazione si limitava a riproporre le stesse tesi difensive, senza introdurre nuovi elementi di diritto o evidenziare vizi logici evidenti nel ragionamento del giudice precedente. Queste ‘reiterative confutazioni’, come definite dalla Corte, non hanno ‘tono di legittimità’, ovvero non costituiscono un valido motivo per contestare la decisione in sede di Cassazione.

Le conclusioni

Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale del processo penale: il ricorso in Cassazione non è un terzo grado di giudizio dove si possono ridiscutere i fatti. Per ottenere una revisione, è necessario dimostrare che la sentenza impugnata contiene specifici errori di diritto o vizi di motivazione gravi e manifesti. La semplice riproposizione di argomentazioni già respinte, senza evidenziare profili di illegittimità, porta inevitabilmente a una declaratoria di inammissibilità, con l’ulteriore aggravio delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria per il ricorrente. La decisione serve quindi da monito sull’importanza di fondare i ricorsi su motivi solidi e giuridicamente pertinenti.

Per quale motivo è stato presentato ricorso in Cassazione?
Il ricorso è stato presentato per contestare la mancata applicazione della causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto, prevista dall’art. 131-bis del codice penale.

Perché la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile?
La Corte ha ritenuto il ricorso inammissibile perché la motivazione della sentenza impugnata, che escludeva la non punibilità, era considerata sufficiente e non illogica, e gli argomenti del ricorrente erano solo una ripetizione di tesi già respinte, senza reale fondamento di legittimità.

Quali sono state le conseguenze per il ricorrente?
A seguito della dichiarazione di inammissibilità, il ricorrente è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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