Patteggiamento e Non Menzione Casellario Giudiziale: Un Beneficio Automatico
Una recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 4350/2024) offre un chiarimento fondamentale su un aspetto cruciale del patteggiamento: il beneficio della non menzione casellario giudiziale. La Corte ha stabilito che, in caso di applicazione della pena su richiesta delle parti, tale beneficio non deve essere esplicitamente concesso dal giudice nella sentenza, in quanto discende automaticamente dalla legge. Di conseguenza, un ricorso volto a lamentare tale omissione è destinato a essere dichiarato inammissibile.
I Fatti del Caso
La vicenda trae origine da una sentenza di patteggiamento emessa dal GIP del Tribunale di Monza. Un’imputata era stata condannata a una pena di otto mesi di arresto e duemila euro di ammenda per il reato di guida in stato di ebbrezza, aggravato dall’aver provocato un incidente stradale. La sentenza aveva concesso il beneficio della sospensione condizionale della pena.
Tuttavia, la difesa dell’imputata ha proposto ricorso in Cassazione, lamentando una manifesta illegalità della pena. Il motivo del ricorso si concentrava su un punto specifico: la mancata concessione del beneficio della non menzione casellario giudiziale, previsto dall’art. 175 del codice penale. Secondo la ricorrente, questa omissione, non motivata dal giudice, le avrebbe causato un notevole pregiudizio, in particolare sul piano lavorativo.
La Decisione della Corte: l’Automatismo della Non Menzione Casellario Giudiziale
La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, dichiarandolo inammissibile. La decisione si fonda su un principio consolidato in giurisprudenza: nel contesto del patteggiamento, l’interesse ad impugnare una sentenza che non menziona esplicitamente il beneficio della non menzione non sussiste.
Le Motivazioni
I giudici di legittimità hanno spiegato che il beneficio della non menzione casellario giudiziale è una conseguenza che deriva direttamente dalla legge, e non da una concessione discrezionale del giudice, quando si applica una pena patteggiata. In particolare, la Corte fa riferimento al Testo Unico sul Casellario Giudiziale (d.P.R. n. 313/2002), agli articoli 24 e 25. Queste norme stabiliscono che le sentenze di patteggiamento non devono essere riportate nei certificati del casellario richiesti dai privati e dalla pubblica amministrazione (con alcune eccezioni).
Poiché il beneficio opera ex lege (cioè, per forza di legge), non è necessario che il giudice lo disponga espressamente nel dispositivo della sentenza. La sua omissione non determina alcun pregiudizio per l’imputato, il quale gode comunque della tutela prevista dalla normativa. L’eventuale ricorso, pertanto, è privo di interesse concreto e attuale, presupposto fondamentale per l’ammissibilità di qualsiasi impugnazione.
Le Conclusioni
La pronuncia ribadisce un concetto di grande importanza pratica. Chi definisce un procedimento penale attraverso il patteggiamento può avere la certezza che, alle condizioni previste dalla legge, la condanna non comparirà nei certificati del casellario richiesti da soggetti privati. Non è necessario presentare un’istanza specifica al giudice né, tantomeno, impugnare la sentenza in caso di silenzio sul punto. La declaratoria di inammissibilità del ricorso comporta, come di consueto, la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
 
È necessario che il giudice specifichi nel patteggiamento il beneficio della non menzione della condanna nel casellario giudiziale?
No, non è necessario. La Corte di Cassazione ha stabilito che tale beneficio discende direttamente dalla legge (d.P.R. 313/2002) in caso di applicazione della pena su richiesta delle parti e non richiede una specifica concessione da parte del giudice.
Si può fare ricorso se la sentenza di patteggiamento non menziona esplicitamente la “non menzione”?
No, un ricorso di questo tipo è inammissibile. Secondo la sentenza, manca l’interesse a impugnare, poiché il beneficio opera automaticamente per legge e la sua omissione nella sentenza non causa un pregiudizio giuridico all’imputato.
Qual è la conseguenza se un ricorso per la mancata concessione della “non menzione” viene dichiarato inammissibile?
La conseguenza è la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende, come stabilito nel caso di specie.
 
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 4350 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 4   Num. 4350  Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 18/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a MILANO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/04/2023 del GIP TRIBUNALE di MONZA
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; ,L lettetsentitei le conclusioni del PG COGNOME k 2 –COGNOME I,
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
Il difensore di COGNOME NOME ricorre avverso la sentenza, in epigrafe indicata, resa ai sensi degli artt. 444 e ss. cod. proc. pen. dal Giudice per indagini preliminari del Tribunale di Monza che ha applicato la pena di mesi otto di arresto ed euro duemila di ammenda, in ordine al reato di guida in stato di ebbrezza, aggravato dalla provocazione di incidente stradale.
Con l’unico motivo sollevato, deduce manifesta illegalità della pena per essere stato concesso il solo beneficio della sospensione condizionale della pena e non anche quello di cui all’art. 175 cod. pen., senza fornire alcun motivazione sul punto, evidenziandosi come la mancata concessione del beneficio della non menzione nel casellario giudiziale determini un pregiudizio, anche sul piano lavorativo, all’imputata.
Con requisitoria scritta, il Procuratore generale ha chiesto che il ricor sia dichiarato inammissibile.
Il ricorso è inammissibile. In tema di patteggiamento, è invero inammissibile, per difetto di interesse a impugnare, il ricorso contro l sentenza che non preveda il beneficio della non menzione della condanna cui sia stata condizionata la richiesta, discendendo il beneficio richiesto, in ca di applicazione della pena, direttamente dagli artt. 24, comma primo, lett. e) e 25, comma primo, lett. e) del d.P.R. 14 novembre 2002, n. 313 (Sez. 7, ord. n. 14123 del 09/02/2018, COGNOME Barillaro, COGNOME Rv. 272481; COGNOME Sez. 3, sent. n. 5040 del 17/01/2012, Traviglia e altro, Rv. 252130).
Alla declaratoria di inammissibilità del ricorso segue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso il 18 ottobre 2023 Il Consigliere estensore COGNOME