Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 1796 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 1796 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/12/2024
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME NOME nato il 12/06/1962 a SALERNO avverso la sentenza in data 26/03/2024 della CORTE DI APPELLO DI FIRENZE;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
sentita la requisitoria del Pubblico ministero, nella persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso per l’annullamento della sentenza impugnata, con rinvio alla Corte di Appello di Firenze per nuovo giudizio. il rigetto del ricorso, in accoglimento del secondo motivo di ricorso;
sentito l’Avvocato NOME COGNOME che, nell’interesse della parte civile COGNOME ha concluso per l’inammissibilità del ricorso e per la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel grado di giudizio;
sentito l’Avvocato NOME COGNOME, nell’interesse di NOME COGNOME ha illustrato i motivi d’impugnazione e ha insistito per l’accoglimento del ricorso o, in subordine, per la rimessione degli atti alle Sezioni Unite.
RITENUTO IN FATTO
NOME COGNOME NOMECOGNOME per il tramite del proprio procuratore speciale, impugna la sentenza in data 26/03/2024 della Corte di appello di Firenze, che ha riformato la sentenza in data 15/12/2015 del Tribunale di Firenze, dichiarando non
doversi procedere nei confronti di COGNOME perché il reato ascrittogli é estinto per prescrizione. Il giudice di primo grado aveva condannato NOME COGNOME per il reato di truffa.
Deduce:
Inosservanza di norma processuale degli artt. 100 e 101 cod. proc. pen., dell’art. 24 disp. att. cod. proc. pen., in relazione all’art. 76 cod. proc. pen..
Il ricorrente premette che l’eccezione in esame è già stata sollevata sia al momento della costituzione delle parti, quando si chiedeva l’esclusione della parte civile, sia con l’atto di appello, con specifico motivo di gravame.
Osserva, dunque, che l’esclusione della parte civile era stata richiesta ai sensi dell’art. 80 cod. proc. pen., evidenziando che COGNOME COGNOME (persona offesa), in sede di denuncia querela, aveva nominato quale difensore di fiducia l’Avvocato NOME COGNOME che successivamente, senza che fosse intervenuta la revoca o la rinuncia di tale nomina, lo stesso COGNOME COGNOME nominava altro difensore e procuratore speciale, nella persona dell’Avvocato NOME COGNOME che all’udienza dell’8 aprile 2014- depositava l’atto di costituzione di parte civile, in calce al quale era stata stesa la procura speciale a tal fine rilasciata.
Denuncia, quindi, la nullità di tale costituzione, perché effettuata da un difensore privo di legittimazione, considerato che la parte civile può stare in giudizio con un solo difensore, che, nella fattispecie, doveva ritenersi l’avvocato NOME COGNOME nominato in occasione della presentazione della denuncia querela e mai revocato, con conseguente inefficacia della nomina in eccedenza dell’Avvocato NOME COGNOME ai sensi dell’art. 24 disp. att. cod. proc. pen..
Sostiene che il Tribunale e la Corte di appello hanno disatteso l’istanza sulla base di argomentazioni errate, ritenendo che il mandato conferito per presentare la querela non precludesse la possibilità di nominare un diverso difensore per la costituzione in giudizio, ovvero che, comunque, doveva ritenersi sussistente una revoca implicita del primo difensore.
Si sostiene che entrambe le ragioni espresse dai giudici sono errate, perché il principio dell’immanenza della nomina fiduciaria del difensore non viene superato dal fatto che la persona offesa acquisti la qualità di parte processuale con la costituzione in giudizio, per come ritenuto dal Tribunale; perché non è ammissibile il concetto di revoca implicita, in ragione del divieto di revoche e rinunce tacite del mandato difensivo, fatta eccezione per l’ipotesi della proposizione dell’atto d’impugnazione.
A sostegno di quanto dedotto viene illustrato quanto espresso in motivazione dalla sentenza delle sezioni unite n. 12164 del 15/12/2011 (dep. 2012, ric. COGNOME, Rv. 252027 – 01) in relazione alla tematica della nomina del difensore in eccedenza.
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Da ciò si fa discendere l’inesistenza della costituzione di parte civile effettuata dal secondo difensore, con una procura speciale invalida.
Vizio di motivazione in relazione all’art. 578 cod. proc. pen. per essere stata pronunciata una sentenza di estinzione del reato per sopravvenuta prescrizione in luogo della sentenza assolutoria nel merito.
A tale riguardo il ricorrente osserva che la Corte di appello ha applicato la regola di giudizio processual-civilistica del più probabile che non mentre andava applicata la regola processual-penalistica dell’oltre ragionevole dubbio, così omettendo di confrontarsi con le argomentazioni difensive in ordine all’insussistenza del fatto contestato, avendo motivato soltanto in relazione alla capacità del fatto a provocare un danno ingiusto.
Si assume, dunque, che l’imputato è stato privato della possibilità di beneficiare dell’assoluzione nel merito.
In questo caso vengono richiamati i principi della sentenza delle sezioni unite, c.d. COGNOME.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo di ricorso è infondato.
1.1. Dall’esame degli atti, consentito in ragione della natura processuale della questione, risulta confermata la ricostruzione esposta dal ricorrente.
Emerge, infatti, che la persona offesa esponeva denuncia-querela nominando a tal fine l’avvocato NOME COGNOME che non risulta nessun atto di rinuncia ovvero di revoca in relazione a tale mandato difensivo; che, in occasione dell’udienza di primo grado dell’8.4.2014 l’avvocato NOME COGNOMEassente l’interessato- depositava, in nome e per conto di RAGIONE_SOCIALE, atto di costituzione di parte civile, con procura speciale a tale fine rilasciata dallo stesso COGNOME, con sottoscrizione autenticata dall’Avvocato COGNOME
1.2. Secondo il ricorrente questa costituzione non sarebbe valida, in quanto la parte civile può avere un solo difensore, così che la nomina del secondo difensore, senza revoca o rinuncia del primo, deve considerarsi senza effetto, ai sensi dell’art. 24 disp. att. cod. proc. pen.. Da tale premessa si deduce l’inefficacia della nomina dell’Avvocato NOME COGNOME con la conseguenza che la procura speciale rilasciatagli per la costituzione di parte civile non sarebbe valida, in quanto la sottoscrizione è stata autenticata da un difensore privo di poteri, perché nominato in eccedenza.
1.3. Le argomentazioni fin qui esposte sono infondate.
La persona offesa -che è il soggetto che subisce l’aggressione al bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice- può nominare un difensore nel corso del procedimento penale e gode di alcune facoltà, quali, per esempio, la possibilità
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di presentare memorie o indicare elementi di prova nel corso delle indagini preliminari, ancor prima dell’esercizio dell’azione penale.
Dalla figura della persona offesa va distinta, però, la parte civile, che è il soggetto che interviene nel processo penale, dopo l’esercizio dell’azione penale, quando acquista la qualità di parte privata, al fine di rivendicare una pretesa risarcitoria collegata alla commissione del reato.
La distinzione tra la persona offesa e la parte civile emerge ove si consideri che non sempre le due figure si identificano nella stessa persona fisica ovvero nello stesso soggetto giuridico, dovendosi rimarcare che al soggetto che subisce l’aggressione al bene giuridico protetto dalla norma incriminatrice è riconosciuta la possibilità di fare valere le proprie ragioni in sede processuale soltanto quando sia anche il soggetto economicamente danneggiata dal reato, il che non sempre accade.
Tanto vale a rimarcare la principale differenza tra le due figure, mettendosi in evidenza che la nozione di “persona offesa” è di tipo sostanziale, nel senso che può essere individuata in base alla natura e alle circostanze del reato, mentre la nozione di “parte civile” è di tipo prettamente processuale e si rivolge al soggetto legittimato a far valere le proprie pretese economiche in seno al processo penale.
Tale distinzione, peraltro, è tenuta presente proprio dall’art. 24 disp. att. cod. proc. pen. che, nel disporre l’inefficacia del difensore nominato in eccedenza, fa autonomo richiamo agli artt. 96, 100 e 101 cod. proc. pen., i quali si riferiscono all’imputato (art. 96), alle altre parti private (art. 100) e alla persona offesa (art. 101), così dimostrando di distinguere la parte civile dalla persona offesa, in quanto disgiuntamente menzionate pur per l’applicazione della medesima norma.
Proprio la non necessaria coincidenza e la distinzione tra la figura della persona offesa e quella della parte civile porta ad affermare che l’eventuale nomina di un difensore effettuata dalla persona offesa dispieghi la propria efficacia esclusivamente al di fuori del processo, così non precludendo la nomina di un diverso difensore per la fase più squisitamente processuale, senza che sia necessaria la revoca o la rinuncia del difensore precedentemente nominato al fine della presentazione della querela.
Va ulteriormente rimarcato come il principio di immanenza richiamato dalla difesa venga fissato dall’art. 76 cod. proc. pen. in relazione alla costituzione della parte civile e viene altresì riconosciuto in relazione alla nomina del difensore dell’imputato ai sensi dell’art. 107 cod. proc. pen., ossia, in entrambi i casi in sede processuale e non anche al di fuori del processo.
Da ciò discende che il principio dell’immanenza non può intendersi riferita al difensore nominato dalla persona offesa, al di fuori del processo e ancor prima dell’esercizio dell’azione penale, al fine di proporre querela.
Da tutto ciò l’infondatezza del primo motivo di ricorso.
Anche il secondo motivo di ricorso è infondato.
Il ricorrente sostiene che la Corte di appello si sarebbe disinteressata dallo scrutinare “agli effetti penali” il materiale compendiato, rivolgendo la propria attenzione solo ed esclusivamente a verificare l’idoneità della condotta del prevenuto a provocare un danno ingiusto, secondo l’art. 2043 cod. civ., utilizzando il regime probatorio del “più probabile che non” in luogo di quello del “ragionevole dubbio”, che andava applicato anche in presenza di una declaratoria di prescrizione del reato.
2.1. A tale ultimo proposito va osservato che, in effetti, le Sezioni unite, si sono espresse nel senso che anche ai fini del risarcimento del danno va applicata la regola di giudizio processual-penalistica dell’ogni ragionevole dubbio, affermando il seguente principio di diritto: «nel giudizio di appello avverso la sentenza di condanna dell’imputato anche al risarcimento dei danni, il giudice, intervenuta nelle more l’estinzione del reato per prescrizione, non può limitarsi a prendere atto della causa estintiva, adottando le conseguenti statuizioni civili fondate sui criteri enunciati dalla sentenza della Corte costituzionale n. 182 del 2021, ma è comunque tenuto, stante la presenza della parte civile, a valutare, anche a fronte di prove insufficienti o contraddittorie, la sussistenza dei presupposti per l’assoluzione nel merito» (Sez. U, n. 36208 del 28/03/2024, Calpitano c/ COGNOME, Rv. 286880 01).
Viene così confermata la validità dei principi già enunciati dalle sezioni unite con la richiamata sentenza COGNOME, secondo cui l’art. 578 cod. proc. pen. prevede un potere di cognizione piena del giudice di appello alla duplice condizione della presenza della parte civile e della ricorrenza del fenomeno estintivo della prescrizione (o dell’amnistia), alle medesime condizioni le Sezioni Unite hanno ammesso l’esito assolutorio, anche ai sensi dell’art. 530, comma 2, cod. proc. pen., con prevalenza sulla causa estintiva.
2.2. Ciò premesso, deve osservarsi che la Corte di appello ha in effetti dichiarato di applicare la regola processual-civilistica del “più probabile che non”, ma va altresì rilevato come la motivazione soddisfi in concreto la regola di giudizio del ragionevole dubbio, pur a dispetto dell’astratta enunciazione di principio contenuta nella sentenza impugnata.
La Corte di appello, invero, si è approfonditamente occupata della configurabilità del fatto contestato a COGNOME, rilevando la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi della truffa, quali: a) l’induzione in errore e il raggir evidenziando che COGNOME era stato ingannato «attraverso una marcata e fondamentale alterazione della realtà, prospettando falsamente alla persona offesa che le opere erano state realizzate da artisti contemporanei noti e quotati e che
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l’acquisto era destinato ad una sicura rivalutazione», approfittando anche del fatto che COGNOME era una persona del tutto impreparata nel settore del mercato dell’arte e privo delle capacità tecniche necessarie per valutare un’opera; b) l’artificio, osservando che COGNOME era stato -altresì- ingannato sia mostrandogli alcune pubblicazioni su riviste di settore spacciate per recensioni dell’artista NOME COGNOME mentre invece si trattava di inserzioni pubblicitarie a pagamento, sia consegnandogli dei certificati di autenticità con la dicitura “RAGIONE_SOCIALE“, fondazione in realtà inesistente, come accertato dalla Guardia di Finanza; c) l’ingiusto profitto e il danno, identificati nel prezzo esorbitante pagato da COGNOME e incassato da NOME COGNOME per l’acquisto di un’opera al costo di 140.000,00 euro a fronte di una valore reale stimato in 1.600,00 euro.
A fronte di ciò, la censura del ricorrente si limita ad affermare che la Corte di appello ha applicato la regola di giudizio del più probabile che non, tralasciando di confrontarsi con la motivazione comunque spesa dai giudici, così trascurando di confrontarsi sui reali contenuti della stessa, nella prospettiva di far emergere l’effettiva violazione della regola processual-penalistica del ragionevole dubbio.
Violazione che, invero, per quanto detto, non si riscontra nella lettura della sentenza impugnata.
Da ciò l’infondatezza del secondo motivo d’impugnazione.
3. Segue il rigetto del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali. Tale esito comporta anche la condanna del ricorrente alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute dalla parte civile nel presente grado di giudizio.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna, inoltre, l’imputato alla rifusione delle spese di rappresentanza e difesa sostenute nel presente giudizio dalla parte civile RAGIONE_SOCIALE, nella qualità di erede di Vettori NOME, che liquida in complessivi euro 3.686/00, oltre accessori di legge.