Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 22636 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 22636 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data Udienza: 28/05/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da
NOME n. in Marocco il 3/11/1999
avverso la sentenza della Corte di Appello di Firenze in data 31/10/2024
visti gli atti, la sentenza impugnata e il ricorso;
udita la relazione del Cons. NOME COGNOME
letta la memoria a firma del difensore;
udita la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
udito il difensore, Avv. NOME COGNOME che ha illustrato i motivi, chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte d’Appello di Firenze riformava quoad poenam la decisione del G.i.p. del Tribunale di Pistoia che, in esito a giudizio abbreviato, aveva riconosciuto NOME COGNOME colpevole dei delitti di rapina, lesioni e minacce, tutti aggravati dall’uso di un’arma, nonché della contravvenzione ex art. 4 L. 110/75, determinando il trattamento sanzionatorio nella misura di anni quattro, mesi quattro di reclusione ed euro 1800,00 di multa.
Ha proposto ricorso per cassazione il difensore dell’imputato, Avv. NOME COGNOME il quale ha dedotto:
2.1 la violazione degli artt. 628 cod. pen. e 192, commi 1 e 3, cod. proc. pen. in relazione al riconoscimento del delitto di rapina in assenza di prova sulla sottrazione dei beni.
Secondo il difensore la condanna per il delitto di rapina è sostenuta da una motivazione incoerente e illogica, basata sulla sola testimonianza della persona offesa, che non è stata adeguatamente vagliata sotto il profilo della attendibilità ed è risultata in contrasto con altri elementi acquisiti in atti. In particolare, la Corte territoriale non ha effettuato la valutazione particolarmente rigorosa ed approfondita delle dichiarazioni della persona offesa, valutazione espressamente richiesta dalla giurisprudenza di legittimità giacché non ha considerato che, alla luce delle risultanze del referto di pronto soccorso, il denunziante all’atto del ricovero versava in una condizione di abuso di alcol e stupefacenti suscettibile di incidere sull’attendibilità delle dichiarazioni rese alla polizia giudiziaria in ordine all’avvenuta sottrazione di un telefono cellulare e del portafogli. Inoltre, né il teste COGNOME che assistette ai fatti, né le riprese delle telecamere presenti sul luogo dell’aggressione accreditano la sottrazione di detti beni da parte del prevenuto. La Corte territoriale ha, altresì, illogicamente sostenuto che l’imputato la sera dei fatti avesse con sé due cellulari, uno solo dei quali fu sottratto, richiamando in maniera non puntuale le dichiarazioni della fidanzata della vittima;
2.2 la violazione dell’art. 61 n. 2 cod. pen. in relazione al riconoscimento dell’aggravante del nesso teleologico tra il delitto di rapina e le lesioni in violazione del principio di ne bis in idem sostanziale.
Il difensore sostiene l’incompatibilità tra il nesso finalistico e i reati addebitati al ricorrente in quanto in tal modo la componente violenta della condotta viene valorizzata ben tre volte: quale elemento costitutivo del delitto di rapina, quale autonoma fattispecie di lesioni volontarie e quale circostanza aggravante, in contrasto con il principio di unicità della sanzione.
Con ulteriore e collegato motivo il ricorrente chiede la rimessione alle Sezioni Unite della questione relativa all’applicabilità del nesso teleologico in ipotesi di condotte violente
autonome e non funzionali allo spossessamento, ovvero quando le lesioni strumentali eccedano i limiti necessari per la realizzazione del reato ex art. 628 cod. pen.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo è reiterativo di doglianze in ordine all’attendibilità della persona offesa adeguatamente scrutinate e motivatamente disattese dalla Corte di merito con argomenti che non prestano il fianco a censura per completezza e congruenza logica. Appare, infatti, del tutto generica la deduzione circa la mancata considerazione della condizione di abuso alcolico e di pregresso uso di stupefacenti da parte della vittima, documentata dal referto di accesso al Pronto Soccorso, avvenuto alle ore 2,57 del 3 Luglio 2023, giacché l’assunzione di informazioni ad opera della polizia giudiziaria avvenne a distanza di tempo da siffatto accertamento e non vi è in atti alcun elemento che autorizzi a ritenere che la persona offesa avesse turbe della memoria in grado di incidere sulla ricostruzione dei fatti. Né appaiono decisive, in quanto inidonee ad inficiare il giudizio d’attendibilità del dichiarante, le circostanze asseritamente contrastanti, già scrutinate in sede di merito e in questa sede riproposte, dal momento che il teste COGNOME assistette ai fatti dall’interno dell’esercizio commerciale in cui lavorava, in condizioni che gli consentirono di notare l’aggressione ma non di focalizzarne i dettagli, mentre con riguardo alle videoriprese la Corte di merito ha spiegato le ragioni per le quali ha ritenuto privo di dirimente rilievo il bagliore rilevabile in una tasca della vittima, suggestivo dello schermo di un cellulare, giacché la persona offesa ha riferito che gli fu sottratto non il telefono che usava abitualmente per comunicare ma altro acquistato pochi giorni prima presso un negozio cinese, chiarendo che si trattava di un Samsung mod. A13 di colore blu (sent. G.i.p. pagg. 2/3).
La difesa tende, dunque, ad una rivalutazione del compendio indiziario precluso in questa sede in assenza di significative lacune motivazionali o decisivi travisamenti.
Il secondo motivo è per più versi inammissibile. Infatti, in punto di interesse alla censura, deve rilevarsi che, alla luce del computo della pena esplicitato dal primo giudice alle pagg. 4 e 5, non risulta che la circostanza ex art. 61 n. 2 cod. pen. abbia determinato alcun incremento sanzionatorio poiché l’aumento operato sulla pena base è stato riferito genericamente al delitto di lesioni senza alcun cenno alle due aggravanti contestate in relazione al capo 2.
2.1 Ad ogni buon conto, le censure difensive sono manifestamente infondate. Per la sussistenza dell’aggravante del nesso teleologico occorre che il reato-mezzo sia posto in essere anteriormente o almeno contestualmente al reato-fine ovvero per conseguire o
assicurare a sé o ad altri il prodotto o il profitto o il prezzo o, ancora, l’impunità di un altro reato. Nella specie, la contestazione concerne un’ipotesi di rapina propria in relazione alla quale l’uso di violenza fisica funzionale allo spossessamento ha causato lesioni personali aggravate. In incolpazione si addebita espressamente all’imputato di aver cagionato alla persona offesa lesioni personali ‘al fine di commettere il delitto’ di rapina.
La giurisprudenza di legittimità è costante nel ritenere che la circostanza aggravante del nesso teleologico è configurabile anche in ipotesi di concorso formale di reati, non richiedendo una alterità di condotte quanto piuttosto la specifica finalizzazione dell’un reato alla realizzazione dell’altro (Sez. 5, n. 34504 del 12/10/2020, H., Rv. 280122 – 02; Sez. 6, n. 14168 del 22/01/2020, Z., Rv. 278844 – 01; Sez. 5, n. 22 del 26/11/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 277754 – 01).
L’inasprimento sanzionatorio che consegue al riconoscimento della circostanza, di natura soggettiva, sanziona la particolare capacità a delinquere dell’agente che, pur di commettere un reato, non esita ad attuarne in guisa strumentale anche un altro (Sez. 1, n. 15191 del 10/07/1978, Sarda, Rv. 140486 – 01).
Nel panorama giurisprudenziale non si riscontra alcuna voce dissonante circa la configurabilità dell’aggravante in presenza di un intenzionale collegamento finalistico tra reato mezzo e reato fine né appare sussistente la paventata violazione del bis in idem sostanziale. Questa Corte ha costantemente rimarcato che i delitti di rapina e di estorsione assorbono in sé soltanto quel minimo di violenza che si concreta nelle percosse, perciò, se la violenza raggiunge, nell’iter criminoso, un grado tale da divenire causa di lesione personale, l’agente risponde anche di questo autonomo delitto (in tal senso tra molte, Sez. 2, n. 37048 del 15/09/2022, Sunday, Rv. 283789 – 01; Sez. 2, n. 17427 del 21/02/2019, COGNOME, Rv. 276053 – 01), mentre l’elemento circostanziale pone l’accento sulla particolare intensità del dolo denotata dal collegamento strumentale e finalistico delle condotte.
2.2 Il contrasto giurisprudenziale evocato dalla difesa con richiesta di rimessione della questione alle Sezioni Unite concerne non la fattispecie di rapina propria contestata nell’odierno processo ma l’autonoma figura della rapina impropria in relazione alla quale si registra diversità di opinioni circa l’eventuale assorbimento del nesso teologico alla luce della sostanziale sovrapponibilità della condotta tipica, che prevede, dopo la sottrazione, l’uso della violenza o della minaccia ‘ per assicurare a sé o ad altri il possesso della cosa sottratta o per procurare a sé o ad altri l’impunità’, con il contenuto della aggravante declinato nel secondo periodo dell’art. 61 n. 2 cod. pen. laddove si fa richiamo all’aver commesso il reato ‘per conseguire o assicurare a sé o ad altri il prodotto, o il profitto o il prezzo ovvero la impunità di un altro reato’.
Solo ed esclusivamente in relazione alla fattispecie ex art. 628, secondo comma, cod. pen. si pone, dunque, un problema di applicabilità del principio di specialità sancito dall’art. 15 cod. pen. e del principio secondo cui lo stesso fatto non può essere posto a carico dell’agente una seconda volta, sostenendosi, da un lato, che poiché la violenza o minaccia adoperata dopo la sottrazione di una cosa mobile altrui, per assicurare a sè o ad altri il possesso della cosa sottratta, o per procurare a sè o ad altri l’impunità, è elemento costitutivo del reato di rapina impropria, non può essere valutata una seconda volta a titolo di circostanza aggravante del nesso teleologico prevista dall’art. 576 n. 1 cod. pen. in relazione all’art. 61 n. 2 cod. pen. (in tal senso, Sez. 1, n. 5189 del 18/03/1996, COGNOME, Rv. 204666 – 01; Sez. 1, n. 12359 del 01/06/1990, COGNOME, Rv. 185315 – 01; Sez. 1, n. 37070 del 04/04/2023, Magno, Rv. 285247 – 01), mentre il contrario orientamento ritiene che qualora la violenza, esercitata immediatamente dopo la sottrazione dei beni, cagioni lesioni personali o sia volta a determinare la morte della persona offesa, i corrispondenti reati di lesioni e di tentato omicidio concorrono con quello di rapina e si configura la circostanza aggravante del nesso teleologico ex art. 61, primo comma, n. 2, cod. pen., che non è assorbita nella rapina laddove la violenza esercitata dall’agente sia esorbitante rispetto a quella idonea ad integrare detto reato (cfr., Sez. 2, n. 21458 del 05/03/2019, COGNOME Rv. 276543 – 01; Sez. 2, n. 9865 del 22/01/2021, Assegnati, Rv. 280688 – 01; Sez. 1, n. 46869 del 25/05/2022, COGNOME, Rv. 284038 – 01).
Alla luce delle considerazioni che precedono il ricorso deve essere, pertanto, dichiarato inammissibile con conseguenti statuizioni ex art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende. Così deciso in Roma, 28 Maggio 2025