Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 9122 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 4 Num. 9122 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 05/12/2024
QUARTA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME COGNOME
UP – 05/12/2024
R.G.N. 23257/2024
COGNOME SESSA
SENTENZA
sui ricorsi proposti dalle parti civili:
COGNOME NOME COGNOME NOME (anche quali eredi di COGNOME NOME)
Trotto NOME
Trotto NOME
nel procedimento a carico di:
COGNOME NOME nato a Valentano il 18/07/1954
inoltre:
Responsabile civile:
RAGIONE_SOCIALE
avverso la sentenza del 10/01/2024 della Corte d’appello di Roma
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 10.1.2024, la Corte di appello di Roma ha confermato la sentenza di primo grado che aveva assolto NOME COGNOME dal reato di omicidio colposo in danno di NOME COGNOME avvenuto in occasione di un sinistro stradale, con la formula ‘perchØ il fatto sussiste’.
1.1. Al COGNOME era stato contestato di avere colposamente cagionato l’incidente da cui era derivato il decesso del COGNOME, in quanto, alla guida di un autocarro Iveco, omettendo di rallentare in presenza di altro veicolo proveniente dal senso opposto, tenendo velocità eccedente il limite prescritto e omettendo di procedere in prossimità del margine destro della carreggiata, aveva provocato la collisione del proprio veicolo con quello proveniente nell’opposta direzione di marcia, alla cui guida si trovava la persona offesa alla guida dell’autocarro Hyundai (anch’egli imprudente in ragione della eccessiva velocità e della condotta di guida con velocità non adeguata alla visibilità ed al tratto curvilineo), la quale all’esito della collisione frontale aveva riportato gravi traumatismi che ne avevano cagionato il decesso (fatto del 27.6.2012).
1.2. I giudici di merito, in sintesi, hanno ritenuto l’insussistenza di una condotta del prevenuto avente efficacia causale rispetto al sinistro, verificatosi, piuttosto, a causa dello sbandamento
incontrollato verso sinistra dell’autocarro condotto dalla vittima, procedente a velocità eccessiva, che aveva reso inevitabile la collisione, la quale si sarebbe verificata anche se l’autocarro condotto dall’imputato fosse stato fermo al momento dell’impatto.
Avverso tale sentenza propone ricorso per cassazione il difensore delle parti civili costituite, lamentando quanto segue.
I) Violazione di legge e vizio di motivazione, per non avere la Corte territoriale fornito risposta al motivo di appello concernente l’invocata invasione della corsia opposta da parte del mezzo condotto dall’imputato, tenuto conto delle notevoli dimensioni dell’autocarro del Latini (mt. 2,550), della larghezza della carreggiata (mt. 4,70) e dell’accertata distanza dal (proprio) margine destro tenuta dallo stesso mezzo (circa cm. 35), elementi da cui non poteva che conseguire l’invasione della corsia opposta da parte dell’Iveco di almeno 55 – 60 centimetri. Sul punto la Corte di appello ha omesso qualsivoglia verifica e disamina. Non sono stati, inoltre, analizzati gli ulteriori rilievi con cui la difesa appellante aveva sostenuto che il COGNOME, stanti le notevoli dimensioni del suo autocarro, avrebbe comunque dovuto, prudenzialmente, mantenere il margine destro della carreggiata nonostante la presenza di alcuni rami sporgenti, onde evitare l’occupazione della sede centrale della carreggiata, dovendosi dare precedenza alla sicurezza stradale rispetto all’eventuale urto contro chiome di alberi che potevano stare sulla strada. I giudicanti hanno disatteso l’orientamento giurisprudenziale per cui, negli incidenti stradali provocati dai camion, i conducenti sono tenuti a procedere a passo d’uomo in strade strette e piene di curve, come nel caso, e all’occorrenza suonare il clacson o arrestare la marcia per non invadere l’altra corsia. Non Ł stato, inoltre, preso in considerazione il rilievo per cui, in ragione della tipologia della strada percorsa (di campagna, interpoderale) e delle caratteristiche del mezzo, l’imputato avrebbe comunque dovuto prevedere la possibilità che sopraggiungesse, dalla curva che si stava apprestando a fare, un veicolo dall’opposta direzione e che, quindi, stante la larghezza del proprio, avrebbe dovuto procedere a velocità bassissima, fino ad arrestarsi sulla destra, prima della curva.
II) Violazione di legge e vizio di motivazione, per non avere la Corte territoriale valutato la condotta complessiva di guida della persona offesa, avendo fatto riferimento solo alla fase immediatamente antecedente l’urto e non al momento di impatto tra i veicoli, fase in cui il predetto, stante la frenata d’emergenza, era andato dritto per il bloccaggio delle ruote senza possibilità di sterzare, con conseguente allontanamento di 90 cm dal margine destro della strada. Non Ł stata, inoltre, considerata l’incidenza ed impatto dell’avvenuto posizionamento dell’Iveco nella zona centrale della sede stradale, dopo una curva a sinistra molto stretta, di fatto impedendo alla persona offesa di poter passare, non essendovi lo spazio sufficiente. L’omessa ricostruzione della dinamica ha impedito una corretta valutazione e presa d’atto di tutti gli elementi di fatto necessari ai fini della decisione in punto di responsabilità del prevenuto e, soprattutto, circa l’individuazione del nesso di causalità tra la condotta e l’evento. Non Ł stato considerato che la reazione del Trotto Ł stata determinata dalla presenza irregolare sulla sede stradale dell’autocarro del Latini, il quale comunque procedeva ad una velocità inadeguata alle condizioni stradali.
III) Violazione di legge, per la non corretta individuazione del limite di velocità vigente, in ambito di strade extraurbane, per autocarri quali quelli condotti dall’imputato, pari a 70 (e non a 90) Km/h, ex art. 142, comma 3, cod. strada, punto completamente eluso dalla sentenza impugnata.
IV) Violazione di legge e vizio di motivazione, per omessa considerazione e applicazione dell’art. 2054 cod. civ., che pone, in ogni caso, una presunzione di pari responsabilità fra i conducenti, per superare la quale non Ł sufficiente che sia accertata la responsabilità di uno di loro, ma risulta necessario verificare che l’altro si sia uniformato in pieno alle norme sulla circolazione stradale oltre che a quelle di comune prudenza, facendo il possibile per evitare il sinistro.
Mancata assunzione di una prova decisiva, in relazione all’omessa disposizione di una perizia tecnica finalizzata all’accertamento della dinamica del sinistro, specificamente richiesta dalle parti civili, con particolare riferimento alla verifica della velocità assunta dal mezzo condotto dal Trotto.
2.1. Le parti civili ricorrenti hanno depositato conclusioni scritte con cui insistono per l’annullamento della sentenza impugnata.
Il Procuratore generale, con requisitoria scritta, ha concluso per l’annullamento della sentenza impugnata.
La difesa dell’imputato ha depositato memoria scritta con cui ha confutato le censure dei ricorrenti, concludendo per l’inammissibilità dei ricorsi.
Il difensore del responsabile civile, RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria scritta con la quale chiede che il ricorso sia dichiarato inammissibile.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto dalla difesa delle parti civili coglie nel segno, là dove evidenzia le manifeste carenze e lacune contenute nel percorso argomentativo della sentenza impugnata, la quale, in definitiva, ha omesso di fornire risposta e di confrontarsi con le specifiche censure che erano state dedotte dalle stesse parti civili in sede di gravame di merito, in relazione alla posizione di responsabilità dell’imputato per l’incidente stradale mortale oggetto di imputazione.
In proposito, si deve convenire con il Procuratore generale nel senso che i motivi di appello, neanche riassunti o riportati nel testo della sentenza ricorsa, sono stati liquidati dalla Corte distrettuale in maniera lapidaria quanto autoreferenziale, viziando in tal modo la sentenza per mancanza di motivazione, ravvisabile non solo quando vi sia un difetto grafico della stessa, ma anche quando le argomentazioni addotte dal giudice a dimostrazione della fondatezza del suo convincimento siano prive di completezza in relazione a specifiche doglianze formulate dall’interessato con i motivi d’appello e dotate del requisito della decisività (cfr., Sez. 6, n. 49754 del 21/11/2012, Rv. 254102 – 01; Sez. 6, n. 28411 del 13/11/2012 – dep. 2013, Rv. 256435 – 01; Sez. 3, n. 24252 del 13/05/2010, Rv. 247287 – 01; Sez. 6, n. 35918 del 17/06/2009, Rv. 244763 – 01).
Le parti ricorrenti hanno fondatamente segnalato l’assoluta mancanza di risposta della Corte di appello rispetto a temi e questioni che erano stati puntualmente sollevati in sede di impugnazione al fine di contestare, agli effetti civili, la pronuncia assolutoria emessa dal primo giudice, ed in particolare:
il motivo concernente l’invocata invasione della corsia opposta da parte del mezzo condotto dall’imputato, tenuto conto delle notevoli dimensioni dell’autocarro del Latini (mt. 2,550), della larghezza della carreggiata (mt. 4,70) e dell’accertata distanza dal (proprio) margine destro tenuta dello stesso mezzo (circa cm. 35), elementi specifici che erano stati rappresentati per sostenere l’invasione della corsia opposta da parte dell’Iveco condotto dall’imputato di almeno 55 – 60 centimetri;
i rilievi con cui la difesa appellante aveva sostenuto che il COGNOME, stanti le notevoli dimensioni del suo autocarro, avrebbe comunque dovuto, prudenzialmente, mantenere il margine destro della carreggiata nonostante la presenza di alcuni rami sporgenti, onde evitare l’occupazione della sede centrale della carreggiata;
l’appunto per cui, in ragione della tipologia della strada percorsa (di campagna, interpoderale) e delle caratteristiche del mezzo (avente notevoli dimensioni), l’imputato avrebbe comunque dovuto
prevedere la possibilità che sopraggiungesse, dalla curva che si stava apprestando a fare, un veicolo dall’opposta direzione, situazione che gli avrebbe imposto di tenere, nell’affrontare la curva, una velocità estremamente bassa, se non di arrestarsi;
la censura di non avere il primo giudice valutato la condotta complessiva di guida della persona offesa, avendo fatto riferimento solo alla fase immediatamente antecedente l’urto e non al momento di impatto tra i veicoli, fase in cui il predetto, stante la frenata d’emergenza, era andato dritto per il bloccaggio delle ruote senza possibilità di sterzare, con conseguente allontanamento di 90 cm dal margine destro della strada;
la critica in ordine alla mancata considerazione dell’incidenza sulla condotta della persona offesa del posizionamento dell’Iveco condotto dal Latini nella zona centrale della sede stradale, che di fatto aveva impedito al conducente dell’autocarro Hyundai di poter passare, non essendovi lo spazio sufficiente; in altri termini, si era eccepito che il primo giudice non aveva considerato che la reazione del Trotto era stata determinata dalla presenza irregolare sulla sede stradale dell’autocarro del Latini, il quale procedeva ad una velocità inadeguata alle condizioni stradali;
il motivo con cui era stata segnalata la non corretta individuazione del limite di velocità vigente, in ambito di strade extraurbane, per autocarri quali quelli condotti dall’imputato, pari a 70 (e non a 90) Km/h, ex art. 142, comma 3, cod. strada;
la doglianza di omessa applicazione dell’art. 2054 cod. civ., che in caso di sinistro pone, sul piano civilistico, una presunzione di pari responsabilità fra i conducenti.
I suddetti motivi e rilievi contenuti nell’atto di appello sono stati completamente elusi dalla Corte territoriale, la quale, per tutta risposta, si Ł limitata a rilevare che la condotta di guida dell’imputato « non fu causa del tragico evento per cui si procede, che, al contrario, si Ł verificato a causa dello sbandamento incontrollato verso sinistra dell’autocarro guidato dalla vittima che ha reso inevitabile la collisione. Quest’ultima si sarebbe verificato con le medesime conseguenze, anche se l’autocarro guidato dall’imputato fosse stato fermo al momento dell’impatto »’; per concludere, lapidariamente, come segue: « le proposizioni delle parti civili appellanti che, al contrario, ipotizzano la sussistenza di un nesso di causalità tra la condotta di guida dell’imputato e la morte di COGNOME NOMECOGNOME non sono state inverate dal compendio probatorio nel senso imposto dalla regola di giudizio imposta dall’art. 533 c.p.p. e consacrata nella locuzione ‘al di là di ogni ragionevole dubbio’ ».
Va anche segnalata l’erroneità in diritto dell’ultima affermazione in punto di accertamento del nesso di causalità, atteso che, trattandosi di appello proposto ai soli fini civilistici, la regola di giudizio per la verifica del nesso di causalità non era quella (penalistica) indicata, bensì quella civilistica del ‘piø probabile che non’ o della “probabilità prevalente”, che consente di ritenere adeguatamente dimostrata (e dunque processualmente provata) una determinata ipotesi fattuale se essa, avuto riguardo ai complessivi risultati delle prove dichiarative e documentali, appare piø probabile di ogni altra ipotesi e in particolare dell’ipotesi contraria» (Corte Costituzionale, sentenza n. 182/2021, § 14.1; la decisione concerne ipotesi in cui trovava applicazione l’art. 578 cod. proc. pen., ma la medesima ratio informa l’ipotesi, come quella di specie, disciplinata dall’art. 576 cod. proc. pen., avendo la stessa sentenza evidenziato come entrambe le norme indicate siano finalizzate “a soddisfare un’analoga esigenza di tutela della parte civile; quella che, quando il processo penale ha superato il primo grado ed Ł nella fase dell’impugnazione, una risposta di giustizia sia assicurata, in quella stessa sede, alle pretese risarcitorie o restitutorie della parte civile anche quando non possa piø esserci un accertamento della responsabilità penale dell’imputato”). Nella specie, infatti, occorre considerare che l’irrevocabilità della decisione sulla responsabilità penale per effetto della mancata
impugnazione del pubblico ministero aveva (ha) reso irreversibile l’accertamento favorevole all’imputato, con la conseguente necessità di recuperare gli “standard” probatori propri del giudizio civile e non sacrificare ulteriormente i diritti della parte civile, in applicazione dei principi enunciati dalla giurisprudenza convenzionale, costituzionale e nomofilattica (sul punto, cfr. la recente Sez. 3, n. 45810 del 14/11/2024, Rv. 287215 – 02).
La sentenza impugnata, quindi, non soltanto ha violato l’obbligo di motivazione dettato dagli artt. 125, comma 3, cod. proc. pen. e 111, comma 6, Cost., confermando la decisione del primo giudice senza dare compiutamente conto degli specifici motivi d’impugnazione proposti, così sostanzialmente eludendo le questioni poste dall’appellante (cfr. Sez. 2, n. 56395 del 23/11/2017, Rv. 271700 – 01; Sez. 4, n. 6779 del 18/12/2013 – dep. 2014, Rv. 259316 – 01); ma Ł anche incorsa in un grave errore in diritto, omettendo di considerare che nel caso in disamina lo standard probatorio applicabile, in tema di causalità, non Ł quello penalistico dell’«al di là di ogni ragionevole dubbio», bensì quello civilistico del «piø probabile che non», secondo cui (Cosi Sez. 3 Civ., n. 10978 del 30/03/2023, n.m.) «il giudice di merito Ł tenuto, dapprima, a eliminare, dal novero delle ipotesi valutabili, quelle meno probabili (senza che rilevi il numero delle possibili ipotesi alternative concretamente identificabili, attesa l’impredicabilità di un’aritmetica dei valori probatori), poi ad analizzare le rimanenti ipotesi ritenute piø probabili e, infine, a scegliere tra esse quella che abbia ricevuto, secondo un ragionamento di tipo inferenziale, il maggior grado di conferma dagli elementi di fatto aventi la consistenza di indizi, assumendo così la veste di probabilità prevalente ».
I sopra illustrati vizi logico-giuridici da cui Ł affetta la sentenza impugnata ne impongono l’annullamento agli effetti civili, in accoglimento dei ricorsi delle parti civili costituite, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, il quale provvederà anche alla liquidazione delle spese tra le parti per questo giudizio di legittimità.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittimità.
Così Ł deciso, 05/12/2024
Il Consigliere estensore
NOME COGNOME
Il Presidente COGNOME