Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 14369 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 14369 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: IMPERIALI COGNOME
Data Udienza: 12/12/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME nato a CARRARA il 04/08/1983
avverso la sentenza del 09/07/2024 della CORTE APPELLO di TORINO
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso, udito il difensore, l’avvocato NOME COGNOME che ha chiesto che venga riqualificato il reato come dai motivi di ricorso ai quali si è riportato, chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO E CONSIDERATO IN DIRITTO
COGNOME NOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza della Corte di Appello di Torino che ha confermato la sentenza del Giudice per l’udienza preliminare del tribunale cittadino che il 12/12/2023, all’esito di giudizio abbreviato, lo aveva riconosciu colpevole del delitto di rapina aggravata dall’uso di arma impropria, commessa in un supermercato, nel quale il predetto aveva infranto una bottiglia di vetro e, raccolti alcuni cocci aveva minacciato la persona offesa con frasi intimidatorie, tanto che questa si era rifugiata in zona interdetta al pubblico bloccando la porta. Il Montemurro, dopo aver tentato di aprirla, si era allontanato dal supermercato impadronendosi di alcuni oggetti esposti in vendita. Il ricorrente era stato, pertanto, condannato alla pena ritenuta di giustizia, con le attenua
generiche ritenute equivalenti alla contestata aggravante ed alla recidiva.
A sostegno del ricorso la difesa ha articolato due motivi di impugnazione:
2.1. GLYPH violazione della legge penale, con riferimento all’art. 628 cod. pen.,e travisamento delle prove, in quanto, dalle testimonianze dei dipendenti del supermercato è emerso che la condotta del Montemurro si è articolata in due momenti, con un litigio con l’addetto alla sorveglianza nel primo e, poi, dopo che questo si era rifugiato negli uffici chiudendo la a porta, con l’apprensione di due elettroutensili, senza che possa riconoscersi nella violenza e minaccia esercitata dal ricorrente la finalità di impossessarsi dei beni mobili poi sottratti, sicchè il sarebbe da qualificare come furto aggravato ex art. 61 n. 5 c.p. e minaccia e non come rapina impropria
2.2. COGNOME Vizio di motivazione con riferimento alla mancata esclusione della recidiva reiterata contestata ed alla determinazione della pena, che si assume avrebbe dovuto essere contenuta in limiti più miti.
Il ricorso è inammissibile perché fondato su motivi manifestamente infondati o comunque non consentiti nella presente sede.
3.1. Il primo motivo di ricorso, in particolare, è manifestamente infondato, in quanto correttamente la sentenza impugnata ha valorizzato l’immediata correlazione causale intercorrente tra l’esercizio della violenza e minaccia da parte del Montemurro nei confronti del dipendente del supermercato che lo seguiva sospettando che volesse impadronirsi di merce (come poi confermato dagli eventi successivi) e l’impossessamento della refurtiva effettuato quando la persona offesa, spaventata dalla sua reazione, si era rifugiata dietro una porta chiusa. La decisione, pertanto, valorizzando le minacce rivolte all’addetto alla sorveglianza fino a farlo rifugiare in luogo chiuso, appare in linea con la giurisprudenza di questa Corte di legittimità i tema di delitto di rapina, secondo la quale, nell’ipotesi in cui venga sottratta una cosa mobil alla presenza del possessore subito dopo che questi abbia subito un tentativo di estorsione e percosse, l’estremo della minaccia, come modalità dell’azione della sottrazione è “in re ipsa”, senza che vi sia bisogno di un’ulteriore attività minacciosa da parte dell’agente, direttamente collegata all’azione di apprensione del bene. (Sez. 2 n. 47905 del 13/10/2016 Rv. 268173 – 01).
3.2. Inammissibile è anche il secondo motivo di ricorso, concernente la mancata esclusione della recidiva e, più in generale, il trattamento sanzionatorio, atteso che, quanto al primo profil
dovendosi fare riferimento alle sentenze di primo e secondo grado, le quali si integrano a vicenda confluendo in un risultato organico ed inscindibile (Sez. 5, n. 14022 del 12/01/2016, Rv.
266617), il riconoscimento della recidiva risulta fondato sui precedenti penali da cui il ricorren
è gravato e sulle modalità dell’azione criminosa, evidentemente ritenuta sintomatiche di accresciuta pericolosità del Montemurro, alla luce della gravità delle minacce profferite,
brandendo i cocci di una bottiglia di vetro appositamente infranta al suolo e della pervicacia dell’azione criminosa, non avendo il ricorrente desistito dal suo intento nemmeno quando la
persona offesa si era rifugiata nell’area magazzino bloccando una porta, che il Montennurro ha cercato di sfondare.
Gli stessi elementi sono stati richiamati dalla Corte territoriale per giustificare una pen determinata con modesto scostamento dai minimi edittali, nell’esercizio della discrezionalità
attribuita al giudice di merito, che la esercita in aderenza ai principi enunciati negli artt. 1
133 cod. pen.; ne discende che è inammissibile la censura che, nel giudizio di cassazione, miri ad una nuova valutazione della congruità della pena la cui determinazione non sia frutto di mero arbitrio o di ragionamento illogico (Sez. 5, n. 5582 del 30/09/2013, Rv. 259142), ciò che – nel caso di specie – non ricorre.
Alla dichiarazione di inammissibilità del ricorso segue, per il disposto dell’art. 616 co proc. pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procedimento ed al pagamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di Euro tremila, a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di C 2.000,00 ciascuno a favore della Cassa delle ammende.
Sentenza a motivazione semplificata.
Così deciso il 12/12/2024.