Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 21569 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 21569 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 09/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Magazzino NOMECOGNOME nata a Ginosa il 07/03/1961
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RI
O
avverso la sentenza del 15/03/2024 della Corte di appello di Lecce
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visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
udito per la parte civile ricorrente l’avv. NOME COGNOME COGNOME che ha concluso chiedendo che la sentenza venga annullata, riportandosi alle conclusioni scritte e nota spese depositate in udienza;
udito per l’imputato l’avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile o rigettato;
udito per il responsabile civile l’avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile o rigettato.
RITENUTO IN FATTO
1. Il Tribunale di Taranto con sentenza del 10/07/220 dichiarava gli imputatiPerniola Pasquale e COGNOME NOME– responsabili del contestato reato di cui all’art. 589, comma 4, cod.pen., per aver cagionato, con condotte indipendenti, la morte di NOME COGNOME e NOME COGNOME, rispettivamente, conducente e passeggero anteriore della vettura «Mini Cooper» condotta dal primo e coinvolta nel sinistro. Il decesso veniva causato dall’urto delle persone offese contro le parti interne del predetto veicolo a bordo del quale viaggiavano, infrantosi contro un «cavalcafosso» presente sul margine destro della carreggiata, costruito abusivamente ed insistente sul terreno di proprietà dell’imputato COGNOME, e con superfici esterne, in quanto sbalzate al di fuori della vettura ribaltatasi dopo l’urto. La responsabilità colposa del COGNOME, quale conducente dell’«Audi A5», veniva accertata come consistita nell’aver tenuto una condotta di guida, oltre che imprudente ed imperita, in violazione dell’art 148 cod. strada, eseguita in un contesto di reciproci sorpassi intrapresi tra l’autovettura «Audi» e l’autovettura «Mini» nelle prime ore del giorno 14.2.2016, in agro di Ginosa. Il Tribunale accertava anche la responsabilità del COGNOME in ordine al contestatogli reato di cui all’art. 189 c.d.s. per non aver egli ottemperato all’obbligo di fermarsi nonostante l’occorso sinistro e di prestare assistenza.
La sentenza di primo grado veniva confermata dalla Corte di appello di Leccesez.distaccata di Taranto con sentenza del 10/12/2021 ed entrambi gli imputati, nonchè il responsabile civile, proponevano ricorso per cassazione avverso la predetta decisione.
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 2852/2023 annullava la sentenza nei confronti di COGNOME NOME e della Sara RAGIONE_SOCIALE con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello di Lecce e dichiarava inammissibile il ricorso proposto da COGNOME NOME; la Corte di Cassazione rilevava il vizio di omessa motivazione in ordine all’effettivo contributo causale fornito dalla condotta colposa del COGNOME rispetto alla uscita di strada della Mini condotta da COGNOME Vito.
Con sentenza del 15/03/2024, la Corte di appello di Lecce, decidendo in sede di rinvio a seguito della sentenza di annullamento di questa Corte n. 2852/2023, in riforma della sentenza del Tribunale di Taranto in data 10/07/2020, appellata da COGNOME Pasquale e dal responsabile civile RAGIONE_SOCIALE, assolveva COGNOME Pasquale dal reato di cui all’art. 589, comma 4, cod.pen. ascrittogli al capo A) per non aver commesso il fatto e del reato di cui all’art. 189 C.d.s. ascrittogli al capo B) perché il fatto non sussiste.
Avverso tale ultima sentenza ha proposto ricorso per cassazione RAGIONE_SOCIALE parte civile costituita, a mezzo del difensore munito di procura speciale, articolando due motivi di seguito enunciati.
Con il primo motivo deduce violazione di legge in relazione agli artt. 40,41,42 e 589, comma 4, cod.pen. e vizio di manifesta illogicità della motivazione.
Espone che la Corte di appello aveva ritenuto accertata la condotta colposa contestata all’imputato COGNOME COGNOME (ostacolare la manovra di sorpasso posta in essere da COGNOME Vito, in violazione dell’art. 148, comma 4, C.d.s.), ma aveva, poi, ritenuto tale condotta esaurita al momento di verificazione del sinistro e, quindi, priva di incidenza nella causazione dell’eventus damni
Argomenta che la Corte di appello era incorsa in una duplice violazione della legge penale, non facendo buon governo del principio di diritto secondo cui la responsabilità della colpa implica che la violazione della regola cautelare deve aver determinato la concretizzazione del rischio che detta regola mira a prevenire cd causalità della colpa). Erroneamente la Corte territoriale aveva ritenuto che l’aver concluso ed ultimato la manovra di sorpasso da parte della vittima avesse esaurito gli effetti della condotta colposa dell’imputato; era evidente che lo sbandamento attraverso il cavalca-fosso costituiva l’evento che la norma cautelare violata intendeva prevenire, in quanto la condotta del COGNOME– aver spinto l’auto del COGNOME verso sinistra in fase di sorpasso, in luogo di mantenersi quanto più a destra possibile- aveva costretto il predetto COGNOME a dover accelerare per poter rientrare in corsia, abbandonando quella di sorpasso; il rientro, essendo realizzato ad alta velocità, aveva spinto la macchina al di fuori della carreggiata. La motivazione della Corte di appello, inoltre, era anche manifestamente illogica, perché aveva analizzato la dinamica dei fatti per comparti stagni e non in senso sistematico; inoltre, non era stato considerato che non erano emersi elementi – la condotta esclusiva del COGNOME e la ricorrenza di fattori eccezionali -che avrebbero determinato lo sbandamento attraverso il cavalca-fosso; infine, i Giudici di appello non avevano specificato se l’evento si sarebbe comunque verificato se l’agente avesse fatto uso di una condotta alternativa corretta.
Con il secondo motivo deduce violazione di legge in relazione all’art. 189 C.d.s. e vizio di motivazione.
Argomenta che erroneamente la Corte di appello aveva ritenuto che il difetto di responsabilità per il reato contestato al capo a) al COGNOME comportasse anche l’insussistenza del reato di cui all’art. 189 C.d.s. contestatogli al capo b), in quanto la norma in questione prevede un obbligo giuridico di attivarsi per l’utente della strada coinvolto in un sinistro “comunque” riconducibile al suo comportamento per proteggere altri utenti coinvolti nel medesimo incidente dal pericolo derivante da un ritardato soccorso; trattasi di reato di pericolo che prescinde dalla accertata responsabilità del sinistro stradale e che sanziona al condotta omissiva dell’utente della strada, comunque coinvolto in un sinistro, che non presti assistenza alle persone ferite.
Chiede, pertanto, l’annullamento della sentenza impugnata.
3. Il difensore della parte civile ricorrente ha chiesto la trattazione orale del ricorso. Il PG ha depositato memoria ex art. 611 cod.proc.pen, nella quale ha concluso chiedendo la declaratoria di inammissibilità del ricorso con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali. Il difensore del responsabile civile- RAGIONE_SOCIALE– ha depositato memoria difensiva ex art. 611 cod.proc.pen., nella quale ha concluso chiedendo di dichiararsi inammissibile o rigettare il ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1.11 primo motivo di ricorso è fondato.
1.1. Va ricordato che, come è noto, i poteri del giudice di rinvio sono diversi a seconda che l’annullamento sia stato pronunciato per violazione o erronea applicazione della legge penale oppure per mancanza o manifesta illogicità della motivazione. Invero, nel primo caso, il giudice di rinvio ha sempre l’obbligo di uniformarsi alla decisione sui punti di diritto indicati dal giudice di legittimità e s tali punti nessuna delle parti ha facoltà di ulteriori impugnazioni, pur in presenza di una modifica dell’interpretazione delle norme che devono essere applicate da parte della giurisprudenza di legittimità.
Nel caso, invece, di annullamento per vizio di motivazione – come nella specie- il giudice di rinvio conserva la libertà di decisione mediante autonoma valutazione delle risultanze probatorie relative al punto annullato anche se è tenuto a giustificare il proprio convincimento secondo lo schema implicitamente o esplicitamente enunciato nella sentenza di annullamento.
In tale ipotesi, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte (Sez.4, 21 giugno 2005, COGNOME, Rv 232019), il giudice di rinvio è vincolato dal divieto di fondare la nuova decisione sugli stessi argomenti ritenuti illogici o carenti dalla Corte di cassazione, ma resta libero di pervenire, sulla scorta di argomentazioni diverse da quelle censurate in sede di legittimità ovvero integrando e completando quelle già svolte, allo stesso risultato decisorio della pronuncia annullata. Ciò in quanto spetta esclusivamente al giudice di merito il compito di ricostruire i dati di fatto risultanti dalle emergenze processuali e di apprezzare il significato e il valore delle relative fonti di prova, senza essere condizionato da valutazioni in fatto eventualmente sfuggite al giudice di legittimità nelle proprie argomentazioni, essendo diversi i piani su cui operano le rispettive valutazioni e non essendo compito della Corte di cassazione di sovrapporre il proprio convincimento a quello del giudice di merito in ordine a tali aspetti.
Del resto, ove la Suprema Corte soffermi eventualmente la sua attenzione su alcuni particolari aspetti da cui emerga la carenza o la contraddittorietà della
motivazione, ciò non comporta che il giudice di rinvio sia investito del nuovo giudizio sui soli punti specificati, poiché egli conserva gli stessi poteri che gli competevano originariamente quale giudice di merito relativamente all’individuazione ed alla valutazione dei dati processuali.
Ed invero, eventuali elementi di fatto e valutazioni contenuti nella pronuncia di annullamento non sono vincolanti per il giudice di rinvio, ma rilevano esclusivamente come punti di riferimento al fine della individuazione del vizio o dei vizi segnalati e, non, quindi come dati che si impongono per la decisione a lui demandata (Sez.4, n.20044 del 17/03/2015, Rv.263864; Sez.4, n.44644 del 18/10/2011, Rv.251660;Sez.5, n.6004 del 11/11/1998, dep.16/02/1999, Rv.213072; Sez.3,n.9454 del 10/07/1995,Rv.202879).
1.2. Va, poi, ricordato che costituisce principio consolidato che, in tema d’incidenti stradali, l’accertata sussistenza di condotta antigiuridica per violazione di norme specifiche di legge o di precetti generali di comune prudenza non fa presumere il rapporto di causalità materiale tra la condotta e l’evento, in quanto tale rapporto dev’essere oggetto d’indagine e risultare dalla sentenza con motivazione adeguata, perché l’esistenza del nesso causale tra il comportamento colposo e l’evento dannoso va sempre provato e si deve escludere quando sia dimostrato che l’incidente si sarebbe ugualmente verificato senza quella condotta o è stato, comunque, determinato esclusivamente da una causa diversa. (Sez.4, n. 45589 del 10/11/2021, Rv.282596 – 01; Sez.4, n. 37094 del 07/07/2008, Rv. 241025 – 01; Sez.4, n. 24898 del 24/05/2007, Rv.236854 – 01).
1.3. Nella specie, la sentenza impugnata, riesaminando con pienezza di cognizione il punto devoluto dalla sentenza rescindente, ha espresso una motivazione viziata e carente in ordine agli elementi di fatto rilevanti ai fini della compiuta valutazione di quanto devoluto.
Il percorso motivazionale seguito dalla Corte di merito risulta carente perché analizza le modalità di verificazione del sinistro dando rilievo esclusivo al momento finale della condotta di guida del COGNOME e, quindi, alla circostanza che al momento della frenata e dello sbandamento dell’auto condotta dal COGNOME l’autovettura del COGNOME si trovava regolarmente nella propria corsia e quella del COGNOME aveva già completato la manovra di sorpasso.
Non risultano, invece, considerati gli effetti sulla verificazione del sinistro della parte iniziale della condotta di guida del COGNOME e, cioè, la manovra di ostacolo al sorpasso che stava effettuando l’auto condotta dalla vittima, ai fini della valutazione di sussistenza o meno del nesso causale, tra il comportamento colposo e l’evento dannoso; trattasi di circostanza rilevante ai fini della compiuta valutazione relativa al rapporto di causalità ed in ordine a tale aspetto la motivazione dei Giudici di appello è del tutto carente.
Neppure, infine, risulta argomentato in merito ad ulteriori e rilevanti profili e, cioè, se l’incidente si sarebbe ugualmente verificato senza la condotta di ostacolo
alla manovra di sorpasso posta in essere dal COGNOME e se il sinistro sarebbe stato, comunque, determinato esclusivamente da una causa diversa; anche su tali
aspetti, certamente rilevanti ai fini di una esauriente valutazione in ordine alla sussistenza o meno del nesso di causalità tra il comportamento colposo e l’evento
dannoso, la motivazione della sentenza impugnata risulta del tutto carente.
2. E’, altresì, fondato il secondo motivo di ricorso.
Costituisce principio pacifico che la contravvenzione di cui all’art. 189, commi
6 e 7, cod. strada è configurabile nei confronti dell’utente della strada coinvolto nell’incidente, pur se di esso non responsabile, posto che l’evento, essendo
comunque ricollegabile al suo comportamento, assume valore di antefatto non punibile, idoneo ad identificare il titolare di una posizione di garanzia, finalizzata a
proteggere gli altri utenti coinvolti dal pericolo di un ritardato soccorso (Sez 4, n.
41204 del 19/09/2024, Rv. 287209 – 01; Sez.4, n. 52539 del 09/11/2017, Rv.
271260 – 01).
La Corte di appello non ha fatto buono governo di tale principio, in quanto ritenendo il COGNOME non responsabile del sinistro oggetto di giudizio (fermo il vizio motivazionale rilevato al paragrafo che precede) ha dedotto sic et simpliciter da tale valutazione l’insussistenza del reato di cui all’art. 189 cod. strada contestato al capo b) dell’imputazione, pur risultando pacifico che l’incidente era, comunque, ricollegabile anche al suo comportamento e che, quindi, il COGNOME era titolare di una posizione di garanzia, al fine di proteggere gli altri utenti coinvolti dal pericolo derivante da un ritardato soccorso.
I vizi rilevati impongono l’annullamento della sentenza impugnata ai soli effetti civili con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competete per valore in grado di appello, al quale è devoluto il compito di accertare la fondatezza della pretesa risarcitoria nonché di liquidare le spese tra le parti anche per questo grado di giudizio.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata limitatamente agli effetti civili, con rinvio per nuovo giudizio al giudice civile competente per valore in grado di appello, cui rimette anche la liquidazione delle spese tra le parti per questo grado di legittimità.
Così deciso il 09/04/2025