Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 24998 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 24998 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PESCARA il 17/09/1974
avverso la sentenza del 18/06/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
lette le conclusioni del PG, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME con cui ha chiesto il rigetto del ricorso
RITENUTO IN FATTO
La Corte d’appello di L’Aquila, con sentenza del 18 giugno 2024, ha confermato la sentenza del Tribunale di Chieti di condanna di NOME COGNOME in ordine al reato di cui all’art. 589, comma 2′, cod. pen., commesso in danno della compagna NOME COGNOME e della figlia NOME COGNOME (in Agro d’Ortona il 31 maggio 2014) alla pena ritenuta di giustizia .
Il processo ha ad oggetto un incidente stradale descritto nelle conformi sentenze di merito nel modo seguente. Alla data su indicata alle 18:00 circa Aristone, alla guida dell’autovettura Volkswagen Golf, stava percorrendo l’autostrada A 14 direzione nord- sud, allorquando sul viadotto ll’altezza del km 401+64, nell’affrontare una curva volgente a sinistra nella corsia di sorpasso aveva perso il controllo del mezzo e colliso contro il new jersey spartitraffico di sinistra a seguito dell’urto la macchina era stata reindirizzata verso il centro della carreggiata e, dopo una rotazione di 180 gradi, aveva impattato contro il guardrail di destra; il violento impatto aveva causato il distacco e la fuoriuscita del motore con la conseguenza che l’autovettura si era sollevata e, sormontando il guardrail, era precipitata nel burrone sottostante; a seguito della caduta la compagna NOME COGNOME e la figlia NOME COGNOME, sedute sui sedili posteriori, erano decedute.
Quali addebiti di colpa nei confronti dell’imputato sono stati individuati la negligenza, l’imprudenza e l’imperizia, nonché la violazione delle norme sulla circolazione stradale, per avere tenuto una velocità inadeguata alle condizioni della strada (fondo stradale bagnato) e tale da consentirgli di compiere in sicurezza tutte le manovre necessarie a conservare il controllo del mezzo.
Avverso la sentenza d’appello ha proposto ricorso l’imputato, a mezzo di difensore, formulando cinque motivi.
2.1 Con il primo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione alla mancata declaratoria di nullità del decreto che dispone il giudizio. Il ricorrente lamenta che nel capo di imputazione non era stata specificata la disposizione violata, la velocità tenuta dall’imputato ritenuta non adeguata, la velocità che sarebbe stata adeguata in relazione al fondo stradale bagnato. Il perito Ing. COGNOME aveva affermato che la velocità critica che non doveva essere superata per non sbandare nella curva ad ampio raggio sinistrorso del viadotto con asfalto bagnato era di 164 km/h e tale velocità critica non era stata superata da COGNOME. La polizia stradale intervenuta sul luogo dell’incidente non aveva accertato quale fosse la velocità di marcia dell’autovettura
Golf al momento del sinistro, ma aveva semplicemente ipotizzato che non fosse adeguata sulla base del fatto che vi era stata una perdita di controllo del mezzo. L’ing. COGNOME aveva rilevato inesattezze e incongruenze nelle misure raccolte dalla polizia stradale e avanzato dubbi sull’esistenza di uno o di due urti contro la barriera spartitraffico ovverosia il new jersey sulla sinistra della carreggiata. Da suo accertamento era emerso quanto segue:
l’urto contro il guardrail di destra sarebbe avvenuto: alla velocità di 83 Km/h se GLYPH si GLYPH ipotizzano GLYPH due GLYPH urti GLYPH complessivi GLYPH contro GLYPH le GLYPH barriere; alla velocità di 88,5 Km/h se si ipotizzano tre urti complessivi contro le barriere: in ogni caso la velocità era inferiore a quella di 164km/h;
ipotizzando che vi sia stato anche un precedente urto contro il new jersey di sinistra, l’urto contro tale barriera GLYPH sarebbe avvenuto alla velocità di 102 km/h;
nell’eventualità che gli urti fossero stati tre come ipotizzato dalla polizi stradale, l’urto contro la barriera di sinistra sarebbe avvenuto alla velocità d 145 km/h.
Dunque, in ogni caso, la velocità, individuata come critica dal perito, ai fini della perdita di controllo del mezzo di 164 km/h non era stata superata.
La Corte di appello aveva rigettato il motivo con cui si era eccepita la nullità del capo di imputazione con argomentazioni lacunose e apodittiche, quale quella per cui non esiste una previsione normativa che indichi il limite numerico della velocità da osservarsi in relazione allo stato dei luoghi, in contrasto con il principio affermato da Sez. 4 dell’8/01/2021 n. 32899 e da Sez. 4 n. 40050 del 2018, per cui in tema di colpa generica il giudice deve indicare la regola cautelare violata preesistente al fatto e quindi quale sia in concreto ed ex ante il comportamento doveroso prescritto.
2.2. Con il secondo motivo, ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione per avere la Corte omesso di considerare le conclusioni del Consulente Tecnico di parte Ing. COGNOME Questi aveva escluso che l’autovettura condotta dall’imputato avesse urtato contro la barriera del new jersey di sinistra sulla base di considerazioni tecnico scientifiche (quale quella per cui un urto alla velocitò di 145 km/h, in considerazione della massa della golf, non è compatibile con l’abrasione di lieve entità lasciate sul cemento del new jersey; quella per cui, essendo il tratto di strada teatro dell’incidente una curva verso sinistra, la traiettoria della vettura avrebbe dovuto essere tangente al punto di perdita di aderenza, cioè verso destra; quella per cui la caratteristica del new jersey è quella di ridirezionare i veicoli che vi impattano; quella per cui nessun frammento della Golf era presente sulla strada vicino al new jersey; quella per cui il catarifrangente
del new jersey era intatto; quella per cui le tracce rilevate dalla polizia sul new jersey ben potevano essere state lasciate da altra auto, atteso che una decina di giorni prima si era verificato un altro incidente che aveva interessato proprio quelle barriere) ed aveva individuato altre possibili cause di sbandamento dell’auto condotta dal ricorrente, quali l’ intereferenza di altri autoveicoli, una macchia di olio sulla sede stradale, rotture meccaniche del mezzo. La Corte non aveva spiegato le ragioni per cui tali conclusioni non potevano essere accolte.
2.3. Con il terzo motivo, ha dedotto il vizio di motivazione in relazione alla omessa e/o erronea valutazione delle considerazioni espresse dal perito ing COGNOME e la violazione della regola dell’oltre ogni ragionevole dubbio. In buona sostanza la Corte di appello pur affermando di condividere tutte le valutazioni del perito ha finito per negare più volte gli esiti degli accertamenti peritali e inequivocabili affermazioni rese dal perito in dibattimento. Così
-ha ritenuto che la Golf avesse urtato tre volte contro le barriere nonostante il predetto perito abbia ampiamente spiegato che il primo urto contro New Jersey di sinistra ipotizzato dalla polizia stradale non poteva esservi stato. Più in generale la Corte d’appello ha ricostruito la dinamica dell’incidente illogicamente, contraddittoriamente e in modo differente da quella del perito senza alcun supporto sostanziale. Nonostante il perito avesse escluso vi fossero stati due urti contro i new jersey ed avesse addirittura dubitato che ve ne fosse stato anche uno solo (nelle udienze dibattimentali del 25.9.2019 e 8.2.2021) nella sentenza si afferma (pag 12) che il CTU aveva illustrato adeguatamente le ragioni per cui era attendibili che vi fossero stati tre urti.
ha ritenuto, in maniera apodittica e in assenza di riscontri in tal senso, che il ricorrente, al momento di imboccare il viadotto, stesse viaggiando sulla corsia di sorpasso;
ha ritenuto che fosse stata accertata dal perito la velocità di 130 km/h, quando invece ing COGNOME non aveva accertato tale velocità, ma aveva solo calcolato le possibili velocità della Golf a seconda del numero di urti contro le barriere prima di precipitare: il Consulente Tecnico aveva calcolato la velocità di 145 km/h nell’ipotesi, formulata dalla polizia, che la Golf avesse urtato due volte contro il new jersey e una volta contro il guardrail, ma tale possibilità era stata esclusa a dibattimento dal perito.
ha ritenuto che l’auto avesse sbandato a causa della velocità non adeguata, quando anche il perito aveva indicato possibili cause alternative e aveva concluso nel senso che non era possibile escludere con certezza nessuna di queste cause e nel senso che la velocità di marcia dell’auto era inferiore alla soglia sopra la quale l’auto in quel tipo di curva sbanda.
Se non vi sono elementi di prova che consentano di accertare quale sia stata la causa dello sbandamento della golf, tale fatto non può essere attribuito all’imputato solo perché il mezzo sia andato fuori controllo: tale affermazione è incompatibile con quella della responsabilità al di là di ogni ragionevole dubbio. La confutazione di spiegazioni alternative di un fatto non può supplire alla mancanza di prova positiva del fatto medesimo.
2.4.Con il quarto motivo, ha dedotto il vizio di motivazione in relazione alla valutazione delle dichiarazioni testimoniali. Secondo la Corte d’appello i testi COGNOME e COGNOME avevano riferito che la strada era bagnata, mentre i testi COGNOME e COGNOME avevano confermato che quel giorno pioveva. In realtà i testi avevano riferito che aveva piovuto e non anche che stesse piovendo nel momento in cui si era verificato l’incidente e, comunque, avevano precisato che non vi erano condizioni atmosferiche e stradali pericolose. In particolare:
NOME COGNOME aveva riferito che aveva appena piovuto, ma che la pioggia era cessata;
NOME COGNOME aveva dichiarato che stava percorrendo quel tratto a 120 km/h e che non vi era una situazione di pericolo;
NOME COGNOME aveva confermato che aveva appena piovuto;
La Corte di Appello, quindi, avrebbe dovuto valutare più attentamente le emergenze processuali e concludere che le condizioni atmosferiche e stradali non fossero tali da dover indurre l’imputato a moderare ulteriormente particolarmente la velocità addirittura al di sotto dei limiti consentiti dall’art. 142 CdS.
D’altronde l’ing. COGNOME aveva precisato, sulla base delle foto in atti, che sulla strada non vi erano pozze o ristagni d’acqua e che il coefficiente di attrito sulla strada lavata è uguale, o quasi uguale, al coefficiente di attrito sulla strad asciutta, tenuto conto che il tratto dove si era verificato l’incidente era dotato d asfalto drenante.
La Corte, inoltre, non avrebbe valutato alcune incongruenze riferite dalla teste NOME COGNOME la quale aveva visto la fase finale dell’incidente, ovvero l’autovettura Golf che volava dal cavalcavia. Alcuni elementi portavano a ritenere che COGNOME fosse transitata dopo Aristone, in quanto:
ella aveva dichiarato che non vi era fumo nella zona teatro dell’incidente mentre il teste NOME COGNOME transitato immediatamente dopo aveva dichiarato di essere letteralmente entrato dentro una nube di fumo;
ella aveva dichiarato di avere visto, prima di imboccare una curva, una macchina in aria, cioè davanti a lei, mentre NOME COGNOME aveva riferito che, quando era sceso dalla macchina, era presente una signora che non poteva essere che la COGNOME che diceva di aver visto dallo specchietto, dietro di lei, volare qualcosa dal ponte;
-doveva ritenersi inverosimile che l’anziana signora, viaggiando secondo le sue dichiarazioni alla velocità di 120 km/h, fosse riuscita a schivare tutti i divers detriti e parti della golf sparsi nella sede stradale, contro i quali invece si eran imbattuti tutti gli automobilisti transitati immediatamente dopo;
la visuale di cui poteva godere Balice prima di imboccare la curva del viadotto non le consentiva di vedere il punto in cui era precipitata la Golf.
La Corte aveva omesso di valutare le dichiarazioni rese da NOME COGNOME, poi deceduto, titolare dell’impresa che si occupava della manutenzione di quel tratto di strada, nonostante la palese rilevanza sia in relazione ad un precedente incidente verificatosi proprio su quel tratto, sia in relazione alle pessime condizioni del guardrail.
La Corte di appello avrebbe travisato le dichiarazioni rese dell’Isp. COGNOME il quale, contrariamente a quanto riportato a pagina 13 della sentenza, non aveva mai riferito che l’imputato stava viaggiando alla velocità di 130 km/h, essendo stato tale elemento introdotto per la prima volta come oggetto di valutazione nella motivazione della sentenza di secondo grado: il teste, semmai, aveva dichiarato che la velocità di marcia era stata inferiore a quella prevista in autostrada di 130 km/h.
2.5. Con il quinto motivo ha dedotto la violazione di legge il vizio di motivazione in relazione alla valutazione del nesso di causa.
Il difensore ricorda che:
il perito Ing. COGNOME aveva accertato che la velocità critica che non doveva essere superata per non sbandare nella curva era di 164 km/h e che tale velocità non era stata superata da NOMECOGNOME il quale stava viaggiando a velocità inferiore:
la ricostruzione dell’accusa, secondo la quale la Golf avrebbe urtato la barriera spartitraffico posta alla sua sinistra, avrebbe proseguito la sua marcia per circa 130 metri, per poi urtare nuovamente contro il new jersey alla sua sinistra, e, dopo un testacoda, avrebbe urtato con la parte anteriore sinistra il guardrail alla sua destra , era stata confutata in dibattimento dall’ing COGNOME il quale, dopo l’esame del relitto, aveva escluso l’esistenza del primo urto della Golf contro la barriera new jersey di sinistra.
Sulla base di queste inequivocabile emergenze processuali, la Corte avrebbe dovuto escludere la condotta colposa contestata all’imputato e cioè che l’incidente si fosse verificato perché NOME aveva tenuto una velocità non adeguata alle condizioni della strada. I giudici, sia di primo che di secondo grado, non avevano individuato la velocità prudenziale alla quale avrebbe dovuto marciare NOME per non perdere il controllo del mezzo, né avevano spiegato perché la velocità di 102 km/h o di 83 km/h a seconda degli urti ipotizzati fosse da ritenersi ex ante
inadeguata nonostante l’asfalto di tipo drenante, la curva ad ampio raggio e l’assenza di situazioni di pericolo.
In sostanza, secondo i giudici di secondo grado, siccome il manto stradale era bagnato e si era verificato l’incidente, ciò voleva dire che l’imputato non era stato in gradà di controllare il proprio automezzo alla velocità alla quale andava.
Quando anche si volesse ritenere provata una condotta colposa del ricorrente, la Corte di appello aveva omesso, benché specificamente sollecitata nei motivi di appello, di accertare la causalità della colpa cioè l’incidenza dell’eventuale comportamento colposo dell’imputato sulla verificazione dell’evento mortale. L’urto della Golf contro il guardrail, come evidenziato più volte, era avvenuto alla velocità di 83/88,5 km/h a seconda che si ipotizzino due precedenti urti contro il new jersey oppure tre, di tal ché il rispetto da parte di NOME della regola cautelare non avrebbe comunque evitato il verificarsi dell’evento che era soltanto dipeso dal fatto che il guardrail non aveva tenuto per l’inadeguata tipologia e per le pessime condizioni in cui si trovava. Ed infatti anche una velocità prudenziale avrebbe ugualmente determinato la caduta nel vuoto della Golf.
La Corte di appello ha GLYPH erroneamente rigettato il motivo relativo all’interruzione del nesso causale. Le vittime viaggiavano sul sedile posteriore della golf condotto dall’imputato ed erano decedute sul colpo: se la golf fosse rimasta sulla carreggiata perché regolarmente trattenuta dal guardrail l’evento non si sarebbe verificato, sicché la inadeguatezza del guardrail era causa sopravvenuta idonea ad escludere il rapporto di causalità. L’inadeguatezza della tipologia di guardrail e le pessime condizioni in cui versava la barriera, dovute anche ad una inefficiente manutenzione della stessa, erano state la causa del suo sfaldamento e della caduta dell’auto. Lo stesso perito ing. COGNOME aveva evidenziato che la causa della caduta della Golf dal viadotto era stata la scarsa resistenza del guardrail che aveva ceduto sia per la sua insufficiente resistenza strutturale sia per l’inadeguato fissaggio dei montanti. Ne consegue che lo sfaldamento della barriera avvenuto nel modo descritto dal perito non può che essere considerato un evento imprevedibile, anomalo, atipico ed eccezionale, ovvero un fattore che aveva attivato un rischio nuovo e esorbitante rispetto a quello gestito dal conducente dell’auto.
2.6. Con il sesto motivo ha dedotto la violazione di legge e il vizio di motivazione in relazione all’affermazione della responsabilità. La Corte di appello aveva ritenuto l’impianto probatorio acquisito fondato su elementi gravi precisi e concordanti, laddove nel caso di specie non vi erano prove né indizi da cui desumere che l’imputato avesse perso il controllo del mezzo a causa della velocità non adeguata. L’inadeguatezza della velocità era stata ipotizzata solo perché si è verificato un incidente su una strada bagnata.
3 In data 14 aprile 2025 il ricorrente ha depositato una memoria con cui ha ribadito come dall’istruttoria fosse emerso che il guardrail, installato sul viadott al momento dell’incidente, fosse inadeguato a trattenere l’auto nella sede stradale per altezza e caratteristiche, e comunque, oggetto di scarsa e inefficiente manutenzione, sicché nessuna responsabilità era addebitale all’imputato il quale non aveva superato la velocità c.d. critica.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il primo motivo di ricorso, incentrato sulla mancata declaratoria di nullità del capo di imputazione per indeterminatezza, è manifestamente infondato.
La Corte, in replica ad analoga censura ha rilevato che l’episodio contestato è stato descritto in modo dettagliato e circostanziato essendo stati indicati il tempo il luogo e le modalità del reato con riferimento alla velocità non adeguata in rapporto non solo alle condizioni della strada caratterizzata da asfalto bagnato ma anche alla possibilità di compiere in sicurezza le manovre necessarie a conservare il controllo del veicolo nell’affrontare la curva volgente a sinistra sulla corsia sorpasso. La indicazione della velocità tenuta dall’imputato era agevolmente desumibile dagli atti in quanto indicata in entrambe le perizie a firma dell’ing. COGNOME
La motivazione appare adeguata e conforme ai principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità, secondo cui il fatto deve ritenersi enunciato in forma chiara e precisa quando i suoi elementi strutturali e sostanziali sono descritti in modo tale da consentire un completo contraddittorio e il pieno esercizio del diritto di difesa da parte dell’imputato, che viene a conoscenza della contestazione non solo per il tramite del capo d’imputazione, ma anche attraverso gli atti che fanno parte del fascicolo processuale (ex plurimis Sez. 3, n. 9314 del 16/11/2023, dep. 2024, Rv. 286023 – 01)
Nel capo di imputazione l’addebito di colpa nei confronti dell’imputato è stato descritto come negligenza, imprudenza e imperizia e violazione delle norme del codice della strada ed in particolare della norma che impone di regolare la velocità del veicolo in modo che, avuto riguardo alle caratteristiche, allo stato ed al carico del veicolo stesso, alle caratteristiche e alle condizioni della strada e del traffico ad ogni altra circostanza di qualsiasi natura, sia evitato ogni pericolo per la sicurezza delle persone e delle cose ed ogni altra causa di disordine per la circolazione (art. 141 CdS). Il fatto, dunque, che non sia stato indicato il limite d velocità violato è conseguente alle caratteristiche dell’addebito contestato all’imputato, consistente, come detto, nell’aver marciato ad una velocità non /i
adeguata alle condizioni della strada, ovvero alla violazione di una regola c.d. elastica. Rispetto a tale contestazione l’imputato è stato posto nelle condizioni di difendersi, come, peraltro dimostrato dal fatto che il consulente tecnico di parte ha interloquito proprio sulla sussistenza di tale addebito.
2. Nel resto il ricorso va accolto come in appresso specificato.
3.1. Occorre muovere dal rilievo che nelle sentenze di merito la dinamica dell’incidente non è stata ricostruita in modo compiuto e non è stata accertata appieno quale fosse la velocità di marcia dell’auto condotta dall’imputato al momento del primo urto contro il new jersey di sinistra.
Anzi sul punto si registrano difformità fra la sentenza del Tribunale e quella della Corte di appello.
Nella sentenza di primo grado l’incidente era stato ricostruito nel modo seguente: l’imputato alla guida dell’autovettura Golf nel percorrere l’autostrada A14 direzione Nord-Sud, sul viadotto INDIRIZZO, mentre affrontava una curva volgente a sinistra nella corsia di sorpasso, aveva colliso per due volte contro il new jersey di sinistra a causa della velocità non adeguata allo stato dei luoghi (strada bagnata); a seguito del secondo urto la macchina era stata reindirizzata verso il centro della carreggiata finendo per impattare, con la parte frontale del mezzo, dopo una rotazione di 180 0 contro il guardrail di destra; il violento scontro causava il distacco e la fuoriuscita del motore, con sollevamento dell’autovettura che sormontando il guardrail era precipitata nel burrone sottostante. Il tribunale, dato atto che la macchina aveva impattato due volte contro il new jersey di sinistra, aveva dunque ricostruito, sulla pase dei calcoli effettuati dal perito ing. COGNOME, la velocità di marcia dell’auto al momento del primo impatto in 145 km/h, superiore ai limiti previsti in loco.
Nella sentenza impugnata, invece, si dà atto che lo stesso perito ing. COGNOME aveva riconosciuto la presenza di profili critici in ordine alla ricostruzione della dinamica dell’incidente e perplessità sulla effettiva sussistenza del primo urto, escluso il quale, secondo i calcoli da lui stesso effettuati la velocità di marci dell’auto condotta dall’imputato al momento del primo impatto era di 102 km/h, a fronte della velocità di 164 km/h, individuato come limite massimo da non superare per affrontare i sicurezza la curva sinistrorsa ad ampio raggio.
I giudici, in altri termini, pur avendo dato atto delle incertezze sulla dinamica del sinistro, tali da incidere sul calcolo della velocità di marcia dell’auto momento del primo impatto, non hanno ritenuto tali incertezze rilevanti, neppure ai fini della valutazione del grado della colpa del conducente.
Nella sentenza si dà atto che tale velocità doveva essere considerata inadeguata rispetto alle condizioni della strada (asfalto bagnato), senza, tuttavia,
sviluppare in maniera adeguata tale assunto, anche in ragione del dato, acquisito per cui i testimoni che percorrevano lo stesso tratto di strada avevano dichiarato di aver viaggiato a velocità superiore, ovvero alla velocità di 120/130 km/h (così Balice secondo quanto riportato nella sentenza di primo grado).
In tale senso deve ribadirsi che nei reati colposi, qualora si assuma violata una regola cautelare cosiddetta “elastica”, che cioè necessiti, per la sua applicazione, di un legame più o meno esteso con le condizioni specifiche in cui l’agente deve operare – al contrario di quelle cosiddette “rigide”, che fissano con assoluta precisione lo schema di comportamento – è necessario, ai fini dell’accertamento dell’efficienza causale della condotta antidoverosa, procedere ad una valutazione di tutte le circostanze del caso concreto (Sez. 4, n. 40050 del 29/03/2018, COGNOME Rv. 273871 – 01)
3.2. Il tema dell’accertamento della velocità, appare strettamente collegato anche a quello delle caratteristiche della guardrail di destra, che non aveva svolto la sua funzione di contenimento. Nella sentenza impugnata non è stato adeguatamente affrontato il tema della rilevanza, anche solo concausale, della inadeguatezza strutturale e della mancata manutenzione del guardrail di destra su cui aveva impattato l’autovettura di Aristone. In proposito la Corte di appello ha dato atto che lo stesso perito aveva chiarito come il guardrail non fosse stato in grado di svolgere la sua funzione di contenimento, in quanto una “barriera del tipo H 4 avrebbe senz’altro ridirezionato il veicolo e non sarebbe stata sormontata”, mentre quella presente non era “conforme alla normativa vigente”, arrivando a concludere che “se i montanti non fossero usciti dal basamento ed avessero esercitato un assorbimento dell’urto con la loro deformazione si può ipotizzare che la Golf non avrebbe sfondato la barriera e non sarebbe precipitata nel vuoto”(pag.15). I giudici hanno ritenuto, in maniera contraddittoria, che tale ricostruzione non valeva a scardinare la ricostruzione del nesso di causa “in considerazione della sua astrattezza e genericità”, quando, invece, nella stessa sentenza si dà atto che essa era stata fondata sugli accertamenti peritali e che era stato il perito a concludere che un guardrail a norma avrebbe attenuato gli effetti del sinistro, nel senso che l’auto sarebbe rimasta sulla sede stradale. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Il tema della inadeguatezza strutturale, del grado di efficienza e del difetto di manutenzione del guardrail avrebbe dovuto essere approfondito dai giudici di merito, in quanto potenzialmente incidente sulla valutazione del grado della colpa dell’imputato e del conseguente trattamento sanzionatorio.
Conclusivamente la sentenza deve essere annullata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Perugia
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e rinvia per nuovo giudizio alla Corte di Appello di Perugia.
Deciso in Roma, il 30 aprile 2025
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Il Presi ente