Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 37133 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 37133 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 11/09/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto nell’interesse di COGNOME NOME, nato a Gattinara il DATA_NASCITA, contro la sentenza della Corte d’appello di Torino del 18.1.2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Generale NOME AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Ceri sentenza del 23.5.2023 il GUP del Tribunale di Torino aveva riconosciuto NOME COGNOME responsabile del delitto di estorsione sicché, ritenute
le circostanze attenuanti generiche ed operata la riduzione per la scelta del aveva condannato alla pena finale di anni 2 e mesi 4 di reclusione ed euro 500 di multa, oltre al pagamento delle spese processuali; aveva inoltre condannato il COGNOME al risarcimento dei danni patiti dalla costituita parte civile, liquidat euro 5.000, nonché alla rifusione delle spese;
la Corte d’appello di Torino, in parziale riforma della sentenza di primo grado, confermata per il resto, ha rideterminato la pena detentiva in anni 2 e giorni 20 di reclusione condannando l’appellante alla rifusione delle spese sostenute nel grado dalla costituita parte civile;
ricorre per cassazione NOME COGNOME attraverso il difensore di fiducia che deduce:
3.1 contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione in riferimento all’erronea valutazione delle prove documentali: rileva l’illogicità della motivazione con cui la Corte d’appello ha da un lato affermato che l’astensione del COGNOME il 15.12.2021 aveva determinato l’inefficacia delle delibere del 2.12.2021 non considerando che esse lo erano comunque per la mancata sottoscrizione del Presidente del Distretto, ovvero lo stesso COGNOME; segnala che la astensione def COGNOME nelle delibere del 15.12.2021 rappresenta una vera e propria “invenzione” della Corte d’appello in quanto, dal verbale, risultano tre voti a favore e non già l’astensione del COGNOME che, secondo l’impostazione accusatoria, sarebbe stato l’effetto delle intimidazione subita dal ricorrente; aggiunge che ulteriore frutto d evidente travisamento è anche la interpretazione attribuita dalla Corte d’appello alla testa di cinghiale privata della lingua e che altra “invenzione” della Cort d’appello è rappresentata dalla riassunzione della carica di presidente del RAGIONE_SOCIALE da parte del COGNOME intesa come ulteriore dimostrazione della condotta del ricorrente;
3.2 violazione di legge per erronea applicazione dell’art. 629 cod. pen. quanto alla qualificazione giuridica del fatto: rileva che la Corte d’appello ha individuato l’ingiusto profitto, elemento costitutivo del delitto di estorsione, ne riassunzione del COGNOME e nel trattamento economico di cui questi avrebbe fruito, in contrasto con la giurisprudenza di legittimità; aggiunge che la Corte d’appello ha fatto leva sull’ingiustizia del rinnovo del contratto in assenza delle condizioni per ricoprire l’incarico, con pregiudizio ravvisabile in capo al RAGIONE_SOCIALE e non già sulla persona fisica che ne aveva la rappresentanza;
3.3 violazione di legge con riferimento agli artt. 62 -bis cod. pen. e 442 cod. proc. pen.: segnala che entrambi i giudici di merito hanno errato nella
determinazione della pena pecuniaria in euro 500 di multa laddove avrebbe dovuto essere pari ad euro 445;
la Procura Generale ha concluso per il rigetto del ricorso.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è fondato nei termini e le considerazioni di cui appresso.
NOME COGNOME era stato tratto a giudizio e riconosciuto responsabile, nei due gradi di merito, del delitto di estorsione perché “… con minaccia consistita nell’abbandonare una testa di cinghiale priva della lingua nelle pertinenze dell’abitazione di NOME, presidente pro tempore del distretto irriguo di Ravenda … in prossimità della scadenza del contratto di lavoro subordinato di COGNOME NOME, con funzioni di acquaiolo … sino al 31.12.2021 al termine del quale … il rapporto di lavoro sarebbe proseguito come contratto a tempo indeterminato, costringendo il predetto NOME NOME, in data 2.12.2021, ad astenersi dall’esprimere voto contrario in occasione della delibera assembleare relativa al diritto di recesso del contratto di lavoro e contestuale assunzione a tempo determinato … in data 15.12.2021, a séguito dell’annullamento in autotutela della delibera … ad astenersi dall’esprimere voto contrario … s procurava un ingiusto profitto consistente nella prosecuzione del rapporto di lavoro a tempo indeterminato per il mancato esercizio del diritto di recesso nei termini stabiliti …”.
L’imputato aveva ammesso il fatto (essendo stato peraltro identificato nelle immagini dal circuito di videosorveglianza nella persona che aveva abbandonato la testa di cinghiale priva di lingua nelle pertinenze dell’abitazione del COGNOME) sostenendo che si era trattato di un gesto di nervosismo dovuto alle problematiche di lavoro e che, comunque, non aveva sortito alcun effetto intimidatorio nei confronti della vittima.
La lettura delle due sentenze di merito consente di ritenere acquisito che, in data 31.12.2021 sarebbe scaduto il contratto di lavoro del RAGIONE_SOCIALE che aveva avuto sentore della intenzione del RAGIONE_SOCIALE di non trasformarlo a tempo indeterminato; e proprio il 28.11.2021, qualche giorno prima della riunione del consiglio di amministrazione del RAGIONE_SOCIALE, era stata rinvenuta la testa di cinghiale di fronte alla abitazione del COGNOME.
Il giorno 2.12.2021, l’organo deliberativo del RAGIONE_SOCIALE aveva votato la proposta del delegato Barile di recedere dal contratto di lavoro del
COGNOME e rinnovarlo, a termine, per un anno; la proposta era stata accolta con due voti a favore e la astensione del COGNOME.
Il giorno 15.12.2021 (a séguito della acquisizione di un parere tecnico sulla praticabilità della soluzione votata il 2 dicembre) il RAGIONE_SOCIALE, nuovamente riunitosi, aveva: revocato in autotutela la delibera del 2.12.2021, con il voto favorevole di tutti i presenti ivi compreso il COGNOME; deliberato di non recedere dal rapporto di lavoro del RAGIONE_SOCIALE (in tal caso con due voti a favore e la astensione del COGNOME) con conseguente automatica trasformazione a tempo indeterminato del contratto del ricorrente.
Con l’atto di appello la difesa aveva insistito, in particolare, sull inidoneità della condotta (ritenuta) minatoria ad incidere sulle determinazioni del COGNOME: a conforto della tesi difensiva era stato invocato il tenore di alcune intercettazioni che avrebbe dato conto della determinazione del COGNOME, per nulla intaccata da quanto avvenuto (cfr., pag. 6 dell’atto di appello) e, in particolare dall’atteggiamento assunto dal Presidente del Distretto in occasione delle delibere del 2 e del 15 dicembre quando questi si era limitato ad astenersi non senza, come risulta dal verbale della delibera n. 26 del 2021, aver rappresentato la sua contrarietà alla conferma del rapporto di lavoro con il RAGIONE_SOCIALE.
Sotto altro profilo, la difesa aveva sottolineato come il rapporto di lavoro del ricorrente fosse proseguito senza soluzione di continuità a séguito dell’inefficacia delle delibere del 15 dicembre conseguente alla loro mancata sottoscrizione da parte del NOME e non già all’astensione di costui in occasione della seconda delibera e che, in ogni caso, come per la delibera del 2 dicembre, era stata del tutto irrilevante a fronte dei due voti favorevoli espressi dai du componenti del Comitato Direttivo.
La Corte d’appello, a fronte dei rilievi difensivi, ha per un verso accennato (senza uno specifico richiamo, assente anche nella sentenza di primo grado) al contenuto delle intercettazioni telefoniche che avrebbe dato conto del timore ingenerato in capo al COGNOME dalla iniziativa del RAGIONE_SOCIALE; per altro ve, ha in qualche modo preso atto delle considerazioni della difesa relative alle delibere del 15 dicembre finendo (cfr., pag. 5, sesto capoverso, della sentenza in verifica) per “concentrare” la rilevanza penale della condotta ascritta al ricorrente sull’atteggiamento serbato dal NOME in occasione della (sola) delibera del 2 dicembre 2021.
E, tuttavia, proprio in quel frangente, come sottolineato dalla difesa, il COGNOME si era limitato ad astenersi sulla proposta formulata dal Barile che, come pure è assodato, sarebbe stata approvata con il voto (per quel che era emerso
scontatamente) favorevole degli altri due componenti del Comitato che erano presenti.
A fronte del rilievo difensivo, ed al fine di valutare la rilevanza causale della condotta ascritta al ricorrente sulla determinazione del COGNOME, la Corte avrebbe dovuto allora verificare quale sarebbe stata l’incidenza di un eventuale voto contrario del Presidente sulla decisione dell’organo collegiale; è pacifico, infatti che la sua astensione non abbia avuto rilievo alcuno dovendosi valutare se ed in che misura l’ipotetico esplicito dissenso del Presidente avrebbe potuto incidere sulla finale determinazione dell’ente.
L’impostazione dell’accusa, come sintetizzata nel capo di imputazione, era infatti nel senso della essenzialità del “mancato dissenso” di taluno dei componenti dell’organo deliberativo ai fini della decisione, tanto da individuare la finalità de condotta minatoria del COGNOME nel costringere il COGNOME “… dall’astenersi dall’esprimere voto contrario”; a fronte, pertanto, della astensione del COGNOME, che, per ‘appunto, non aveva formalizzato la sua volontà contraria alla stabilizzazione del rapporto di lavoro del COGNOME, occorreva verificare, anche alla luce delle norme statutarie regolanti il funzionamento del RAGIONE_SOCIALE, se, per raggiungere quel risultato, fosse necessario che alcuno dei componenti dell’organo deliberativo manifestasse il suo esplicito dissenso; solo in tal caso, infatti, sarebbe potuto affermare la astensione del COGNOME – in quanto frutto della condotta minatoria dell’imputato – avrebbe avuto un effettivo rilievo causale sulla finale determinazione del Distretto.
La sentenza impugnata va dunque annullata con rinvio ad altra Sezione della Corte d’appello di Torino che procederà ad un nuovo esame della vicenda alla luce dei rilievi sopra esposti.
P.Q.M.
annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte d’appello di Torino.
Così deciso in Roma, 1’11.9.2024