Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 3716 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 3716 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 30/10/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
DI NOME nato a SAN GIOVANNI ROTONDO il 03/10/1985
avverso la sentenza del 23/05/2023 della CORTE APPELLO di BARI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 23 maggio 2023 la Corte d’appello di Bari, in riforma della sentenza emessa dal Tribunale di Foggia in data 8 marzo 2019, previo riconoscimento del concorso di colpa della persona offesa, ha condannato NOME COGNOME alla pena di mesi 8 di reclusione per il reato di cui all’art. 589 cod. pen., per aver colposamente causato la morte di NOME COGNOME.
1.1. Secondo la concorde ricostruzione dei giudici di merito, l’imputato, alla guida di una autovettura Audi A2, percorrendo la S.P. 30 (che collega Torremaggiore a San Severo), in prossimità dell’ingresso nel centro abitato, investiva la persona offesa che stava attraversando la sede stradale, insieme al suo compagno.
L’urto avveniva nella corsia di destra, ed il corpo della Bocharova fu attinto dalla parte anteriore destra del veicolo: a seguito dell’impatto il corpo fu sollevato, “caricato” sul tetto dell’autovettura, e spinto in avanti per svariati metri, fin cadere al suolo ed essere poi investito dai veicoli che sopraggiúngevano.
Le gravissime lesioni riportate cagionavano, quindi, il decesso della Bocharova.
La causazione dell’incidente, e dunque della morte della persona offesa, è stata attribuita – oltre che alla di lei imprudenza – alla condotta colposa del D Cesare, il quale percorreva la strada ad una velocità sì inferiore al limite consentito, ma di certo non commisurata alle circostanze di tempo e luogo (orario notturno; scarsa illuminazione; asfalto bagnato; intenso traffico veicolare).
La ricostruzione della dinamica del sinistro è stata effettuata sulla scorta dell’elaborato del consulente del pubblico ministero, le cui conclusioni sono state ritenute coerenti con il tipo e l’entità dei danni riportati dalla autovettura Audi A condotta dall’imputato, nonché con le dichiarazioni testimoniali delle persone presenti sul luogo del sinistro (teste COGNOME).
Avverso la sentenza propone ricorso per cassazione NOME COGNOME a mezzo del proprio difensore, lamentando in sintesi, ai sensi dell’art. 173, comma 1, disp. att. cod. proc. pen., quanto segue.
2.1. Con il primo motivo si lamenta inosservanza della legge penale sostanziale e vizio di motivazione (art. 606, comma 1, lett. b ed e, cod. proc. pen.).
Secondo il ricorrente, in ragione delle diverse conclusioni alle quali sono giunti i consulenti tecnici nominati dalle parti, sarebbe stato necessario disporre una perizia per determinare l’esatta dinamica del sinistro, così da rimuovere l’incertezza che ne era derivata.
Erroneamente, quindi, era stata disattesa la richiesta di rinnovazione, proposta ex art. 603 cod. proc. pen..
2.2. Con il secondo motivo si lamenta inosservanza della legge penale sostanziale e vizio di motivazione.
Il ricorrente deduce il malgoverno della regola di valutazione del ragionevole dubbio, specialmente con riguardo all’efficacia impeditiva del comportamento alternativo lecito.
Mal governo reso ancor più evidente dall’esistenza di “risultanze discordanti e contrapposte” (p. 8 ricorso).
In ogni caso i giudici di merito hanno errato nell’escludere che il comportamento della vittima fu causa di interruzione del rapporto causale ponendo una condotta in sé pericolosa, accettata e quindi voluta dalla COGNOME.
2.3. Con il terzo motivo si lamenta inosservanza della legge penale sostanziale, in ragione del mancato rilievo della prescrizione (che si indica maturata nel marzo 2013: p. 12 ricorso), pur tenendo conto dei periodi di sospensione del relativo termine.
Si rileva, infine, la “violazione del principio della ragionevole durata del processo”, con l’applicazione della sanzione accessoria “ventiquattro anni” dopo i fatti per cui è processo.
Il giudizio di cassazione si è svolto con trattazione scritta, e le parti hanno formulato, per iscritto, le conclusioni come in epigrafe indicate.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
1.1. Il primo motivo, con cui si lamenta la mancata rinnovazione istruttoria, è manifestamente infondato, oltre che aspecifico.
Innanzitutto, non è ipotizzabile il motivo d’impugnazione di cui – all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen. (pure indicato a p. 2), non essendo stata dedotta in concreto, con il primo motivo, alcuna violazione della legge penale sostanziale.
Venendo invece alla prospettata violazione della legge processuale ed al vizio di motivazione, questa Corte da tempo ha sottolineato che la rinnovazione di cui all’art. 603 cod. proc. pen. è subordinata a specifiche condizioni, e rappresenta un passaggio meramenté eventuale e straordinario nello svolgimento del giudizio di appello.
Più in particolare, la rinnovazione dell’istruttoria dibattimentale, prevista dall’art. 603, comma 1, cod. proc. pen., è subordinata alla verifica dell’incompletezza dell’indagine dibattimentale svolta in primo grado e alla
conseguente constatazione del giudice di non poter decidere allo stato degli atti, accertamento che è rimesso alla valutazione discrezionale del giudice di merito, incensurabile in sede di legittimità se correttamente motivata (Sez. 7, n. 36410 del 10/09/2024, CoStabile, non mass.; Sez. 1, n. 11168 del 18/02/2019, COGNOME, Rv. 274996 – 02, Sez. 6, n. 8936 del 13/01/2015, COGNOME, Rv. 262620 – 01; Sez. 2, n. 34900 del 07/05/2013, S., Rv. 257086 – 01; Sez. 4, n. 18660 del 19/02/2004, COGNOME, Rv. 228353 – 01; Sez. 4, n. 4981 del 05/12/2003, dep. 2004, COGNOME, Rv. 229666 – 01).
Nel rispetto di tali coordinate interpretative, la Corte barese (p. 6 sentenza), condividendo la valutazione già operata dal Tribunale, ha ritenuto di non esercitare tali poteri di integrazione probatoria, in ragione della completezza della piattaforma probatoria quanto alla ricostruzione della dinamica del sinistro.
In linea con quanto già rilevato dal Tribunale (pp. 15 e ss.), la Corte territoriale ha indicato anche le ragioni per le quali, tra le diverse consulenze utilizzabili, sono state condivise le conclusioni formulate dal consulente del pubblico ministero, che hanno trovato conferma anche in ulteriori elementi di prova (dichiarazioni del passeggero COGNOME; danni riportati dalla vettura condotta dal ricorrente), e quindi, in definitiva, in ragione della loro ritenu convergenza (p. 6 sentenza impugnata).
A fronte di tale motivazione il ricorrente si è limitato a sostenere che la rinnovazione si era resa necessaria alla luce della “diversità di conclusioni” (p. 3 ricorso), con ciò mancando qualsivoglia confronto con la sentenza impugnata e con le argomentazioni ivi sviluppate.
Concludendo, la decisione di non attivare i poteri di integrazione di cui all’art. 603 cod. proc. pen., ricordando il carattere eccezionale dell’istituto, la completezza dell’istruttoria espletata in primo grado, e la conseguente decidibilità del processo allo stato degli atti, appare esente dai vizi denunciati.
1.2. Il secondo motivo è in parte aspecifico ed in parte non consentito.
Il ricorrente lamenta il mancato proscioglimento nel merito, quale conseguenza della erronea applicazione del canone del ragionevole dubbio, ora codificato dall’art. 533 cod. proc. pen.
Osserva il Collegio che il canone dell’ “oltre ogni ragionevole dubbio” descrive un atteggiamento valutativo imprescindibile che deve guidare il giudice nell’analisi degli indizi secondo un obiettivo di lettura finale e unitaria, vivificato dalla sogl di convincimento richiesto e, per la sua immediata derivazione dal principio di presunzione di innocenza, esplica i sui effetti conformativi non solo sull’applicazione delle regole di giudizio, ma anche, e più in generale, sui metodi di accertamento del fatto (Sez. 5, n. 25272 del 19/4/2021, COGNOME, Rv. 281468 01).
Se il giudice è tenuto, quindi, a saggiare la capacità esplicativa della ipotesi alternativa prospettata dalla difesa, ciò non ha affatto innovato la natura del sindacato della Corte di cassazione sulla motivazione della sentenza e detta regola non può, quindi, essere utilizzata per valorizzare e rendere decisiva la duplicità di ricostruzioni alternative, una volta che tale duplicità sia stata oggetto, come nel caso di specie, di attenta disamina (Sez. 1, n. 5517 del 30/11/2023, dep. 2024, COGNOME, Rv. 285801 – 01; Sez. 2, n. 25016 del 08/04/2022, COGNOME, in motivazione; Sez. 2, n. 29480 del 07/02/2017, COGNOME, Rv. 270519 – 01).
Il ricorrente, invece, evoca il canone del ragionevole dubbio proprio per esaltare la diversa ricostruzione offerta dal proprio consulente, e quindi lamentare la mancata assoluzione quale conseguenza di una inesatta valutazione delle prove (p. 8 ricorso), o ancora di una inadeguata e carente attività d’indagine” (p. 5 ricorso).
Anche con riguardo all’efficacia impeditiva del comportamento alternativo lecito, i giudici di merito hanno spiegato, con motivazione esente dai vizi denunciabili ai sensi dell’art. 606, lett. b), cod. proc. pen., le ragioni per le qu l’attraversamento pedonale non era imprevedibile, indicando inoltre gli elementi di fatto che avrebbero dovuto indurre il ricorrente a contenere la velocità entro il limite di 50 km/h, condotta che avrebbe impedito l’investimento del pedone (pp. 8 – 11 sentenza del Tribunale).
Quanto alla interruzione del nesso causale, per effetto del comportamento abnorme della persona offesa, il ricorso è reiterativo di analoga censura già motivatamente disattesa dai giudici di merito (p.. 13 sentenza del Tribunale; p. 9 sentenza impugnata), con argomenti con cui manca un effettivo confronto.
Né può sostenersi che la presenza della persona offesa sulla sede stradale (che insieme al compagno aveva ormai quasi ultimato l’attraversamento) abbia assunto caratteri tali da far ritenere interrotto il nesso eziologico tra la condott inosservante e l’evento.
Interruzione che, deve essere esclusa ogni volta la condotta non sia caratterizzata da eccezionalità, abnormità e straordinarietà ovvero da circostanze tali da stravolgere il normale corso degli accadimenti e da farla quindi assurgere al ruolo di causa sopravvenuta, sufficiente da sola a determinare l’evento.
Secondo il consolidato orientamento di questa Corte, il concetto di causa sopravvenuta da sola sufficiente a determinare l’evento si riferisce non solo al caso di un processo causale del tutto autonomo, ma anche a quello di un processo non completamente avulso dall’antecedente, caratterizzato da un percorso causale completamente atipico, assolutamente anomalo ed eccezionale, ossia di un evento che non si verifica se non in casi del tutto imprevedibili a seguito della causa presupposta (Sez. 4, n. 49491 del 08/11/2023, COGNOME non mass.; Sez. 4, n.
25689 del 03/05/2016, COGNOME NOME, Rv. 267374; Sez. 2, n. 17804 del 18/03/2015, COGNOME, Rv. 263581).
In questa prospettiva si è ritenuta l’interruzione del nesso causale nell’ipotesi in cui la causa sopravvenuta inneschi un rischio nuovo e incommensurabile, del tutto incongruo rispetto al rischio originario attivato dalla prima condotta (Sez. 4, n. 18800 del 13/04/2016, COGNOME, Rv. 267255).
Nella specie, la presenza, si noti in prossimità dell’ingresso del centro abitato, tanto della persona offesa quanto del compagno, che avevano quasi ultimato l’attraversamento della sede stradale, si è avuta in un punto in cui, ai margini della strada vi erano edifici illuminati, destinati ad abitazione.
In un tale contesto, la condotta della persona offesa fu imprudente, ma non certo abnorme, non tale da innescare un autonomo decorso causale, generando un rischio del tutto eccentrico rispetto a quello di per sé derivante dal non aver condotto la vettura ad una velocità adeguata alle circostanze di tempo e di luogo.
1.3. Anche il terzo motivo, nel suo complesso, è inammissibile.
Nella parte in cui lamenta, peraltro genericamente, l’estinzione del reato per prescrizione (in ipotesi maturata prima della sentenza di appello), il motivo è manifestamente infondato.
Il termine di prescrizione, pari ad anni 12, deve infatti ritenersi incrementato ad anni 15, per effetto degli atti interruttivi (tra cui le sentenze del 8 marzo 2019 e 23 maggio 2023).
Pertanto, pur prescindendosi dai periodi di sospensione (su cui invece si appunta immotivatamente il ricorso), il termine di anni 15, computato a partire dal 22 gennaio 2010, non è ancora decorso.
Infine, il motivo è inammissibile, poiché non consentito, nella parte in cui prospetta, peraltro in termini oscuri, la violazione dell’art. 111 Cost., in relazione alla ragionevole durata del processo ed all’applicazione della sanzione accessoria.
Il Collegio richiama il costante insegnamento di questa Corte regolatrice, anche nella sua più autorevole composizione, secondo cui non è consentito il motivo di ricorso che deduca la violazione di norme della Costituzione o della Convenzione EDU (Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, in motivazione, pp. 30-31; Sez. 4, n. 22595 del 17/04/2024, COGNOME, non mass.; Sez. 5, n. 4944 del 03/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282778 – 01; Sez. 2, n. 12623 del 13/12/2019, dep. 2020, COGNOME, Rv. 279059; Sez. 2, n. 677 del 10/10/2014, dep. 2015, COGNOME, Rv. 261551).
La violazione di norme della Costituzione non è infatti prevista tra i casi di ricorso dall’art. 606 cod. proc. pen., e pertanto può solo costituire fondamento di questione di legittimità costituzionale, nel caso di specie non proposta.
•
Stante l’inammissibilità del ricorso, e non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. sent. n. 186/2000), alla condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali consegue anche quella al pagamento della sanzione pecuniaria, che si stima equo quantificare in euro tremila.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa delle ammende.
Così deciso in Roma, il 30 ottobre 2024
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