Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28528 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28528 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 24/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a MONDRAGONE il 15/11/1975
avverso la sentenza del 12/12/2024 della CORTE DI APPELLO DI NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito, per l ‘ imputato, l ‘ avv. COGNOME che ha concluso chiedendo l ‘ accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1. Con sentenza del 12 dicembre 2024, la Corte di appello di Napoli ha confermato la sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in data 18 settembre 2018 con la quale NOME COGNOME era stato condannato, con le attenuanti generiche prevalenti sulla recidiva infra-quinquennale, alla pena di 2 anni e 2 mesi di reclusione in quanto riconosciuto colpevole del delitto previsto dagli artt. 216, comma 1, n. 2 e 223, comma 1, r.d. 16 marzo 1942, n. 267, per avere, in qualità di amministratore della RAGIONE_SOCIALE , dichiarata fallita, sottratto e/o distrutto, con lo scopo di procurare a sé un ingiusto profitto o di recare pregiudizio ai creditori, i libri e/o le scritture contabili aziendali, attesa la totale mancanza , all’atto del fallimento, dell ‘ intero impianto documentale relativo alla contabilità della società; in Santa Maria Capua Vetere il 10-12 ottobre 2012.
1.1. La Corte territoriale ha, in primo luogo, respinto la richiesta pregiudiziale della Difesa di una pronuncia di non doversi procedere ai sensi dell ‘ art. 649 cod. proc. pen., formulata a partire dalla sentenza del Tribunale di Santa Maria Capua Vetere in data 25 giugno 2020, con la quale Patalano era stato condannato per il reato di cui all ‘ art. 10, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, per aver distrutto od occultato le scritture contabili, nella sua qualità di rappresentante legale della Patalano RAGIONE_SOCIALE , al fine di evadere le imposte sui redditi. Ciò in quanto la giurisprudenza di legittimità ritiene configurabile il concorso tra la bancarotta fraudolenta documentale di cui all ‘ art. 216, comma 1, n. 2, legge fall. e il menzionato delitto tributario, tra loro in rapporto di specialità reciproca in ragione della diversità dell ‘ oggetto materiale, del soggetto attivo, dell ‘ oggetto del dolo specifico e dell ‘ effetto lesivo delle condotte di reato (cfr. Sez. 3, n. 24255 del 14/02/2024, Rv. 286557 -01), con conseguente esclusione di una pronuncia di bis in idem per precedente giudicato. Nel merito, la Corte di appello ha, poi, condiviso l ‘ analitica ricostruzione dei fatti posta a fondamento della decisione di primo grado, con la quale era stato accertato che l ‘ ultimo bilancio depositato della RAGIONE_SOCIALE di cui l ‘ imputato era stato amministratore unico, risaliva al 31 dicembre 2007 e che, dopo quella data, né il bilancio, né altre scritture contabili erano stati depositati o redatti, non risultando alcun incarico a un professionista per la tenuta della contabilità e non avendo l ‘ imputato dato riscontro all ‘ avviso di convocazione per chiarimenti notificatogli dalla curatela. Rispondendo al motivo di appello secondo cui la società non era più operativa da alcuni anni prima della sentenza di fallimento, la Corte territoriale ha evidenziato una serie di dati che ne confermavano, invece, l ‘ operatività. Inoltre, secondo la sentenza impugnata, lo scopo di recare danno ai creditori impedendo la ricostruzione della gestione della società doveva essere desunto dalla vicenda complessiva e dalle circostanze del fatto che ne connotavano la fraudolenza.
Dunque, l ‘ intenzionale mancata tenuta, da parte di Patalano, delle scritture contabili obbligatorie doveva ritenersi finalizzata a recare pregiudizio ai creditori, non essendo emerso che le pressioni da parte della criminalità organizzata avessero determinato tale omissione e non, eventualmente, eventuali atti di disposizione patrimoniale. E ricorrendo il dolo specifico doveva essere esclusa la richiesta derubricazione del reato contestato in quello di bancarotta semplice.
NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza di appello per il tramite del Difensore di fiducia, avv. NOME COGNOME deducendo tre distinti motivi di impugnazione, di seguito enunciati nei limiti strettamente necessari per la motivazione ex art. 173 disp. att. cod. proc. pen.
2.1. Con il primo motivo, il ricorso lamenta, ai sensi dell ‘ art. 606, comma 1, lett. b ) ed e ), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell ‘ art. 649 cod. proc. pen., nonché la mancanza, in quanto apparente, della motivazione che ha respinto la richiesta di non doversi procedere per precedente giudicato. Nel caso di specie vi sarebbe un ‘ assoluta sovrapponibilità delle condotte contestate, al netto della loro qualificazione giuridica, avendo la Corte costituzionale affermato, nel dichiarare l ‘ illegittimità costituzionale dell ‘ art. 649 cod. proc. pen., che la persona già giudicata in via definitiva in un processo penale non possa trovarsi imputata per il medesimo fatto storico, da intendersi quale insieme di condotta, nesso di causalità ed evento naturalistico, sicché l ‘ esistenza di un concorso formale tra i reati sarebbe ininfluente ai fini dell ‘ applicazione di tale disposizione. Sul punto il difetto di motivazione sarebbe assoluto e sarebbe bastato confrontare le due contestazioni per rendersi conto della medesimezza dei fatti, posto che, con la sentenza impugnata, sarebbe stata contestata una bancarotta documentale per avere COGNOME sottratto e/o distrutto, allo scopo di procurare a sé un ingiusto profitto di recare pregiudizio ai creditori, i libri e/o le scritture contabili aziendali, mentre nell ‘ altro procedimento gli sarebbe stato contestato l ‘ occultamento o la distruzione delle scritture contabili.
2.2. Con il secondo motivo, il ricorso censura, ex art. 606, comma 1, lett. b ) ed e ), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell ‘ art. 81 cod. pen. La Corte non si sarebbe pronunciata sulla richiesta subordinata di riconoscimento del vincolo della continuazione tra i reati oggetto delle due sentenze, nonostante il passaggio in giudicato della seconda già al momento della decisione e l ‘ espressa richiesta in tal senso della Difesa, non contenuta nei motivi di appello perché la stessa sarebbe divenuta definitiva in epoca successiva alla proposizione dell ‘ impugnazione.
2.3. Con il terzo motivo, il ricorso denuncia, ai sensi dell ‘ art. 606, comma 1, lett. b ) ed e ), cod. proc. pen., la inosservanza o erronea applicazione dell ‘ art. 54 cod. pen. La Corte avrebbe ritenuto provato il dolo specifico alla luce del fatto che,
al momento della dichiarazione di fallimento, Patalano non aveva saputo rendere conto del mancato reperimento dei cespiti patrimoniali. Tale motivazione si porrebbe in contrasto con il compendio istruttorio, da cui emergerebbe che egli era vittima di estorsioni commesse, per anni, da un clan camorristico, secondo quanto confermato da alcuni collaboratori di giustizia e dallo stesso imputato, il quale sarebbe stato vessato con cadenza pressoché quotidiana, sino a essere costretto a chiedere prestiti usurai per pagare il ‘ pizzo ‘ . Per tale ragione, la Corte avrebbe dovuto applicare la scriminante ex art. 54 cod. pen., essendo la condotta distrattiva giustificata da una situazione che non lasciava scelta all ‘ imputato, il quale, prima di attingere ai beni societari, avrebbe fatto ricorso ai suoi fondi personali e a quelli dei familiari, venendo allontanato da costoro. Dunque, non potrebbe ritenersi configurabile la bancarotta fraudolenta contestata, analogamente a quanto ritenuto dalla Suprema Corte in un caso sovrapponibile.
A fronte di uno stato di pencolo caratterizzato da minacce gravi e da atti intimidatori e pestaggi, la Corte si limiterebbe, nonostante la contestazione di bancarotta documentale, a elencare le condotte distrattive e a negare, con un salto logico, che esse fossero collegate al contesto in cui egli era stato costretto a operare.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato nei termini di seguito indicati.
Occorre muovere, in quanto logicamente pregiudiziale, dal primo motivo di censura, con cui la Difesa dell ‘ imputato deduce la violazione dell ‘ art. 649 cod. proc. pen. e il vizio di motivazione in relazione al rigetto dell ‘ eccezione preliminare di non doversi procedere per i fatti di bancarotta documentale in considerazione della precedente condanna dell ‘ imputato per il delitto previsto dall ‘ art. 10, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74.
2.1. Sul punto va premesso che la richiesta difensiva si fondava sul cd. principio del ne bis in idem processuale e non già su quello del ne bis in idem sostanziale, che rispetto al primo ha confini e ambiti applicativi parzialmente diversi.
Il ne bis in idem sostanziale, infatti, concerne il caso in cui un medesimo fatto sia idoneo a integrare diverse fattispecie incriminatrici e, attraverso la disciplina del concorso apparente di norme, vieta che esso possa essere attribuito, per due volte, alla stessa persona. Il ne bis in idem processuale, invece, concerne non già il rapporto astratto tra norme penali incriminatrici, bensì il rapporto tra il fatto e il giudizio e vieta l ‘ esercizio di una nuova azione penale dopo la formazione del giudicato, secondo la previsione dell ‘ art. 649 cod. proc. pen., a mente del quale «l ‘ imputato prosciolto o condannato con sentenza o decreto penale divenuti
irrevocabili non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto». Quest ‘ ultima disposizione è stata dichiarata costituzionalmente illegittima con la sentenza n. 200 del 21 luglio 2016 della Corte costituzionale, nella parte in cui essa consentiva di escludere che il fatto (considerato in tutti i suoi elementi costitutivi – condotta, evento, nesso causale – e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona, così Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, COGNOME, Rv. 231799 – 01) potesse considerarsi il medesimo per la sola circostanza che sussistesse un concorso formale tra il reato già giudicato con sentenza divenuta irrevocabile e il reato per cui era iniziato il nuovo procedimento penale. In questo modo, la Consulta ha fatto propria l ‘ opzione della Corte EDU e, ai fini della valutazione della medesimezza del fatto storico oggetto di nuovo giudizio, ha accolto il criterio dell ‘ idem factum e non dell ‘ idem legale , in relazione al quale ha delineato la preclusione non del « simultaneus processus per distinti reati commessi con il medesimo fatto», ma di «una seconda iniziativa penale, laddove tale fatto sia già stato oggetto di una pronuncia di carattere definitivo» (così Corte cost., n. 200 del 2016, § 10). E la conseguenza di questa svolta interpretativa si è registrata proprio nel punto di convergenza tra il bis in idem sostanziale e quello processuale, laddove la giurisprudenza riteneva non applicabile l ‘ art. 649 cod. proc. pen., nonostante la medesimezza del fatto, nel caso in cui il reato già giudicato fosse stato commesso in concorso formale con quello oggetto della nuova iniziativa penale, sterilizzando la garanzia processuale in ragione della qualificazione normativa multipla consentita dall ‘ inoperatività del principio del bis in idem sostanziale. Infatti, secondo la Corte costituzionale, proprio l ‘ adesione a una concezione storico-naturalistica del fatto, fondata sul criterio dell ‘ idem factum , anche ai fini della perimetrazione del divieto di bis in idem di cui all ‘ art. 649 cod. proc. pen., implica che, ai fini dell ‘ operatività di esso, è ininfluente che tra i reati oggetto della res iudicata e della res iudicanda ricorra un ‘ ipotesi di concorso formale (Corte Cost., n. 200 del 2016, § 12).
Pertanto, mentre ai fini della valutazione della sussistenza del concorso formale tra il reato di occultamento o distruzione di documenti contabili e il reato di bancarotta fraudolenta documentale, occorre avere riguardo al rapporto tra le norme incriminatrici astratte alla luce del criterio di specialità di cui all ‘ art. 15 cod. pen., viceversa, ai fini del divieto di un secondo giudizio stabilito dall ‘ art. 649 cod. proc. pen., la verifica deve prescindere da tali criteri strutturali e dalla configurabilità di un astratto concorso formale di reati, assumendo, invece, rilevanza il fatto storico oggetto della res iudicata e quello oggetto della res iudicanda . Di modo che, pur ricorrendo un concorso formale di reati, potrà venire, comunque, in rilievo il divieto di un secondo giudizio ove il fatto storico oggetto di giudicato sia il medesimo di quello oggetto della nuova iniziativa penale (per tale ricostruzione, v. Sez. 5, n. 11049 del 13/11/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272839
-01; nella giurisprudenza successiva Sez. 7, n. 42994 del 20/10/2021, C., Rv. 282187 – 01; Sez. 5, n. 1363 del 25/10/2021, dep. 2022, COGNOME, in motivazione; Sez. 5, n. 15630 del 13/01/2022, COGNOME, Rv. 282992 -01).
2.2. Consegue ai rilievi che precedono che il tema del bis in idem processuale nel caso in cui, in diversi procedimenti, sia stato contestato il delitto di bancarotta documentale, sia quello previsto dall ‘ art. 10, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, non può essere risolto nei termini indicati nella sentenza impugnata. E ciò perché, come già evidenziato, la configurabilità di un concorso di reati tra il delitto di bancarotta fraudolenta documentale, di cui all ‘ art. 216, comma 1, n. 2), legge fall. e quello di occultamento e distruzione di documenti contabili, previsto dall ‘ art. 10, d.lgs. 10 marzo 2000, n. 74, derivante dal fatto che essi sono, tra loro, in rapporto di specialità reciproca, in ragione della diversità dell ‘ oggetto materiale, del soggetto attivo, dell ‘ oggetto del dolo specifico e dell ‘ effetto lesivo delle condotte di reato (per questa soluzione, ma pronunciandosi in relazioni alla questione relativa all ‘ applicabilità dell ‘ art. 15 cod. pen., v. Sez. 3, n. 24255 del 14/02/2024, COGNOME, Rv. 286557 -01; Sez. 3, n. 18927 del 24/02/2017, Signo ‘ , Rv. 269910 – 01; Sez. 5, n. 16360 del 01/03/2011, COGNOME, Rv. 250175 – 01), non rappresenta, in realtà, una adeguata risposta al tema della configurabilità del divieto di bis in idem processuale ai sensi dell ‘ art. 649 cod. proc. pen. (anche Sez. 5, n. 35591 del 20/06/2017, COGNOME, Rv. 270811 -01, parla, non a caso, di conclusione «a volte impropriamente raggiunta in materia di ne bis in idem processuale»).
Pertanto, al fine di verificare la eventuale violazione del ne bis in idem enunciato dall ‘ art. 649 cod. proc. pen., qualora alla condanna per illecito tributario di occultamento e distruzione di documenti contabili, previsto dall ‘ art. 10 del d.lgs. n. 74 del 2000, faccia seguito il processo per bancarotta fraudolenta documentale, è necessario verificare la diversità o meno dei fatti sussunti nelle due fattispecie incriminatrici e, segnatamente, se vi fosse o meno identità delle rispettive condotte e dell ‘ eventuale evento offensivo, anche rispetto alla documentazione su cui essi avevano inciso (v. Sez. 5, n. 7054 del 05/02/2025, Poli, Rv. 287617 -01; v. anche Sez. 5, n. 22486 del 6/07/2020, Fasana, non massimata, che ha ritenuto di ravvisare l’identità del fatto in relazione a due imputazioni relative all’art. 10, d.lgs. n. 74 del 2000 e alla bancarotta fraudolenta documentale che avevano ad oggetto l’occultamento delle stesse scritture contabili e degli stessi documenti).
2.3. Tanto premesso deve ritenersi che, proprio alla luce dell ‘ orientamento qui condiviso, la sentenza di appello non avrebbe dovuto limitarsi ad affermare la possibilità di un concorso di reati, ma avrebbe dovuto verificare a quale documentazione si riferiva l ‘ omessa tenuta oggetto dell ‘ altro procedimento penale, al fine di riscontrare l ‘ identità o meno della condotta omissiva ascritta all ‘ odierno
imputato. Tale verifica, sostanziandosi in un accertamento fattuale, deve, dunque, essere rimessa al giudice di merito, nel quadro di una interpretazione del principio dettato dall ‘ art. 649 cod. proc. pen. incentrato non più sul raffronto tra le due fattispecie incriminatrici, come invece avvenuto, quanto sull ‘ identità o meno del fatto come concretamente contestato e accertato.
Dall ‘ accoglimento del primo motivo di ricorso deriva che i restanti profili di doglianza, prospettati con il secondo e il terzo motivo, devono ritenersi assorbiti, ma non preclusi rispetto all ‘ ulteriore sviluppo del procedimento.
Alla luce delle considerazioni che precedono, il ricorso deve essere accolto, sicché l ‘ ordinanza impugnata deve essere annullata, con rinvio, per nuovo giudizio, ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli.
PER QUESTI MOTIVI
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio ad altra Sezione della Corte di appello di Napoli.
Così deciso in data 24 giugno 2025