Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 8077 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 8077 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 04/02/2025
SENTENZA
Sul ricorso proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME nato a Messina il 19/07/1965
avverso l’ordinanza emessa il 27/06/2024 dal Tribunale di Reggio Calabria visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 27/06/2024, il Tribunale di Reggio Calabria, quale giudice dell’esecuzione, ha rigettato la richiesta di revoca del decreto penale di condanna, emesso nei confronti di RAGIONE_SOCIALE Dario in data 10/11/2018 (irrev. il 21/12/2018) in relazione al reato di cui all’art. 4, comma 7, I. n. 628 del 1961: richiesta formulata ai sensi dell’art. 669 cod. proc. pen. alla luce della sentenza di assoluzione pronunciata, nei confronti del RAGIONE_SOCIALE, dal Tribunale di Reggio Calabria in data 14/10/2020 (irrev. il 27/02/2021) per lo stesso titolo di reato.
Ricorre per cassazione il COGNOME, a mezzo del proprio difensore, deducendo che il Tribunale aveva considerato ostativi, all’accoglimento dell’istanza, elementi in realtà inidonei a comprovare la diversità del fatto giudicato nei due procedimenti. Si osserva in particolare che, da un lato, il tempus commissi delicti faceva in realtà riferimento, nelle due imputazioni, in un caso alla data di accertamento, nell’altro a quella di consumazione del reato (fermo restando che, nella motivazione della sentenza assolutoria, quest’ultima era stata precisata in senso analogo a quanto indicato nel decreto); d’altro lato, il difensore evidenzia che nessun rilievo poteva attribuirsi al fatto che solo nel procedimento definito con decreto penale, e non anche nell’altro, erano stati nominativamente indicati i due lavoratori in relazione ai quali l’Ispettorato del Lavoro aveva richiesto le informazioni rimaste inevase, essendo tale omissione l’oggetto di entrambi i giudizi.
Con requisitoria tempestivamente trasmessa, il Procuratore Generale sollecita l’annullamento con rinvio dell’ordinanza impugnata, condividendo le argomentazioni dedotte in ricorso.
CONSIDEFtATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è fondato.
Secondo un indirizzo interpretativo del tutto consolidato nella giurisprudenza di questa Suprema Corte relativa alla possibilità di revoca delle sentenze definitive per la violazione del principio del ne bis in idem, «allorché il tempus commissi delicti non è indicato in modo preciso e con ben definiti riferimenti fattuali nel capo di imputazione, il giudice dell’esecuzione può prendere conoscenza del contenuto della sentenza e, occorrendo, degli atti del procedimento, per ricavarne tutti gli elementi da cui sia possibile desumere l’effettiva data del reato, ove essa sia rilevante ai fini della decisione che gli demandata» (Sez. 1, n. 30609 del 15/04/2014, COGNOME, Rv. 261087 – 01. In senso conforme, da ultimo, cfr. Sez. 1, n. 40150 del 2024, COGNOME).
In tale condivisibile prospettiva ermeneutica, risulta evidente la fondatezza delle censure difensive.
2.1. Deve invero osservarsi che l’identità del fatto è stata anzitutto negata, dal Giudice dell’esecuzione, facendo leva sulla asserita diversità “per periodo di accertamento”, indicato in un caso (procedimento definito con decreto) alla data del 02/02/2016 e, nell’altro (procedimento definito con sentenza), alla data del 21/07/2016.
Tale affermazione, peraltro, non sembra essersi confrontata con gli argomenti difensivi volti a sostenere, sulla base di adeguata documentazione, che i due procedimenti avessero entrambi avuto ad oggetto la mancata risposta alla
medesima richiesta di informazioni, che l’Ispettorato del lavoro aveva formulato con riferimento alla RAGIONE_SOCIALE, società nella quale il RAGIONE_SOCIALE aveva rivestito la carica di liquidatore (cfr. la sentenza in atti, in cui si evidenzia a pag. 2 che il momento consumativo del reato ascritto al RAGIONE_SOCIALE – che come detto risultava contestato, nel capo di accusa, come “accertato il 21/07/2016” – coincideva “con la data del 02/02/2016, indicata dall’ufficio ispettivo competente per ottemperare alla produzione documentale richiesta al GRUSSU”).
2.2. Considerazioni del tutto analoghe devono essere svolte, mutatis mutandis, con riferimento all’altro aspetto ritenuto ostativo dal Giudice dell’esecuzione.
Nell’ordinanza impugnata, si osserva che solo nel capo di imputazione contenuto nel decreto penale di condanna era contenuto il riferimento nominativo ai due lavoratori per i quali l’Ispettorato aveva chiesto informazioni, mentre nell’altro procedimento, definito con sentenza, tale riferimento nominativo era assente.
Tale circostanza è all’evidenza inidonea ad escludere la sussistenza del bis in idem: la necessità di operare la valutazione dell’identità del fatto «in relazione al concreto oggetto del giudicato e della nuova contestazione, senza confrontare gli elementi delle fattispecie astratte di reato» (Sez. 5, n. 31243 del 18/04/2024, Yunas, Rv. 287101 – 01), e la già richiamata possibilità di espletare ogni opportuno accertamento in tale direzione, imponevano al Giudice dell’esecuzione di verificare compiutamente l’oggetto dei due procedimenti, onde accertare l’effettiva identità della richiesta dell’Autorità amministrativa rimasta inadempiuta.
Le considerazioni fin qui svolte impongono l’annullamento dell’ordinanza, con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Reggio Calabria in funzione di Giudice dell’esecuzione.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Reggio Calabria.
Così deciso il 4 febbraio 2025
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Il Presidente