Ne bis in idem: Quando è Troppo Tardi per Far Valere i Propri Diritti?
Il principio del ne bis in idem, che vieta un secondo processo per lo stesso fatto, è un cardine del nostro sistema giuridico. Ma cosa succede se questa violazione viene denunciata per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione? Un’ordinanza recente ha chiarito i rigidi paletti procedurali che limitano questa possibilità, sottolineando l’importanza di una difesa attenta fin dai primi gradi di giudizio. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti del Processo
Il caso riguarda un imputato condannato in primo grado e in appello per il reato di evasione dagli arresti domiciliari. Ritenendo di essere stato ingiustamente processato due volte per condotte simili, l’imputato ha presentato ricorso alla Corte di Cassazione, eccependo la violazione del principio del ne bis in idem. A suo dire, la condotta per cui era stato condannato in questo procedimento era già compresa in altre sentenze di condanna definitive per lo stesso reato.
La Questione Giuridica: L’Eccezione di Ne Bis in Idem
Il cuore della questione legale era stabilire se un’eccezione così fondamentale come quella del ne bis in idem potesse essere sollevata per la prima volta nel giudizio di legittimità. In altre parole, la Corte doveva decidere se potesse esaminare una doglianza non presentata né al Tribunale né alla Corte d’Appello. La difesa dell’imputato sosteneva implicitamente che la violazione di un principio così importante dovesse essere rilevata in ogni stato e grado del procedimento.
La Decisione della Corte di Cassazione sul Ne Bis in Idem
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile. La decisione si basa su un principio consolidato: la violazione del ne bis in idem sostanziale non può essere dedotta per la prima volta in sede di legittimità. Questo perché la sua verifica implica quasi sempre un accertamento di merito. Il giudice, infatti, per stabilire se si tratta dello ‘stesso fatto’, deve confrontare tutti gli elementi concreti dei due procedimenti (condotta, evento, nesso causale), un’attività che è preclusa alla Cassazione, il cui compito è solo quello di verificare la corretta applicazione della legge, non di riesaminare i fatti.
Le Motivazioni
La Corte ha motivato la sua decisione richiamando un orientamento giurisprudenziale consolidato (in particolare la sentenza n. 6179 del 2021). Secondo questo principio, l’accertamento dell’identità del fatto richiede un apprezzamento di merito che non può trovare spazio nel giudizio di Cassazione. I giudici hanno anche considerato un orientamento parzialmente diverso, che ammette l’eccezione per la prima volta in Cassazione qualificandola come error in procedendo, ma solo a una condizione stringente: che la decisione non richieda alcun accertamento di fatto. Nel caso di specie, questa condizione non era soddisfatta. L’imputato si era limitato a indicare l’esistenza di altre condanne per evasione, senza fornire elementi sufficienti a dimostrare l’identità delle condotte. Verificare se i fatti fossero ricompresi nel tempus commissi delicti di altri procedimenti avrebbe richiesto un’indagine fattuale inammissibile. Per questa ragione, la Corte ha specificato che, qualora si rendano necessari accertamenti di fatto, la questione può essere eventualmente sollevata davanti al giudice dell’esecuzione.
Conclusioni
L’ordinanza ribadisce un’importante lezione pratica per la difesa tecnica: tutte le eccezioni, anche quelle che toccano principi fondamentali come il ne bis in idem, devono essere sollevate tempestivamente nei giudizi di merito (primo grado e appello). Attendere il giudizio di Cassazione è una strategia rischiosa e, nella maggior parte dei casi, destinata al fallimento, specialmente se la questione richiede un’analisi fattuale. La decisione conferma la netta distinzione tra il giudizio di merito, dedicato all’accertamento dei fatti, e quello di legittimità, dedicato al controllo sulla corretta applicazione del diritto. Di conseguenza, l’imputato è stato condannato al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria.
È possibile eccepire per la prima volta in Cassazione la violazione del divieto di ‘ne bis in idem’?
Di norma, no. La Corte di Cassazione ha stabilito che tale eccezione non è deducibile per la prima volta in sede di legittimità, in quanto la verifica dell’identità del fatto implica un apprezzamento di merito precluso a tale Corte.
Perché il ricorso in questo caso è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato ritenuto inammissibile perché l’eccezione di ‘ne bis in idem’ non era stata sollevata nei gradi di merito e perché la sua valutazione avrebbe richiesto accertamenti di fatto per confrontare le condotte oggetto dei diversi procedimenti, attività non consentita in sede di legittimità.
Cosa può fare chi ritiene di essere stato processato due volte per lo stesso fatto se la questione richiede un’analisi fattuale?
Secondo quanto indicato nell’ordinanza, se la questione richiede accertamenti di fatto per essere decisa, la stessa può essere eventualmente proposta al giudice dell’esecuzione, che ha i poteri per compiere tali verifiche.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 6162 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 6162 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a CERIGNOLA il 05/09/1992
avverso la sentenza del 13/02/2024 della CORTE APPELLO di BARI
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
visti gli atti e la sentenza impugnata; dato avviso alle parti; esaminati i motivi del ricorso di COGNOME NOMECOGNOME udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME
Ritenuto che il ricorso – con il quale si eccepisce la violazione del divieto di bis in idem in relazione alla condanna, confermata in appello, per il delitto di evasione dagli arresti domiciliari – deve essere dichiarato inammissibile. Invero, tale profilo non è stato dedotto nei giudizi di merito e sul punto vale il principio secondo cui «non è deducibile per la prima volta davanti alla Corte di cassazione la violazione del divieto del “ne bis in idem” sostanziale, in quanto l’accertamento relativo alla identità del fatto oggetto dei due diversi procedimenti, intesa come coincidenza di tutte le componenti della fattispecie concreta, implica un apprezzamento di merito, né è consentito alle parti produrre in sede di legittimità documenti concernenti elementi fattuali» (Sez. 2, n. 6179 del 15/01/2021, Pane, Rv. 280648 – 01). Anche l’orientamento, parzialmente difforme, che riconosce che tale eccezione, in quanto relativa a preclusione derivante dal giudicato formatosi sul medesimo fatto, risolvendosi in un “error in procedendo”, è deducibile per la prima volta nel giudizio di cassazione, precisa che però è necessario che la decisione della relativa questione non comporti la necessità di accertamenti di fatto, nel qual caso la stessa deve essere eventualmente proposta al giudice dell’esecuzione. Nella specie, la censura non è ammissibile in sede di legittimità dal momento che il ricorrente ha invocato il bis in idem limitandosi ad indicare l’esistenza di condanne relative a evasioni dagli arresti domiciliari in ordine a condotte che sarebbero ricomprese nel tempus commissi delicti contestato nell’imputazione oggetto del presente processo. Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma giudicata congrua – di euro tremila in favore della cassa delle ammende. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 10/01/2025