Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 26469 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 26469 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 12/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
Matera Maria nato a Andria il 17/06/1968
avverso la sentenza del 02/07/2024 della Corte d’appello di Bari
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
uditi: il Sostituto Procuratore generale presso questa Corte di cassazione NOME COGNOME che ha chiesto di dichiarare inammissibile il ricorso; l’avvocato NOME COGNOME che, nell’interesse dell’imputata, si è riportata ai motivi di ricorso;
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 2 luglio 2024 la Corte di appello di Bari ha confermato la pronuncia in data 7 aprile 2021, con la quale il Tribunale di Trani aveva affermato la responsabilità di NOME COGNOME per il delitto di bancarotta fraudolenta patrimoniale.
Avverso la sentenza di appello il difensore dell’imputata ha proposto ricorso per cassazione articolando due motivi (di seguito enunciati nei limiti di cui all’art. 173, comma 1, d. att. cod. proc. pen.).
2.1. Con il primo motivo ha denunciato sub specie dell’art. 606, comma 1, lett. c), cod. proc. pen. – la violazione dell’art. 649 cod. proc. pen., in ragion della mancata declaratoria di improcedibilità dell’azione penale per il delitto in
imputazione in relazione al trattore per semirimorchio TARGA_VEICOLO (oggetto del contratto di leasing stipulato tra la fallita e Neos Finance S.p.A.). Tale violazione era stata dedotta con i motivi aggiunti di appello, rappresentando che: nei confronti della medesima imputata era stato in precedenza instaurato altro procedimento (n. 162/2015 R.G.N.R.) ed esercitata l’azione penale dal medesimo Ufficio requirente (ossia la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Trani); le imputazioni elevate nei due procedimenti penali si caratterizzerebbero per una sostanziale identità (ricorrendo un «assorbimento parziale dell’odierno capo di imputazione», una «continenza» rispetto al precedente), erroneamente esclusa «per il solo fatto che il trattore non sia stato ritrovato curatore fallimentare benché indicato nel libro dei cespiti del 2012» (per il pagamento di alcuni canoni di leasing) e per questo la RAGIONE_SOCIALE non sia stata ammessa al passivo: la Corte di merito avrebbe erroneamente ritenuto che gli unici beni facenti parti dell’imputazione elevata nel primo procedimento fossero quelli oggetto di inventario da parte del curatore fallimentare (avendo lo stesso Giudice di appello dato conto che il curatore e la consulente del Pubblico ministero abbiano incluso nei beni aziendali della fallita anche quelli indicati in contabilità e non rinvenuti, come il mezzo in discorso).
2.2. Con il secondo motivo è stato avanzato il medesimo ordine di censure sub specie del vizio di motivazione (art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen.).
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile.
I motivi di impugnazione possono essere trattati congiuntamente, venendo in rilievo unicamente la violazione di legge denunciata con il primo motivo e non potendo utilmente dedursi al riguardo il vizio di motivazione (cfr. Sez. U, n. 29541 del 16/07/2020, COGNOME, Rv. 280027 – 05).
Ciò posto, «la condanna definitiva per il reato di bancarotta non impedisce di procedere nei confronti dello stesso imputato per altre e distinte condotte di bancarotta relative alla medesima procedura concorsuale» (Sez. U, Sentenza n. 21039 del 27/01/2011, Loy, Rv. 249668 – 01). E le Sezioni Unite hanno già puntualizzato che la preclusione processuale al secondo giudizio opera anche in assenza di giudicato formale; difatti, «non può essere nuovamente promossa l’azione penale per un fatto e contro una persona per i quali un processo già sia pendente (anche se in fase o grado diversi) nella stessa sede giudiziaria e su iniziativa del medesimo ufficio del P.M., di talché nel procedimento eventualmente duplicato dev’essere disposta l’archiviazione oppure, se l’azione sia stata esercitata, dev’essere rilevata con sentenza la relativa causa di improcedibilità», poiché «la non procedibilità consegue alla preclusione
determinata dalla consumazione del potere già esercitato dal P.M.» (Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, COGNOME Rv. 231799 – 01). Sotto tale secondo profilo, «in caso di contestuale pendenza presso lo stesso ufficio (o presso uffici diversi della stessa sede giudiziaria), di più procedimenti penali per uno stesso fatto e nei confronti della stessa persona, una volta esercitata l’azione penale nell’ambito di uno di tali procedimenti, deve considerarsi indebita la reiterazione dell’esercizio del potere di promuovere l’azione, assumendo, in assenza di un’espressa disposizione normativa, diretto rilievo il principio di “consumazione” del potere medesimo, correlato a quello di “preclusione”, del quale costituisce espressione il divieto di bis in idem dopo la formazione del giudicato; ne consegue che, nell’ambito del secondo procedimento, va chiesta e disposta l’archiviazione ovvero, nel caso in cui l’azione penale sia già stata esercitata, ne va dichiarata l’improcedibilità con sentenza» (Sez. 2, n. 45858 del 17/10/2019, COGNOME Rv. 277768 – 01, che richiama Sez. 4, n. 25640 del 21/05/2008, Rv. 240783).
Tuttavia, «ai fini della preclusione connessa al principio del ne bis in idem, l’identità del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona» (Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, COGNOME, Rv. 231799 01); e nel giudizio di cassazione tale preclusione può essere utilmente dedotta purché la decisione su di essa non comporti la necessità di svolgere accertamenti in punto di fatto (cfr. Sez. 6 n. 22394 del 04/05/2022, Curiale, n.m.; Sez. 1, n. 37282 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282044; Sez. 6, n. 598 del 05/12/2017, dep. 2018, B., Rv. 271764; Sez. 5, n. 2807 del 06/11/2014, dep. 2015, Verde, Rv. 262586).
Nel caso in esame, la Corte distrettuale ha rigettato anche in parte qua l’appello osservando che il bene oggetto del presente procedimento non è contemplato tra quelli in relazione ai quali è stato in precedenza instaurato altro giudizio sempre per bancarotta fraudolenta distrattiva; e, sul punto, ha avuto riguardo: da una parte, all’elenco allegato alla (e richiamato dalla) imputazione elevata nel procedimento anteriore, osservando come esso non contemplasse il cespite oggetto di questo giudizio; dall’altra, a quanto rassegnato dal curatore fallimentare e dal consulente del pubblico ministero, evidenziando che – proprio sulla scorta di quanto da essi esposto – il trattore in discorso non fosse stato incluso nella precedente contestazione del delitto di bancarotta distrattiva. Rispetto a tale ricostruzione l’impugnazione è generica poiché si è limitata a censurare la lettura di questi ultimi dati probatori da parte del Giudice di appello senza tuttavia dare conto in alcun modo del contenuto del precedente capo di imputazione e, segnatamente, dell’elenco dei beni di cui si è contestata la
distrazione (neppure presente negli atti del giudizio di legittimità). Il che non consente a questa Corte un compiuto apprezzamento.
2. Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., la ricorrente deve essere condannata al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila
in favore della Cassa delle ammende, poiché l’evidente inammissibilità
dell’impugnazione impone di attribuirle profili di colpa (cfr. Corte cost., sent. n.
186 del 13/06/2000; Sez. 1, n. 30247 del 26/01/2016, COGNOME, Rv. 267585 – 01).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle
ammende.
Così deciso il 12/06/2025.