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Ne bis in idem: quando non si può eccepire in Cassazione

Una recente sentenza della Corte di Cassazione chiarisce i limiti per sollevare l’eccezione del principio ne bis in idem. Il caso riguarda una condanna per occupazione abusiva di un immobile pubblico. La Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso, specificando che il divieto di un secondo processo per lo stesso fatto non può essere eccepito per la prima volta in Cassazione se richiede un’analisi fattuale, riservata ai giudici di merito.

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Pubblicato il 11 settembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ne bis in idem: la Cassazione stabilisce quando è inammissibile

Il principio del ne bis in idem, che vieta di processare una persona due volte per lo stesso reato, è un cardine del nostro sistema giuridico. Tuttavia, la sua applicazione pratica presenta delle complessità, come evidenziato da una recente sentenza della Corte di Cassazione. Con la sentenza in esame, i giudici hanno chiarito che tale principio non può essere invocato per la prima volta in sede di legittimità se la sua verifica richiede un’indagine sui fatti, compito esclusivo dei giudici di merito.

I Fatti del Caso: Occupazione Abusiva e Condanna

La vicenda processuale ha origine dalla condanna di due persone per il reato di occupazione abusiva di un appartamento di proprietà dell’Istituto Autonomo Case Popolari. La sentenza, emessa dal Tribunale e successivamente confermata dalla Corte di Appello, prevedeva una pena di otto mesi di reclusione e 400 euro di multa per ciascun imputato.

Contro la decisione di secondo grado, la difesa ha proposto ricorso per cassazione, sollevando diverse questioni di legittimità, tra cui la violazione del principio del ne bis in idem.

I Motivi del Ricorso e il principio del ne bis in idem

Il difensore degli imputati ha articolato il ricorso su quattro punti principali:

1. Nullità della notifica: Un errore formale nella comunicazione della data di deposito della sentenza d’appello.
2. Mancata applicazione della particolare tenuità del fatto: La difesa riteneva che il reato dovesse essere considerato non punibile ai sensi dell’art. 131-bis c.p.
3. Errata applicazione della pena: Si sosteneva l’applicazione di una norma più severa, entrata in vigore dopo l’inizio dell’occupazione.
4. Violazione del ne bis in idem: Il punto cruciale del ricorso. Uno degli imputati sosteneva di essere già stato condannato con sentenza definitiva per l’occupazione dello stesso immobile per un periodo parzialmente coincidente.

La Decisione della Corte: Inammissibilità del Ricorso

La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le censure mosse dalla difesa. In particolare, ha offerto un’importante delucidazione sui limiti processuali per far valere il divieto di doppio giudizio.

I giudici hanno stabilito che l’eccezione di ne bis in idem è preclusa se sollevata per la prima volta in Cassazione quando la sua valutazione implica un ‘apprezzamento di merito’. Verificare se il fatto storico-naturalistico dei due procedimenti sia identico (coincidenza della condotta, del luogo e del periodo) è un’indagine fattuale che non rientra nei poteri della Corte di Cassazione, la quale si limita a un controllo di legittimità sulla corretta applicazione della legge.

Per quanto riguarda gli altri motivi, la Corte ha osservato che:
– L’errore nella notifica non aveva causato alcun pregiudizio al diritto di difesa, essendo stato il ricorso proposto tempestivamente.
– La ‘particolare tenuità del fatto’ era stata correttamente esclusa a causa della reiterazione e abitualità della condotta, condizioni ostative previste dalla legge.
– La pena era stata correttamente determinata sulla base della normativa vigente al momento dell’accertamento del reato (giugno 2019), trattandosi di un reato a condotta permanente.

Le Motivazioni della Sentenza

La motivazione della Corte si fonda su un consolidato orientamento giurisprudenziale. Il principio del ne bis in idem sostanziale, per essere valutato, richiede una comparazione tra le condotte concrete oggetto dei due giudizi. Questo tipo di accertamento, che implica l’analisi di documenti e prove fattuali, esula dal perimetro del giudizio di legittimità. La Cassazione non può trasformarsi in un terzo grado di merito, ma deve limitarsi a verificare la corretta interpretazione e applicazione delle norme procedurali e sostanziali da parte dei giudici dei gradi precedenti. Pertanto, un’eccezione che richiede un’indagine sulla ‘medesimezza del fatto’ deve essere sollevata nei gradi di merito (primo grado o appello) o, in alternativa, davanti al giudice dell’esecuzione.

Le Conclusioni

Questa sentenza ribadisce un punto fermo della procedura penale: la distinzione netta tra giudizio di merito e giudizio di legittimità. Il principio del ne bis in idem, pur essendo fondamentale, non può essere utilizzato come espediente per introdurre accertamenti di fatto per la prima volta in Cassazione. La decisione sottolinea l’importanza per le difese di sollevare tempestivamente tutte le questioni, specialmente quelle che richiedono una valutazione fattuale, nei gradi di merito, pena la loro inammissibilità nel giudizio finale davanti alla Suprema Corte.

È possibile sollevare per la prima volta in Cassazione una violazione del principio ne bis in idem?
No, non è possibile se la verifica della violazione richiede un accertamento sui fatti. La Corte di Cassazione ha chiarito che l’identità del ‘fatto storico-naturalistico’, necessaria per applicare il principio, implica un’analisi di merito preclusa nel giudizio di legittimità. Tale questione deve essere sollevata nei gradi di merito o dinanzi al giudice dell’esecuzione.

Perché è stata esclusa la causa di non punibilità per particolare tenuità del fatto?
La Corte territoriale ha escluso l’applicazione dell’art. 131-bis c.p. a causa della ‘reiterazione delle condotte di occupazione’ e della ‘abitualità del comportamento’. Queste circostanze sono considerate dalla legge come ostative al riconoscimento della particolare tenuità del fatto, e la Cassazione ha ritenuto tale motivazione immune da vizi logici.

Come si determina la legge applicabile in un reato permanente se la norma cambia nel tempo?
Nel caso di un reato permanente come l’occupazione abusiva, la condotta illecita perdura nel tempo. La Corte ha specificato che si applica la legge in vigore al momento dell’accertamento del reato, poiché la condotta era ancora in corso. Nel caso specifico, il reato è stato accertato il 13 giugno 2019, quando era già in vigore la nuova e più severa normativa.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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