Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 5722 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 5722 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 16/01/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a ERICE il 11/02/1977
NOME COGNOME nata a ERICE il 20/07/1979
avverso la sentenza del 25/10/2023 della CORTE di APPELLO di PALERMO
Esaminati gli atti, il provvedimento impugnato e i ricorsi; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la requisitoria del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
lette le conclusioni del difensore degli imputati, Avv. NOME COGNOME del foro di Trapani, che ha chiesto l’annullamento, con o senza rinvio, della sentenza impugnata.
CONSIDERATO IN FATTO
Con sentenza del 25/10/2023 la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale di Trapani emessa il 22/06/2022 con la quale gli imputati appellanti NOME COGNOME e NOME COGNOME erano stati condannati alla pena di mesi otto di reclusione ed euro 400,00 di multa ciascuno, perché ritenuti responsabili, in concorso tra loro, del reato di cui agli artt. 633 e 639-bis cod. pen. (arbitrari occupazione di un appartamento in Erice, di proprietà dello I.A.C.P. di Trapani).
Avverso la sentenza di appello propone ricorso per cassazione il comune difensore di fiducia e procuratore speciale degli imputati, con un unico atto, eccependo:
la nullità dell’avviso di deposito, notificato con l’erronea indicazione della data della sentenza di appello e del giorno in cui era stata depositata la motivazione;
il vizio di motivazione circa l’esclusione della causa di non punibilità di cui all’art. 131-bis cod. pen.;
la violazione di legge (artt. 546, comma 1, lett. e, 123 cod. proc. pen., 44 disp. att. cod. proc. pen., 133 cod. pen.) in ordine all’applicazione della pena, in quanto l’occupazione dell’alloggio popolare risaliva al mese di gennaio 2018, con conseguente irrogazione della sola pena pecuniaria, non applicandosi le modifiche apportate dall’art. 30, comma 1, d.l. 113/2018, convertito in I. n. 132/2018;
la violazione di legge (art. 649 cod. pen.), attesa la precedente condanna di NOME COGNOME per l’occupazione abusiva del medesimo alloggio, per il periodo compreso fra il 19 gennaio 2018, con condotta in corso, da intendersi fino alla pronuncia della sentenza di primo grado, emessa dal Tribunale di Trapani il 06/10/2021.
RITENUTO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché basato su motivi non consentiti e, comunque, privi della specificità necessaria ex artt. 581, comma 1, e 591, comma 1, lett. c), cod. proc. pen.
Circa il primo motivo, l’avviso di deposito della motivazione della sentenza al difensore, previsto dall’art. 548, comma 2, cod. proc. pen. è funzionale all’esercizio del diritto di impugnazione; nel caso in esame, il ricorso per cassazione è stato tempestivamente proposto, nonostante gli errori riscontrati sull’avviso, sicché non si è verificato alcun pregiudizio del diritto di difesa degli imputati, quali, pertanto, sono privi di interesse a far valere eventuali vizi dell’atto.
In ogni caso, il difensore non deduce vizi dell’avviso di deposito che incidano sul provvedimento impugnato, in maniera tale da determinarne la nullità.
2.1. Con motivazione immune da vizi logici, la corte territoriale ha escluso la tenuità del fatto, in ragione della reiterazione delle condotte di occupazione, e, dunque, della abitualità del comportamento, circostanza ritenuta ostativa al riconoscimento della causa di non punibilità, in conformità al dettato dell’art. 131bis cod. pen. (secondo motivo).
2.2. Per quanto attiene all’applicazione della pena congiunta, introdotta dal d.l. n. 113/2018, anziché della previgente pena pecuniaria più favorevole, correttamente la Corte di appello ha evidenziato che l’occupazione è stata
contestata ed accertata “il 13 giugno 2019, con condotta permanente”, quando già era in vigore il testo novellato dell’art. 633 cod. pen.
Il terzo motivo, quindi, è reiterativo e privo di confronto critico con le argomentazioni della sentenza impugnata.
2.3. Con l’ultimo motivo di ricorso si sostiene che il Papa è stato già condannato con precedente sentenza definitiva per l’occupazione di alloggio popolare sito in Erice al civico INDIRIZZO di INDIRIZZO per un periodo in parte coincidente con quello oggetto del presente procedimento a suo carico, con conseguente violazione del principio del ne bis in idem.
Il motivo è precluso per effetto della mancata devoluzione in appello.
Invero, questa Corte, con indirizzo maggioritario che il Collegio condivide, ritiene che non è deducibile per la prima volta davanti alla Corte di Cassazione la violazione del divieto del ne bis in idem sostanziale, in quanto l’accertamento relativo alla identità del fatto oggetto dei due diversi procedimenti, intesa come coincidenza di tutte le componenti della fattispecie concreta, implica un apprezzamento di merito, né è consentito alle parti produrre in sede di legittimità documenti concernenti elementi fattuali (così, Sez. 2, n. 18559 del 13/03/2019, COGNOME, Rv. 276122; nello stesso senso, Sez. 7, n. 41572 del 13/09/2016, COGNOME, Rv. 268282).
Anche le pronunzie annoverate nel contrario orientamento, pur sostenendo la deducibilità nel giudizio di cassazione della preclusione derivante dal giudicato formatosi sul medesimo fatto, atteso che la violazione del divieto del bis in idem si risolve in un error in procedendo, pongono in luce la necessità che la decisione della relativa questione non comporti la necessità di accertamenti di fatto, nel qual caso la stessa deve essere proposta al giudice dell’esecuzione (Sez. 6, n. 29188 del 15/05/2024, B., Rv. 286759; Sez. 2, n. 21462 del 20/03/2019, Manco, Rv. uz.z, 276532; v n.5772 del 10/01/2019, Percontra, Rv. 276319; Sez. 6, n. 598 del 05/12/2017, dep. 2018, B, Rv. 271764).
La giurisprudenza di legittimità è, dunque, concorde nel ritenere che anche in tema di bis in idem, in ragione della peculiarità del sindacato riservato alla Corte di Cassazione, sia preclusa la possibilità di esaminare l’eccezione ivi proposta per la prima volta laddove la verifica circa l’identità del fatto richieda apprezzamenti di merito.
Si è anche precisato (Sez. 2, n. 6179 del 15/01/2021, Pane, Rv. 280648, in motivazione) che la declinazione del ne bis in idem alla luce dei consolidati approdi della giurisprudenza costituzionale (sent. 200/2016), di legittimità (per tutte,Sez. U. n. 34655 del 28/06/2005, (Rv . 231799) e convenzionale postula COGNOME, l’apprezzamento della dimensione storico-naturalistica del fatto; in particolare, ai fini della delibazione preclusiva, è richiesta al giudice una valutazione
dell’accadimento materiale che, quantunque selezionato secondo criteri normativi, prescinde dall’inquadramento giuridico che ne è stato dato, in conformità alle pronunzie della CEDU che -alla luce dell’art. 4 del Prot. 7- impongono di interpretare la medesimezza del fatto alla stregua delle concrete circostanze di fatto e spazio-temporali che caratterizzano la condotta, negando fondamento alla tesi che valorizza l’identità della fattispecie astratta contestata (Grande Camera, 10 febbraio 2009, NOME contro Russia; in tal senso, Sez. 4, n. 3315 del 06/12/2016, COGNOME, Rv. 269223).
Nel caso in esame, il giudizio richiesto ha una componente squisitamente fattuale che esula dal perimetro del sindacato di legittimità, trattandosi di esaminare le modalità in concreto della condotta (periodo di occupazione abusiva, coincidenza degli alloggi, peculiarità in fatto delle due fattispecie).
Alla dichiarazione di inammissibilità dei ricorsi consegue la condanna dei ricorrenti al pagamento delle spese processuali ed al versamento a favore della Cassa delle Ammende, non emergendo ragioni di esonero, della somma ritenuta equa di C 3.000,00 a titolo di sanzione pecuniaria.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle Ammende.
Così deciso in Roma il 16/01/2025
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