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Ne bis in idem: quando non si applica nel reato

La Cassazione ha dichiarato inammissibile un ricorso basato sul principio del ne bis in idem, chiarendo che lo stesso fatto può essere usato sia per escludere l’ipotesi di reato di lieve entità sia per determinare la pena, in quanto si tratta di valutazioni relative a istituti giuridici diversi e autonomi.

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Pubblicato il 3 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ne bis in idem: quando lo stesso fatto può essere valutato due volte

Il principio del ne bis in idem, che vieta di processare una persona due volte per lo stesso fatto, è un cardine del nostro ordinamento giuridico. Tuttavia, la sua applicazione non è sempre assoluta. Con l’ordinanza n. 8408/2024, la Corte di Cassazione ha fornito un importante chiarimento: uno stesso elemento fattuale può essere legittimamente utilizzato dal giudice per compiere valutazioni distinte relative a istituti giuridici diversi, senza che ciò costituisca una violazione di tale principio. Analizziamo insieme questa decisione.

I fatti del processo

Il caso nasce dal ricorso di un imputato, condannato in primo grado e in appello per un reato previsto dalla legge sugli stupefacenti (art. 73 D.P.R. 309/90). La difesa ha presentato ricorso in Cassazione lamentando la violazione di un principio fondamentale, quello del ne bis in idem, noto anche come divieto di doppio giudizio.

Il motivo del ricorso: la presunta violazione del ne bis in idem

Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello aveva commesso un errore valutando gli stessi elementi di fatto per due finalità diverse, penalizzandolo due volte. Nello specifico, i giudici avrebbero utilizzato le medesime circostanze fattuali:

1. Una prima volta, per escludere che il reato potesse essere qualificato come di ‘lieve entità’ ai sensi dell’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti.
2. Una seconda volta, per negare una riduzione del trattamento sanzionatorio, ovvero per stabilire una pena più severa basandosi sui criteri dell’art. 133 del codice penale.

Questa doppia valutazione, secondo la tesi difensiva, avrebbe integrato una violazione del principio sostanziale del ne bis in idem.

Le motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha respinto la tesi difensiva, dichiarando il ricorso ‘manifestamente infondato’ e quindi inammissibile. I giudici hanno spiegato che nel caso di specie non si è verificata alcuna violazione del principio invocato.

La Corte territoriale ha agito correttamente, utilizzando i parametri normativi in modo distinto e appropriato per ciascun istituto giuridico. La valutazione per stabilire la configurabilità dell’ipotesi lieve del reato (art. 73, comma 5) e quella per la determinazione della pena (art. 133 c.p.) sono due momenti separati e concettualmente autonomi, anche se possono basarsi sugli stessi elementi di fatto. Si tratta di giudizi che rispondono a finalità diverse: il primo qualifica la gravità oggettiva del reato, mentre il secondo personalizza la sanzione in base alla colpevolezza e alla pericolosità sociale del reo.

La Cassazione ha inoltre richiamato un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il principio del ne bis in idem non preclude la possibilità di utilizzare lo stesso fattore per giustificare scelte relative a istituti giuridici diversi. Non vi è, quindi, una duplicazione della punizione, ma una coerente applicazione di differenti norme a uno stesso quadro fattuale.

Le conclusioni: implicazioni pratiche

Questa ordinanza ribadisce un punto cruciale nella prassi giudiziaria: la polivalenza degli elementi di fatto. Un singolo aspetto della condotta di un imputato può essere rilevante sotto diversi profili giuridici senza che ciò comporti una duplicazione di giudizio. La decisione conferma che il giudice può legittimamente considerare, ad esempio, la quantità di stupefacente sia per escludere la lieve entità del fatto, sia come elemento per calibrare la pena finale. Questa distinzione è fondamentale per garantire che la risposta sanzionatoria sia allo stesso tempo conforme alla legge e adeguata al caso concreto.

Si viola il principio del ne bis in idem se lo stesso elemento di fatto viene usato sia per escludere la lieve entità del reato sia per negare una riduzione della pena?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che non si configura alcuna violazione del principio del ne bis in idem, poiché si tratta di valutazioni relative a istituti giuridici diversi e autonomi.

Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione sul ricorso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché manifestamente infondato, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

È possibile utilizzare lo stesso fattore più volte per giustificare scelte relative a istituti giuridici diversi?
Sì, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale citato nella decisione, il principio del ne bis in idem sostanziale non preclude la possibilità di utilizzare più volte lo stesso fattore per giustificare scelte relative a istituti giuridici diversi.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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