Ne bis in idem: quando lo stesso fatto può essere valutato due volte
Il principio del ne bis in idem, che vieta di processare una persona due volte per lo stesso fatto, è un cardine del nostro ordinamento giuridico. Tuttavia, la sua applicazione non è sempre assoluta. Con l’ordinanza n. 8408/2024, la Corte di Cassazione ha fornito un importante chiarimento: uno stesso elemento fattuale può essere legittimamente utilizzato dal giudice per compiere valutazioni distinte relative a istituti giuridici diversi, senza che ciò costituisca una violazione di tale principio. Analizziamo insieme questa decisione.
I fatti del processo
Il caso nasce dal ricorso di un imputato, condannato in primo grado e in appello per un reato previsto dalla legge sugli stupefacenti (art. 73 D.P.R. 309/90). La difesa ha presentato ricorso in Cassazione lamentando la violazione di un principio fondamentale, quello del ne bis in idem, noto anche come divieto di doppio giudizio.
Il motivo del ricorso: la presunta violazione del ne bis in idem
Secondo il ricorrente, la Corte d’Appello aveva commesso un errore valutando gli stessi elementi di fatto per due finalità diverse, penalizzandolo due volte. Nello specifico, i giudici avrebbero utilizzato le medesime circostanze fattuali:
1. Una prima volta, per escludere che il reato potesse essere qualificato come di ‘lieve entità’ ai sensi dell’art. 73, comma 5, del Testo Unico Stupefacenti.
2. Una seconda volta, per negare una riduzione del trattamento sanzionatorio, ovvero per stabilire una pena più severa basandosi sui criteri dell’art. 133 del codice penale.
Questa doppia valutazione, secondo la tesi difensiva, avrebbe integrato una violazione del principio sostanziale del ne bis in idem.
Le motivazioni della Corte di Cassazione
La Suprema Corte ha respinto la tesi difensiva, dichiarando il ricorso ‘manifestamente infondato’ e quindi inammissibile. I giudici hanno spiegato che nel caso di specie non si è verificata alcuna violazione del principio invocato.
La Corte territoriale ha agito correttamente, utilizzando i parametri normativi in modo distinto e appropriato per ciascun istituto giuridico. La valutazione per stabilire la configurabilità dell’ipotesi lieve del reato (art. 73, comma 5) e quella per la determinazione della pena (art. 133 c.p.) sono due momenti separati e concettualmente autonomi, anche se possono basarsi sugli stessi elementi di fatto. Si tratta di giudizi che rispondono a finalità diverse: il primo qualifica la gravità oggettiva del reato, mentre il secondo personalizza la sanzione in base alla colpevolezza e alla pericolosità sociale del reo.
La Cassazione ha inoltre richiamato un consolidato orientamento giurisprudenziale secondo cui il principio del ne bis in idem non preclude la possibilità di utilizzare lo stesso fattore per giustificare scelte relative a istituti giuridici diversi. Non vi è, quindi, una duplicazione della punizione, ma una coerente applicazione di differenti norme a uno stesso quadro fattuale.
Le conclusioni: implicazioni pratiche
Questa ordinanza ribadisce un punto cruciale nella prassi giudiziaria: la polivalenza degli elementi di fatto. Un singolo aspetto della condotta di un imputato può essere rilevante sotto diversi profili giuridici senza che ciò comporti una duplicazione di giudizio. La decisione conferma che il giudice può legittimamente considerare, ad esempio, la quantità di stupefacente sia per escludere la lieve entità del fatto, sia come elemento per calibrare la pena finale. Questa distinzione è fondamentale per garantire che la risposta sanzionatoria sia allo stesso tempo conforme alla legge e adeguata al caso concreto.
Si viola il principio del ne bis in idem se lo stesso elemento di fatto viene usato sia per escludere la lieve entità del reato sia per negare una riduzione della pena?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che non si configura alcuna violazione del principio del ne bis in idem, poiché si tratta di valutazioni relative a istituti giuridici diversi e autonomi.
Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione sul ricorso?
La Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile perché manifestamente infondato, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.
È possibile utilizzare lo stesso fattore più volte per giustificare scelte relative a istituti giuridici diversi?
Sì, secondo un consolidato orientamento giurisprudenziale citato nella decisione, il principio del ne bis in idem sostanziale non preclude la possibilità di utilizzare più volte lo stesso fattore per giustificare scelte relative a istituti giuridici diversi.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8408 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8408 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 23/11/2023
ORDINANZA
sul ricorso proposto da: RAGIONE_SOCIALE COGNOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 04/10/2022 della CORTE APPELLO di PALERMO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
MOTIVI DELLA DECISIONE
NOME ricorre avverso la sentenza, in eDigrafe indicata, della Corte di appello di Palermo che ha confermato la pronuncia di condanna, resa in esito a giudizio abbreviato dal Tribunale di Termini Imerese per il reato di cui agli artt. 110 e 73 d.P.R. 9 ottobre 1990.
Ritenuto che l’unico motivo sollevato (violazione del principio del ne bis in idem sostanziale in relazione al disposto normativo di cui agli artt. 73, comma 5, d.P.R. 309/90 e 133 cod. pen., per avere la Corte territoriale considerato gli stessi elementi di fatto due volte: una, al fine di escludere la lieve entità del fatto; l’altra, al fine di negare la richiesta riduzione del trattamento sanzionatorio) è manifestamente infondato;
Considerato che la doglianza proposta è priva di pregio, atteso che non si dà, nel caso di specie, alcuna ipotesi di bis in idem: la Corte territoriale, nell’escludere la configurabilità dell’art. 73, comma 5, d.P.R. 309/90 ha correttamente fatto riferimento agli elementi di valutazione stabiliti da detta norma, allo stesso modo in cui, con riguardo alla determinazione della pena, ha tenuto in conto i criteri di cui all’art. 133 cod. pen. Per consolidato orientamento giurisprudenziale, peraltro, il principio del ne bis in idem sostanziale non preclude la possibilità di utilizzare più volte lo stesso fattore per giustificare scelte relative ad istituti giuridici diversi (Sez. 6, n. 57565 del 15/11/2018, COGNOME NOME, Rv. 274783).
Rilevato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 23 novembre 2023 Il Consigliere estensore COGNOME
Il Pre idente