Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 35326 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 3 Num. 35326 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 23/04/2024
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SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME, nato a Roma il DATA_NASCITA;
avverso l’ordinanza del 30-11-2023 del Tribunale di Caltanissetta;
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona dell’AVV_NOTAIO, che ha concluso per l’annullamento con rinvio del provvedimento impugnato;
udito l’AVV_NOTAIO, difensore di fiducia dell’indagato, il qual insistito nell’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 30 ottobre 2023, il G.I.P. del Tribunale di Caltanisset rigettava la richiesta di applicazione di misure personali e reali avanza confronti di 21 persone, tra cui NOME COGNOME, indagate a vario titolo dei di associazione a delinquere, di truffa aggravata e del reato di cui all’art bis del d. Igs. n. 81 del 2015. Il G.I.P., in particolare, escludeva la gravità i rispetto al reato associativo, riteneva configurabile, quanto ai capi 3, 5, 9, 16, 18, 20, 22, 24 e 26, il reato ex art. 38 bis del d. Igs. n. 81 del 2015, per il quale non era stata avanzata alcuna richiesta cautelare, trattandosi di fatti contravvenzionali, e, quanto ai capi 2, 4, 6, 7, 8, 10, 12, 13, 15, 17, 19, 25, il G.I.P. riteneva configurabile non il delitto di truffa aggravata, ma qu indebita compensazione, da considerarsi speciale, e rigettava la richi cautelare, in base al rilievo secondo cui le risultanze delle verifiche fiscali in capo alle imprese appaltatrici avevano già formato oggetto di denuncia pres le rispettive sedi giudiziarie, integrando ciò un ne bis in idem cautelare.
Con ordinanza del 30 novembre 2023, il Tribunale del Riesame di Caltanissetta, in parziale accoglimento dell’appello cautelare proposto dal P applicava nei confronti di COGNOME la misura interdittiva del divieto temporan esercitare l’attività di impresa e di rivestire uffici direttivi delle persone per la durata di mesi 6, in relazione ai delitti di cui ai capi 4, 8 e 1 riqualificazione della condotta nel reato ex art. 10 quater del d. Igs. n. 74 del 2000.
Avverso l’ordinanza del Tribunale nisseno, COGNOME, tramite il suo difenso di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando due motivi.
3.1. Con il primo, è stata eccepita la violazione del ne bis in idem cautelare, rilevandosi che, come era stato già osservato dal G.I.P., in relazione a tu operazioni di compensazione per cui si procede, è stata già esercitata l’az penale in altre sedi giudiziarie, non avendo il P.M. fornito alcun dato certo, in del quale possa escludersi una duplicazione del presente procedimento.
Il Tribunale del riesame, aderendo in maniera illogica alla prospettazi accusatoria, quanto alla posizione dell’odierno ricorrente, avrebbe omesso considerare l’esistenza (prima presso la Procura della Repubblica di Roma e p presso la Procura di Torino dove il fascicolo fu trasmesso per competenza) d procedimento penale R.G.N.R. n. 16240/2022 iscritto a carico di «COGNOME NOME RAGIONE_SOCIALE», evincendosi dai capi di incolpazione provvisoria che NOME COGNOME sar stato legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE sRAGIONE_SOCIALE dal 16 gennaio 2019 gennaio 2020 e dal 31 agosto 2020 alla data odierna, per cui tale circosta indurrebbe a ritenere che tra i citati «RAGIONE_SOCIALE» co-indagati vi sia anche COGNOME, che è stato anch’egli legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE
3.2. Con il secondo motivo, oggetto di doglianza è il giudizio sulla sussisten delle esigenze cautelari, rilevandosi che il Tribunale avrebbe travisato i fat cui si procede, ritenendo che le condotte ascritte a COGNOME siano s caratterizzate da ripetitività, abitualità, sistematicità e metodicità, non e stato considerato che il ricorrente ha ricoperto la carica di amministrazione d RAGIONE_SOCIALE soltanto dal 26 marzo al 31 agosto 2020, ossia per il limi periodo di cinque mesi. Tale dato, unitamente alla condizione di incensurato COGNOME COGNOME al fatto che il medesimo attualmente non ricopre più cariche inere un’attività di impresa, avrebbero dovuto indurre il Tribunale del riesame a rite insussistente un concreto e attuale pericolo di reiterazione del reato, tanto pi si consideri che le condotte di cui all’incolpazione provvisoria sarebbero s commesse nel 2020, ossia quasi quattro anni prima dell’adozione della misura.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
1. Iniziando dal primo motivo, occorre premettere che, secondo la costante e condivisa affermazione di questa Corte (cfr. Sez. 5, n. 18020 del 10/02/202 Rv. 283371 e Sez. 2, n. 292 del 04/12/2013, dep. 2014, Rv. 257992), ai fi dell’applicazione del principio del ne bis in idem, principio operante anche in materia cautelare (in tal senso, cfr. Sez. Un., n. 11 del 01/07/1992, Rv. 1911 l’identità del fatto è configurabile solo ove le condotte siano caratterizzate medesime condizioni di tempo, di luogo e di persone, sicché costituisce fat diverso quello che, pur violando la stessa norma e integrando gli estremi d medesimo reato, rappresenti ulteriore estrinsecazione dell’attività delittu distinta nello spazio e nel tempo da quella pregressa.
In applicazione di tale principio, correttamente il Tribunale del Riesame ha esclu l’operatività nel caso in esame del “ne bis in idem”, evidenziando che le fattispecie delittuose poste al vaglio dei Tribunali di Terni e di Torino riguardavano fatti s completamente distinti innanzitutto dal punto di vista oggettivo, essen accomunati da quelli per cui si procede unicamente dalla finalità di frodare il Fi In particolare, quanto al procedimento penale n. 24781/2019 R.G.N.R., pendente presso la Procura della Repubblica di Torino (in cui è confluito il procedimento 16240/2022 R.G.N.R. inizialmente pendente a Roma), è stato evidenziato, in replica all’eccezione difensiva, che alcuni degli indagati sono sì chiama rispondere di plurimi delitti di indebita compensazione, ma questi ultimi attengo a distinte compensazioni, effettuate a vantaggio di imprese beneficiarie differe rispetto a quelle nissene coinvolte nei fatti di causa (pag. 9-10 dell’ordi impugnata), a nulla rilevando la parziale coincidenza soggettiva di taluni indag
Con le pertinenti considerazioni del Tribunale, il ricorso non si confr adeguatamente, per cui la doglianza difensiva va senz’altro disattesa.
La medesima conclusione si impone rispetto al secondo motivo. Premesso che nel caso di specie di specie non è controversa la valutazione circ gravi indizi di colpevolezza a carico del ricorrente, deve rilevarsi che, rispetto al giudizio circa la ritenuta persistenza delle esigenze cautel provvedimento impugnato non presenta vizi di legittimità rilevabili in questa sed Ed invero al riguardo il Tribunale del Riesame ha valorizzato, da un lato, la gra delle condotte, finalizzate ad aggirare la legittima pretesa dell’Erario al pagam dei tributi, e, dall’altro, il coinvolgimento dell’indagato anche in RAGIONE_SOCIALE proce penali radicati presso altre Autorità giudiziarie, ciò a riprova dell’inclinaz delinquere di COGNOMECOGNOME non essendo dirimente in senso contrario la durata (br ma non brevissima) dell’incarico di legale rappresentante della RAGIONE_SOCIALE
2.1. Orbene, in quanto sorretto da considerazioni non manifestamente illogiche, il giudizio circa la persistenza delle esigenze cautelari non presta il alle doglianze difensive, che invero sollecitano sul punto sostanzialmente differ valutazioni di merito, che tuttavia non possono trovare ingresso in sede legittimità, dovendosi ribadire in tal senso la costante affermazione di questa C (cfr. ex multis Sez. 4, n. 18795 del 02/03/2017, Rv. 269884), secondo cui il ricorso per cassazione in tema di impugnazione delle misure cautelari personali ammissibile soltanto se denuncia la violazione di specifiche norme di legge, ovve la manifesta illogicità della motivazione del provvedimento secondo i canoni dell logica e i principi di diritto, ma non anche quando propone censure che riguardi la ricostruzione dei fatti ovvero, come nella vicenda in esame, si risolvano in diversa valutazione delle circostanze esaminate dal giudice di merito.
Alla stregua di tali considerazioni, il ricorso proposto nell’interes COGNOME deve essere quindi rigettato, con conseguente condanna del ricorrente pagamento delle spese processuali, ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua Manda alla Cancelleria per gli adempimenti di cui all’art. 28 reg. esec. cod. p pen.
Così deciso il 23/04/2024.