Ne bis in idem: La Cassazione chiarisce i limiti del divieto di doppio processo
Il principio del ne bis in idem, che vieta di sottoporre a processo una persona per due volte per lo stesso fatto, è un pilastro del nostro ordinamento giuridico. Tuttavia, la sua applicazione non è sempre automatica e richiede un’attenta valutazione del ‘medesimo fatto’. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha offerto un importante chiarimento su questo tema, in un caso relativo a omessi versamenti di contributi previdenziali.
I Fatti del Processo
Il caso ha origine dalla condanna di un soggetto per il reato di omesso versamento di contributi (previsto dall’art. 2, comma 1 bis, del D.L. 463/1983). La condanna, emessa dal Tribunale e confermata in Appello, prevedeva una pena di 6 mesi di reclusione e 400 euro di multa, con sospensione condizionale.
L’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, basandolo su un unico motivo: la violazione del principio del ne bis in idem. A suo dire, era già stato condannato per lo stesso reato con una precedente sentenza, e quindi non poteva essere processato di nuovo.
La Questione Giuridica e l’Applicazione del Ne bis in idem
Il cuore della questione legale ruotava attorno all’interpretazione dell’articolo 649 del codice di procedura penale. Questo articolo stabilisce che un imputato prosciolto o condannato con una sentenza o un decreto penale divenuti irrevocabili non può essere nuovamente sottoposto a procedimento penale per il medesimo fatto. La difesa sosteneva che il nuovo processo violasse tale divieto.
La Corte di Cassazione, tuttavia, ha dovuto stabilire se l’omissione contributiva oggetto del nuovo processo costituisse effettivamente il ‘medesimo fatto’ di quello già giudicato.
Le Motivazioni della Cassazione
La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso ‘manifestamente infondato’ e, di conseguenza, inammissibile. La motivazione è chiara e netta: il principio del ne bis in idem non era applicabile perché i fatti dei due procedimenti erano diversi.
La Corte ha spiegato che, dopo aver acquisito il fascicolo del precedente procedimento penale, è emerso in modo inequivocabile che la prima condanna riguardava l’omesso versamento di contributi relativi a mensilità e annualità completamente diverse da quelle contestate nel secondo processo. Sebbene il tipo di reato fosse lo stesso, le condotte materialmente contestate erano distinte e separate nel tempo.
In altre parole, l’aver commesso lo stesso tipo di violazione in periodi differenti non integra il ‘medesimo fatto’ richiesto dalla legge per l’applicazione del divieto di doppio processo. Ogni omissione periodica costituisce un reato autonomo, che può essere perseguito separatamente.
Le Conclusioni
L’ordinanza si conclude con la dichiarazione di inammissibilità del ricorso. In base all’articolo 616 del codice di procedura penale, questa decisione comporta due conseguenze per il ricorrente: la condanna al pagamento delle spese processuali e il versamento di una somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
La decisione riafferma un principio cruciale: la ripetizione di un reato nel tempo non crea una ‘fusione’ dei fatti ai fini del ne bis in idem. Ogni episodio illecito, se temporalmente e fattualmente distinto, può e deve essere giudicato autonomamente. Questo è particolarmente rilevante per i reati omissivi a carattere periodico, come l’omesso versamento di contributi o di imposte, dove ogni scadenza non rispettata può dare origine a un nuovo procedimento penale.
Posso essere processato due volte per lo stesso tipo di reato, ad esempio l’omissione di contributi?
Sì, se i fatti sono concretamente diversi. La Corte ha specificato che il principio del ne bis in idem si applica al ‘medesimo fatto’, non alla stessa tipologia di reato. Omettere il versamento di contributi in mesi o anni diversi costituisce fatti distinti, ciascuno dei quali può essere processato separatamente.
Cosa significa quando la Cassazione dichiara un ricorso ‘inammissibile’?
Significa che il ricorso non viene esaminato nel merito perché ritenuto manifestamente infondato o privo dei requisiti richiesti dalla legge. La conseguenza diretta per chi ha presentato il ricorso è la condanna al pagamento delle spese del procedimento e di una sanzione pecuniaria a favore della Cassa delle ammende.
Come ha fatto la Corte a stabilire che i fatti dei due processi erano diversi?
La Corte ha accertato la diversità dei fatti tramite l’acquisizione e l’esame del fascicolo processuale relativo al precedente procedimento penale. Questa verifica ha permesso di confermare che la prima condanna riguardava mensilità e annualità di contributi omessi diverse da quelle oggetto del secondo giudizio.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 35736 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 35736 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 30/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a SPADAFORA il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 10/01/2025 della CORTE APPELLO di MESSINA
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Premesso che è stata impugnata la sentenza della Corte di appello di Messina del 10 gennaio 2025, che ha confermato la decisione resa il 28 febbraio 2024 dal Tribunale della stessa città, con la quale NOME era stato condannato alla pena, condizionalmente sospesa, di mesi 6 di reclusione ed euro 400 di multa, in quanto ritenuto colpevole del reato di cui all’ar comma 1 bis, del decreto legge n. 463 del 1983; fatto accertato il 17 aprile 2018 in Messina.
Letta la memoria del 19 maggio 2025, con la quale l’AVV_NOTAIO, difensore di fiducia dell’imputato, ha insistito per l’accoglimento del ricorso.
Osservato che l’unico motivo di ricorso, con il quale si censura la violazione del principio del ne bis in idem ex art. 649 cod. proc. pen., è manifestamente infondato, in quanto riproduttivo di un tema già affrontato dalla Corte territoriale, la quale, nel disattendere l’eccezione difensiva rimarcato, all’esito di una valutazione di merito non suscettibile di essere messa in discussion in questa sede, anche perché non adeguatamente smentita, che il precedente giudicato gravante sull’imputato (sentenza del Tribunale di Messina del 16 giugno 2022) verteva su altri fatti, ovve sull’omesso versamento di contributi relativi a mensilità e annualità diverse, come è stat accertato tramite l’acquisizione del fascicolo processuale riferito al diverso procedimento penal
Considerato, pertanto, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile e rilevato che al declaratoria dell’inammissibilità consegue, a norma dell’art. 616 cod. proc. pen., l’onere d pagamento delle spese del procedimento, nonché quello del versamento della somma, in favore della Cassa delle ammende, equitativamente fissata in tremila euro.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso in Roma il 30 maggio 2025.