Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 6543 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 1 Num. 6543 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 06/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME nato in Romania il 08/03/1990;
avverso la ordinanza del Tribunale di Pisa, in funzione di giudice dell’esecuzione, del 29/07/2024;
visti gli atti, il provvedimento impugnato ed il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del Pubblico ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la ordinanza in epigrafe il Tribunale di Pisa, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha respinto la richiesta avanzata nell’interesse di NOME e diretta ad ottenere la revoca – per violazione del principio del ‘ne bis in idem’ della sentenza emessa dal medesimo Tribunale il giorno 24 aprile 2018 (divenuta irrevocabile il 18 febbraio 2022), GLYPH sul presupposto dell’avvenuta condanna per il medesimo fatto di reato con la sentenza pronunciata sempre dal Tribunale di Pisa in data 22 gennaio 2021 (irrevocabile il 4 aprile 2022).
Il giudice dell’esecuzione ha respinto la domanda in oggetto sulla base dell’assenza di identità del fatto reato, inteso in senso storico-naturalistico, dato che il fatto giudicato con la sentenza del 24 aprile 2018 è stato commesso il giorno 10 giugno 2016, mentre i fatti giudicati con la sentenza pronunciata il 22 gennaio 2021 sono stati commessi il 31 maggio 2016, 3 giugno 2016, 4 giugno 2016 ed il 5 giugno 2016. In particolare, il riferimento al furto commesso il 10 giugno 2016 contenuto nella sentenza del 2021 si spiegava perché effettuato dal giudice della cognizione al fine di riconoscere il vincolo della continuazione tra i fatti oggetto delle due sentenze e determinare, così, un trattamento sanzionatorio più favorevole al reo.
Avverso la predetta ordinanza il condannato, per mezzo dell’avv. NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, di seguito riprodotti nei limiti di cui all’art. 173 disp. att. cod. proc. pen., insistendo per suo annullamento.
2.1. Con il primo motivo il ricorrente lamenta, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., l’erronea applicazione degli artt. 81 cod. pen., 649 e 669 cod. pen.; al riguardo egli osserva che il medesimo furto da lui commesso il giorno 10 giugno 2016 (presso un centro commerciale di Pontedera) è stato giudicato in entrambe le sentenze sopra indicate, con la conseguente violazione del ‘ne bis in idem’.
2.2. Con il secondo motivo NOME deduce, ai sensi dell’art. 606, comma 1, lett. e), cod. proc. pen., la contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione per avere il giudice dell’esecuzione escluso la identità del fatto nonostante abbia ammesso che il Tribunale di Pisa, con la sentenza del 22
gennaio 2021, ha riconosciuto la sussistenza del vincolo della continuazione tra il furto commesso il 10 giugno 2016 e gli altri reati oggetto della imputazione in detto procedimento.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è manifestamente infondato e, pertanto, deve essere dichiarato inammissibile.
Deve ricordarsi che ai fini della preclusione connessa al principio del “ne bis in idem”, l’identità del fatto sussiste solo quando vi sia corrispondenza storiconaturalistica nella configurazione del reato, da considerare in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona. (Sez. 5, n. 32352 del 07/03/2014, Rv. 261937 01).
Ciò posto, va evidenziato che nel caso di specie – come già evidenziato dal giudice dell’esecuzione – il Tribunale di Pisa con la sentenza pronunciata il 22 gennaio 2021 ha riconosciuto la continuazione c.d. ‘esterna’ tra i reati per i quali procedeva (commessi il 31 maggio 2016, 3 giugno 2016, 4 giugno 2016 ed il 5 giugno 2016) e quello consumato il 10 giugno 2016 che è oggetto della condanna pronunciata dal medesimo Tribunale in data 24 aprile 2018. Ne consegue che non vi è stata alcuna violazione del principio del ne bis in idem, ma soltanto l’applicazione della continuazione tra reati giudicati con differenti sentenze, che è cosa ben diversa dal giudicare per due volte lo stesso fatto.
Pertanto, deve essere dichiarata l’inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso in Roma, il 6 febbraio 2025.