Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18089 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18089 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: NOME
Data Udienza: 19/02/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a CATANIA il 29/07/1967 avverso la sentenza del 29/03/2024 della CORTE d’APPELLO di CATANIA visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME letta la memoria del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità del ricorso;
ricorso trattato con contraddittorio scritto ex art. 23, co. 8, d. Igs. 137/
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento è stata confermata la sentenza del Giudice per l’Udienza Preliminare del Tribunale di Catania, pronunciata il maggio 2021, con cui NOME COGNOME è stato ritenuto responsabile del reat di tentata estorsione, unificato con altri episodi separatamente giudicati conseguente condanna alla pena di giustizia.
Avverso la condanna ha presentato ricorso per cassazione la difesa dell’imputato adducendo i seguenti motivi:
violazione di legge (art. 606 lett. b, cod. proc. pen., in relazione all’ cod. pen.) per violazione del divieto di ne bis in idem.
L’imputato era già stato giudicato per la vicenda oggetto del presen processo, cosicché opera la preclusione del divieto di doppio giudizio per stesso fatto di reato, anche se contestato in maniera differente.
violazione di legge – manifesta illogicità della motivazione in ordine quantificazione della pena per effetto della continuazione.
Vi è carenza motivazionale sulla determinazione dell’entità della pen poiché, anche a voler ammettere si tratti (nel caso del reato oggetto presente processo) di un episodio distinto, non sono ostesi e non comprendono i parametri adottati per sanzionarlo, dato il ricorso a frasi di st
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile per manifesta infondatezza e genericità dei du motivi addotti.
In linea generale, occorre ribadire che è destinato cadere sotto la sc della inammissibilità per genericità il motivo che, come nel caso del primo dei d motivi di ricorso, si limiti a ribadire l’argomento difensivo già formula precedenza, senza accenti di novità. In tal caso, infatti, si tratta di un si di argomentazione, un argomento apparente: è del tutto evidente, infatti, che fronte di una sentenza di appello che ha fornito, in conformità alla sentenz primo grado, una risposta ai motivi di gravame, la pedissequa riproduzione di es come motivi di ricorso per cassazione non può essere considerata come critica argomentata rispetto a quanto affermato dalla Corte d’appello. In t evenienza, pertanto, il motivo sarà necessariamente privo dei requisiti di all’art. 581 c.p.p., comma 1, lett. d), che impone la esposizione delle ragio fatto e di diritto a sostegno di ogni richiesta. Ed è quindi inammissibile il r per cassazione fondato su motivi ripetitivi dovendosi gli stessi considerare specifici ma soltanto apparenti, in quanto omettono di assolvere la tip funzione di una critica argomentata avverso la sentenza oggetto di ricorso. (Se 6, n. 20377 del 11/03/2009 COGNOME Rv. 243838 – 01; Sez. 5, n. 28011 del 15/02/2013 COGNOME Rv. 255568 – 01; Sez. 2, n. 11951 del 29/01/2014, Lavorato, Rv. 259425 – 01).
Nel caso specifico, la semplice lettura dei due capi di imputazione, ed particolare, della specifica condotta contestata e del suo contesto tempor (completamente distinti e perciò non sovrapponibili) nonché delle persone offes (due nel caso oggetto del presente processo, uno nel precedente) rend evidente la correttezza della conclusione cui è giunta la sentenza d’appello
e
conformità a quella di primo grado. Infatti, ai fini della preclusione connes principio del ne bis in idem, l’identità del fatto sussiste solo quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerat tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con ri alle circostanze di tempo, di luogo e di persona (Sez. 1, n. 41867 26/06/2024, COGNOME, Rv. 287251 – 01), condizioni all’evidenza insussistenti caso di specie.
Peraltro, costituisce principio consolidato, cui questo Collegio inte conformarsi, che non sia deducibile davanti alla Corte di cassazione la violazi del divieto del ne bis in idem sostanziale in tutti i casi nei quali -come quello in esame- l’accertamento relativo alla identità del fatto oggetto dei due di procedimenti, intesa come coincidenza di tutte le componenti della fattispec concreta, implichi un apprezzamento di merito. In sostanza, il giudizio richie postula comunque un apprezzamento storico-naturalistico del fatto, che esul dal perimetro del sindacato di legittimità se espresso in una motivazione c come nel caso di specie, non sia internamente contraddittoria manifestamente illogica.
3. Il secondo motivo è manifestamente infondato.
Occorre premettere che in tema di trattamento sanzionatorio, il giudice d merito dispone di un notevole ambito di discrezionalità, essendo richieste ne determinazione del quantum di pena, valutazioni del fatto che non possono essere oggetto di revisione in sede di legittimità.
Ciò attiene ad ogni aspetto sanzionatorio, dalla applicazione del circostanze, alla loro valutazione comparativa ai fini del bilanciamento, d applicazione della continuazione alle pene sostitutive, e via dicendo, incl naturalmente, la determinazione dell’entità della pena.
L’unico spiraglio per una revisione del giudizio risiede, come ovvio, n riflesso motivazionale di quelle scelte discrezionali, che non debbono prestare fianco a critiche di legittimità per contraddittorietà o manifesta illogicit casi estremi, per totale assenza di motivazione.
Nel caso concreto, la valutazione espressa, pur sintetica, è sufficiente adeguata poiché, facendo riferimento alla coerenza e quindi all’armonia rispet al trattamento sanzionatorio irrogato per la precedente contestazione di tent estorsione, dimostra l’esistenza e la considerazione, da parte del giudicant uno stesso pattem sanzionatorio, in linea dunque con la valutazione paritetica, in termini di quasi-equivalenza delle due condotte poste in comparazione.
Per tali ragioni il motivo è manifestamente infondato.
4. All’inammissibilità del ricorso consegue, ai sensi dell’art. 616 cod.
pen., la condanna del ricorrente al pagamento delle spese del procediment nonché, ravvisandosi profili di colpa nella determinazione della causa
inammissibilità, al pagamento in favore della cassa delle ammende della somma di euro tremila, così equitativamente fissata.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento dell spese processuali e della somma di euro tremila in favore della cassa del
ammende.
Così deciso il 19 febbraio 2025
GLYPH