Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 16127 Anno 2025
In nome del Popolo Italiano
Penale Sent. Sez. 1 Num. 16127 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 17/04/2025
PRIMA SEZIONE PENALE
– Presidente –
NOME CENTONZE
R.G.N. 7580/2025
CARMINE RUSSO
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato ad Andria l’08/01/1982
avverso l’ordinanza emessa il 31/01/2025 dalla Corte di appello di Cagliari visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha chiesto l’inammissibilità del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 31 gennaio 2025 la Corte di appello di Bari rigettava la richiesta di applicazione del principio del ne bis in idem, invocato da NOME COGNOME ai sensi dell’art. 649 cod. proc. pen., ritenendo che i fatti di reati di cui ai punti 1-6 del provvedimento impugnato non fossero connotati da identità processuale.
Avverso questa ordinanza NOME COGNOME a mezzo dell’avv. NOME COGNOME proponeva ricorso per cassazione, in riferimento agli artt. 649 e 669 cod. proc. pen.
Si deducevano, in particolare, la violazione di legge e il vizio di motivazione del provvedimento impugnato, conseguenti al fatto che la Corte di appello di Bari, nel rigettare la richiesta di applicazione del principio ne bis in idem, ex artt. 649 e 669 cod. proc. pen., formulata da NOME COGNOME non aveva tenuto conto dell’identità processuale dei fatti di reato giudicati dalle sentenze irrevocabili presupposte, riguardanti la violazione della misura della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno irrogata al condannato, rilevante ai sensi dell’art. 75, comma 2, d.lgs. 6 settembre 2011, n. 159.
Le considerazioni esposte imponevano l’annullamento dell’ordinanza impugnata.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso proposto da NOME COGNOME Ł infondato.
Osserva il Collegio che, con il ricorso in esame, pur denunziandosi violazione di legge e vizio di motivazione, non si critica la violazione di specifiche regole inferenziali, preposte alla formazione del convincimento del giudice, ma, postulandosi indimostrate carenze argomentative dell’ordinanza impugnata, si chiede il riesame, nel merito, della questione esecutiva prospettata, che risulta vagliato dalla Corte di appello di Bari nel pieno rispetto delle emergenze processuali.
La Corte di appello di Bari, invero, evidenziava, in termini assolutamente congrui, che l’identità del titolo di reato – peraltro, nel caso di specie, parziale – non implica, in quanto tale, l’identità delle condotte illecite e che le condanne, anche se pronunciate per una medesima fattispecie e in relazione a un arco temporale contiguo, possono riguardare comportamenti criminosi diversi, non necessariamente assimilabili tra loro.
Si consideri, al contempo, che, fatta eccezione per il reato di cui al punto 3 del provvedimento impugnato, le condotte illecite di cui si assumeva l’unicità del disegno criminoso riguardavano violazioni della sorveglianza speciale con obbligo di soggiorno, rilevanti ex art. 75, comma 2, d.lgs. n. 159 del 2011, commessi da NOME COGNOME in contesti esecutivi eterogenei e connotati da estemporaneità comportamentale. Tali connotazioni, peraltro, sono tipiche delle fattispecie di cui si controverte, non potendosi ipotizzare, salvo casi rari, difficilmente riscontrabili nella pratica giudiziaria, che l’imputato si prefiguri una violazione seriale delle prescrizioni impostegli in sede di applicazione di una misura di sorveglianza con obbligo di soggiorno.
Queste connotazioni di estemporaneità, a ben vedere, rendono, ex se, irrilevante l’arco temporale nei quali le violazioni contestate a COGNOME sono state commesse, ancorchØ ravvicinato o addirittura contiguo.
Occorre, in ogni caso, ribadire che l’identità del titolo di reato tra le fattispecie di cui ai punti 1-6 del provvedimento impugnato Ł solo parziale, non riguardando i delitti giudicati dalla sentenza irrevocabile di cui al punto 3, con cui il ricorrente veniva condannato per i reati di cui agli artt. 628 cod. pen., 73 e 74, comma 2, d.P.R. 9 ottobre 1990, n. 309 (T.U. stup.).
Senza considerare, per altro verso, che la reiterazione di condotte illecite non può essere espressione di un programma di vita improntato al crimine, come nel caso di NOME COGNOME, venendo disciplinata da istituti quali la recidiva, l’abitualità e la professionalità nel reato, secondo un diverso e opposto parametro rispetto a quello sotteso all’istituto invocato dalla difesa del ricorrente, exartt. 649 e 669 cod. proc. pen.
Non può, in ogni caso, non richiamarsi il principio di diritto, che si attaglia perfettamente a caso di specie, secondo cui: «Ai fini della preclusione del giudicato, l’identità del fatto Ł configurabile solo ove le condotte siano caratterizzate dalle medesime condizioni di tempo, di luogo e di persone, sicchØ costituisce fatto diverso quello che, pur violando la stessa norma e integrando gli estremi del medesimo reato, rappresenti ulteriore estrinsecazione dell’attività delittuosa, distinta nello spazio e nel tempo da quella pregressa» (Sez. 5, Sentenza n. 18020 del 10/02/2022, COGNOME, Rv. 283371 01).
Tale opzione ermeneutica, del resto, trae origine dal principio di diritto, risalente e tuttora insuperato, affermato in Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, COGNOME, Rv. 231799 – 01, secondo cui: «Ai fini della preclusione connessa al principio ‘ne bis in idem’, l’identità del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona».
Le considerazioni esposte impongono conclusivamente il rigetto del ricorso proposto da NOME COGNOME con la conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 17/04/2025.
Il Presidente NOME COGNOME