Ne bis in idem: quando due reati simili non sono lo stesso fatto?
Il principio del ne bis in idem, sancito dal nostro ordinamento, rappresenta una garanzia fondamentale per ogni cittadino: nessuno può essere processato due volte per il medesimo fatto. Ma cosa si intende esattamente per ‘medesimo fatto’? Un’ordinanza della Corte di Cassazione ci offre un chiarimento cruciale, distinguendo tra reati apparentemente simili e l’effettiva identità del fatto storico. Analizziamo insieme questa importante decisione.
I Fatti del Caso: Due Condanne per Ricettazione
Il caso riguarda una persona condannata con due sentenze distinte, entrambe divenute irrevocabili, per il reato di ricettazione. La difesa ha sollevato la questione dinanzi al giudice dell’esecuzione, sostenendo che le due condanne si riferissero allo stesso episodio criminale e che, pertanto, fosse stato violato il principio del ne bis in idem.
Tuttavia, un’analisi attenta delle sentenze ha rivelato una differenza sostanziale. La prima condanna riguardava ‘un anello in oro bianco con brillantini e zirconi tipo trilogy’, mentre la seconda si riferiva a ‘un anello in oro bianco con tre diamanti’ e ad altri quattro gioielli. Questa discrepanza negli oggetti del reato è diventata il punto centrale della controversia legale.
Il Ricorso in Cassazione e il Principio del ne bis in idem
Contro la decisione del Tribunale, che aveva respinto la richiesta, la parte ricorrente si è rivolta alla Corte di Cassazione. L’argomento principale era che, nonostante la diversa descrizione dei monili, si trattasse di un’unica condotta illecita, chiedendo l’applicazione dell’art. 669 del codice di procedura penale.
Questa norma disciplina proprio i casi in cui, contro la stessa persona, vengono pronunciate più sentenze per il medesimo fatto. La difesa ha tentato di dimostrare che l’unicità del reato dovesse prevalere sulla descrizione specifica degli oggetti, al fine di evitare una duplicazione della sanzione penale.
La Decisione della Corte Suprema
La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando la decisione del giudice di merito. Secondo i giudici supremi, mancava il presupposto essenziale per l’applicazione del ne bis in idem: l’unicità del fatto storico.
Le Motivazioni: la Distinzione del Fatto Storico
La motivazione della Corte si fonda su un’interpretazione rigorosa del concetto di ‘medesimo fatto’. I giudici hanno chiarito che, ai fini della preclusione del giudicato, l’identità del fatto sussiste solo quando le condotte sono caratterizzate dalle stesse condizioni di tempo, luogo e persone.
Nel caso specifico, la diversità degli oggetti materiali del reato (i gioielli) era sufficiente per escludere che si trattasse di un unico episodio. La Corte ha specificato che una nuova attività delittuosa, anche se viola la stessa norma e integra lo stesso tipo di reato, costituisce un fatto diverso se è distinta nello spazio e nel tempo da quella precedente. Le due condanne, riferendosi a beni diversi, sanzionavano quindi due distinti episodi di ricettazione, non un unico reato sdoppiato in due processi.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: per invocare il ne bis in idem, non basta che due reati siano della stessa specie o abbiano modalità simili. È necessaria una perfetta sovrapposizione del fatto storico in tutti i suoi elementi costitutivi: condotta, tempo, luogo e persone coinvolte. La semplice differenza nell’oggetto materiale del reato, come in questo caso, è sufficiente a configurare due illeciti distinti. La decisione comporta la condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma di 3.000,00 euro a favore della Cassa delle ammende, come previsto dall’art. 616 c.p.p. per i ricorsi inammissibili.
Quando si applica il principio del ne bis in idem?
Il principio si applica solo quando vi è una totale identità del fatto storico, che comprende le medesime condizioni di tempo, di luogo, le stesse persone e la stessa condotta. Non è sufficiente che i reati siano della stessa natura.
Perché in questo caso specifico non è stato applicato il ne bis in idem?
Perché le due condanne per ricettazione riguardavano beni diversi (un anello con zirconi in un caso, un anello con diamanti e altri gioielli nel secondo). Questa diversità degli oggetti materiali ha portato la Corte a concludere che si trattava di due fatti storici distinti e non di un unico fatto.
Cosa succede quando un ricorso in Cassazione viene dichiarato inammissibile?
Quando un ricorso viene dichiarato inammissibile, la decisione impugnata diventa definitiva. Inoltre, la legge prevede che la parte che ha proposto il ricorso venga condannata al pagamento delle spese del procedimento e al versamento di una somma di denaro alla Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 8458 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 8458 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 28/11/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a VIMERCATE il 22/01/1977
avverso l’ordinanza del 15/07/2024 del TRIBUNALE di MONZA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è inammissibile.
Il giudice dell’esecuzione ha evidenziato che, nel caso di specie, non ricorreva l’ipotesi prevista dall’art. 669 cod. proc. pen., che disciplina il caso cui nei confronti di una medesima persona siano state pronunciate più sentenze per il medesimo fatto.
Secondo il giudice di merito, in base alle sentenze dei giudici della cognizione i monili oggetto delle distinte pronunce di condanna per ricettazione erano diversi: “un anello in oro bianco con brillantini e zirconi tipo trllogy” nella sentenza divenuta irrevocabile il 15.11.2022 e “un anello in oro bianco con tre diamanti” ed altri 4 gioielli nella sentenza divenuta irrevocabile il 9.4.2024.
Mancava quindi l’unicità del fatto storico che avrebbe permesso di qualificare l’unicità del reato e la conseguente violazione dell’invocato principio di ne bis in idem posto a base dell’art. 669 cod. proc. pen.
Sul punto, la giurisprudenza ha evidenziato che, ai fini della preclusione del giudicato, l’identità del fatto è configurabile solo ove le condotte siano caratterizzate dalle medesime condizioni di tempo, di luogo e di persone, sicché costituisce fatto diverso quello che, pur violando la stessa norma e integrando gli estremi del medesimo reato, rappresenti ulteriore estrinsecazione dell’attività delittuosa, distinta nello spazio e nel tempo da quella pregressa (Sez. 5, n. 18020 del 10/02/2022, COGNOME, Rv. 283371).
Ai sensi dell’art. 616 cod. proc. pen., ne consegue la condanna della ricorrente al pagamento delle spese del procedimento, nonché al versamento in favore della cassa delle ammende di una somma determinata, equamente, in euro 3.000,00, tenuto conto che non sussistono elementi per ritenere che «la parte abbia proposto ricorso senza versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità» (Corte cost. n. 186 del 13/06/2000).
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 28/11/2024