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Ne bis in idem: quando il fatto è diverso? Cassazione

La Corte di Cassazione ha annullato una sentenza che dichiarava l’improcedibilità per il principio del ‘ne bis in idem’ in un caso di terrorismo. Secondo la Corte, i fatti contestati in due procedimenti distinti, pur simili, erano sostanzialmente diversi. La prima accusa riguardava l’appartenenza a una cellula terroristica locale in Italia, mentre la seconda si riferiva alla partecipazione a diverse organizzazioni terroristiche operanti in Pakistan. Questa diversità del fatto storico impedisce l’applicazione del divieto di un secondo giudizio. La causa è stata rinviata al giudice di primo grado.

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Pubblicato il 13 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ne bis in idem: Il diavolo è nei dettagli. Quando un fatto è ‘diverso’ per la Cassazione

Il principio del ne bis in idem, ovvero il divieto di essere processati due volte per lo stesso fatto, è un caposaldo del nostro ordinamento giuridico e della civiltà giuridica. Tuttavia, la sua applicazione non è sempre scontata, specialmente quando le accuse vengono modificate nel corso del procedimento. Una recente sentenza della Corte di Cassazione, la n. 15141 del 2024, offre un chiarimento cruciale su quando un fatto possa essere considerato ‘diverso’, legittimando un nuovo processo.

I Fatti di Causa

La vicenda processuale riguarda tre imputati accusati di associazione con finalità di terrorismo. In un primo procedimento, la Corte di Assise, rilevando una diversità tra i fatti contestati inizialmente e quelli emersi durante il dibattimento, aveva restituito gli atti al pubblico ministero per una riformulazione dell’imputazione. Il PM aveva quindi avviato un nuovo procedimento.

Tuttavia, sia la Corte di Assise in primo grado che la Corte di Assise di Appello, nel secondo giudizio, avevano dichiarato il ‘non doversi procedere’ proprio in virtù del principio del ne bis in idem. Secondo i giudici di merito, la nuova imputazione era sostanzialmente identica alla precedente, rendendo il secondo processo una violazione del divieto di doppio giudizio.

Il Procuratore Generale ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che i fatti contestati nei due procedimenti fossero in realtà differenti e che la decisione dei giudici di merito fosse basata su un’errata interpretazione.

La Decisione della Corte e l’applicazione del ne bis in idem

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, annullando le sentenze precedenti. Il cuore della decisione risiede nella distinzione tra il ‘fatto’ oggetto del primo e del secondo procedimento. Gli Ermellini hanno evidenziato che:

* Prima imputazione: si contestava l’appartenenza degli imputati a un’unica cellula jihadista operante specificamente in Italia, in particolare a Olbia.
* Seconda imputazione: l’accusa era stata modificata. Non si parlava più di una cellula locale, ma della partecipazione a diverse associazioni terroristiche operanti in Pakistan (come Al Qaeda e milizie talebane), con attività di collaborazione svolte sul territorio italiano.

Questa differenza, secondo la Cassazione, è sostanziale. Non si tratta di una mera somiglianza lessicale, ma di una diversità storica e strutturale dei fatti addebitati. Si passa da un’associazione locale a un coinvolgimento in network terroristici internazionali con base all’estero. Inoltre, per uno degli imputati, il ruolo contestato era passato da ‘direttivo’ a ‘semplice partecipe’, un altro elemento di diversità fattuale.

Le conseguenze procedurali dell’errore

La Corte non si è limitata a censurare l’errata applicazione del ne bis in idem. Ha anche stabilito il corretto percorso procedurale da seguire. Annullando sia la sentenza di appello che quella di primo grado, ha disposto la trasmissione degli atti alla Corte di Assise di primo grado per la celebrazione del giudizio. Questa scelta garantisce agli imputati il diritto a un doppio grado di giudizio nel merito, diritto che sarebbe stato compromesso se il caso fosse stato semplicemente rinviato alla Corte d’Appello.

Le motivazioni

Le motivazioni della Corte si fondano su un’attenta analisi comparativa delle due imputazioni. I giudici di legittimità hanno sottolineato che il principio del ne bis in idem si applica quando vi è identità del fatto storico, inteso come l’insieme degli elementi di condotta, nesso causale ed evento. Nel caso di specie, sebbene il reato contestato fosse genericamente lo stesso (associazione terroristica), il ‘fatto storico’ era mutato.

La Corte ha ritenuto errato il ragionamento dei giudici di merito, i quali si erano fermati a una valutazione superficiale, senza cogliere la portata della diversa contestazione. La modifica non era solo formale, ma sostanziale: le associazioni criminali, le loro aree operative (Italia vs. Pakistan) e le condotte specifiche attribuite agli imputati erano diverse. Pertanto, l’ostacolo del precedente giudicato non sussisteva e l’azione penale era stata legittimamente esercitata una seconda volta.

Le conclusioni

Con questa sentenza, la Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale: per valutare la violazione del ne bis in idem, non basta guardare al titolo del reato, ma bisogna analizzare in profondità il ‘fatto storico’ concreto. Una diversa configurazione delle condotte, dei contesti e delle entità criminali coinvolte può integrare un ‘fatto diverso’, superando così il divieto di un secondo processo. La decisione assicura che errori di valutazione procedurale non privino l’imputato del fondamentale diritto a un doppio grado di giudizio, ordinando che il processo riparta dal primo grado.

Quando si può avviare un nuovo processo per lo stesso tipo di reato senza violare il principio del ‘ne bis in idem’?
Un nuovo processo è legittimo quando il ‘fatto storico’ contestato è diverso da quello del procedimento precedente. La diversità non riguarda solo il nome del reato, ma le specifiche condotte, il contesto, e le organizzazioni criminali coinvolte, come chiarito dalla sentenza in esame.

Cosa succede se un giudice di appello conferma erroneamente una sentenza di primo grado basata su un vizio procedurale?
La Corte di Cassazione, se rileva l’errore, annulla entrambe le sentenze (primo grado e appello) e rinvia il procedimento al giudice di primo grado. Questa procedura assicura che l’imputato non venga privato di un grado di giurisdizione.

Perché, in questo caso specifico, la Corte di Cassazione ha ritenuto che le accuse fossero diverse?
La Corte ha ritenuto le accuse diverse perché la prima riguardava l’appartenenza a una singola cellula terroristica operante in Italia, mentre la seconda, e nuova, imputazione contestava la partecipazione a differenti organizzazioni terroristiche internazionali con base in Pakistan, con attività di supporto svolte in Italia. Questa differenza nella struttura e localizzazione del gruppo criminale costituisce un ‘fatto diverso’.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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