Sentenza di Cassazione Penale Sez. 6 Num. 29188 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 6 Num. 29188 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 15/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da
I GLYPH B.G. COGNOME I nato a I GLYPH omissis
avverso la sentenza emessa il 18 gennaio 2023 dalla Corte di appello di Palermo visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME lette le richieste del Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale NOME COGNOME che ha concluso per l’inammissibilità del ricorso;
lette le richieste del difensore della parte civile, Avv. NOME COGNOME che ha concluso per la conferma della sentenza impugnata.
lette le richieste del difensore, Avv. NOME COGNOME che ha insistito pe l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
1.1 GLYPH B.G. GLYPH I ricorre per cassazione avverso la sentenza della Corte di appello di Palermo che, riqualificata l’originaria imputazione di cui al capo B nel reato di cui all’art. 570-bis cod. pen. (contestato dal 28/9/16, data del provvedimento del Tribunale civile, al 16/4/2018), ha rideterminato la pena in mesi 4 di reclusione, confermando nel resto la sentenza impugnata.
Deduce la violazione dell’art. 649 cod. proc. pen. in quanto, successivamente alla pronuncia della sentenza impugnata, è divenuta irrevocabile la condanna alla pena di mesi due di reclusione per il medesimo reato contestato in permanenza per un periodo che comprende anche quello considerato dalla sentenza impugnata, dovendosi individuare con riferimento a tale seconda condanna la data di cessazione della permanenza nella data della pronuncia di primo grado (12 aprile 2021).
Il ricorso è stato inizialmente assegnato alla Settima sezione per l’udienza del 24 novembre 2023. Con memoria del 30/10/23 il ricorrente ha insistito per la fondatezza del motivo dedotto ed ha depositato copia della sentenza irrevocabile. Con successiva memoria il ricorrente, nell’insistere per l’accoglimento del ricorso, ha fatto presente che: la sentenza rispetto alla quale si invoca la violazione del divieto del ne bis in idem è stata depositata successivamente alla sentenza impugnata; che l’attestazione della sua irrevocabilità è stata apposta solo successivamente alla presentazione del ricorso per cassazione e che copia della sentenza è stata depositata unitamente alla memoria del 30 ottobre 2023 allorché il presente procedimento è stato trattato dalla Sezione Settima.
Il difensore della parte civile ha concluso per l’inammissibilità del ricorso ed ha eccepito la genericità del motivo e, comunque, la non deducibilità della questione per la prima volta con il ricorso per cassazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Preliminarmente, osserva il Collegio che nella giurisprudenza di questa Corte sembrano emergere diverse soluzioni ermeneutiche in merito ala deducibilità per la prima volta con il ricorso per cassazione della violazione del ne bis in idem.
Secondo un primo orientamento, espresso da ultimo da Sez. 2, n. 6179 del 15/01/2021, Pane Rv. 280648, tale questione non è deducibile per la prima volta
davanti alla Corte di cassazione, in quanto l’accertamento relativo alla identità del fatto oggetto dei due diversi procedimenti, intesa come coincidenza di tutte le componenti della fattispecie concreta, implica un apprezzamento di merito, né è consentito alle parti produrre in sede di legittimità documenti concernenti elementi fattuali. Si è, infatti, affermato che, al di là della connotazione del vizio dedotto, giudizio richiesto postula, comunque, un apprezzamento storico-naturalistico del fatto, che, pertanto, esula dal perimetro del sindacato di legittimità (si vedano anche, tra le altre, Sez. 2, n. 18559 del 13/03/2019, COGNOME, Rv. 276122-02; Sez. 3, n. 57912 del 21/09/2017, COGNOME, Rv. 273606-01; Sez. 7, n. 41572 del 13/09/2016, COGNOME, Rv. 268282-01).
Altro orientamento, cui il Collegio intende dare continuità, ha, invece, affermato che la preclusione derivante dal giudicato formatosi sul medesimo fatto, risolvendosi in un “error in procedendo”, è deducibile nel giudizio di cassazione a condizione che la decisione della relativa questione non comporti la necessità di accertamenti di fatto, nel qual caso la stessa deve essere proposta al giudice dell’esecuzione (si veda, tra le tante, Sez. 1, n. 37282 del 24/06/2021, COGNOME, Rv. 282044, Sez. 2, n. 21462 del 20/03/2019, COGNOME, Rv. 276532). Si è, infatti, chiarito che ove sia, invece, richiesto un ulteriore accertamento di fatto, la censura deve essere proposta davanti al giudice dell’esecuzione (Sez. 3, n. 35394 del 07/04/2016, COGNOME, Rv. 267997).
Tale soluzione appare, infatti, assicurare un adeguato contemperamento tra il perimetro del giudizio di legittimità e le garanzie difensive, consentendo l’esame, anche per la prima volta, della questione in sede di legittimità a condizione che la parte interessata, sulla quale grava l’onere della prova (cfr. SeZ. 3, n. 3217 del 23/10/2014, dep. 2015, Nsib, Rv. 262012), dimostri la sussistenza dei presupposti della invocata preclusione processuale. In tal caso, ove non siano necessari ulteriori accertamenti in fatto, preclusi in sede di legittimità, sarebbe irragionevole imporre all’imputato di attendere l’avvio della fase esecutiva al fine di far valere la violazion del principio del ne bis in idem.
Ciò premesso, pur volendosi ritenere ammissibile la deduzione della violazione del ne bis in idem con il ricorso per cassazione, va, comunque rilevato che nella fattispecie in esame il motivo è inammissibile in quanto, anche alla luce della sentenza prodotta, non è possibile affermare con certezza se vi sia stata o meno la violazione dedotta, essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto che la Corte di cassazione non può compiere.
G.S. GLYPH
Il Presidente
Rileva, infatti, il Collegio che dalla sentenza prodotta dal ricorrente non è dato
evincere se il fatto per cui il ricorrente è stato già condannato in via definitiv
comprende anche quello oggetto del presente procedimento, non risultando con
certezza il periodo considerato e se questo comprenda o meno anche quello cui si
riferisce la sentenza impugnata.
Come già anticipato, il ricorrente non è privo di tutela in quanto potrà far valere
la violazione in sede esecutiva.
3. All’inammissibilità del ricorso segue la condanna del ricorrente al pagamento
delle spese processuali e della somma di euro tremila da versare in favore della cassa
delle ammende, non potendosi ritenere che lo stesso abbia proposto il ricorso senza
versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità (Corte cost. n.
186 del 2000). Il ricorrente, va, altresì, condannato a rifondere le spese di
rappresentanza e difesa del grado sostenute dalla parte civile
GLYPH
che si
liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Condanna inoltre il ricorrente a rifondere le spese di rappresentanza e difesa del grado sostenute dalla parte civile accessori. RAGIONE_SOCIALE. che liquida in euro 3686,00 oltre
Così deciso il 15 maggio 2024
Il Consigliere estensore