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Ne bis in idem: quando due condanne sono una sola

Un imputato, condannato due volte per associazione a delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, ha invocato il principio del ne bis in idem. La Corte di Cassazione ha annullato la decisione del giudice dell’esecuzione che aveva ritenuto le associazioni distinte, sottolineando la necessità di un’analisi più approfondita sulla possibile unicità del sodalizio criminale, nonostante le differenze apparenti. Il caso è stato rinviato per un nuovo esame.

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Pubblicato il 22 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ne bis in idem e Reati Associativi: Due Condanne Possono Riguardare lo Stesso Fatto?

Il principio del ne bis in idem, sancito dall’articolo 649 del codice di procedura penale, rappresenta un pilastro del nostro ordinamento giuridico: nessuno può essere processato due volte per lo stesso fatto. Ma cosa accade quando un soggetto viene condannato in due procedimenti diversi per partecipazione a un’associazione a delinquere? È possibile che si tratti, in realtà, della stessa unica associazione? Con la sentenza n. 37181/2024, la Corte di Cassazione è tornata su questo delicato tema, annullando un’ordinanza e fornendo criteri guida per distinguere tra due sodalizi distinti e due articolazioni di un’unica organizzazione.

Il Caso: Due Sentenze per un’Unica Associazione?

La vicenda riguarda un uomo condannato con due sentenze definitive, una dal Tribunale di Milano e una dal Tribunale di Genova, entrambe per il reato di associazione finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti. Ritenendo di essere stato punito due volte per lo stesso reato, l’uomo si è rivolto al giudice dell’esecuzione chiedendo la revoca di una delle due condanne, proprio in applicazione del principio del ne bis in idem.

Il giudice dell’esecuzione di Milano, tuttavia, ha respinto la richiesta. Secondo la sua valutazione, le due condanne si riferivano a due associazioni criminali distinte e separate. Gli elementi a sostegno di questa tesi erano:

* Diversità dei membri: Sebbene alcuni soggetti fossero comuni a entrambi i gruppi, altri membri erano diversi.
* Diversità dell’oggetto del traffico: L’associazione milanese si occupava prevalentemente di cocaina proveniente dall’Olanda, mentre quella genovese trattava hashish dal Marocco.
* Diversità del territorio: La prima operava nel milanese e comasco, la seconda sul territorio ligure.

Insoddisfatto, l’imputato ha presentato ricorso in Cassazione, sostenendo che il giudice avesse operato una valutazione superficiale, ignorando elementi cruciali che indicavano l’esistenza di un unico, più vasto e complesso sodalizio criminale.

L’Analisi della Cassazione e il principio del ne bis in idem

La Suprema Corte ha accolto il ricorso, ritenendo la motivazione del giudice dell’esecuzione contraddittoria e carente. Per stabilire se ci si trova di fronte allo stesso fatto, non basta fermarsi a differenze apparenti. È necessario, invece, un esame approfondito che consideri il fatto nella sua dimensione storico-naturalistica, valutando la condotta, l’evento e il nesso causale, oltre alle circostanze di tempo, luogo e persona.

Nel contesto dei reati associativi, questo significa andare oltre la mera conta dei membri o la tipologia di droga trattata. Il giudice deve accertare se il soggetto abbia effettivamente partecipato a due organizzazioni criminali diverse o se, al contrario, le due ‘cellule’ investigative rappresentino semplicemente articolazioni diverse di un’unica, più ampia struttura criminale. La Corte ha sottolineato che fattori come una parziale diversità dei membri o la specializzazione in diversi settori (es. cocaina e hashish) non sono, di per sé, incompatibili con l’unicità dell’associazione.

Le motivazioni

La Cassazione ha individuato diverse lacune nell’analisi del giudice dell’esecuzione. In primo luogo, non era stato adeguatamente approfondito il ruolo dei soggetti comuni a entrambe le associazioni, in particolare quello del ricorrente, che in entrambi i contesti rivestiva un ruolo apicale di organizzatore. Questo elemento avrebbe dovuto far sorgere il dubbio che si trattasse della stessa struttura di comando.

In secondo luogo, il giudice non aveva considerato a sufficienza le indicazioni, emerse in una delle sentenze di merito, secondo cui il gruppo era solo una parte di una ‘ben più ampia rete internazionale’. Questa prospettiva avrebbe richiesto di verificare se i diversi membri e le diverse attività non fossero altro che manifestazioni di un’unica regia criminale.

Infine, la Corte ha criticato la mancata valorizzazione di un precedente provvedimento dello stesso Tribunale di Milano che, in un caso analogo riguardante la moglie del ricorrente, aveva riconosciuto l’identità del reato e revocato una delle condanne. Sebbene non vincolante, questa precedente decisione avrebbe meritato un’analisi più approfondita, invece di essere liquidata come erronea.

Le conclusioni

In conclusione, la Corte di Cassazione ha annullato l’ordinanza impugnata e ha rinviato il caso al Tribunale di Milano per un nuovo giudizio. Il giudice dell’esecuzione dovrà riesaminare la questione in modo più completo, tenendo conto dei principi di diritto esposti. Dovrà acclarare e spiegare con adeguata motivazione se ci si trovi di fronte a una pluralità di reati o a due articolazioni della medesima compagine criminale. La decisione ribadisce che l’applicazione del ne bis in idem richiede una valutazione sostanziale e non meramente formale, per garantire che nessuno venga punito due volte per essere parte di quello che, in sostanza, è un unico progetto criminale.

Quando due condanne per reato associativo violano il principio del ne bis in idem?
Quando, al di là delle apparenze, si riferiscono allo stesso fatto storico-naturalistico. Ciò accade se le due presunte associazioni sono in realtà articolazioni di un’unica organizzazione criminale, a cui il soggetto ha partecipato in modo unitario.

Quali elementi deve valutare un giudice per decidere se due associazioni criminali sono in realtà la stessa?
Il giudice deve compiere un’analisi complessa che consideri l’identità degli affiliati (specialmente ai vertici), la sfera operativa e di interessi, l’unicità del programma criminoso e del ruolo di vertice, senza dare peso decisivo a fattori come la parziale difformità dei membri o delle attività concrete.

La diversità del tipo di droga trattata o del territorio è sufficiente a escludere il ne bis in idem?
No, secondo la Corte di Cassazione, questi elementi da soli non sono sufficienti. Un’unica associazione può essere strutturata per operare in territori diversi e occuparsi di differenti tipologie di traffici illeciti, rimanendo comunque una singola entità criminale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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