Sentenza di Cassazione Penale Sez. 1 Num. 37181 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 1 Num. 37181 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 19/06/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) nato a BENI AMIR( MAROCCO) il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 27/03/2024 del TRIBUNALE di MILANO
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
lette le conclusioni del PG, NOME COGNOME, che ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso;
letta la memoria rassegnata dal difensore del ricorrente, AVV_NOTAIO, con cui sono state ribadite, anche alla stregua dei motivi aggiunti, le conclusioni formulate con l’atto di impugnazione;
RITENUTO IN FATTO
Con l’ordinanza in epigrafe, emessa il 27 marzo 2024, il Tribunale di Milano, in funzione di giudice dell’esecuzione, ha rigettato l’istanza presentata nell’interesse di NOME COGNOME volta a ottenere la revoca ex art. 669 cod. proc. pen. della condanna di cui alla sentenza n. 1267/07, resa il 29 novembre 2007 dal Tribunale di Milano, irrevocabile il 24 marzo 2010, in quanto avente ad oggetto i medesimi fatti – RAGIONE_SOCIALE finalizzata al traffico di sostanze stupefacenti – di cui alla sentenza n. 1156/06, emessa il 30 gennaio 2006 dal Tribunale di Genova, irrevocabile il 20 marzo 2009.
Il giudice dell’esecuzione, nel provvedimento impugnato, ha preso atto che NOME era stato ritenuto da entrambe le decisioni responsabile, fra le altre condotte, di quella sanzionata dall’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990 e che la concorrente nei reati suddetti. NOME COGNOME, moglie dell’istante, era stata destinataria di ordinanza del 7 maggio 2014 emessa dal Tribunale di Milano che, sempre quale giudice dell’esecuzione, aveva riconosciuto che le due imputazioni associative suindicate avevano ad oggetto il medesimo reato, sulla scorta dell’identità dei soggetti, delle medesime circostanze di tempo e di luogo e dell’identità delle condotte contestate a quell’imputata, e, fra le due condanne, aveva revocato la sentenza del Tribunale di Milano nella parte in cui aveva condannato NOME COGNOME per il suddetto reato.
Posto ciò, il giudice dell’esecuzione ha dissentito dalla motivazione inerente al richiamato provvedimento. In particolare, ha ritenuto erronea la prospettazione dell’identità soggettiva dei componenti delle due associazioni, evidenziando anche la diversità di sostanza stupefacente trattata dai sodalizi e dei rispettivi canali di approvvigionamento e ambiti di operatività. Conclusivamente ha escluso che le due condanne riportate da NOME COGNOME avessero sanzionato lo stesso reato associativo, considerando confermato dagli elementi analizzati il fatto che questi aveva partecipato a due associazioni che, pur se caratterizzate da alcuni elementi comuni, avevano rappresentato due entità distinte, ciascuna finalizzata all’importazione e alla commercializzazione di una diversa sostanza stupefacente.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore di COGNOME chiedendone l’annullamento e adducendo un unico motivo con cui lamenta l’inosservanza dell’art. 669 cod. proc. pen. e dell’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, in relazione all’art. 606, comma 1, lett. b), cod. proc. pen., e la mancanza, contraddittorietà e manifesta illogicità della motivazione, in relazione all’art. 606 comma 1, lett. e), cod. proc. pen., anche per travisamento del contenuto della
sentenza emessa dal Tribunale di Genova, in merito agli elementi di identità fra i contesti associativi oggetto di esame.
Le considerazioni svolte dal giudice dell’esecuzione risultano, per la difesa, apertamente in contrasto con gli accertamenti definitivi emergenti dal contenuto della sentenza del Tribunale di Genova, nella cui motivazione si era affermato che i soggetti individuati erano soltanto parte, sebbene importante, di un più articolato e complesso meccanismo organizzativo, a cui avevano partecipato molte più persone, rimaste non identificate, in quanto l’indagine svolta non era riuscita a far uscire dall’ombra una serie di episodi e di personaggi rimasti senza nome e senza volto nel processo, fermo restando che l’organizzazione, in quel contesto conosciuta per singoli fotogrammi, era parte di una ben più ampia rete internazionale.
Con quella decisione – evidenzia la difesa – era stato comunque accertato l’apparato complesso organizzato da personaggi quali COGNOME e NOME, dotati di un non trascurabile senso imprenditoriale nel campo specifico, apparato utilizzato per un’attività certamente non sporadica, ma permanente, volta a realizzare un programma generico di commercio di stupefacenti, con la specializzazione delle rispettive mansioni, sotto la direzione informata e assidua di COGNOME, dominus dell’apparato, in un contesto soggettivo di cui quegli imputati erano solo una parte.
Dall’emersione di questi elementi, secondo il ricorrente, il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto trarre il corollario che fra i personaggi non identificati . nella suddetta sentenza erano compresi quelli menzionati nella struttura dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, COGNOME NOME e NOME, operativamente in grado di agire anche in ambito internazionale e, quindi, di estendere l’attività al territorio RAGIONE_SOCIALE. Di questa articolazione era prova anche l’intercettazione telefonica citata alla pagina 11 della motivazione della sentenza del Tribunale di Genova, intercettazione riguardante appunto NOME, che veniva a riscuotere i pagamenti per gli acquisti di cocaina, la cui autovettura era stata di conseguenza seguita e, alfine, fermata a Cormano.
In siffatta situazione, l’esclusione dell’identità e quindi dell’unicità dei contesti associativi fondata sulla pretesa diversità dell’appartenenza soggettiva di alcuni associati, sulla diversità del tipo di stupefacente importato e commerciato e sulla ristrettezza dell’ambito territoriale rispettivamente considerato viene dalla difesa censurata come l’esito di un ragionamento intrinsecamente ed estrinsecamente illogico.
Il Procuratore generale ha prospettato la declaratoria di inammissibilità del ricorso, siccome manifestamente infondato, non essendo stato in alcun modo
dimostrato che i due reati associativi, in relazione agli elementi della condotta, del nesso causale e dell’evento, potessero essere ritenuti riconducibili a un identico fatto.
4. il difensore di NOME ha rassegnato una susseguente memoria con cui ha sviluppato motivi aggiunti.
Svolte considerazioni di sistema sulla portata del principio del ne bis in idem, la cui funzione di garanzia deve condurre, ove persistano margini di incertezza, a optare per la soluzione più favorevole all’imputato, si sottolinea i concetto che la duplicazione di imputazioni relative alla partecipazione associativa del medesimo soggetto esige il positivo accertamento che l’interessato sia effettivamente passato a una diversa organizzazione criminale: nel caso in esame, ciò non è risultato, secondo il ricorrente, poiché il giudice dell’esecuzione ha omesso di tener conto delle osservazioni, già riportate nell’atto di impugnazione, formulate nella sentenza del Tribunale di Genova, in forza delle quali erano stati acclarati i seguenti elementi: l’esistenza di un gruppo di compartecipi non identificati; l’ambito di operatività internazionale; u programma di commercio generico di sostanze stupefacenti; la complessità dell’organizzazione; la suddivisione di ruoli; il ruolo apicale di COGNOME.
Connotazioni sostanzialmente sovrapponibili si traevano dalla motivazione della sentenza di condanna del Tribunale di Milano.
Pertanto – sostiene la difesa – la conclusione della diversità delle due associazioni pur in presenza di quei comuni caratteri, conclusione basata sulla dimensione localistica e specialistica dei due fenomeni criminali, avrebbe dovuto essere sostenuta da una diversa e più adeguata motivazione, mentre essa risulta essersi immotivatamente distaccata dagli approdi accertativi espressi nelle due sentenze di merito, considerando che l’addotta diversità di qualche componente e l’eterogeneità di stupefacente commerciato integravano elementi non incompatibili con l’unicità dell’RAGIONE_SOCIALE, ben potendo essi risultare sintomatici della sola articolazione dell’attività della stessa organizzazione, segnalandosi che anche NOME COGNOME, indicato come compartecipe dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, aveva ammesso nel suo interrogatorio di aver fatto parecchie consegne di hashish anche a Milano.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. La Corte ritiene che il ricorso sia da accogliere, nei limiti e nei sensi ch seguono.
Integrando i riferimenti al contenuto del provvedimento impugnato formulati nella parte narrativa, è da constatare che il giudice dell’esecuzione ha raggiunto la conclusione sfavorevole al ricorrente rilevando in contrario che:
era errato il presupposto di fatto dell’identità soggettiva dei due gruppi inerent alle corrispondenti associazioni, dal momento che le imputazioni, coniugate con le motivazioni delle decisioni succitate, facevano emergere che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE era composta, oltre che da COGNOME, COGNOME e NOME COGNOME, anche da COGNOME NOME e NOME, imputati per i quali si era proceduto separatamente, mentre l’RAGIONE_SOCIALE, oltre ai tre soggetti comuni, annoverava fra i suoi componenti RAGIONE_SOCIALE, RAGIONE_SOCIALE e COGNOME NOME, imputati per i quali si era proceduto separatamente, nonché ulteriori soggetti rimasti non identificati;
pur a fronte della prossimità temporale delle condotte contestate e dell’identità del ruolo, quello di organizzatore, ascritto a COGNOME nei due contesti, era emersa la diversità di oggetto dell’attività dei gruppi, vale a dire l’importazione e commercializzazione di sostanza stupefacente di diverso tipo, mediante l’attivazione di canali di approvvigionamento diversi: la cocaina, proveniente dall’Olanda e da altri paesi, quanto all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE; l’hashish, proveniente dal Marocco, quanto all’RAGIONE_SOCIALE;
-alla diversità dei canali di approvvigionamento erano corrisposte differenziazioni della struttura organizzativa e dei correi che avevano compartecipato;
anche l’ambito di azione delle due associazioni, sulla scorta delle motivazioni rese dalle due decisioni, era risultato diverso, in quanto l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva svolto la sua attività sul territorio RAGIONE_SOCIALE e comasco, mentre l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE aveva svolto la sua attività sul territorio ligure.
Posto ciò, si muove dall’assodato concetto per cui, ai fini della preclusione connessa al principio ne bis in idem, l’identità del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi – condotta, evento, nesso causale – e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona (Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, COGNOME, Rv. 231799 – 01).
L’art. 649 cod. proc. pen., a cui si coordina in sede esecutiva la disciplina dettata dall’art. 669 cod. proc. pen., collega il divieto di bis in idem alla pronuncia di una sentenza o di un decreto penale divenuti irrevocabili e afferisce a una dimensione applicativa più ampia di quella derivante dalla sua enunciazione letterale, esprimendo il principio generale dell’ordinamento processuale che vieta la duplicazione del processo contro la stessa persona per il
medesimo fatto, con l’effetto che le situazioni di litispendenza, non riconducibili nell’ambito dei conflitti di competenza di cui all’art. 28 cod. proc. pen., devono essere risolte dichiarando nel secondo processo, pur in mancanza di una sentenza irrevocabile, la non proponibilità dell’azione penale, in applicazione della preclusione fondata sul principio generale del ne bis in idem, sempreché i due processi abbiano ad oggetto il medesimo fatto attribuito alla stessa persona, siano stati instaurati ad iniziativa dello stesso ufficio del Pubblico ministero siano devoluti, anche se in fasi o in gradi diversi, alla cognizione di giudici dell stessa sede giudiziaria.
In tal senso, va evidenziato che, ai fini della duplicazione processuale ex art. 649 cod. proc. pen., per medesimo fatto deve intendersi ciò che risulta dai suoi elementi costitutivi e cioè da condotta, evento e nesso di causalità.
Nel caso di procedimento per il delitto di matrice associativa, al fine di escludere la nnedesimezza del fatto non rilevano né, dal punto di vista del soggetto, eventuali mutamenti nelle modalità di partecipazione (attività e ruoli), né, dal punto di vista dell’organizzazione, eventuali mutamenti in ordine all’ampiezza dell’oggetto del programma criminoso o in relazione al numero dei componenti.
È necessario invece accertare, con giudizio di fatto riservato al giudice di merito, da un lato, se il soggetto abbia partecipato a due diverse organizzazioni criminali, o sia passato dall’una all’altra organizzazione criminale, o si si comunque verificata una successione nelle attività criminali tra organismi diversi, sia pure con lo stesso nome e operanti nello stesso territorio, oppure se il soggetto – all’opposto – abbia partecipato a un’unica organizzazione criminale, pur se dotata di diverse articolazioni e pur se progressivamente evoluta per la composizione della compagine dei partecipi, per le attività in concreto praticate o per le modalità e i ruoli connotanti la sua organizzazione.
Nell’effettuazione di questa complessa analisi, è importante verificare la sfera operativa e di interessi, l’identità degli affiliati, il ruolo di vertice attr uno di loro, mentre vanno considerati non primariamente rilevanti i fattori non incompatibili con la natura permanente del reato associativo, fra cui la parziale difformità del profilo temporale delle due entità considerate (in tema di bis in idem e RAGIONE_SOCIALE finalizzata al traffico di stupefacenti ex art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, Sez. 6, n. 28116 del 26/03/2015, COGNOME, Rv. 263928 – 01; con riferimento ad associazioni criminali di diversa natura, Sez. 1, n. 4984 del 01/12/2021, dep. 2022, COGNOME, Rv. 282721 – 01; Sez. 6, n. 48691 del 05/10/2016, COGNOME, Rv. 268226 – 01; Sez. 1, n. 2260 del 08/11/2013, dep. 2014, COGNOME, Rv. 258750 – 01).
Non è, inoltre, superfluo evidenziare che, ai fini del divieto di bis in idem,
l’identità del fatto deve essere valutata in relazione al concreto oggetto del giudicato, senza limitarsi al confronto degli elementi delle fattispecie astratte d reato, dal momento che, secondo la traccia ermeneutica già ricordata, per stabilire l’identità – o meno – del fatto occorre aver riguardo alla corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suo elementi costitutivi di condotta, evento e nesso causale, e tenendo conto delle corrispondenti circostanze di tempo, di luogo e di persona (Sez. 2, n. 1144 del 06/12/2018, dep. 2019, Delle Vergini, Rv. 275068 – 01).
Con specifica attinenza al caso in esame, è da ribadire che il principio di preclusione del ne bis in idem non opera – stante la diversità del fatto – nel caso in cui un soggetto faccia parte, anche in coincidenza temporale, di due diverse associazioni criminose, ben potendo il giudice di merito individuare e considerare elementi idonei a differenziare il fatto storico, quali la diversità dei sogge apicali e dei partecipi alle due associazioni, la circostanza che le organizzazioni abbiano operato in ambiti territoriali distinti, seppur contigui, il rilievo diversità di funzioni svolta dal soggetto nei sodalizi criminali (Sez. 5, n. 44537 del 10/03/2015, COGNOME, Rv. 264684 – 01; Sez. 5, n. 19008 del 13/03/2014, COGNOME, Rv. 260002 – 01; Sez. 1, n. 44860 del 05/11/2008, COGNOME, Rv. 242197 – 01).
In questa prospettiva, la struttura del reato associativo non è, in linea di principio, incompatibile con la contemporanea adesione dello stesso soggetto a più sodalizi criminosi, particolarmente quando la partecipazione ai diversi gruppi criminali sia la naturale conseguenza delle strategie perseguite dai gruppi stessi, finalizzate a concretizzare collaborazioni e alleanze fra le entità criminali – ch restano distinte – per rendere più efficace la rispettiva operatività e più proficui risultati delle attività illecite oggetto del loro programma criminale.
In queste evenienze può verificarsi che, senza integrare un’ipotesi sussumibile nella disciplina di cui all’art. 669 cod. proc. pen., il soggetto facc parte, in coincidenza temporale, di due distinti organismi criminosi, oppure che faccia parte in tempi nettamente definiti e diversi del medesimo organismo criminoso, quando la condotta prosegua o riprenda in epoca successiva a quella accertata con la sentenza di condanna, oppure quando vi sia la protrazione di una sua attività partecipativa, tale da rispondere ai bisogni del sodalizio criminoso, oltre la data indicata come terminativa di essa in una precedente sentenza di condanna.
In definitiva, quando risultino due associazioni criminali a cui il medesimo soggetto abbia prestato adesione, l’accertamento dell’esistenza di un’unica RAGIONE_SOCIALE o di distinte organizzazioni criminali costituisce una questione di fatto, da risolversi attraverso la disamina e la valutazione degli indici material
emersi, da ponderare in modo congruo e conforme a logica, tenendo conto delle regole di esperienza rilevanti per il corrispondente apprezzamento.
Operando la verifica implicata dalla doglianza sviluppata dal ricorrente con riferimento al caso di specie, deve rilevarsi che la valutazione del giudice dell’esecuzione si contraddistingue per una motivazione che, pur articolata, si rivela per alcuni determinanti aspetti contraddittoria e carente.
4.1. In primo luogo, il provvedimento impugnato ha dato atto dell’opposta conclusione raggiunta dallo stesso Tribunale di Milano, sempre in sede esecutiva, laddove con l’ordinanza del 7 maggio 2014 aveva revocato la sentenza di condanna emessa dallo stesso Tribunale di Milano, con la suddetta sentenza del 9.06.2008, con esclusivo e specifico riguardo al reato di cui all’art. 74 d.P.R. n. 309 del 1990, in quanto effetto di bis in idem, nei confronti di NOME COGNOME, coniuge di NOME, già condannata come concorrente nei due reati associativi dalle indicate sentenze.
A fronte delle deduzioni di COGNOME in ordine alla comunanza di posizioni, sua e di COGNOME, rispetto alle ragioni che avevano condotto il Tribunale a revocare una delle condanne alla suddetta concorrente, il giudice dell’esecuzione ha premesso di non essere vincolato alla precedente determinazione resa in sede esecutiva e ha ritenuto erronei o inadeguati allo scopo perseguito dall’istante gli elementi valorizzati nella pregressa ordinanza.
Pur se la premessa (relativa al fatto che il giudice dell’esecuzione non fosse vincolato giuridicamente a condividere l’opzione prescelta dal Tribunale con la precedente ordinanza esecutiva nei confronti di altra persona condannata per lo stesso reato associativo) è esatta, inadeguato appare, però, il riferimento alle basi che avevano orientato il provvedimento del 2014: in particolare, in questo pregresso provvedimento, era stata evidenziata la peculiare circostanza per cui i due procedimenti che erano sfociati nei rispettivi processi, conclusi dalle due sentenze del Tribunale di Milano e di Genova, erano il frutto di due investigazioni compiute da diversi organi di polizia giudiziaria, in modo separato, di guisa che ciascuno aveva portato avanti il proprio filone di indagine seguendo, in una sede, quello dell’importazione della cocaina dall’Olanda e, nell’altra, quello dell’importazione dell’hashish dal Marocco.
A tale peculiarità investigativa, non alla duplicità di entità associative, giudice dell’esecuzione aveva attribuito in via primaria la diversità dell’oggetto del traffico di stupefacenti accertato in un processo e nell’altro.
Questa scaturigine della distinta specie della sostanza stupefacente considerata quale oggetto di ciascuna attività criminosa associata, espressamente svalutata nella prima ordinanza, non è stata presa in
considerazione dal giudice dell’esecuzione, pur per discostarsene eventualmente, in base a una diversa lettura delle due decisioni di merito considerate.
4.2. Quanto, poi, alle caratteristiche del giudicato formatosi in forza di ciascuna delle decisioni emesse a suo tempo dal Tribunale di Genova e dal Tribunale di Milano, si profila effettiva la necessità – evidenziata dal ricorrent per rimarcare la carenza argomentativa dell’ordinanza impugnata – che il giudice dell’esecuzione affrontasse in modo più approfondito, tenendone conto nella corrispondente motivazione, quei punti delle decisioni che afferivano ad argomenti rilevanti per la verifica di identità o diversità dei due contesti.
4.2.1. In questo senso, nel verificare la medesinnezza o la diversità della composizione soggettiva dei due sodalizi, il giudice dell’esecuzione non ha svolto adeguate considerazioni in merito alla verifica del gruppo (non irrilevante, in relazione alla quantità circoscritta del numero totale di aderenti indicato nelle decisioni) di associati – COGNOME, COGNOME, COGNOME – risultati partecipi di entrambe le associazioni, sondando il ruolo svolto da ciascuno di questi, se pienamente corrispondente in entrambe le consorterie criminali, anche in merito all’individuazione del livello apicale da alcuno di loro rivestito, per gli effetti una tale analisi avrebbe potuto generare nella valutazione complessiva.
4.2.2. Inoltre, non risulta essere stato approfondito il profilo suscettibile non secondaria verifica – se di intersezione occasionale o, al contrario, di comunanza organizzativa – costituito dal ruolo, segnalato nell’atto di impugnazione, annesso dal Tribunale di Genova all’attività, nel traffico di stupefacenti inerente all’RAGIONE_SOCIALE, messa in essere da COGNOME NOME, soggetto che era stato annoverato fra i partecipi dell’RAGIONE_SOCIALE nella sentenza resa dal Tribunale di Milano, pur se assoggettato a separato procedimento.
4.2.3. In tale direzione, andava del pari analizzato – sempre impregiudicato il segno della conseguente delibazione – il rilievo, come pure ha evidenziato la difesa nel ricorso, che era stato sviluppato in modo specifico nella sentenza del Tribunale di Genova circa l’emersione, quanto al sodalizio in oggetto, di un’organizzazione criminale i cui partecipanti, individuati in quel contesto, erano solo una parte, sebbene importante, di un ben più articolato meccanismo organizzativo a cui avevano partecipato molte altre persone, non identificate, di guisa che la vicenda acclarata non conteneva l’intero filmato dell’organizzazione, ma singoli fotogrammi di una ben più ampia rete internazionale.
Sempre nella prospettiva coltivata dal ricorrente, non può non rilevarsi in senso speculare che il giudice dell’esecuzione avrebbe dovuto dare conto dell’avvenuta analisi della fattispecie associativa compiuta nella corrispondente sentenza della fase cognitoria resa dal Tribunale di Milano e verificare se l’ambito di quell’RAGIONE_SOCIALE, per come in concreto accertata nella sua dimensione
storico-naturalistica, intercettava e ricomprendeva – o meno – l’attività associata dal canto suo accertata, sempre in concreto, dal Tribunale di Genova, prendendo atto che il Tribunale di Milano aveva elencato tutte le evidenze, anche captative, ritenute influenti, fra le quali compariva anche una, intercorsa fra COGNOME e COGNOME, avente ad oggetto l’arresto di RAGIONE_SOCIALE COGNOME, ossia una delle persone che la sentenza del Tribunale di Genova aveva annoverato fra gli associati, seppure assoggettata a separato procedimento, sicché sarebbe occorso l’approfondimento dell’emersione – o meno – del coinvolgimento degli RAGIONE_SOCIALE anche nella complessiva attività accertata dal Tribunale di Milano.
5. Alla stregua di queste considerazioni, l’analisi compiuta e la motivazione resa dal giudice dell’esecuzione – nel vagliare la portata di quelle che le due diverse decisioni di merito hanno individuato come altrettante associazioni finalizzate al traffico di sostanze stupefacenti, dispiegatesi in contesti territor indistinti (perché l’una è stata riferita ai luoghi di Milano, altrove e all’este l’altra è stata riferita al territorio dell’Italia, in varie località, sino a c Arenzano e Andora) e in tempo (non semplicemente prossimo, ma) sovrapposto (perché l’una è stata collocata temporalmente dall’aprile al giugno 2003 e l’altra è stata collocata temporalmente dall’aprile al 23 settembre 2003) – si sono rivelate, nella spiegazione della valutazione compiuta in ordine al novero dei partecipanti, ai canali di approvvigionamento e all’oggetto del traffico, in parte contraddittorie e, in parte, incomplete rispetto alle segnalate necessità di verific e approfondimento dianzi evidenziate.
Attesi i rilevanti profili critici affiorati, deve concludersi che l’esame merito dei relativi provvedimenti avrebbe dovuto acclarare e spiegare con adeguata motivazione l’evenienza – o meno – di una pluralità di fatti di reato, contestati nei due procedimenti suindicati e per come ritenuti dai rispettivi provvedimenti decisori, onde stabilire in modo compiuto il punto decisivo: vale a dire, se siano identificabili due organismi associativi distinti e autonomi a cui NOME, nello svolgimento del ruolo apicale riconnesso alla sua condotta, abbia contemporaneamente preso parte, ovvero si sia trattato, piuttosto, di due articolazioni della medesima compagine criminale, che erano state indagate e processualmente inquadrate dai diversi angoli visuali segnalati dalla pregressa ordinanza esecutiva emessa in tempo pregresso.
La complessiva linea ermeneutica puntualizzata in precedenza, relativa all’applicazione dei precetti stabiliti dall’art. 669, in relazione all’art. 649, proc. pen., non si profila, quindi, essere stata adeguatamente osservata nelle argomentazioni poste a base dell’ordinanza impugnata, con il conseguente, ineludibile rilievo della corrispondente carenza.
Pertanto, l’ordinanza impugnata deve essere annullata con rinvio al giudice dell’esecuzione a quo per lo svolgimento del nuovo giudizio sul tema qui affrontato, giudizio che – potendo dispiegarsi, pur sempre, con intatta libertà valutativa – tenga tuttavia conto dei principi di diritto testé esposti.
P.Q.M.
Annulla l’ordinanza impugnata con rinvio per nuovo giudizio al Tribunale di Milano.
Così deciso il 19 giugno 2024