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Ne bis in idem: non applicabile tra reati diversi

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un imprenditore condannato per reati fiscali. La Corte ha chiarito che il principio del ‘ne bis in idem’ non si applica tra il reato di occultamento di documentazione contabile e quelli di omessa dichiarazione e indebita compensazione, poiché le condotte sono eterogenee e tutelano beni giuridici differenti. Viene così confermata la condanna per aver omesso le dichiarazioni fiscali e utilizzato crediti inesistenti.

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Pubblicato il 12 novembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ne bis in idem: quando due reati fiscali non sono lo ‘stesso fatto’

Il principio del ne bis in idem, che vieta di processare due volte una persona per lo stesso fatto, è un cardine del nostro ordinamento. Tuttavia, la sua applicazione richiede un’attenta analisi della ‘identità del fatto’. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un chiarimento cruciale in ambito di reati tributari, stabilendo che l’occultamento di scritture contabili e l’omessa dichiarazione fiscale costituiscono reati distinti e, pertanto, non attivano il divieto di un secondo giudizio.

Il Contesto del Caso: Dalla Condanna all’Appello

Il caso riguarda un imprenditore, legale rappresentante di una società, condannato in primo e secondo grado a due anni di reclusione per reati fiscali. Specificamente, le accuse erano di omessa presentazione della dichiarazione (art. 5, D.Lgs. 74/2000) e di indebita compensazione di crediti inesistenti (art. 10-quater, D.Lgs. 74/2000). Secondo l’accusa, l’imprenditore aveva omesso di presentare le dichiarazioni per gli anni 2016 e 2017 e aveva utilizzato crediti IVA e da lavoro dipendente fittizi per un importo superiore a 50.000 euro.

I Motivi del Ricorso: il Principio del Ne bis in idem e le Presunte Contraddizioni

L’imprenditore ha presentato ricorso in Cassazione basandosi su due motivi principali.

Il primo e più rilevante motivo riguardava la presunta violazione del principio del ne bis in idem. La difesa sosteneva che, per l’annualità 2016, l’imputato era già sotto processo per un altro reato: l’occultamento doloso della documentazione contabile della sua società. Secondo questa tesi, i due procedimenti riguardavano la stessa vicenda storica, rendendo illegittimo il secondo processo.

Il secondo motivo di doglianza si concentrava su una presunta illogicità della sentenza. Nello stesso procedimento, l’imputato era stato assolto dall’accusa di dichiarazione infedele (art. 4, D.Lgs. 74/2000) per mancata prova del superamento della soglia di punibilità. La difesa argomentava che le stesse ragioni avrebbero dovuto portare a un’assoluzione anche per le altre accuse.

Le Motivazioni della Decisione: Perché il Ne bis in idem non si applica

La Corte di Cassazione ha respinto entrambi i motivi, dichiarando il ricorso inammissibile. Sul punto cruciale del ne bis in idem, i giudici hanno chiarito che non vi è alcuna sovrapposizione tra le condotte contestate. Il reato di occultamento doloso della documentazione contabile è del tutto ‘eterogeneo’ rispetto ai reati di omessa dichiarazione e indebita compensazione.

I presupposti dei reati sono infatti completamente diversi:
1. Occultamento di scritture contabili: La condotta consiste nel nascondere o distruggere la contabilità per impedire la ricostruzione dei redditi o del volume d’affari.
2. Omessa dichiarazione: La condotta consiste nel non presentare le dichiarazioni fiscali obbligatorie.
3. Indebita compensazione: La condotta consiste nell’utilizzare crediti non spettanti o inesistenti per ridurre i debiti fiscali.

La Corte ha sottolineato che si tratta di fattispecie con strutture e contenuti normativi distinti, che non condividono lo stesso ‘fatto storico-naturale’ necessario per l’applicazione del principio.

Per quanto riguarda il secondo motivo, la Cassazione ha ribadito che l’assoluzione per un reato non implica automaticamente l’insussistenza degli altri. La mancata prova del superamento della soglia per la dichiarazione infedele non ha alcuna incidenza sulla colpevolezza per l’omessa dichiarazione e l’indebita compensazione, reati che si basano su presupposti fattuali e probatori autonomi, come accertato dall’Agenzia delle Entrate.

Conclusioni

L’ordinanza ribadisce un principio fondamentale: per invocare il ne bis in idem non è sufficiente che i reati siano connessi o facciano parte della stessa strategia criminale. È necessaria una vera e propria identità del fatto storico. La decisione consolida l’orientamento secondo cui i diversi reati previsti dalla normativa tributaria, pur potendo concorrere, tutelano aspetti differenti della trasparenza fiscale e del corretto adempimento degli obblighi contributivi. L’inammissibilità del ricorso ha comportato per il ricorrente la condanna al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende.

Quando si applica il principio del ‘ne bis in idem’ in materia penale?
Si applica quando una persona rischia di essere processata due volte per lo stesso identico fatto storico-naturale, a prescindere dalla qualificazione giuridica data al fatto. Non basta una mera connessione tra i reati.

Perché il reato di occultamento di scritture contabili è considerato diverso da quello di omessa dichiarazione?
Sono considerati diversi perché le condotte sono eterogenee. L’occultamento mira a impedire la ricostruzione dei redditi distruggendo le prove contabili, mentre l’omessa dichiarazione consiste nel non adempiere all’obbligo di presentare la dichiarazione dei redditi. I presupposti e gli elementi costitutivi dei due reati sono completamente distinti.

L’assoluzione da un’accusa in un processo implica automaticamente l’assoluzione per le altre?
No. Come chiarito dalla Corte, l’assoluzione da un’accusa (in questo caso, dichiarazione infedele) non incide sulla valutazione di colpevolezza per altri reati contestati (omessa dichiarazione e indebita compensazione), poiché ciascuna fattispecie ha differenze strutturali e contenutistiche che richiedono una valutazione autonoma.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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