Ne bis in idem: No alla Violazione con una Sanzione Disciplinare
La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, è tornata a pronunciarsi su un tema di grande rilevanza giuridica: i confini applicativi del principio del ne bis in idem. Questo principio, che vieta di processare due volte una persona per lo stesso fatto, è stato al centro di un ricorso in cui si contestava la coesistenza di una sanzione penale e una disciplinare. Vediamo come la Suprema Corte ha risolto la questione.
I Fatti del Processo
Il caso nasce dal ricorso presentato da un imputato contro una sentenza della Corte d’Appello che lo aveva condannato per il reato di cui all’art. 337 del codice penale (resistenza a un pubblico ufficiale) e altro. Il ricorrente si è rivolto alla Corte di Cassazione lamentando diverse presunte violazioni di legge.
I Motivi del Ricorso in Cassazione
L’imputato ha basato il suo ricorso su tre motivi principali:
1. La violazione del principio del ne bis in idem, sostenendo che l’applicazione di una sanzione disciplinare per lo stesso fatto oggetto della sanzione penale costituisse un’illegittima duplicazione sanzionatoria.
2. Un vizio di motivazione e una violazione di legge riguardo alla configurabilità stessa del reato contestato.
3. Una violazione di legge per la mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, che avrebbero potuto comportare una riduzione della pena.
L’analisi della Corte sul ne bis in idem
La Corte di Cassazione ha ritenuto il primo motivo manifestamente infondato. I giudici hanno chiarito che, secondo la giurisprudenza consolidata, non si ha una violazione del principio del ne bis in idem quando per il medesimo fatto coesistono una sanzione penale e una sanzione disciplinare. La Corte ha richiamato l’interpretazione fornita dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo nella celebre causa ‘Grande Stevens contro Italia’. In base a tale interpretazione, una sanzione disciplinare, per la sua specifica qualificazione giuridica, natura e grado di severità, non può essere considerata equiparabile a una sanzione di natura penale. Di conseguenza, le due possono coesistere senza che si configuri un doppio giudizio per il medesimo illecito.
La Decisione della Corte sugli Altri Motivi
Anche gli altri due motivi di ricorso sono stati respinti dalla Corte.
Il secondo motivo, relativo alla configurabilità del reato, è stato giudicato ‘generico’. La Corte ha osservato che le censure del ricorrente non si confrontavano adeguatamente con le argomentazioni puntuali e logiche esposte dalla Corte d’Appello nella sentenza impugnata.
Infine, il terzo motivo, riguardante le attenuanti generiche, è stato ritenuto al di fuori della valutazione di legittimità propria della Cassazione. I giudici di merito avevano già adeguatamente motivato la loro decisione, evidenziando una carenza di elementi positivi che potessero giustificare il riconoscimento di tali circostanze a favore dell’imputato.
Le Motivazioni
La decisione della Corte si fonda su principi giuridici consolidati. La distinzione tra sanzione penale e disciplinare è cruciale per definire l’ambito del ne bis in idem. Mentre la prima ha una finalità punitiva e repressiva a tutela dell’intera collettività, la seconda ha una funzione legata al rispetto di specifiche norme deontologiche o di condotta all’interno di un ordinamento particolare (come quello professionale o amministrativo). La genericità del secondo motivo e l’inammissibilità del terzo ribadiscono il ruolo della Cassazione come giudice di legittimità, che non può sostituire la propria valutazione dei fatti a quella, se logicamente motivata, dei giudici di merito.
Le Conclusioni
Con questa ordinanza, la Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende. La pronuncia conferma un orientamento giurisprudenziale chiaro: il cumulo tra sanzione penale e sanzione disciplinare per lo stesso fatto è legittimo e non viola il divieto di doppio processo, data la diversa natura e finalità delle due misure.
L’applicazione di una sanzione penale e una disciplinare per lo stesso fatto viola il principio del ne bis in idem?
No, la Corte di Cassazione ha chiarito che non vi è violazione, perché una sanzione disciplinare, per sua natura e gravità, non è equiparabile a una sanzione penale secondo l’interpretazione derivante dalla giurisprudenza europea (caso ‘Grande Stevens contro Italia’).
Perché il secondo motivo di ricorso è stato considerato generico?
È stato ritenuto generico perché non si confrontava specificamente con le argomentazioni dettagliate e logiche fornite dalla Corte d’Appello nella sentenza impugnata, limitandosi a una contestazione non approfondita.
È possibile contestare in Cassazione la mancata concessione delle attenuanti generiche?
Generalmente no, se i giudici di merito hanno già motivato la loro decisione. La Cassazione ha stabilito che tale valutazione esula dal suo giudizio di legittimità, in quanto i giudici dei gradi precedenti avevano già rappresentato la mancanza di elementi positivi per giustificare il riconoscimento di tali circostanze.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 31153 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 31153 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 11/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a PESCARA il 16/11/1987
avverso la sentenza del 21/10/2024 della CORTE APPELLO di L’AQUILA
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME
N. 12865/25 Spinelli
OSSERVA
Visti gli atti e la sentenza impugnata (condanna per il reato di cui all’art. 337 cod. pen. e altro);
Esaminati i motivi di ricorso;
Ritenuto che il primo motivo dedotto nel ricorso, attinente alla pretesa violazione del principio del ne bis in idem è manifestamente infondato, dal momento che secondo la giurisprudenza di legittimità non integra una violazione del detto principio l’irrogazione, per il medesimo fatto oggetto di sanzione penale, di una sanzione disciplinare che, per qualificazione giuridica, natura e grado di severità non può essere equiparata a quella penale, secondo l’interpretazione data dalla sentenza emessa dalla Corte Europea dei diritti dell’uomo nella causa “RAGIONE_SOCIALE” del 4 marzo 2014 (Sez. 6, n. 1645 del 12/11/2019, dep. 2020, Montella, Rv. 278099);
Ritenuto che il secondo motivo di ricorso, relativo alla violazione di legge e al vizio di motivazione in ordine alla configurabilità del reato, è generico poiché si non si misura affatto con gli apprezzamenti di merito adeguatamente scrutinati dalla Corte d’appello con puntuale e logico apparato argomentativo (v. in particolare p. 4-6);
Ritenuto che l’ultimo motivo dedotto con il ricorso, con cui si censura la violazione di legge quanto alla mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche, esula dalla valutazione di legittimità perché i giudici di merito hanno rappresentato la carenza di elementi positivi idonei a giustificare il riconoscimento di tali circostanze);
Rilevato, pertanto, che il ricorso debba essere dichiarato inammissibile, con la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P. Q. M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 11/07/2025