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Ne bis in idem: no, se il fatto storico è diverso

Due amministratori, condannati per bancarotta fraudolenta per aver distratto fondi e utilizzato false fatture, hanno invocato il principio del ne bis in idem, sostenendo di essere già stati giudicati per reati fiscali per gli stessi fatti. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, specificando che il principio non si applica perché il ‘fatto storico’ del reato di bancarotta (depauperamento del patrimonio sociale a danno dei creditori) è diverso da quello del reato fiscale (evasione delle imposte a danno dell’Erario).

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Pubblicato il 12 dicembre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ne bis in idem e Bancarotta: Non si può essere processati due volte, ma il ‘fatto’ deve essere lo stesso

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 31687/2024, offre un’importante lezione sul principio del ne bis in idem, un cardine del nostro sistema giuridico che sancisce il divieto di essere processati due volte per lo stesso fatto. Il caso analizzato riguarda la condanna di due amministratori per bancarotta fraudolenta, i quali sostenevano che le condotte contestate fossero già state oggetto di un altro procedimento penale per reati fiscali. La Suprema Corte ha chiarito quando due reati, pur originando da azioni simili, costituiscono ‘fatti storici’ distinti e, pertanto, non violano tale principio.

I Fatti del Caso: Dalla Distrazione di Beni all’Accusa di Bancarotta

Due amministratori di una società sono stati condannati in primo e secondo grado per diversi reati di bancarotta. Le accuse principali includevano:
1. Bancarotta per distrazione: Per non aver incassato un credito di 13.500 euro derivante dalla vendita di autovetture aziendali.
2. Bancarotta fraudolenta documentale e patrimoniale: Per aver utilizzato fatture relative a operazioni inesistenti per distrarre somme di denaro dalla società, simulando pagamenti e contribuendo a causarne il dissesto.

La Corte d’appello di L’Aquila aveva confermato la condanna a tre anni di reclusione per ciascun imputato, oltre alle pene accessorie.

La Difesa degli Imputati e il Principio del Ne bis in idem

Gli imputati hanno presentato ricorso in Cassazione basandosi su tre motivi principali. Il più rilevante riguardava la presunta violazione del principio del ne bis in idem. Secondo la difesa, i fatti relativi all’emissione e all’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti erano già stati giudicati in un precedente procedimento per reati tributari (ai sensi del D.Lgs. 74/2000), conclusosi con la prescrizione. Di conseguenza, ritenevano di non poter essere nuovamente processati per le stesse condotte, anche se qualificate diversamente come reato di bancarotta.

Inoltre, contestavano la configurabilità della distrazione per la mancata riscossione del credito, ritenendola una scelta di gestione prudente e l’importo irrisorio rispetto al patrimonio sociale.

La Decisione della Cassazione: Perché il Ne bis in idem non si applica

La Corte di Cassazione ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo chiarimenti decisivi sull’applicazione del principio del ne bis in idem in relazione a reati fallimentari e tributari.

La Distinzione Cruciale: Fatto Storico-Naturalistico

La Corte ha ribadito che, per invocare il divieto di un secondo giudizio, non è sufficiente una generica somiglianza delle condotte, ma è necessaria una completa identità del ‘fatto storico’. Quest’ultimo va inteso nella sua dimensione naturalistica, basandosi sulla triade condotta-nesso causale-evento. Se anche solo uno di questi elementi differisce, non si può parlare di ‘medesimo fatto’.

Reato Tributario vs. Reato di Bancarotta: Due Eventi Diversi

Applicando questo criterio, la Cassazione ha dimostrato che i fatti contestati nei due procedimenti erano strutturalmente diversi:
* Reato tributario (es. dichiarazione fraudolenta): La condotta è la presentazione di una dichiarazione fiscale non veritiera, utilizzando fatture false. L’evento lesivo è l’evasione dell’imposta, con un danno diretto per l’Erario. Il dolo è specifico: agire al fine di evadere le tasse.
* Reato di bancarotta (es. distrazione): La condotta è l’atto di depauperamento del patrimonio sociale, ad esempio pagando fatture false per drenare liquidità. L’evento è il pericolo o il danno concreto per i creditori, la cui garanzia patrimoniale viene ridotta. Il dolo è generico: la consapevolezza di dare al patrimonio una destinazione diversa da quella dovuta.

Anche se lo strumento (la fattura falsa) può essere lo stesso, le condotte materiali, gli eventi giuridici e gli elementi psicologici sono completamente differenti.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che nel reato di bancarotta, le fatture false non rilevano in quanto strumento di frode fiscale, ma come giustificazione contabile per distrarre somme di denaro dalla società. L’azione punita è l’impoverimento dell’azienda, che pregiudica le ragioni dei creditori. Al contrario, nel reato tributario, l’azione punita è la frode ai danni dello Stato.

Per quanto riguarda la mancata riscossione del credito di 13.500 euro, i giudici hanno confermato che anche l’omissione di un’azione dovuta, come l’incasso di un credito, costituisce una condotta di depauperamento del patrimonio e integra il reato di bancarotta per distrazione. L’entità della somma è stata ritenuta tutt’altro che irrisoria.

Conclusioni: Le Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa sentenza consolida un orientamento giurisprudenziale cruciale: un’azione illecita può avere rilevanza penale sotto diversi profili, dando origine a procedimenti distinti senza violare il principio del ne bis in idem. Gli amministratori e gli imprenditori devono essere consapevoli che una condotta finalizzata a evadere le imposte, se al contempo impoverisce il patrimonio sociale, può essere perseguita sia come reato tributario sia come bancarotta. La decisione della Cassazione serve come monito: la valutazione del ‘medesimo fatto’ va condotta con un approccio rigoroso e naturalistico, analizzando tutti gli elementi costitutivi del reato e non fermandosi a una somiglianza superficiale delle condotte.

È possibile essere processati per bancarotta per fatti già giudicati in un procedimento per reati fiscali?
Sì, è possibile se il ‘fatto storico’ non è identico. La Corte di Cassazione ha chiarito che il reato fiscale (es. frode al Fisco) e il reato di bancarotta (es. distrazione di beni a danno dei creditori) costituiscono fatti diversi perché differiscono nella condotta, nell’evento lesivo e nell’elemento psicologico, anche se originano dall’utilizzo degli stessi documenti, come fatture false.

La mancata riscossione di un credito può essere considerata bancarotta per distrazione?
Sì. La sentenza conferma che il patrimonio di una società è composto non solo da beni materiali ma anche da entità immateriali, come i crediti. La mancata riscossione volontaria di un credito costituisce un atto di depauperamento del patrimonio sociale e, pertanto, può integrare il reato di bancarotta per distrazione, in quanto sottrae risorse che dovrebbero garantire i creditori.

Cosa si intende per ‘medesimo fatto’ ai fini dell’applicazione del principio del ne bis in idem?
Per ‘medesimo fatto’ si intende un’identità storico-naturalistica che riguarda tutti gli elementi costitutivi del reato: la condotta, il nesso causale e l’evento. Non è sufficiente che la condotta materiale sia parzialmente la stessa; se l’evento giuridico (il danno prodotto) e l’intenzione dell’agente sono diversi, i fatti sono considerati distinti e il principio del ne bis in idem non opera.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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