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Ne bis in idem: no se i fatti storici sono diversi

Un individuo, prima assolto e poi condannato per associazione mafiosa, ha invocato il principio del ne bis in idem. La Corte di Cassazione ha dichiarato il ricorso inammissibile, confermando che i due processi riguardavano associazioni criminali distinte e quindi fatti storici diversi. La reiterazione di questioni già decise ha portato all’inammissibilità del ricorso.

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Pubblicato il 19 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ne bis in idem: Quando essere processati due volte non viola la legge

Il principio del ne bis in idem, che vieta di essere processati due volte per lo stesso fatto, è un pilastro del nostro sistema giuridico. Tuttavia, la sua applicazione non è sempre automatica e richiede un’attenta analisi del “medesimo fatto”. Una recente sentenza della Corte di Cassazione (Sent. N. 1295/2024) offre un chiarimento cruciale su questo tema, stabilendo che due sentenze per lo stesso tipo di reato non violano tale principio se si riferiscono a contesti associativi e fatti storici differenti.

Il Caso: Assoluzione e Condanna per lo Stesso Reato

La vicenda giudiziaria riguarda un individuo che, nel corso degli anni, è stato destinatario di due sentenze definitive per il reato di partecipazione ad associazione di tipo mafioso (art. 416-bis c.p.).

1. La prima sentenza, divenuta irrevocabile nel 2000, lo aveva assolto.
2. La seconda sentenza, divenuta irrevocabile nel 2007, lo aveva invece condannato per lo stesso tipo di reato.

Ritenendo che la condanna violasse il divieto di essere giudicato due volte per lo stesso fatto, l’interessato ha prima tentato la via della revisione della condanna e, successivamente, ha promosso un incidente di esecuzione chiedendo la revoca della sentenza di condanna ai sensi dell’art. 649 c.p.p.

La Corte d’Appello di Palermo, in qualità di giudice dell’esecuzione, ha dichiarato l’istanza inammissibile, sottolineando che la questione era già stata esaminata e respinta in precedenti occasioni. Contro questa decisione, l’imputato ha proposto ricorso in Cassazione.

L’applicazione del ne bis in idem e il concetto di ‘medesimo fatto’

Il cuore della questione legale risiede nell’interpretazione del concetto di “medesimo fatto”. Il ricorrente sosteneva che, essendo stato giudicato due volte per il reato di associazione mafiosa, il principio del ne bis in idem era stato palesemente violato.

Tuttavia, la Corte di Cassazione ha rigettato questa interpretazione. Già in una precedente pronuncia (la n. 47088/2022), la stessa Corte aveva stabilito che la violazione del divieto non sussisteva. La ragione fondamentale era che, sebbene il titolo del reato fosse identico (partecipazione ad associazione mafiosa), le due sentenze si riferivano a due associazioni criminali diverse e distinte tra loro.

Di conseguenza, non si trattava del “medesimo fatto storico”, ma di due condotte separate, ciascuna relativa a un diverso sodalizio criminale. Pertanto, il principio del ne bis in idem non poteva trovare applicazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

Le Motivazioni

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso manifestamente infondato e, quindi, inammissibile. La motivazione è netta: il ricorso era meramente reiterativo di una questione già ampiamente discussa e decisa in modo definitivo. La Corte ha richiamato le sue precedenti decisioni sul caso, ribadendo che l’insussistenza del bis in idem era già stata accertata. I giudici hanno sottolineato che non è sufficiente che il nomen iuris (il nome del reato) sia lo stesso; è necessario che vi sia identità del fatto storico, inteso come condotta, evento e nesso causale. In questo caso, i fatti storici contestati nei due processi erano distinti, poiché si riferivano a due diverse organizzazioni mafiose.

Le Conclusioni

La sentenza consolida un importante principio interpretativo: per aversi violazione del ne bis in idem, non basta l’identità del tipo di reato contestato, ma è necessaria l’identità del fatto storico concreto. La partecipazione a due diverse associazioni criminali costituisce due fatti distinti, anche se entrambi integrano il medesimo articolo del codice penale. Inoltre, la Corte ha sanzionato il comportamento processuale del ricorrente, condannandolo al pagamento delle spese processuali e di una somma in favore della Cassa delle ammende, a causa della manifesta infondatezza e della natura ripetitiva del ricorso, che ha inutilmente impegnato il sistema giudiziario su una questione già risolta.

Cosa significa che un ricorso è “reiterativo” e perché viene dichiarato inammissibile?
Un ricorso è “reiterativo” quando ripropone le stesse questioni e gli stessi motivi già esaminati e respinti in una precedente decisione definitiva. Viene dichiarato inammissibile perché il sistema processuale non consente di rimettere in discussione all’infinito questioni già decise, al fine di garantire la certezza del diritto e l’efficienza della giustizia.

Qual è la differenza tra “stesso reato” e “medesimo fatto” ai fini del ne bis in idem?
Lo “stesso reato” si riferisce alla qualificazione giuridica (es. associazione mafiosa, art. 416-bis c.p.). Il “medesimo fatto” si riferisce alla condotta storica concreta dell’imputato. La sentenza chiarisce che il divieto di un secondo giudizio (ne bis in idem) si applica solo quando vi è identità del fatto storico, non solo del tipo di reato. Partecipare a due associazioni criminali distinte sono due fatti diversi, anche se entrambi costituiscono lo stesso tipo di reato.

Si può essere processati due volte per lo stesso tipo di reato senza violare il principio del ne bis in idem?
Sì, secondo questa sentenza è possibile. Se una persona commette due volte un reato dello stesso tipo (es. due furti in momenti diversi o, come nel caso di specie, la partecipazione a due distinte associazioni criminali), sarà soggetta a due processi e due eventuali condanne distinte, poiché si tratta di fatti storici separati e non del “medesimo fatto”.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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