Ne bis in idem: la Cassazione chiarisce quando due fatti simili non sono lo stesso fatto
Il principio del ne bis in idem, sancito dall’articolo 649 del codice di procedura penale, rappresenta un pilastro del nostro ordinamento giuridico, garantendo che nessun cittadino possa essere processato due volte per il medesimo fatto. Tuttavia, la sua applicazione non è sempre automatica e richiede un’attenta analisi del caso concreto. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione offre un importante spunto di riflessione sulla distinzione tra ‘medesimo fatto storico’ e ‘pluralità di reati’, anche quando le condotte appaiono estremamente simili.
Il Caso: Due Transazioni, un Unico Reato?
La vicenda trae origine dal ricorso di un imputato, condannato in relazione a due sentenze distinte. Secondo la sua tesi difensiva, entrambe le condanne si riferivano al medesimo fatto storico, violando così il principio del ne bis in idem. Nello specifico, l’uomo aveva effettuato, nella stessa giornata, due transazioni non autorizzate dello stesso identico importo, prelevando fondi dai conti correnti di due diverse persone offese. A suo avviso, la contestualità e l’identità dell’importo avrebbero dovuto ricondurre le due azioni a un’unica condotta criminosa.
La Decisione della Cassazione sul ne bis in idem
La Suprema Corte ha respinto categoricamente la tesi del ricorrente, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno chiarito che, sebbene vi siano delle analogie, le due operazioni bancarie costituiscono due condotte distinte e, di conseguenza, una pluralità di reati.
La Pluralità delle Condotte
Il punto centrale della decisione risiede nell’individuazione di due azioni separate, sia dal punto di vista naturalistico che giuridico. L’imputato ha posto in essere due diverse transazioni che, seppur simili per modalità e importo, hanno leso il patrimonio di due soggetti giuridici distinti. Ogni operazione ha avuto un suo iter e ha colpito una vittima differente. Questa distinzione è sufficiente a escludere che si tratti del ‘medesimo fatto storico’ richiesto per l’applicazione del ne bis in idem.
Il Concorso di Reati
Di conseguenza, la Corte ha configurato la fattispecie come un concorso di reati. Non siamo di fronte a un singolo atto che viola più norme o a più atti che costituiscono un unico reato complesso, bensì a due reati distinti, commessi in un arco temporale ravvicinato. La preclusione all’applicazione degli articoli 649 e 669 del codice di procedura penale è, pertanto, una logica conseguenza di questa interpretazione.
Le Motivazioni della Corte
La Corte ha motivato la sua decisione sottolineando che il principio del ne bis in idem si applica all’identità del fatto storico, inteso come l’insieme degli elementi materiali della condotta (azione, evento, nesso causale), e non alla mera somiglianza delle modalità esecutive. Nel caso di specie, la presenza di due persone offese diverse rende i due fatti storici intrinsecamente differenti. Ogni vittima ha subito una lesione patrimoniale autonoma, originata da una distinta azione illecita. Pertanto, la condanna per ciascun episodio non costituisce una duplicazione del giudizio.
Le Conclusioni: Implicazioni Pratiche
Questa ordinanza ribadisce un principio fondamentale: l’identità del ‘fatto’ ai fini del ne bis in idem deve essere valutata con rigore. La semplice analogia tra due condotte criminali, anche se avvenute lo stesso giorno e con le stesse modalità, non è sufficiente a integrare il requisito del ‘medesimo fatto’ se le azioni ledono soggetti diversi. La decisione comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e al versamento di una somma alla Cassa delle ammende, a causa della manifesta infondatezza del ricorso, confermando che l’abuso degli strumenti processuali ha conseguenze economiche.
Due transazioni identiche ma a danno di vittime diverse costituiscono un unico reato ai fini del ne bis in idem?
No. Secondo la Corte di Cassazione, si tratta di due condotte distinte che integrano una pluralità di reati, poiché ledono il patrimonio di due soggetti diversi. Pertanto, non si applica il principio del ne bis in idem.
Qual è il criterio per stabilire se si tratta del ‘medesimo fatto storico’?
Il criterio si basa sull’identità degli elementi materiali della condotta (azione, evento, nesso causale). La semplice somiglianza nelle modalità esecutive o la contestualità temporale non sono sufficienti se le vittime dell’azione criminosa sono differenti.
Cosa comporta la dichiarazione di inammissibilità di un ricorso in Cassazione?
Comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in assenza di elementi che escludano la colpa, al versamento di una somma di denaro in favore della Cassa delle ammende.
Testo del provvedimento
Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 30412 Anno 2024
Penale Ord. Sez. 7 Num. 30412 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 04/04/2024
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso l’ordinanza del 28/12/2023 del TRIBUNALE di TERMINI IMERESE
dato avviso alle parti; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
Visti gli atti e l’ordinanza impugnata; letti i motivi del ricorso;
rilevato che NOME COGNOME si duole dell’omesso riconoscimento, da parte del giudice dell’esecuzione, del ne bis in idem in relazione a due sentenze di condanna che, a suo modo di vedere, atterrebbero al medesimo fatto storico;
che il Tribunale di Termini Imerese ha, nondimeno, chiarito che COGNOMECOGNOME COGNOME 22 maggio 2014, pose in essere due distinte condotte, effettuando altrettante transazioni non autorizzate, dell’importo di euro 391,77 ciascuna, sui conti correnti di diverse persone offese – NOME COGNOME e NOME COGNOME – onde tangibile è, a dispetto delle riscontrate analogie, il concorso, sotto il profilo s naturalistico che giuridico, di una pluralità di reati e la conseguente preclusione all’applicazione delle regole fissate dagli artt. 649 e 669 cod. proc. pen.;
ritenuto che, pertanto, deve essere dichiarata la inammissibilità del ricorso, con conseguente condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e, in mancanza di elementi atti a escludere la colpa nella determinazione della causa di inammissibilità, al versamento della somma di tremila euro in favore della Cassa delle ammende;
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Così deciso il 04/04/2024.