Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 27656 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 27656 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data Udienza: 30/04/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da COGNOME NOMECOGNOME nato a Esperia il 11-08-1946, avverso l ‘ordinanza del 17-09-2024 del Tribunale di Cassino; visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni rassegnate dal Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale, dott.ssa NOME COGNOME che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con ordinanza del 17 settembre 2024, il Tribunale di Cassino, in sede esecutiva, in accoglimento della richiesta del P.M., revocava il beneficio della sospensione condizionale della pena concesso a NOME COGNOME con la sentenza resa dal medesimo Tribunale il 9 giugno 2022, divenuta irrevocabile il 15 maggio 2023, con la quale l’imputato era stato condannato alla pena di 22.500 euro di ammenda, in ordine al reato di occupazione senza titolo del demanio marittimo, accertato il 12 luglio 2018, essendo stata la sospensione condizionale della pena subordinata alla demolizione delle opere abusive e al ripristino dello stato dei luoghi.
Avverso la decisione del Tribunale laziale, COGNOME tramite il suo difensore di fiducia, ha proposto ricorso per cassazione, sollevando un unico motivo, con il quale la difesa deduce la violazione de ll’ art. 649 cod. proc. pen., evidenziando che il giudice dell’esecuzione avrebbe erroneamente ritenuto inapplicabile nel caso di specie il principio del ne bis in idem , non considerando che il Tribunale di Latina, Sezione distaccata di Gaeta, con sentenza emessa il 5 maggio 2006, ha ritenuto l’occupaz ione in esame non insistente su suolo demaniale, dichiarando l’insussistenza del fatto, per cui la condotta de qua era già coperta dal giudicato. Del resto, sottolinea la difesa, sul piano logico è evidente che se un primo giudice ha assolto l’imputato perché il fatto non sussiste, un secondo giudice non può condannare lo stesso imputato per avere lasciato gli stessi manufatti nel medesimo luogo in cui il primo giudice gli aveva riconosciuto il diritto di farlo.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è inammissibile perché manifestamente infondato.
Il tema sollevato dalla difesa costituisce invero la riproposizione di una
questione che nell’ordinanza impugnata ha già trovato un’adeguata risposta. Il giudice dell’esecuzione, infatti, nel confrontarsi con l’eccezione difensiva secondo cui la contestata condotta di occupazione abusiva del demanio marittimo sarebbe coperta dal giudicato di proscioglimento di cui alla sentenza del Tribunale di Latina, Sezione distaccata di Gaeta, del 5 maggio 2006, irrevocabile il 27 giugno 2006, ha evidenziato, da un lato, che la tematica era stata già valutata e superata nel giudizio di cognizione, definito con la sentenza emessa dal Tribunale di Cassino il 9 giugno 20 22, divenuta irrevocabile il 15 maggio 2023, e dall’altro che la condotta di abusiva occupazione demaniale, risultata perdurante, come accertato dalla Capitaneria di Porto di Gaeta con le note del 21 marzo e del 13 agosto 2024, era riferita a un periodo di molto successivo ai fatti oggetto della richiamata pronuncia assolutoria, per cui non vi era spazio per l’operatività dell’invocato ne bis in idem .
Orbene, con le pertinenti considerazioni dell’ordinanza impugnata, il ricorso non si confronta adeguatamente, il che giustifica la declaratoria di inammissibilità del ricorso, risultando del resto l’impostazione del giudice dell’esecuzione coerente con il condiviso principio elaborato da questa Corte (cfr. Sez. 3, n. 9988 del 19/12/2019, dep. 2020, Rv. 278534), secondo cui, in tema di reato permanente, il divieto di un secondo giudizio rigu arda la condotta delineata nell’ imputazione ed accertata con sentenza, di condanna o di assoluzione, divenuta irrevocabile e non anche la prosecuzione della stessa condotta o la sua ripresa in epoca successiva, giacché si tratta di ‘fatto storico’ diverso non coperto dal giudicato.
Ne consegue che la revoca della sospensione condizionale della pena deve essere ritenuta legittima, stante l’accertato inadempimento alle prescrizioni imposte.
3 . Alla stregua delle considerazioni svolte, il ricorso proposto nell’interesse di COGNOME deve essere dichiarato pertanto inammissibile, con conseguente onere per il ricorrente, ex art. 616 cod. proc. pen., di sostenere le spese del procedimento. Tenuto conto infine della sentenza della Corte costituzionale n. 186 del 13 giugno 2000, e considerato che non vi è ragione di ritenere che il ricorso sia stato presentato senza ‘versare in colpa nella determinazione della causa di inammissibilità’, si dis pone che il ricorrente versi la somma, determinata in via equitativa, di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 30.04.2025