Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 31243 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 31243 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 18/04/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 19/12/2023 della CORTE APPELLO di FIRENZE
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
udito il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore AVV_NOTAIO che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito il difensore l’avvocato COGNOME NOME si riporta integralmente ai motivi ed insiste nell’accoglimento del ricorso
Ritenuto in fatto
1.E’ stata impugnata la sentenza della Corte d’appello di Firenze del 19 dicembre 2023, che previa rideterminazione del trattamento sanzionatorio – ha confermato la pronuncia di
affermazione di responsabilità del Tribunale di Firenze all’esito del rito abbreviato nei con di NOME in relazione al delitto di cui agli artt. 612 comma 2 e 339 cod. pen., commesso in danno di COGNOME NOME NOME 2 settembre 2016, con la recidiva aggravata e reiterata.
2. Il ricorso per cassazione, tramite difensore abilitato, si è affidato a due motivi, che denunciato i vizi di cui all’art. 606 comma 1 lett. b) ed e) cod. proc. pen. – in riferimento all violazione del principio del ne bis in idem di cui all’art. 649 cod. proc. pen. – perché l’imputato sarebbe già stato giudicato per il medesimo fatto storico con sentenza irrevocabile d Tribunale di Firenze del 8 novembre 2016, confermata dalla Corte d’appello del medesimo capoluogo del 19 marzo 2018. In sostanza, l’imputato era stato condannato per il furto di u portafogli in pregiudizio della stessa persona offesa, nelle medesime circostanze di tempo e luogo; la notizia di reato, che aveva condotto all’arresto in quasi-flagranza del preven aveva già formalmente segnalato la commissione del delitto di minacce in danno del COGNOME, subito dopo la realizzazione del furto, per indurlo a desistere dalle insistenti richi restituzione del maltolto prima dell’intervento della polizia giudiziaria; il pubblico ministero aveva esercitato l’azione penale soltanto per il reato di furto; la sentenza di primo gra termine di quel procedimento aveva rilevato che non fosse ravvisabile soluzione di continuit tra il furto e le minacce immediatamente successive; la Corte d’appello, adita con il gravam si era espressa chiaramente, in motivazione – e pur con l’obbligo di confermare la decisione primo grado, di condanna per il furto, non potendo violare il divieto di reformatio in peius -per l’avvenuta integrazione del delitto di rapina impropria in luogo del furto riduttiva contestato dal pubblico ministero ed aveva censurato la condotta dell’imputato sotto ta profilo, negando la concessione dell’attenuante di cui all’art. 62 n. 4 cod. pen.. In defin fatti così descritti sarebbero stati oggetto di completa valutazione nell’ambito del procedimento penale. La sentenza impugnata avrebbe erroneamente ravvisato la diversità del fatto della minaccia rispetto alla condotta consistita nell’asportazione ed impossessamento d portafoglio, avallando così il giudizio di primo grado, che sarebbe a sua volta incorso i travisamento dei dati probatori nel sostenere, contrariamente al vero, che la sentenza del Corte d’appello di Firenze, relativa al furto, non avrebbe preso in considerazion comportamento minaccioso consumato dallo NOME. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Considerato in diritto
Il ricorso è fondato.
1.L’art.649 cod. pen. stabilisce che l’imputato prosciolto o condannato con sentenza o decret penale divenuti irrevocabili non può essere di nuovo sottoposto a procedimento penale per il
medesimo fatto, neppure se questo viene diversamente considerato per il titolo, per il grado per le circostanze, salvo quanto disposto dagli artt. 69 comma 2 e 345 cod. proc. pen..
1.1. Il punto nodale dell’attuale esegesi della norma è rappresentato dalla sentenza della Corte Costituzionale n. 200 del 2016, che ha preso le mosse dall’evoluzione della giurisprudenza europea, a partire dalla sentenza della Grande Camera EDU del 10 febbraio 2009 nel caso COGNOME contro Russia, in relazione all’interpretazione estensiva del tes dell’art.4 del Protocollo addizionale n. 7 della CEDU e che, nella sostanza, ha confermato precisandole in una cornice sistematica, le direttrici tracciate da Sez. U n. 34655 28/06/2005, il P.G. in proc. Donati, Rv.231799 – secondo cui “ai fini della preclusi connessa al principio ne bis in idem, l’identità del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi el costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di lu e di persona”.
1.2. Come noto, la sentenza delle Consulta ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell 649 cod. pen. per contrasto con i principi di natura convenzionale attraverso il richi operato dall’art. 117 Cost. nella parte in cui aveva escluso “che il fatto sia il medesimo p sola circostanza che sussiste un concorso formale tra il reato già giudicato con sentenz divenuta irrevocabile e il reato per cui e iniziato il nuovo procedimento penale”; ha messo rilievo che “il nesso di necessità predicato nel diritto vivente tra concorso formale di r superamento del ne bis in idem inevitabilmente reintroduce nel corpo dell’art. 649 cod. pro pen. profili di apprezzamento sulla dimensione giuridica del fatto” e che tale operazio interpretativa “deve reputarsi sbarrata dall’art. 4 del Protocollo n. 7, perché segna l’abban dell’ idem factum , quale unico fattore per stabilire se sia applicabile o no il divieto di idem , mentre, al contrario, l’esercizio di una nuova azione penale dopo la formazione de giudicato deve dipendere esclusivamente dal raffronto tra la prima contestazione, per come si è sviluppata nel processo, e il fatto posto a base della nuova iniziativa del pubblico minist ed è perciò permessa in caso di diversità, ma sempre vietata nell’ipotesi di medesimezza del fatto storico”.
L’emancipazione dall’idem legale in senso stretto non ha sottratto l’analisi e il giudizio su medesimezza del “fatto” ai criteri normativi di delimitazione del “fatto”, ma ha escluso che “stesso fatto”, una volta inquadrato, possa essere oggetto di una duplicazione o proliferazio di processi penali solo perché giuridicamente qualificato in modo diverso; è stata riaffermata “dimensione esclusivamente processuale” del divieto di ne bis in idem, che “preclude non il simultaneus processus per distinti reati commessi con il medesimo fatto, ma una seconda iniziativa penale, laddove tale fatto sia già stato oggetto di una pronuncia di cara definitivo” (Corte Cost., n. 200 del 2016 cit.; in motivazione, sez. 5, n. 1363 del 25/10/ Abd u ra h ma n ov ic).
Se tale è la prospettiva, la valutazione dellmidem factum”, che ha sostituito il parametro dell’idem legale, non può prescindere dalla considerazione globale della fattispecie monitora e sviscerata in sede giudiziale e, quindi, della rappresentazione che di quel fatto v compiuta dal giudice, con la conseguente necessità di discernere se il giudice ne abbia gi rassegnato conclusioni giuridicamente rilevanti con la prima sentenza divenuta irrevocabile Sullo specifico punto, paiono interessanti alcuni passaggi della decisione della Grande Camera NOME COGNOME contro Russia, cit. – che ha stabilito come la garanzia prevista dall’artic del Protocollo n. 7 riguarda l’inizio di una nuova azione penale, nell’ipotesi in c precedente assoluzione o condanna abbia già acquistato la forza di cosa giudicata e come sia necessario raffrontare la decisione con la quale il primo “procedimento penale” sia sta concluso e l’elenco delle accuse nei confronti del ricorrente in un nuovo procedimento; e tan perché tali atti – ovvero la sentenza irrevocabile e l’imputazione del secondo giudiz -“potrebbero contenere l’indicazione dei fatti che riguardano sia il reato per II quale il richiedente è già stato processato e sia il reato di cui è accusato”. A tali snodi processuali, secondo la Corte EDU, si deve fare riferimento per risolvere la questione se i fatti in entrambi i procedimenti siano identici o sostanzialmente gli stessi” (§ 57). E puntualizza, in proposito, la Corte EDU, che quando si afferma, ai sensi dell’art. 4 del Protocollo n. 7, c reato è il medesimo se “i fatti che lo integrano sono identici oppure sono sostanzialmente g stessi (§ 82)”, deve intendersi per “fatti” «l’insieme di circostanze di fatto concre coinvolgono lo stesso imputato e che sono inestricabilmente legate tra loro nel tempo e nell spazio, la cui esistenza deve essere dimostrata al fine di ottenere una condanna o avviare u procedimento penale» (§ 84).
2.1. L’approdo della Corte di Strasburgo si allinea al principio sovraordinato de “prevedibilità” delle decisioni giudiziarie, di rilevanza costituzionale, non solo sotto della conoscibilità del precetto penale e dei contorni del rimprovero, ma, involgendo il t della punibilità, anche delle conseguenze sanzionatorie in caso di sua violazione Al contribu della giurisprudenza costituzionale e convenzionale conferisce al principio di prevedibilità d decisione giudiziale la più ampia accezione, come comprensiva della prevedibilità della pena che potrà essere irrogata a seguito dell’adozione del comportamento vietato dalla legge penale (artt. 25 comma 2 Cost., 27 comma 2 Cost., artt. 6 e 7 CEDU; cfr. Corte Cost. ord. n. 24 de 2017; sent. n. 98 del 2021; sent. n. 364 del 1988; cfr. sul punto, a titolo esemplificativo, COGNOME contro Cipro del 2008 e COGNOME contro Spagna del 2013, decisi dalla Corte Europea).
2.2. Passando, di conseguenza, al tema della “perimetrazione” della nozione di “fatto già giudicato” alla luce delle direttrici così richiamate, deve essere evocato il principio ge acquisito nel diritto vivente in base al quale la sentenza del giudice possiede carattere uni e in essa si integrano il dispositivo e la motivazione, sicchè la volontà del decidente, anc
fini dell’inquadramento del “fatto” giudicato e della invalicabilità del divieto di un s giudizio su di esso deve essere tratta da un esame globale del contenuto del provvedimento nelle sue articolazioni selettive e delibative. Già la sentenza della Sezioni Unite “Guerra 40049 del 29/05/2008, sia pure con specifico riguardo alla questione dell’efficacia del sentenza penale irrevocabile di assoluzione nel giudizio civile di danno (art. 652 cod. pr pen.), ha osservato come l’assetto ordinamentale introdotto con il Codice di procedura penale del 1988 abbia inteso privilegiare, ai fini della delimitazione del giudicato, “l’accertament “fatto” contenuto ed esplicitato nella motivazione della sentenza rispetto alla formula utili nel dispositivo. Si è così considerato che l’art. 652 cod. proc. pen. a differenza dell’art. codice di procedura penale del 1930, ricollega l’efficacia di giudicato all’ “accertamento” e più alla mera “dichiarazione” dell’insussistenza del fatto e delle altre cause di proscioglimen che, al fine di stabilire l’incidenza del giudicato penale nel giudizio di danno il giudice ci può limitarsi a prendere atto della formula utilizzata nel dispositivo, ma deve tener conto an della motivazione della sentenza penale per individuare le effettive ragioni dell’assoluzi dell’imputato, eventualmente anche prescindendo dalla formula contenuta in dispositivo. Allo stesso modo, l’art. 546 comma 1 lett. e) punto 1) cod. proc. pen. elenca, tra i requ della sentenza del giudice penale, quelli riservati alla motivazione e all’esposizione d risultanze probatorie e, in particolare, delle ragioni riguardanti l’accertamento dei fatti circostanze che si riferiscono all’imputazione e alla loro qualificazione giuridica”; l’art. cod. proc. pen. sancisce che le sentenze penali divenute irrevocabili possono essere acquisite “ai fini della prova di fatto in esse accertato” e giurisprudenza costante attribuisc ricostruzione e all’apprezzamento del fatto, contenuti nella parte motiva della decisione, significativa portata dimostrativa, valorizzabile nell’ambito di un diverso procedimento pen (sez.2, n. 52589 del 06/07/2018, COGNOME, Rv. 275517; sez. 1, n. 11140 del 15/12/2015, Rv. 266338). Altra elaborazione interpretativa di legittimità, collocata nel medesimo solco, ritenuto che l’art. 630, comma 1, lett. a), cod. proc. pen., prevede una causa di revisione « fatti stabiliti a fondamento della sentenza o del decreto penale di condanna non possono conciliarsi con quelli stabiliti in un’altra sentenza penale irrevocabile del giudice ordina un giudice speciale» e che, per «fatti stabiliti», non possano intendersi che i “fatti acce che possono essere solo quelli oggetto di una argomentata verifica, e, quindi, quelli emergent dal discorso motivazionale della sentenza (sez. 3, n. 9340 del 19/01/2024, Fassa, n.m.). Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.3.In definitiva, ad avviso del collegio, la visuale complessiva e “sostanziale”, che l’opz ermeneutica costituzionale e convenzionale suggerisce, impone di concludere che ciò che rileva al fine di valutare se ricorra il veto preclusivo della res iudicata è la rappresentazione del fatto – nella triade “condotta-nesso causale-evento” – non tanto nella sua rispondenza agli element costitutivi dei reati formalmente contestati con l’editto accusatorio, o come condensa nell’asettico tenore del dispositivo, nell’ambito dei due processi, quanto piuttosto c complessivamente e concretamente accertato e vagliato, dal punto di vista giuridico e forier di effetti conseguenti, nel provvedimento decisorio divenuto irrevocabile rispetto a qua
successivamente incorporato dall’imputazione del “nuovo” processo penale (cfr. in motivazione, per analogo principio espresso, sez. 5 n. 47683 del 4/10/2016, Robusti, Rv. 268502).
3.11 fatto nella sua dimensione storico-naturalistica, per il quale, nel caso cond all’attenzione della Corte, è già intervenuta condanna è solo apparentemente diverso.
Il verdetto della prima sentenza, nella sua dimensione formale, ha riguardato il furto portafogli in danno di COGNOME NOMENOME ricondotto al perimetro della norma incriminatrice di all’art. 624 cod. pen.. L’azione penale è stata successivamente esercitata dal pubblic ministero per la minaccia aggravata in pregiudizio della medesima vittima, nel contesto di u accadimento fattuale a prima vista successivo, perché temporalmente contiguo, alla consumazione del furto e formalmente distinto per caratteri e modalità della condotta e per requisiti del bene giuridico protetto dalla relativa norma incriminatrice. Deve, però, a riguardo alle osservazioni contenute nella sentenza irrevocabile della Corte d’appello di Firen del 19 marzo 2018 (allegata all’impugnazione), e quanto rimarcato nel motivo di ricorso cogli nel segno, dal momento che la parte motiva della decisione, pur non formalmente ampliando il tema dell’accusa di furto aggravato mossa e convalidata in quel processo, si è profusa in talu rilievi che hanno finito per operarne una riqualificazione in quella di rapina improp rassegnato conclusioni, sotto il profilo sanzionatorio, inequivocabilmente influenzate da sif apprezzamento, che ha inglobato il segmento comportamentale contestato nell’ambito del presente procedimento penale.
3.1.11 giudizio espresso dalla citata sentenza della Corte d’appello, sia pure nell’esposizi dialettica della parte motiva, ha valutato giuridicamente più corretta l’inscrizione del cont minaccioso successivo all’impossessamento del bene mobile nel paradigma della rapina impropria ed in questa cornice ha divisato il “fatto” nella sua connotazione fenomenica, ne h tratto conseguenze giuridiche sul piano della stima di gravità del comportamento – considerato incompatibile con il riconoscimento della circostanza attenuante del danno patrimoniale d speciale tenuità – e sulla determinazione della pena da infliggere ed ha, in definitiva, cristallizzato il “giudicato” inteso nella sua portata intrinseca e sostanziale. In tal g ineluttabilmente provocato il divieto di un secondo giudizio per il delitto di minaccia, elem costitutivo della relativa fattispecie a formazione progressiva di rapina impropria, reato composto o complesso in senso stretto (art. 84 cod. pen.).
4.Ne consegue che il fatto storico-naturalistico, scandagliato e complessivamente valutato nella sentenza irrevocabile della Corte d’appello di Firenze del 19 marzo 2018, anche i prospettiva di adeguamento della sanzione criminale in quella sede irrogata, deve essere ritenuto il medesimo successivamente attribuito all’imputato nell’ambito di altro e dive procedimento penale, oggetto del presente scrutinio. La sentenza impugnata deve essere
dunque annullata senza rinvio per divieto di un secondo giudizio, ai sensi dell’art proc. pen..
P.Q.M.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata per precedente giudicato. Così deciso in Roma, il 18/04/2024
Il consi (ekmstensore
Il Presidente