LexCED: l'assistente legale basato sull'intelligenza artificiale AI. Chiedigli un parere, provalo adesso!

Ne bis in idem nei reati fiscali: la Cassazione chiarisce

Un imprenditore, già condannato per dichiarazione fraudolenta (uso di fatture false), viene processato anche per dichiarazione infedele (omissione di ricavi) per gli stessi anni. La difesa invoca il principio del ne bis in idem, sostenendo non si possa essere processati due volte per lo stesso fatto. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 45801/2024, dichiara il ricorso inammissibile, stabilendo che si tratta di due condotte criminose distinte e autonome, anche se relative alla medesima dichiarazione fiscale. Pertanto, non vi è violazione del divieto di doppio processo.

Prenota un appuntamento

Per una consulenza legale o per valutare una possibile strategia difensiva prenota un appuntamento.

La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)
Pubblicato il 12 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ne bis in idem nei Reati Fiscali: Quando Due Illeciti nella Stessa Dichiarazione Non Sono lo Stesso Fatto

La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 45801 del 2024, torna su un tema di grande rilevanza nel diritto penale tributario: l’applicazione del principio del ne bis in idem. Questo principio, che vieta di processare due volte una persona per lo stesso fatto, assume contorni complessi quando diverse condotte illecite confluiscono in un’unica dichiarazione dei redditi. La Suprema Corte offre un chiarimento cruciale, distinguendo nettamente tra l’omissione di ricavi e l’utilizzo di fatture per operazioni inesistenti, anche se relative allo stesso periodo d’imposta.

I Fatti: Omissione di Ricavi e Fatture False

Il caso riguarda l’amministratore di una società, condannato in primo grado per il reato di dichiarazione infedele (art. 4, D.Lgs. 74/2000). L’accusa era di aver indicato, nelle dichiarazioni fiscali per gli anni 2010, 2011 e 2012, elementi attivi (ricavi) per un ammontare inferiore a quello effettivo, evadendo così imposte per oltre 150.000 euro per ciascun anno.

In appello, i reati relativi alle annualità 2010 e 2011 venivano dichiarati prescritti, ma la condanna per il 2012 veniva confermata. La difesa dell’imputato ha proposto ricorso in Cassazione basandosi su un argomento centrale: per gli anni 2010 e 2011, l’imputato aveva già subito una condanna definitiva per un reato più grave, quello di dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture per operazioni inesistenti (art. 2, D.Lgs. 74/2000). Secondo la difesa, la nuova accusa per dichiarazione infedele, relativa agli stessi anni, avrebbe violato il principio del ne bis in idem.

Il principio del ne bis in idem e la decisione della Corte

Il cuore della questione giuridica risiede nell’interpretazione del divieto di doppio processo in materia fiscale. L’imputato sosteneva che, essendo la dichiarazione dei redditi un atto unico per ogni annualità, tutte le frodi in essa contenute dovessero essere considerate un fatto unitario. Pertanto, la condanna per il reato più grave (dichiarazione fraudolenta) avrebbe dovuto ‘assorbire’ quello meno grave (dichiarazione infedele).

La Corte di Cassazione ha respinto questa tesi, dichiarando il ricorso inammissibile. I giudici hanno sottolineato che il principio del ne bis in idem si applica allo stesso fatto storico, non semplicemente allo stesso documento o allo stesso anno d’imposta.

La Distinzione Cruciale tra le Condotte

La Corte ha chiarito che l’indicazione di costi fittizi (basati su fatture false) e l’omissione di ricavi realmente conseguiti sono due condotte materialmente e giuridicamente distinte. Sebbene entrambe le azioni fraudolente confluiscano nel medesimo documento finale – la dichiarazione dei redditi – esse rappresentano due diversi comportamenti criminali:

1. Dichiarazione Fraudolenta (Art. 2): Si concretizza nell’inserire elementi passivi fittizi per abbattere l’imponibile. È un’azione commissiva fraudolenta.
2. Dichiarazione Infedele (Art. 4): Consiste nell’omettere di dichiarare elementi attivi. È un’azione omissiva.

Poiché le condotte sono diverse, non sussiste la medesimezza del fatto richiesta per l’applicazione del ne bis in idem. Di conseguenza, è legittimo che un soggetto sia processato per entrambe le fattispecie.

Altri Motivi di Ricorso: La Valutazione delle Prove e le Attenuanti

La difesa aveva sollevato anche altre questioni, tutte respinte dalla Corte.

Valutazione della prova: Si contestava che la condanna fosse basata unicamente sugli accertamenti della Guardia di Finanza, ritenuti mere presunzioni tributarie. La Corte ha replicato che la decisione si fondava anche sulla testimonianza di un ufficiale in dibattimento, a fronte della quale l’imputato non aveva fornito alcuna giustificazione.
Mancata concessione delle attenuanti generiche: La Corte ha ritenuto corretta la decisione dei giudici di merito di negare le attenuanti, data la gravità della condotta, protrattasi per tre anni consecutivi con un’evasione di ingenti importi.
Prescrizione: La richiesta di dichiarare prescritto anche il reato per l’annualità 2012 è stata respinta, in quanto il termine massimo è decorso dopo la pronuncia della sentenza d’appello. Un ricorso inammissibile, come quello in esame, non può far valere la prescrizione maturata successivamente.

Inammissibilità del Ricorso e le Sue Conseguenze

L’inammissibilità del ricorso comporta la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e di una sanzione pecuniaria, rendendo definitiva la sentenza di condanna della Corte d’Appello.

Le Motivazioni della Cassazione

La motivazione della Suprema Corte si fonda su un principio consolidato: il reato di dichiarazione infedele ha carattere residuale rispetto a quello di dichiarazione fraudolenta, ma questa residualità opera solo quando la condotta materiale è la stessa. Nel caso di specie, le condotte erano palesemente diverse: da un lato, l’uso di fatture false per creare costi inesistenti (oggetto del primo processo); dall’altro, la mancata indicazione di ricavi effettivi (oggetto del secondo processo). Questa diversità fattuale esclude la possibilità di assorbimento e, di conseguenza, la violazione del principio del ne bis in idem. La Corte ha ribadito che la valutazione del merito delle prove non è compito del giudice di legittimità, specialmente in presenza di una ‘doppia conforme’ dei giudizi di primo e secondo grado che hanno ritenuto provata la responsabilità dell’imputato sulla base di elementi concreti, come la testimonianza in aula e la mancanza di giustificazioni da parte dell’accusato.

Le Conclusioni

La sentenza n. 45801/2024 rafforza un importante principio nel diritto penale tributario: la pluralità di condotte illecite all’interno della stessa dichiarazione fiscale può dare origine a più procedimenti penali distinti. Il principio del ne bis in idem non offre uno ‘scudo’ contro l’accertamento di diverse frodi, ma si applica solo quando vi è una perfetta coincidenza del fatto storico-naturalistico. Questa decisione ha implicazioni significative per gli operatori del settore, poiché conferma che ogni specifica azione fraudolenta, sia essa l’occultamento di ricavi o l’invenzione di costi, può essere perseguita autonomamente, aumentando il rigore del sistema sanzionatorio a tutela degli interessi erariali.

Si può essere processati per dichiarazione infedele (omissione di ricavi) se si è già stati condannati per dichiarazione fraudolenta (uso di fatture false) per lo stesso anno d’imposta?
Sì. La Corte di Cassazione ha chiarito che si tratta di due condotte diverse e distinte. L’omissione di elementi attivi (ricavi) e l’indicazione di elementi passivi fittizi (costi falsi) costituiscono due reati diversi, anche se confluiscono nella stessa dichiarazione dei redditi. Pertanto, il principio del ne bis in idem non si applica.

Un ricorso in Cassazione inammissibile può far valere la prescrizione del reato maturata dopo la sentenza d’appello?
No. Secondo un orientamento consolidato delle Sezioni Unite, la proposizione di un ricorso inammissibile non costituisce un valido avvio della fase processuale. Di conseguenza, la sentenza impugnata diventa definitiva e non è possibile rilevare cause di non punibilità, come la prescrizione, maturate successivamente alla pronuncia della sentenza di secondo grado.

Gli accertamenti della Guardia di Finanza sono sufficienti per una condanna penale?
Non da soli. La sentenza chiarisce che la condanna non si è basata solo sugli atti dell’indagine tributaria, ma questi sono stati corroborati in giudizio dalla testimonianza di un ufficiale della Guardia di Finanza che ha confermato gli accertamenti. Di fronte a queste prove, la mancata fornitura di giustificazioni da parte dell’imputato è stata un elemento determinante per fondare la decisione di condanna.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

Desideri approfondire l'argomento ed avere una consulenza legale?

Prenota un appuntamento. La consultazione può avvenire in studio a Milano, Pesaro, Benevento, oppure in videoconferenza / conference call e si svolge in tre fasi.

Prima dell'appuntamento: analisi del caso prospettato. Si tratta della fase più delicata, perché dalla esatta comprensione del caso sottoposto dipendono il corretto inquadramento giuridico dello stesso, la ricerca del materiale e la soluzione finale.

Durante l’appuntamento: disponibilità all’ascolto e capacità a tenere distinti i dati essenziali del caso dalle componenti psicologiche ed emozionali.

Al termine dell’appuntamento: ti verranno forniti gli elementi di valutazione necessari e i suggerimenti opportuni al fine di porre in essere azioni consapevoli a seguito di un apprezzamento riflessivo di rischi e vantaggi. Il contenuto della prestazione di consulenza stragiudiziale comprende, difatti, il preciso dovere di informare compiutamente il cliente di ogni rischio di causa. A detto obbligo di informazione, si accompagnano specifici doveri di dissuasione e di sollecitazione.

Il costo della consulenza legale è di € 150,00.

02.37901052
8:00 – 20:00
(Lun - Sab)

Articoli correlati