Ne bis in idem: minaccia a più persone, un solo reato o più reati?
Il principio del Ne bis in idem è un cardine del nostro sistema giuridico, sancendo che nessuno può essere processato due volte per lo stesso fatto. Ma cosa accade quando una singola azione, come una telefonata, contiene minacce rivolte a persone diverse? Si tratta di un unico reato o di tanti reati quante sono le vittime? La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 3214 del 2024, ha fornito un chiarimento fondamentale su questo punto, distinguendo l’unicità della condotta materiale dalla pluralità dei reati commessi.
I Fatti del Caso
Il caso trae origine da una decisione del Giudice di Pace di Roma, che aveva dichiarato il non doversi procedere nei confronti di un’imputata per il reato di minaccia (art. 612 c.p.) ai danni di una persona. La motivazione del giudice si basava sulla pendenza di un altro procedimento penale a carico della stessa imputata, presso un altro Giudice di Pace, per un’analoga accusa di minaccia. Secondo la tesi accusatoria, entrambe le minacce erano state proferite nel corso della medesima conversazione telefonica, sebbene rivolte a due persone distinte.
Il Giudice di Pace aveva ritenuto che la pendenza del primo procedimento impedisse di procedere nel secondo, applicando di fatto il principio del Ne bis in idem. Contro questa decisione, il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma ha proposto ricorso per cassazione, sostenendo che i presupposti per l’applicazione di tale principio non sussistessero.
L’applicazione del Ne bis in idem nel caso di minacce multiple
Il Procuratore ricorrente ha evidenziato come le due vittime delle minacce fossero persone diverse. Sebbene l’azione (la telefonata) fosse stata una sola, l’offesa aveva colpito due beni giuridici distinti e personali: la tranquillità e la libertà morale di ciascuna delle due vittime.
Di conseguenza, non si poteva parlare di idem factum (medesimo fatto), presupposto indispensabile per l’applicazione del divieto di un secondo giudizio. Il fatto che le minacce fossero state pronunciate contestualmente non poteva determinare un’unicità di reato, data la pluralità di soggetti passivi.
Le Motivazioni della Decisione
La Corte di Cassazione ha accolto il ricorso, ritenendolo fondato. Gli Ermellini hanno chiarito che il processo oggetto della sentenza impugnata riguardava la minaccia ai danni di un soggetto, mentre il procedimento pendente si riferiva alla minaccia perpetrata nei confronti di un’altra persona.
La Corte ha specificato che, sebbene le minacce fossero state realizzate con un’unica telefonata, ciò non determina l’unicità del reato. La condotta, infatti, incide su beni personali appartenenti a soggetti diversi. Viene a mancare, quindi, l’elemento chiave per l’applicazione del Ne bis in idem: l’idem factum. Quest’ultimo, come ribadito dalla giurisprudenza, è ravvisabile solo quando vi sia una piena identità della manifestazione concreta della condotta, del nesso causale, dell’evento e del dolo.
In questo caso, pur essendoci un’unica condotta materiale (la telefonata), gli eventi lesivi erano due e distinti, poiché due erano le persone la cui libertà morale era stata compromessa. Pertanto, l’ipotesi è estranea al divieto del Ne bis in idem.
Conclusioni
La Corte ha annullato senza rinvio la sentenza del Giudice di Pace, disponendo la trasmissione degli atti allo stesso ufficio per la prosecuzione del giudizio. La decisione riafferma un principio cruciale: la valutazione del ne bis in idem deve essere condotta non solo sull’azione materiale, ma anche e soprattutto sull’evento giuridico e sul bene protetto dalla norma. Una singola azione può integrare una pluralità di reati se lede i diritti di più persone, dando origine a distinti procedimenti penali. Questa sentenza rappresenta un importante promemoria sulla corretta interpretazione dei principi processuali e sulla tutela delle singole vittime di reato.
Una minaccia a più persone durante la stessa telefonata costituisce un unico reato?
No, secondo la Corte di Cassazione, anche se la condotta materiale (la telefonata) è unica, si configurano tanti reati di minaccia quante sono le persone offese, poiché viene leso il bene giuridico personale di ciascuna vittima.
Perché in questo caso non si applica il principio del ‘ne bis in idem’?
Il principio del ‘ne bis in idem’ non si applica perché manca il presupposto dell’ ‘idem factum’ (medesimo fatto). Sebbene la condotta sia avvenuta in un unico contesto, gli eventi lesivi sono plurimi e distinti, in quanto hanno colpito persone diverse, dando così luogo a reati separati.
Qual è stata la decisione finale della Corte di Cassazione?
La Corte di Cassazione ha annullato la sentenza del Giudice di Pace che aveva dichiarato il non doversi procedere. Ha disposto la trasmissione degli atti allo stesso Giudice di Pace affinché il procedimento penale per il reato di minaccia possa proseguire.
Testo del provvedimento
Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 3214 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 5 Num. 3214 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 25/10/2023
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
PROCURATORE DELLA REPUBBLICA PRESSO IL TRIBUNALE TRIBUNALE DI ROMA
nel procedimento a carico di:
NOME nato a ROMA il DATA_NASCITA
inoltre:
RAGIONE_SOCIALE
avverso la sentenza del 16/05/2023 del GIUDICE DI PACE di ROMA
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; lette le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO Procuratore generale, dottAVV_NOTAIO, la quale ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, nonché note di replica nell’interesse delliimputata con le quali si chiede il rigetto del ricorso.
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Ritenuto in fatto
Il Procuratore della Repubblica presso il Tribunale di Roma ha proposto ricorso per cassazione avverso la sentenza del 16 maggio 2023, con la quale il giudice di pace di Roma ha dichiarato non doversi procedere nei confronti di NOME COGNOME per il reato di cui all’art. 612 cod. pen., rilevando che siffatto delitto era oggetto di altro giudizio pendente ad un distinto giudice di pace. Deduce il ricorrente che non sussistono i presupposti del ne bis in idem, dal momento che si verterebbe in tema di minaccia rivolta nel corso della medesima conversazione telefonica nei confronti di due diverse persone.
Sono state trasmesse, ai sensi dell’art. 23, comma 8, d.l. 28/10/2020, n. 137, conv. con I. 18/12/2020, n. 176, le conclusioni scritte del AVV_NOTAIO Procuratore generale, AVV_NOTAIO, la quale ha chiesto l’annullamento con rinvio della sentenza impugnata, nonché note di replica nell’interesse dell’imputata con le quali si chiede il rigetto del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è fondato.
Come emerge dall’esame degli atti, consentito alla luce della natura processuale del vizio dedotto (Sez. U, n. 42792 del 31/10/2001, Policastro, Rv. 220092 – 01), il processo nel quale è intervenuta la sentenza impugnata riguarda il reato di minaccia in danno di NOME COGNOME, laddove il distinto procedimento 2020-1994 R.G. riguarda il reato di minaccia in danno di NOME COGNOME. Il fatto che, secondo la prospettazione accusatoria, le minacce siano state realizzate con un’unica telefonata non determina l’unicità di reato, posto che la condotta incide su beni personali di pertinenza di soggetti diversi.
Ne discende l’estraneità dell’ipotesi al divieto del bis in idem, non essendo dato cogliere l’idem factum, ravvisabile solo quando ricorra l’identità della concreta manifestazione della condotta, del nesso causale, dell’evento e del dolo (v., fra le molte, Sez. 2, n. 57393 del 31/10/2018, Prestanicola, Rv. 274720 0).
Ne segue l’annullamento senza rinvio della sentenza impugnata, con trasmissione degli atti al Giudice di pace di Roma per il giudizio.
Annulla senza rinvio la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Giudice di pace di Roma per il giudizio.
Così deciso il 25/10/2023