Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 38523 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 38523 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 20/11/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato a PALERMO il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 14/03/2025 della Corte d’appello di Palermo Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal AVV_NOTAIO NOME AVV_NOTAIO; letta la requisitoria scritta del Procuratore generale, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza indicata in epigrafe, la Corte di appello di Palermo ha confermato la sentenza emessa il 05/05/2022 dal Tribunale di Palermo e con la quale NOME COGNOME -imputata del reato previsto dagli artt.99, comma quarto, 624 e 625, n.2 cod.pen. -era stata condannata alla pena di mesi nove di reclusione ed € 300,00 di multa, previa concessione delle circostanze attenuanti generiche ritenute equivalenti alle contestate aggravanti e alla ritenuta recidiva; in riferimento a un capo di imputazione nel quale era stato ascritto alla prevenuta di essersi impossessata di un quantitativo non precisato di energia elettrica, mediante allaccio diretto alla rete pubblica.
La Corte territoriale ha rigettato il motivo di appello inerente alla dedotta violazione del principio del ne bis in idem , essendo asseritamente l’imputata stata sottoposta a giudizio per i medesimi fatti nel procedimento n. 10571/2016 RGNR; il giudice di appello ha osservato che, sulla base del decreto di citazione relativo a tale ultimo giudizio e dalla documentazione acquisita, era -in realtà -emerso che
lo stesso era stato definito con sentenza di non doversi procedere, ai sensi dell’art.649 cod.proc.pen., proprio per essere l’imputata sottoposta a giudizio per il medesimo fatto nel presente procedimento, non ravvisandosi quindi alcuna violazione della predetta preclusione.
Il giudice di appello ha altresì rigettato il motivo di appello inerente alla sussistenza del fatto, esponendo che -come ritenuto dal primo giudice -l’imputata doveva ritenersi quale unica utilizzatrice dell’utenza abusiva, come dimostrato dalla sua presenza al momento della verifica amministrativa; esponendo, in ogni caso, come l’elemento oggettivo del reato risultasse perfezionato per effetto della sola fruizione dell’energia, indipendentemente dall’identificazione dell’autore materiale dell’allaccio ab usivo; ha, infine, ritenuto infondato il motivo inerente alla concreta dosimetria della pena.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione NOME, tramite il proprio difensore, articolando un unico motivo di impugnazione, con il quale ha dedotto l’erronea applicazione della legge penale in riferimento all’art.649 cod.proc.pen..
Ha esposto che, in sede di motivo di appello, era stata sollevata la questione dell’identità del fatto ascritto rispetto a quello contestato nel procedimento n.10571/2016 NUMERO_DOCUMENTO; ha esposto che la questione attinente alla violazione del divieto del bis in idem poteva essere dedotta di fronte alla Suprema Corte, a condizione che la medesima non comportasse alcun accertamento di fatto; ha quindi dedotto che la decisione del giudice di appello si sarebbe posta in senso contrario rispetto ai principi enunciati dalla giurisprudenza di legittimità, in base ai quali -in ipotesi di litispendenza -ove l’azione penale fosse stata esercitata in entrambi i procedimenti, si deve pronunciare sentenza di non doversi procedere ai sensi dell’art.649 cod.proc.pen. per quello de i procedimenti il cui esercizio sia stato successivo; nel caso di specie, ha esposto che il decreto di citazione a giudizio per il procedimento n.10571/2016 era stato emesso il 08/03/2018 e quello per il giudizio 10712/2019 era stato emesso il 16/10/2019, con prime udienze rispettivamente fissate per il 04/12/2018 e per il 21/05/2021; conseguendone che il giudice successivamente adito avrebbe comunque dovuto pronunciare sentenza di non luogo a procedere ; a nulla rilevando che l’applicazione dell’art.649 cod.proc.pen. fosse stata erroneamente disposta dal giudice originariamente adi to; derivandone che, essendo comunque l’imputata stata già prosciolta con sentenza divenuta irrevocabile -sia pure in erroneo riferimento all’art.649 cod.proc.pen. -il secondo giudizio doveva ritenersi ormai improcedibile.
Il Procuratore generale ha depositato requisitoria scritta, nella quale ha concluso per il rigetto del ricorso.
Il difensore della ricorrente ha depositato note di trattazione nelle quali ha insistito per l’accoglimento dell’impugnazione.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso è infondato.
Atteso il tenore dell ‘u nico motivo di impugnazione va, in premessa, ricordato che, in relazione ai principi elaborati dalla giurisprudenza di legittimità in ordine all’art.649 cod.proc.pen., l’identità del fatto deve essere valutata unicamente con riferimento all’elemento materiale del reato nelle sue componenti essenziali relative alla condotta, all’evento e al relativo nesso causale (Sez. 1, n. 42630 del 27/04/2022, Piccolomo, Rv. 283687) dovendovi quindi essere corrispondenza storico-naturalistica nella configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona (Sez. 1, n. 41867 del 26/06/2024, COGNOME, Rv. 287251 nonché Sez. 4, n. 30615 del 09/05/2024, COGNOME, Rv. 286884, relativa al concorso tra omicidio colposo e disastro innominato, la quale -anche sulla base dell’esame della giurisprudenza della Corte EDU – ha escluso l’identità nel differente caso in cui dalla medesima condotta dell’agente siano derivati eventi naturalisticamente diversi).
Nel caso di specie, come dato atto dalla sentenza di secondo grado attraverso l ‘esame dei distinti decret i di citazione, si verte pacificamente in tema di medesimo fatto storico, inteso nella propria essenza naturalistica, in riferimento al quale l ‘improcedibilit à per sussistenza di bis in idem è stata dichiarata dal giudice di fronte al quale è stata esercitata per la prima volta l ‘azione pe nale e che si è pronunciato per primo nel merito dell ‘imputazione.
In ordine all’applicazione del principio del divieto di un secondo giudizio in ordine a un idem factum, consacrato dall’art.649 cod.proc.pen., già in un risalente arresto le Sezioni Unite di questa Corte hanno stabilito che non può essere nuovamente promossa l’azione penale per un fatto e contro una persona per i quali un processo già sia pendente (anche se in fase o grado diversi) nella stessa sede giudiziaria e su iniziativa del medesimo ufficio del P.M., di talché nel procedimento eventualmente duplicato dev’essere disposta l’archiviazione oppure, se l’azione sia stata esercitata, dev’essere rilevata con sentenza la relativa causa di improcedibilità.
Con la precisazione che la non procedibilità consegue alla preclusione determinata dalla consumazione del potere già esercitato dal P.M., ma riguarda solo le situazioni di litispendenza relative a procedimenti pendenti avanti a giudici egualmente competenti e non produttive di una stasi del rapporto processuale, come tali non regolate dalle disposizioni sui conflitti positivi di competenza, che restano invece applicabili alle ipotesi di duplicazione del processo innanzi a giudici di diverse sedi giudiziarie, uno dei quali è incompetente (Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, COGNOME, Rv. 231800).
Il correlativo principio è stato oggetto di costante conferma nella successiva giurisprudenza di questa Corte, che ha ribadito come, in tema di litispendenza, qualora vengano instaurati due diversi procedimenti penali riguardanti il medesimo fatto storico, inibisce la procedibilità del procedimento duplicato l’avvenuto esercizio dell’azione penale nell’altro procedimento, dovendosi disporre, in tal caso, l’archiviazione di quello per il quale la stessa non sia stata esercitata, mentre, ove l’azione penale sia stata promossa in entrambi, dovrà pronunciarsi sentenza di non doversi procedere ai sensi dell’art. 649 cod. proc. pen. per quello dei procedimenti nel quale il suo esercizio sia stato successivo; dovendosi considerarsi indebita la reiterazione dell’esercizio del potere di promuovere l’azione, assumendo, in assenza di un’espressa disposizione normativa, diretto rilievo il principio di “consumazione” del potere medesimo (Sez. 5, n. 17252 del 20/02/2020, C., Rv. 279113; Sez. 5, n. 37670 del 05/07/2012, COGNOME, Rv. 254562; Sez. 4, n. 25640 del 21/05/2008, Marella, Rv. 240783 Sez. 1, n. 17789 del 10/04/2008, Gesso, Rv. 239849).
In riferimento a quanto argomentato dalla Corte territoriale, deve quindi ritenersi che -in considerazione di un dato meramente cronologico -il giudice originariamente pronunciatosi con sentenza del 09/02/2022 abbia erroneamente dichiarato l’improcedibilità per il reato in questione e che sarebbe stato quindi eventuale onere del Pubblico ministero quello di impugnare la sentenza assumendo la violazione di legge derivante dalla scorretta applicazione dei suddetti principi.
Peraltro, tale particolare situazione processuale non può portare, nel caso in esame, a dichiarare -anche nel secondo giudizio, successivamente definito -la richiesta improcedibilità ai sensi dell ‘art.649 cod .proc.pen., per violazione del divieto di bis in idem.
Difatti, nel tessuto argomentativo della citata pronuncia delle Sezioni Unite, è dato desumere che il richiamato fenomeno della consumazione del potere in
capo al Pubblico ministero procedente è legato, oltre che alla pronuncia di una sentenza di merito, che abbia condotto al proscioglimento o alla condanna dell ‘imputato (sulla base del tenore testuale dello stesso art.649 c od.proc.pen.), anche a fenomeni processuali diversi, quali l ‘emissione del dec reto di archiviazione seguito da riapertura delle indagini da parte dello stesso pubblico ministero senza l’autorizzazione del giudice prescritta dall’art. 414 cod.proc.pen. e la sentenza di non luogo a procedere in assenza del provvedimento di revoca ex art. 434 cod.proc.pen., così come (fatto salvo lo specifico caso di cui all ‘art.345, comma 1, cod.proc.pen.) l ‘eventual e pronuncia emessa ai sensi dell ‘art.529 cod.proc.pen. per difetto della necessaria condizione di procedibilità.
Peraltro, tra le pronunce che legittimano l ‘emissione di una sentenza di non luogo a procedere ai sensi dell ‘art.649 cod.proc.pen., non può intendersi compresa una sentenza che, sia pure erroneamente (come nel caso di specie) si sia, a propria volta, pronunciata ai sensi dello stesso art.649 cod.proc.pen. dichiarando il bis in idem.
Difatti, la preclusione derivante per il secondo giudice di pronunciarsi a proposito di un medesimo fatto, a seguito della previa pronuncia di improcedibilità, fa venire meno proprio la condizione patologica di duplicazione dell ‘esercizio penale che l ‘art.649 cod.proc.pen. tende ad evitare.
Dovendosi ritenere che, a seguito di una -sia pure erronea dichiarazione di improcedibilità -sia ontologicamente venuta meno la possibilità astratta di una duplicazione di pronunce nel merito dell ‘impugnazione con conseguente rimo zione della relativa ipotesi di patologia processuale.
Va quindi espresso il principio di diritto in base al quale, tra le pronunce idonee a legittimare l ‘emissione di una sente nza di non doversi procedere non è compreso il caso in cui il precedente giudizio sia stato definito, sia pure erroneamente in relazione all ‘ep oca di esercizio dell ‘azione penale, con una pronuncia, a propria volta, emessa ai sensi dell ‘art.649 cod.proc .pen..
Sulla base di tali considerazioni, il ricorso va quindi rigettato.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali. Così è deciso, 20/11/2025
Il AVV_NOTAIO estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME