Sentenza di Cassazione Penale Sez. 5 Num. 28898 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 5 Num. 28898 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 18/06/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da
NOME COGNOME nato a ROMA il 31/03/1956
avverso la sentenza del 02/10/2024 della CORTE DI APPELLO DI ROMA
Visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso; udito il difensore, Avvocato NOME COGNOME per la parte civile costituita Consob, che si è riportato ai propri scritti e ha chiesto il rigetto del ricorso, depositando a corredo conclusioni e nota-spese; udito il difensore del ricorrente, Avvocato NOME COGNOME che si riportato ai motivi di ricorso, chiedendone l’accoglimento.
RITENUTO IN FATTO
Con la sentenza impugnata la Corte di appello di Roma ha confermato la condanna alla pena di anni uno e mesi sei di reclusione, alle sanzioni accessorie e al risarcimento del danno nei confronti della Consob, costituitasi parte civile, inflitta a NOME COGNOME di
Camerino per il delitto di manipolazione del mercato di cui all’art. 185 d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, commesso in data 3 novembre 2014 facendo diffondere, nella qualità di rappresentante legale per l’Italia della ‘RAGIONE_SOCIALE, un’offerta di ricapitalizzazione della Banca Monte dei Paschi di Siena per dieci miliardi di euro – poi giudicata irricevibile per assenza delle necessarie caratteristiche minime – tale da ingenerare un aumento anomalo della quotazione del titolo MPS.
La Corte territoriale ha ritenuto integrato il delitto contestato di diffusione di una notizia falsa idonea ad alterare il mercato; ha respinto l’eccezione di violazione del principio del ne bis in idem tra la sanzione amministrativa irrogata a Varano dalla Consob (per euro 200.000,00) e la sanzione penale inflittagli, opinando per la sussistenza della connessione materiale e temporale tra il procedimento amministrativo e il procedimento penale, e ha stimato proporzionato il cumulo tra le suddette sanzioni.
Nell’interesse di NOME COGNOME di Camerino è stato proposto ricorso per cassazione, con il quale, mediante un solo motivo, sono stati denunciati i vizi di violazione di legge, con riferimento agli artt. 649 cod. proc. pen., 4, Prot. 7, CEDU e 50 CDFUE, e di motivazione.
Il difensore del ricorrente ha dedotto che la sentenza impugnata avrebbe reso una motivazione apodittica sulla questione della violazione del principio del ne bis in idem tra le sanzioni – amministrativa e penale – inflitte all’imputato in relazione al medesimo fatto. Pur ammessa la possibilità di applicazione della doppia sanzione in costanza di due procedimenti, l’uno amministrativo (già definitivamente concluso) e l’altro penale questione sulla quale, comunque, la Corte dovrebbe tornare a pronunciarsi -, il deducente eccepisce che, avuto riguardo ai criteri elaborati dalla giurisprudenza CEDU (A & B c. Norvegia, COGNOME c. Bulgaria, COGNOME c. Islanda) per ritenere consentito il cumulo tra sanzioni (ossia, il superamento con esito positivo del cd. ‘test di connessione’ tra i procedimenti, che prevede la verifica della cronologia, della complementarietà e del coordinamento tra di essi), nulla avrebbe argomentato il giudice di appello a sostegno della ritenuta connessione tra i procedimenti -amministrativo e penale – istaurati a carico di Varano per il fatto storico di manipolazione del mercato del titolo MPS nel novembre 2014. In sostanza, il Collegio di merito avrebbe spiegato le ragioni per le quali il cumulo delle sanzioni applicate all’imputato era da ritenere proporzionato, senza, tuttavia, soffermarsi sulle condizioni di ammissibilità del cumulo medesimo.
Nondimeno, anche con riguardo al profilo della proporzionalità del cumulo, la motivazione rassegnata nella sentenza impugnata sarebbe manifestamente carente, non essendosi tenuto conto che l’imputato era stato destinatario della misura cautelare interdittiva di cui all’art. 290 cod. proc. pen. per la durata di anni uno.
Con memoria in data 25 maggio 2025 il Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME ha illustrato le ragioni per le quali si dovesse ritenere che – unanimemente ormai ammessa dalla giurisprudenza CEDU e CGUE (RAGIONE_SOCIALE, COGNOME, COGNOME, COGNOME) la compatibilità del cumulo sanzionatorio (penale e amministrativo) con il principio del ne bis in idem , purché vi sia proporzionalità e connessione tra i procedimenti -, nel caso concreto, la sanzione amministrativa non avesse assorbito il disvalore penale del fatto e il cumulo sanzionatorio, applicato all’imputato, fosse complessivamente proporzionato e ha, dunque, concluso per il rigetto del ricorso.
Con memoria in data 2 giugno 2025 la parte civile costituita Consob ha chiesto il rigetto del ricorso dell’imputato con vittoria di spese di lite; ha evidenziato, a sostegno: che vi sarebbe connessione temporale tra i procedimenti istaurati a carico di NOME COGNOME di Camerino (essendo stati gli stessi avviati in parallelo); che la sanzione amministrativa irrogata all’imputato è divenuta definitiva nel 2020 per scelta dell’imputato; che la Corte di appello ha richiamato correttamente la giurisprudenza europea e nazionale e ha congruamente ritenuto proporzionato il cumulo sanzionatorio in relazione alla gravità della condotta.
Il ricorso è stato trattato nelle forme dell’udienza pubblica partecipata avendone fatto il difensore del ricorrente tempestiva richiesta.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è infondato.
Occorre dare atto, preliminarmente, che, ad oggi, la prescrizione del reato di cui all’art. 185 d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, ascritto al ricorrente, non è ancora maturata. Infatti, avuto riguardo al limite massimo della pena per esso comminata, pari ad anni dodici di reclusione, in forza dell’art. 39, comma 1, l. n. 28 dicembre 2005, n. 262, che stabilisce che «Le pene previste dal testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58 sono raddoppiate entro i limiti posti per ciascun tipo di pena dal libro I, titolo II, capo II, del codice penale», il relativo termine massimo di prescrizione, pari ad anni quindici decorrenti dalla data di commissione del reato, verrà a scadere il 3 novembre 2029.
Ciò posto, va ricordato che il principio del ne bis in idem , che trova fondamento, nel diritto interno, negli artt. 24 e 111 Cost. e nell’art. 649 cod. proc. pen. e, nel diritto sovrannazionale, nell’art. 4 del Protocollo n. 7 alla CEDU e nell’art. 50 della Carta dei
diritti fondamentali dell’Unione Europea (CDFUE), esprime il divieto di doppio giudizio e di doppia sanzione per il medesimo fatto e rappresenta una garanzia fondamentale della persona.
2.1. In tal senso si è espressa la Corte costituzionale, che – nel dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 649 cod. proc. pen. nella parte in cui non prevede che il giudice pronunci sentenza di proscioglimento o di non luogo a procedere nei confronti di un imputato per uno dei delitti previsti dall’art. 171ter della legge 22 aprile 1941, n. 633 (Protezione del diritto d’autore e di altri diritti connessi al suo esercizio), il quale, in relazione al medesimo fatto, sia già stato sottoposto a procedimento, definitivamente conclusosi, per l’illecito amministrativo di cui all’art. 174bis della medesima legge (sentenza n. 149 del 2022) -, ha spiegato che la garanzia convenzionale del ne bis in idem mira a tutelare l’imputato non solo contro la prospettiva dell’inflizione di una seconda pena, ma ancor prima contro la prospettiva di subire un secondo processo per il medesimo fatto, a prescindere dall’esito del primo. La sua ratio primaria è, infatti, quella di evitare l’ulteriore sofferenza, e i costi economici, determinati da un nuovo processo in relazione a fatti per i quali quella persona sia già stata giudicata.
2.2. Tale principio ha presentato profili di peculiare criticità applicativa nei sistemi che, in relazione a taluni fatti, prevedono un doppio binario sanzionatorio, penale e amministrativo.
Così, in tema abusi commessi nell’ambito del mercato dei titoli quotati in borsa, la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo, con la sentenza “Grande Stevens e altri c. Italia” del 4 marzo 2014, aveva stabilito che chi, in relazione ad un fatto, sia stato colpito dall’irrogazione di sanzioni che, ancorché formalmente amministrative, siano sostanzialmente penali – secondo i cd. ‘criteri Engel’ della natura dell’infrazione e della natura e severità della sanzione -, non sarebbe stato passibile rispetto allo stesso fatto né di un nuovo giudizio né dell’applicazione di sanzioni penali.
Questa affermazione è stata, tuttavia, temperata nella sua rigidità dalla successiva giurisprudenza della stessa Corte Edu (con la sentenza ‘RAGIONE_SOCIALE c. Norvegia’ del 15 novembre 2016, in materia di evasione delle imposte), nonché dalla giurisprudenza della Corte di giustizia dell’Unione europea , che non hanno escluso in assoluto la possibilità di un doppio binario sanzionatorio. Al riguardo hanno affermato che il divieto di bis in idem non opera quando i diversi procedimenti siano avvinti da un legame materiale e temporale sufficientemente stretto, legame che sussiste: quando i due procedimenti perseguano finalità complementari; quando la loro parallela istaurazione sia prevedibile; quando vi sia tra loro un coordinamento probatorio; quando vi sia la possibilità di tener conto, nel commisurare la seconda sanzione, della sanzione irrogata per prima, in modo da evitare un eccessivo carico sanzionatorio per il medesimo fatto.
Fatta tale premessa, per rispondere al primo quesito posto dal ricorso – ossia, quello riferito alla possibilità di applicazione della doppia sanzione in costanza di due procedimenti, l’uno amministrativo e l’altro penale, istaurati a carico della stessa persona per un medesimo fatto -, occorre richiamare la sentenza della Corte costituzionale n. 43 del 2018, che ha affermato che ad integrare il “diritto vivente europeo” concorre il decisum della sentenza della Corte di Strasburgo ‘A & B contro Norvegia’. Decisum che, pertanto, consente di ritenere definitivamente superato il «divieto imposto agli Stati di configurare per lo stesso fatto illecito due procedimenti che si concludono indipendentemente l’uno dall’altro» e di considerare legittima «la facoltà di coordinare nel tempo e nell’oggetto tali procedimenti, in modo che essi possano reputarsi nella sostanza come preordinati ad un’unica, prevedibile e non sproporzionata risposta punitiva, avuto specialmente riguardo all’entità della pena (in senso convenzionale) complessivamente irrogata».
Quanto al rilievo di apodittica motivazione in ordine agli indicatori della sussistenza, nella fattispecie concreta, della ‘connessione temporale e sostanziale’ tra i procedimenti istaurati a carico di NOME COGNOME di Camerino, va constatato che nulla di specifico risulta essere stato dedotto sul punto, nemmeno con i motivi di appello.
Si deve, infatti, evidenziare come l’atto di gravame sia rimasto del tutto silente in ordine alla connessione sostanziale e temporale tra i due procedimenti. Si legge in esso unicamente che «il Varano (sentenza in atti), per gli stessi fatti, aveva già ricevuto sanzione amministrativa definitiva (procedimento Consob), per un importo pari ad € 200.000,00», di modo che «il cumulo delle sanzioni – nello specifico € 200.000,00 ed un anno e mezzo di carcere – non si sarebbe potuto certo ritenere proporzionato alla gravità del fatto commesso»: questo perché «il fatto non aveva portato (né poteva portare) a conseguenza alcuna né in termini di danno né in termini di raggiungimento di profitti (stante la immediata connotazione di ‘bufala’ attribuita alla manifestazione di interesse di RAGIONE_SOCIALE)».
Sarebbe stato, invece, onere della parte dedurre l’assenza di connessione sostanziale e temporale tra i diversi procedimenti, non essendo sufficiente l’allegazione della sola convergenza delle due sanzioni sulla medesima violazione (Sez. 3, n. 41720 del 04/07/2024, Bagni, Rv. 287137 – 01): onere cui non si è adempiuto, se non in termini meramente contestativi, neppure con il ricorso per cassazione.
La mancata puntuale indicazione degli indicatori fattuali deponenti per la sproporzione del cumulo sanzionatorio applicato al ricorrente non consente di comprendere se e in che misura la sanzione amministrativa, già irrogatagli in relazione al medesimo fatto di manipolazione del mercato dei titoli, abbia «completamente
assorbito il disvalore della condotta, risultando coperti aspetti rilevanti sia a fini penali che amministrativi, e pienamente tutelato l’interesse protetto dell’integrità dei mercati finanziari e della fiducia del pubblico negli strumenti finanziari» (Sez. 5, n. 39999 del 15/04/2019, Respigo, Rv. 276963 – 04): da ciò deriva l’infondatezza della doglianza al riguardo.
S’impone, pertanto, il rigetto del ricorso, cui consegue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali nonché al pagamento delle spese sostenute nel grado dalla parte civile liquidate in euro cinquemila oltre accessori di legge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali. Condanna il ricorrente al pagamento delle spese sostenute nel grado dalla parte civile liquidate in euro cinquemila oltre accessori di legge.
Così è deciso, 18/06/2025
Il Consigliere estensore NOME COGNOME
Il Presidente NOME COGNOME