Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 23897 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 23897 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 07/05/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME NOME a BISCEGLIE il DATA_NASCITA
avverso la sentenza del 25/01/2023 della CORTE di APPELLO di LECCE, SEZ.DIST. di TARANTO
visti gli atti, il provvedimento impugNOME e il ricorso;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
il procedimento si celebra con contraddittorio scritto ai sensi dell’art. 23, comma 8, del d.l. n. 137 del 2020, il Pubblico Ministero, in persona del AVV_NOTAIO Procuratore generale NOME AVV_NOTAIO ha concluso chiedendo l’inammissibilità.
RITENUTO IN FATTO
1.La Corte di appello di Lecce sezione distaccata di Taranto confermava la condanna di NOME COGNOME alla pena di anni tre di reclusione per i reati allo stesso ascritti, ovvero la partecipazione ad un’associazione a delinquere finalizzata a commettere più delitti di appropriazione indebita e contrabbando doganale di ingenti quantitativi di prodotti petroliferi anche in violazione della normativa in materia di accise.
NOME COGNOME rinunciava alla prescrizione.
Avverso tale sentenza proponeva ricorso per cassazione il difensore che deduceva:
2.1. violazione di legge (art. 649 cod. proc. pen.): la conferma della condanna sarebbe stata decisa in violazione del divieto del ne bis in idem; COGNOME era stato infatti perseguito presso il distretto di Bari per gli stessi fatti per cui si procede ed era stato assol con sentenza n. 2085 2015, passata in giudicato.
2.2. violazione di legge (art. 8): sarebbe legittima la conferma della competenza dei giudici tarantini: la competenza territoriale dell’associazione avrebbe dovuto essere identificata in quella di Bari, tenuto conto che la pluralità delle persone coinvolte er residente nel territorio della provincia di Bari e la RAGIONE_SOCIALE aveva sede in Bari;
2.3. violazione di legge (art. 416 cod. pen.) e vizio di motivazione; la conferma della responsabilità per il reato associativo sarebbe illegittima in quanto non sarebbe stata accertata la partecipazione del ricorrente dei reati fine e non sarebbe stato accertato il profitto dallo stesso lucrato;
2.4. violazione di legge e vizio di motivazione in ordine alla conferma della responsabilità: si contestava integralmente la valutazione in ordine alla capacità dimostrativa del compendio probatorio raccolto, rilevando come lo stesso fosse stato fondato sulle indagini dirette dal luogotenente COGNOME, che erano incerte e contraddittorie, come si evinceva dall’acquisizione illegittima del brogliaccio relativo alle vicende dell’ luglio 2008, dal fatto che era stato accertato che non vi era esubero di carburante, e dal travisamento dei documenti acquisiti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il primo motivo, che contesta la motivazione offerta dalla Corte di appello in relazione alla eccezione relativa alla violazione del ne bis in idem, è fondato.
2.1. Il collegio riafferma che, qualora vengano instaurati due diversi procedimenti penali riguardanti il “medesimo fatto storico”, inibisce la procedibilità del procedimento duplicato l’avvenuto esercizio dell’azione penale nell’altro procedimento, dovendosi
disporre, in tal caso, l’archiviazione di quello per il quale la stessa non sia stata mentre, ove l’azione penale sia stata promossa in entrambi, dovrà pronunciarsi sente di non doversi procedere ai sensi dell’art. 649 cod. proc. pen. per quello dei proced nel quale il suo esercizio sia stato successivo (sez. 5, n. 17252 del 20/02/2020, 279113 – 01).
Il divieto di secondo giudizio è operativo anche in caso di “litispendenza”, ov quando riguardi procedimenti “avviati”, ma “non conclusi” con sentenza passata giudicato. L’estesa area di operatività del divieto si ricava, in modo chiaro dal sovranazionali e, segnatamente, dalla formulazione letterale dell’art. 7 del prot. 4 alla Convenzione Edu e dall’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Eur che sanciscono il diritto fondamentale della persona a non essere “perseguito”, oltr “condanNOME“, due volte per lo stesso fatto.
La Cassazione ha, tuttavia, condivisibilmente, ritenuto che nel caso di litispend tra due procedimenti per lo stesso fatto e a carico della stessa persona, avanti ad diversi”, non opera, con riferimento all’azione penale esercitata nel secondo procedime la preclusione del “ne bis in idem”, in quanto si tratta di una situazione che deve regolata dalle disposizioni sui conflitti positivi di competenza (Sez. 6, n. 41 19/09/2023, Libutti, Rv. 285354 – 01).
La rilevanza della “sede giudiziaria” per discriminare se, in caso di litispendenza essere attivato il rimedio previsto dall’art. 28 cod. proc. pen., piuttosto che que preclusione derivante “direttamente” dal divieto di ne bis in idem contenuto nell’art. 649 cod. proc. pen. deriva dalla decisione assunta dalle Sezioni unite nel caso “COGNOME” qu è stato affermato che non può essere nuovamente promossa l’azione penale per un fat e contro una persona per i quali un processo già sia pendente (anche se in fase o g diversi) nella “stessa sede giudiziaria e su iniziativa del medesimo ufficio del pu ministero”, di talché nel procedimento eventualmente duplicato dev’essere dispo l’archiviazione oppure, se l’azione sia stata esercitata, dev’essere rilevata con sen relativa causa di improcedibilità. La non procedibilità consegue alla preclusione determi dalla consumazione del potere già esercitato dal pubblico ministero, ma riguarda sol situazioni di litispendenza relative a procedimenti pendenti avanti a giudici egual competenti e non produttive di una stasi del rapporto processuale, come tali non rego dalle disposizioni sui conflitti positivi di competenza, che restano invece applicab ipotesi di duplicazione del processo innanzi a giudici di “diverse sedi giudiziarie”, quali è incompetente (Sez. U, n. 34655 del 28/06/2005, COGNOME, Rv. 231800 – 01).
2.2.Deve essere tuttavia chiarito che “alla base” sia delle norme che regola conflitto positivo di competenza, sia di quelle che prevedono la preclusione del ne bis in idem, si rinviene l’esigenza di tutelare il diritto fondamentale a non essere perseg condannati due volte per lo stesso fatto. Diritto che ha una matrice costituzionale
che la sua tutela è prevista dall’art. 7 del prot. 4 allegato alla Convenzione Edu e dall’art 50 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, che sono entrati a far parte dell’ordito costituzionale dell’ordinamento nazionale attraverso la finestra dell’art. 117 dell Carta fondamentale.
La ipotetica situazione di duplicazione di processi in sedi giudiziarie diverse, che non sia stata fatta valere con lo strumento del conflitto di competenza, e che abbia condotto alla formazione di un giudicato – il che esclude la “attuale” litispendenza – richiede che sia, comunque, tutelato il diritto fondamentale e non essere perseguiti due volte per lo stesso fatto. E lo strumento idoneo per garantire tale tutela deve essere rinvenuto nella eventuale attivazione della preclusione processuale derivante dall’applicazione del divieto di secondo giudizio prevista dall’art. 649 cod. proc. pen..
In conclusione, si ritiene che nei casi in cui si versi in una situazione di duplicazione di giudizi per lo stesso fatto e “non” si versi una situazione di “attuale litispendenza” quanto (a) uno dei procedimenti si è concluso con sentenza passata in giudicata, (b) durante la situazione di effettiva litispendenza non è stata attivata la procedura prevista dall’art. 28 cod. proc. pen. -, la tutela del diritto a non essere perseguiti due volte per stesso fatto resta affidata alla verifica della operatività della preclusione processuale prevista dall’art. 649 cod. proc. pen..
Da ultimo, deve essere ribadito che, per verificare se la preclusione sia effettivamente operativa occorre verificare se si è proceduto per il “medesimo fatto”. Presupposto la cui sussistenza deve essere accertata alla luce dei principi espressi dalla Corte costituzionale nella sentenza n. 200 del 2016, che richiede che il confronto si effettuato «sulla base della triade condotta-nesso causale-evento naturalistico»: solo la coincidenza di questi elementi consente, infatti, di affermare che si procede per fatti identici (Corte cost n. 200 del 2016).
2.2. Nel caso in esame la preclusione veniva eccepita in relazione ad un procedimento conclusosi con sentenza passata in giudicato nella sede giudiziaria di Bari nell’ambito del quale “non” era stato sollevato conflitto di competenza.
Si è, dunque, in presenza di due procedimenti – quello radicato, e concluso, a Bari e quello radicato a Taranto – che il ricorrente deduce essere stati avviati per perseguire il medesimo fatto, in violazione del divieto del ne bis in idem. Per verificare se sia operativa la preclusione occorre, tuttavia, verificare se nelle sedi di Bari e di Taranto si sia procedut per il “medesimo fatto”.
In concreto il collegio rileva che nel caso in esame la Corte di appello di Taranto:
(a) ha ritenuto che non fosse operativo il divieto del ne bis in idem, dato che i procedimenti, in ipotesi duplicati, erano stati incardinati in diverse sedi giudiziarie, senz che fosse sollevato alcun conflitto di competenza, così escludendo ogni tutela del diritto a non essere perseguiti due volte, in caso di mancata proposizione del conflitto di
competenza durante il periodo di litispendenza e prima della formazione di un giudica così effettuando una valutazione in contrasto con le linee ermeneutiche sopra traccia
(b) ha ritenuto che la configurazione dell’associazione contestata nei due procedime non fosse identica a causa del «diverso materiale investigativo posto alla base dell decisioni» (pag. 78 della sentenza impugnata), così effettuando una valutazione sommari ed insufficiente, in ordine al presupposto che fonda l’operatività della preclusione, la sussistenza dell’idem factum.
Su tali punti la sentenza impugnata deve essere annullata, con rinvio per nu giudizio alla Corte di appello di Lecce che rivaluterà la operatività della preclusione a dei principi di diritto sopra enunciati.
Gli altri motivi risultano assorbiti.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata con rinvio per nuovo giudizio alla Corte di appello Lecce.
Così deciso in Roma, il giorno 7 maggio 2024
L’estensore
Il Pres ente