Sentenza di Cassazione Penale Sez. 3 Num. 22473 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 3 Num. 22473 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 26/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da:
NOME nato in Albania il 17/02/1984 NOME nata in Albania il 19/09/1986 NOME nato in Albania il 28/11/1987
avverso la sentenza del 05/06/2024 della Corte di appello di Milano visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal consigliere NOME COGNOME udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto dei ricorsi; udito per l’imputato COGNOME l’avv. NOME COGNOME in sostituzione dell’avv. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo che la sentenza venga annullata con rinvio. udito per gli imputati NOME COGNOME e NOME COGNOME l’avv. NOME
COGNOME che ha concluso riportandosi ai motivi.
RITENUTO IN FATTO
Con sentenza del 05/06/2024, la Corte di appello dì Milano, in parziale riforma della sentenza emessa in data 16/02/2022 dal Giudice per le indagini preliminari del Tribunale di Milano- che, per quanto qui rileva, aveva dichiarato, all’esito di giudizio abbreviato, NOME e NOME responsabili del delitto di cui agli artt. 81 cpv cod.pen., 73, commi e 6, d.P.R. n. 309/1990 e li aveva condannati alla pena ritenuta di giustizia- , esclusa l’aggravante di cui all’art. 73, comma 6, d.P.R. n. 309/1990 e riconosciuta l’attenunate di cui all’art. 114 cod.pen. alla COGNOME, riduceva la pena inflitta predetti, rideterminandola per NOME in anni 5 e mesi 4 di reclusione d euro 22.000,00 di multa, per NOME in anni 4 e mesi 2 di reclusione ed euro 20.000,00 di multa e per NOME in anni 2 di reclusione ed euro 8.000,00 di multa con sospensione condizionale della pena detentiva.
Avverso tale sentenza hanno proposto ricorso per cassazione NOME COGNOME COGNOME e COGNOME a mezzo dei rispettivi difensori di fiducia, articolando i motivi di seguito enunciati.
COGNOME NOME propone due motivi di ricorso,
Con il primo motivo deduce violazione degli artt. 4 Prot.CEDU e 649 cod . proc. pen.
Argomenta che i fatti oggetto del presente procedimento sono perfettamente sovrapponibili ai fatti per i quali il ricorrente è stato già condannato in Svizzera dalla Corte delle assise criminali di Lugano con sentenza del 30 novembre 2018 a seguito di procedura abbreviata ex artt. 358 e ss cod.proc.pen. elvetico; erroneamente la Corte di appello aveva rigettato il relativo motivo di impugnazione ritenendo la divergenza del luogo di consumazione o la diversità della collocazione temporale o la diversità dei concorrenti; non era stata considerata, infatti la peculiarità della contestazione italiana e, cioè, l’indicazione generica dei quantitativi di sostanza stupefacente, l’indicazione approssimativa dei luoghi e dei tempi delle condotte; in particolare, la precisazione di singoli fatti, che non trova corrispondenza in sede di applicazione dell’art. 81, cpv, cod.pen., era parte della descrizione di una condotta complessiva con estensione temporale unitaria, una modalità di esecuzione generalmente descritta e una indicazione di concorrenzialità personale che copriva l’intero percorso temporale della condotta; l’art. 4 del protocollo 7 CEDU, applicabile nel diritto UE attraverso l’art. 50 TUE, che prevede che il reato è il medesimo se i fatti che lo integrano sono identici
oppure sono sostanzialmente gli stessi; nella specie, il fatto storico del presente procedimento concerne una reiterata condotta di traffico di stupefacenti ed il fatto storico del procedimento elvetico riguardava una condotta reiterata di traffico di stupefacenti con identità di luoghi, arco temporale e sostanze oggetto del commercio illecito; la Corte EDU, inoltre, aveva affermato che la sanzione imposta all’esito del procedimento conclusosi per primo deve essere tenuta presente nell’ambito del procedimento successivo, anche sulla base di un meccanismo compensatorio che assicuri la proporzione del compendio complessivo delle pene inflitte; deve, dunque, essere considerato il principio di detrazione, nel senso che il giudice del secondo procedimento deve assicurare che l’importo complessivo delle sanzioni irrogate sia proporzionato alla gravità dei reati complessivamente considerati.
Con il secondo motivo deduce vizio di motivazione in relazione al mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche di cui all’art. 62-bis cod.pen.
La menta che i Giudici di merito avevano valorizzato, in maniera illogica, quale elemento negativo, il comportamento processuale del ricorrente, nonostante l’accesso al rito abbreviato e la condotta collaborativa tenuta in relazione a tutte le imputazioni, anche di natura transfrontaliera.
NOME propone un unico motivo di ricorso, con il quale deduce vizio di motivazione per travisamento delle prove in relazione alla attribuibilità dei fatti.
Argomenta che la sentenza impugnata era errata in diritto nella parte in cui basava la prova della penale responsabilità dell’imputata sulla sola titolarità dell’utenza cellulare, non solo non esclusiva ma nemmeno riferibile in uso alla stessa; inoltre, era erronea anche l’attribuzione alla ricorrente di un ruolo attivo quale concorrente nelle attività illecite di NOME COGNOME in quanto desunto dalla riferibilità alla stessa delle attività svolte da tal soggetto denominato “Ada”.
COGNOME propone due motivi di ricorso.
Con il primo motivo di ricorso deduce erronea applicazione degli artt. 125, comma 3,189,192, commi 1 e 2, 546 lett. e) cod.proc.pen. e vizio di motivazione.
Lamenta che tanto il Giudice di primo grado quanto quello di appello, avevano omesso la motivazione, in punto di valutazione della prova relativa al riconoscimento informale del ricorrente, effettuato dalla PG, con riferimento ai criteri e le massime di esperienza poste a fondamento dell’iter motivazionale; la questione, sollevata in primo grado, aveva, poi, costituito oggetto di specifico motivo di gravame, in ordine al quale la Corte di appello aveva offerto una motivazione carente, limitandosi a richiamare le argomentazioni del primo giudice;
risultava evidente che i Giudici di merito non avevano effettuato alcun rigoroso vaglio sulle attività della P.G.
Con il secondo motivo deduce errata applicazione dell’art. 81 cpv. cod.pen. e vizio di motivazione.
Argomenta che la Corte di appello, reiterando l’errore commesso dal primo giudice ed oggetto di specifico motivo di appello, nel rideterminare il trattamento sanzionatorio, non aveva indicato il reato più grave nè le condotte prese in considerazione al fine di applicare l’art. 81 cpv cod.pen. e gli aumenti di pena conseguiti.
3. Il difensore di NOME COGNOME ha chiesto la trattazione orale del ricorso i pubblica udienza.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso di NOME va dichiarato inammissibile.
1.1. Il primo motivo di ricorso è inammissibile.
La Corte territoriale, confermando la valutazione del primo giudice, ha escluso l’operatività del principio del “ne bis in idem” internazionale, sancito dall’art. 5 della Convenzione del 19 giugno 1990 di applicazione dell’Accordo di Schengen del 14 giugno 1985, ratificata e posta in esecuzione dall’Italia con legge 30 settembre 1993, n. 388 (e ratificata anche dalla Svizzera), rilevando l’insussistenza del presupposto dell’identità dei fatti ed escludendo un collegamento materiale tra gli stessi; in particolare, i Giudici di appello evidenziavano che tra i fatti oggetto dell sentenza del 30 novembre 2018 dalla Corte delle assise criminali di Lugano e quelli oggetto del presente giudizio, non vi fosse identità, evidenziando la diversità dell’oggetto delle cessioni (riguardanti nella sentenza elvetica l’eroina e limitate, per quanto concerne la cocaina, al solo anno 2014 con contestazione generica), la differente collocazione loco-spazio-temporale delle condotte illecite, il coinvolgimento di soggetti (correi ed acquirenti) non presenti in entrambe le imputazioni (vedi p 14 e 20 della sentenza impugnata e p 173 e 174 della sentenza di primo grado).
La motivazione è congrua e non manifestamente illogica e corretta in diritto.
Deve ricordarsi che la nozione di «stessi fatti», richiamata dalle decisioni quadro sul reciproco riconoscimento nell’ambito dell’U.E. ai fini del ifdivieto del bis in idem, costituisce una nozione autonoma del diritto dell’Unione europea (Grande Sezione, Corte U.E. 16 novembre 2010, Mantello, § 38), in quanto non può essere lasciata alla discrezionalità delle autorità giudiziarie dei singoli Stati membri l’esegesi di tale concetto sulla base del loro diritto nazionale, occorrendo di esso garantire l’applicazione uniforme nel diritto dell’Unione europea (Sez.6, n. 14719
del 07/05/2020, Rv.278849 – 01) Tale nozione, come ha affermato la Corte U.E., trova quindi fondamento nell’art. 54 della Convenzione di Schengen – secondo cui “una persona che sia stata giudicata con sentenza definitiva in una Parte contraente non può essere sottoposta ad un procedimento penale per i medesimi fatti in un’altra Parte contraente a condizione che, in caso di condanna, la pena sia stata eseguita o sia effettivamente in corso di esecuzione attualmente o, secondo la legge dello Stato contraente di condanna, non possa più essere eseguita”, che a sua volta è da ritenersi compatibile con il principio del ne bis in idem enunciato dall’art. 50 della Carta dei diritti fondamentali («Nessuno può essere perseguito o condannato per un reato per il quale è già stato assolto o condannato nell’Unione a seguito di una sentenza penale definitiva conformemente alla legge») (Grande Sezione, Corte U.E. 27 maggio 2014, Spasic, § 59).
Ebbene, in base all’interpretazione fornita dalla Corte U.E., la nozione di «stessi fatti» ricomprende un insieme di fatti “inscindibilmente collegati tra loro”, indipendentemente dalla qualificazione giuridica dei fatti medesimi e dall’interesse giuridico tutelato (Grande Sezione, Corte U.E. 16 novembre 2010, Mantello, § 39).
E questa corte ha precisato che il principio del “ne bis in idem europeo”, sancito dall’art. 54 della Convenzione di “Schengen”, opera in presenza di più fatti, che hanno dato luogo a procedimenti penali in due stati contraenti, i quali siano inscindibilmente collegati sotto il profilo materiale ed indipendentemente dalla qualificazione giuridica dei fatti medesimi, mentre non assume rilievo l’esistenza tra gli stessi di un nesso meramente soggettivo costituito dall’unitarietà del disegno criminoso (Sez. 6, n. 47445 del 19/11/2019, Rv.277565 – 01).
Il ricorrente, a fronte di tale adeguato e corretto percorso argomentativo propone censure meramente contestative, prive di confronto critico con le puntuali argomentazioni della sentenza impugnata (confronto doveroso per l’ammissibilità dell’impugnazione, ex art. 581 cod.proc.pen., perché la sua funzione tipica è quella della critica argomentata avverso il provvedimento oggetto di ricorso, cfr. Sez.6, n.20377 del 11/03/2009, Rv.243838; Sez.6, n.22445 del 08/05/2009, Rv.244181), dilungandosi in considerazioni in fatto volte a sollecitare un riesame del merito della decisione, precluso in sede di legittimità.
Generica e priva di concretezza è, poi, la doglianza relativa alla necessità di adeguare la pena irrogata nel presente procedimento a quella irrogata nel procedimento elvetico; da tant@ discende l’inammissibilità anche di tale censura.
1.2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
Secondo la costante giurisprudenza di questa Corte, l’applicazione delle circostanze attenuanti generiche, oggetto di un giudizio di fatto, non costituisce un diritto conseguente all’assenza di elementi negativi connotanti la personalità del soggetto, ma richiede elementi di segno positivo, dalla cui assenza
legittimamente deriva il diniego di concessione delle circostanze in paro l’obbligo di analitica motivazione in materia di circostanze attenuanti gener qualifica, infatti, la decisione circa la sussistenza delle condizioni per conce non anche la decisione opposta (Sez.1, n. 3529 del 22/09/1993, Rv. 195339; Sez. 2, n. 38383 del 10.7.2009, COGNOME ed altro, Rv. 245241; Sez.3,n. 44071 del 25/09/2014, Rv.260610).
Inoltre, secondo giurisprudenza consolidata di questa Corte, il giudice motivare il diniego della concessione delle attenuanti generiche non de necessariamente prendere in considerazione tutti gli elementi favorevoli sfavorevoli dedotti dalle parti o rilevabili dagli atti; è sufficiente che eg riferimento a quelli ritenuti decisivi o comunque rilevanti, rimanendo disatte superati tutti gli altri da tale valutazione , individuando, tra gli elemen all’art.133 cod.pen., quelli di rilevanza decisiva ai fini della connotazione ne della personalità dell’imputato (Sez.3, n.28535 del 19/03/2014, Rv.259899 Sez.6, n.34364 del 16/06/2010, Rv.248244; sez. 2, 11 ottobre 2004, n. 2285, Rv 230691).
L’obbligo della motivazione non è certamente disatteso quando non siano state prese in considerazione tutte le prospettazioni difensive, a condizione che in una valutazione complessiva il giudice abbia dato la prevalenza considerazioni di maggior rilievo, disattendendo implicitamente le altre. E motivazione, fondata sulle sole ragioni preponderanti della decisione non pu purchè congrua e non contraddittoria, essere sindacata in cassazione neppur quando difetti di uno specifico apprezzamento per ciascuno dei pretesi fatt attenuanti indicati nell’interesse dell’imputato (Sez.6, n. 42688 del 24/09/2008, Rv.242419).
Nella specie, la Corte territoriale, con motivazione congrua e logica, ha nega la concessione delle circostanze attenuanti generiche a cagione delle modali della condotta (“attivissimo ruolo di primo piano rivestito da Vapri Genis, sogge capace di intrecciare rapporti d’affari illeciti di vaste dimension coinvolgimento di individui operanti in diversi stati”), aggiungendo anche non rinvenivano elementi valorizzabili in senso positivo per l’imputato.
La mancata concessione delle circostanze attenuanti generiche è, pertanto giustificata da motivazione congrua ed esente da manifesta illogicità, ch insindacabile in cassazione (Sez. 6, n. 42688 del 24/9/2008, Rv. 242419).
2. Il ricorso di NOME va dichiarato inammissibile.
L’unico motivo di ricorso articolato, afferente all’affermazione responsabilità, è generico ed avente ad oggetto censure non proponibili in sede legittimità.
La Corte territoriale, in aderenza alle risultanze istruttorie, ha evide plurimi elementi fattuali che, complessivamente valutati, comprovavano i coinvolgimento attivo della donna negli affari illeciti di RAGIONE_SOCIALE (partecipaz attiva nel trasporto di cocaina , avvenuto tra il 7 ed il 9 marzo 2015, unita a RAGIONE_SOCIALE; contenuto delle conversazioni intercettate che comprovavano la gestione degli affari illeciti del RAGIONE_SOCIALE su direttive impartitegli dallo titolarità di utenza telefonica, attivamente impegnata nella contrattazioni ill contatti diretti con il coimputato COGNOME attraverso l’espediente de “triangolazioni telefoniche”).
Rispetto a tale articolato e congruo percorso argomentativo, la ricorren propone censure generiche, in quanto prive di confronto critico con le complessiv argomentazioni dei Giudici di appello, nonchè orientate a sollecitare u rivalutazione delle risultanze istruttorie, preclusa in sede di legittimità.
Il ricorso di COGNOME COGNOME va dichiarato inammissibile.
3.1. Il primo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La Corte di appello confermava l’affermazione di responsabilità di COGNOME a titolo di concorso nel traffico illecito di stupefacenti di cui al dell’imputazione, dando rilievo all’identificazione del ricorrente effettuata operatori di polizia giudiziaria nel corso delle indagini (p 22 e 23 della sen impugnata).
Va ricordato che in sede di giudizio abbreviato sono utilizzabili ai fini decisione tutti gli atti di indagine che siano stati legittimamente acqui fascicolo del pubblico ministero, ai quali la scelta dell’imputato di accedere alternativo attribuisce valenza probatoria (cfr. Sez 5, n. 42577 del 03/06/2 Rv.264947; Sez. V, 26.3.2013, n. 20055, Rv. 255655; Sez. V, 27.9.2013, n. 8376, Rv. 259042).
E si è precisato che in sede di giudizio abbreviato, il giudice può utilizza fini della decisione il verbale di individuazione fotografica, redatto dalla p giudiziaria, in quanto atto legittimamente acquisito al fascicolo del pubb ministero (Sez.5, n. 42577 del 03/06/2015, Rv.264947 – 01).
Del resto è stato affermato che il riconoscimento informale operato dall polizia giudiziaria sulla base di una fotografia dell’indagato costituisce una atipica la cui affidabilità deriva dalla credibilità della dichiarazione di chi esaminato la fotografia, si dica certo della sua identificazione (Sez.F, n. 37012 del 29/08/2019, Rv.277635 -01; Sez.4, n. 16902 del 04/02/2004, Rv.228043 -01).
Da tanto discende la manifesta infondatezza della doglianza proposta.
3.2. Il secondo motivo di ricorso è manifestamente infondato.
La circostanza che i Giudici di merito non abbiano indicato il reato più gra non ha rilievo ai fini della motivazione relativa alla determinazione della p
essendo stata correttamente indicata la pena base e l’aumento a titol continuazione, posto che il criterio per determinare il reato più grave non è q concreto, ma quello astratto derivante dalla “più grave pena edittale previst legislatore per ciascun reato da comparare” (Sez.U, n.748 del 12/10/1993, dep.25/01/1994, Rv.195805 – 01; Sez.U, n.15 del 26/11/1997,dep.03/02/1998, Rv.209485 – 01; Sez.U, n.25939 del 28/02/2013, Rv.255347 – 01); nella specie, erano contestati al ricorrente plurimi reati di cui all’art. 73, comma 1, d. 309/1990 e, quindi, reati tutti di pari gravità; non si rendeva, pertanto, nece alcuna specificazione in ordine al reato più grave (cfr anche Sez.4, n.6853 27/01/2009, Rv.242867, in motivazione).
La motivazione posta a giustificazione dell’aumento di pena a titolo continuazione tra i reati è adeguata.
Secondo il dictum delle Sezioni Unite, in tema di reato continuato, il giudice, nel determinare la pena complessiva, oltre ad individuare il reato più gra stabilire la pena base, deve anche calcolare e motivare l’aumento di pena in mo distinto per ciascuno dei reati satellite (Sez.U, n. 47127 del 24/06/2 Rv.282269 – 01).
In particolare, è stato chiarito che il grado di impegno motivazionale richi in ordine ai singoli aumenti di pena è correlato all’entità degli stessi e consentire di verificare che sia stato rispettato il rapporto di proporzione pene, anche in relazione agli altri illeciti accertati, che risultino rispett previsti dall’art. 81 cod. pen. e che non si sia operato surrettiziamente un c materiale di pene (conf. Sez. U, n. 7930/94, Rv 201549-01).
Si è osservato che “il reato continuato non è strutturalmente un reato uni l’unificazione rappresenta una determinazione legislativa funzionale a definizione da parte del giudice di un trattamento sanzionatorio più mite di qua non risulterebbe dall’applicazione del cumulo materiale delle pene. Per tale moti essa non può spiegare effetto oltre il perimetro espressamente individuato legislatore. Ne consegue che dal punto di vista della struttura del reato conti non vi è ragione di ridurre l’obbligo motivazionale ritenendolo cogente unicament per la pena relativa al reato più grave”. E si è sottolineato che: “L’autonomi reati satellite si salda all’obbligo di motivazione, che accede all’esercizio del discrezionale attribuito al giudice per la determinazione del trattam sanzionatorio, sì che deve essere giustificato ogni risultato di quell’esercizi 132, primo comma, cod. pen.); e che: “In condusione, il valore ponderale che giudice attribuisce a ciascun reato satellite concorre a determinare un razio trattamento sanzionatorio; e, pertanto, devono essere resi conoscibili gli elem che hanno condotto alla definizione di quel valore.”
Si è, inoltre, evidenziato che “l’obbligo motivazionale richiede modalità
adempimento diverse a seconda dei casi”. In particolare, si è osservato che associazione di una pena base determinata nella misura minima edittale ed u
aumento per la continuazione di entità esigua esclude l’abuso del pot discrezionale conferito dall’art. 132 cod. pen. e dimostra, per implicito, che è
operata la valutazione degli elementi obiettivi e subiettivi del reato risulta contesto complessivo della decisione. Quando, invece, la pena per il reato p
grave è quantificata a livelli prossimi o coincidenti con il minimo edittale ma q fissata in aumento per la continuazione è di entità tale da configurare, sia pu
astratto, una ipotesi di cumulo materiale dei reati, l’obbligo motivazional giudice si fa più stringente, dovendo egli specificare dettagliatamente le rag
che lo hanno indotto a tale decisione”.
Nella specie, la Corte di appello, nel rimodulare il trattamento sanzionator indicava specificamente l’aumento di pena per la continuazione tra i reati (ne
misura di mesi tre di reclusione ed euro 4.000,00 di multa); l’aumento di pen contenuto ed richiamo al ruolo svolto nella vicenda criminosa consente di ritene
assolto l’obbligo motivazionale, nell’ottica di una ragionevole proporzionalit entità della pena base ed aumenti di pena per i singoli reati satell continuazione.
Essendo i ricorsi inammissibili e, in base al disposto dell’art. 616 cod. pen, non ravvisandosi assenza di colpa nella determinazione della causa inammissibilità (Corte Cost. sent. n. 186 del 13.6.2000), alla condanna ricorrenti al pagamento delle spese del procedimento consegue quella a pagamento della sanzione pecuniaria nella misura di euro tremila, ritenuta equ in relazione alla entità delle questioni trattate.
P.Q.M.
Dichiara inammissibili i ricorsi e condanna i ricorrenti al pagamento de spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa de ammende.
Così deciso il 26/03/2025