Sentenza di Cassazione Penale Sez. 2 Num. 18383 Anno 2024
Penale Sent. Sez. 2 Num. 18383 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data Udienza: 09/01/2024
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato a CASTELVETRANO il DATA_NASCITA avverso la sentenza del 16/02/2023 della CORTE APPELLO di PALERMO visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME; udito il Sostituto Procuratore NOME COGNOME che ha chiesto il rigetto del ricorso; uditi i difensori AVV_NOTAIO del Foro di Palermo e AVV_NOTAIO del Foro di Marsala, in difesa di COGNOME NOME, che hanno chiesto l’accoglimento del ricorso.
RITENUTO IN FATTO
Con l’impugnato provvedimento la Corte d’appello di Palermo ha confermato la sentenza del Tribunale di Palermo del 17 luglio 2020 con cui l’imputato era stato condannato alla pen giustizia per il reato di tentata estorsione, aggravata dNOME condizioni previste dall’art bis c.p..
La difesa dell’imputato ha presentato ricorso per cassazione basato su quattro motivi.
Con il primo motivo si deduce violazione dell’articolo 606 lett. b) ed e) c.p.p. in relaz all’articolo 238 bis c.p.p. per omessa motivazione della prova favorevole contenuta nella sentenza 1169/2021 della stessa corte d’appello di Palermo acquisita ai fini della prova del in esso accertato e valutabile ai sensi dell’articolo 187 e 192.3 c.p.p..
La citata pronuncia, si osserva nel ricorso per cassazione, ha mandato assolto l’imput dall’accusa di partecipazione ad associazione per delinquere di stampo mafioso; per giungere tale conclusione si è soffermata, tra l’altro, sull’episodio oggetto del presente g escludendo, dopo attente analisi delle intercettazioni telefoniche che erano state poste
pubblica accusa a base dell’imputazione, la sussistenza di un quadro indiziario sufficiente concludere che l’episodio estorsivo fosse in qualche maniera riferibile al NOME.
La sentenza oggi in contestazione non si è confrontata tale pronuncia, nonostante la specifi richiesta formulata dal difensore.
Con il secondo motivo si deduce violazione dell’articolo 606 lett. b) c.p.p. in rel all’articolo 649 dello stesso codice e dall’articolo 4 del settimo Protocollo Addiziona Convenzione EDU.
Il fatto oggetto del presente procedimento è stato altresì scrutinato, con esito assolutorio sentenza numero 1169/2021 cosicché la stessa vicenda non può essere oggetto di ulteriore esame, pena la violazione del divieto di ne bis in idem.
Con il terzo motivo si deduce la violazione delle lett. b) ed e) dell’art. 606 c.p.p. in all’articolo 629, comma 1 e 2 c.p., nonché 7 d.l. 15.2/1991.
La Corte d’appello ha attribuito all’imputato il ruolo di intermediario senza tuttavia v se la sua condotta si sia concretizzata nell’intervento in favore della vittima dell’associazione mafiosa.
A ciò si aggiunge che la Corte pur esaminando questioni già risolte in senso favorevo all’imputato NOME sentenza 1169/2021 sopra menzionata, non ha affrontato e risposto al quesit formulato nei motivi di appello relativo al contenuto della telefonata intercorsa tra l’impu altro soggetto nel corso della quale il primo escludeva di aver mai “condiviso con il COGNOME fatto delittuoso”.
Con l’ultimo motivo si deduce la violazione delle lett. b) ed e) dell’art. 606 c.p.p. in r all’articolo 7 d.l. 152/1991.
La motivazione della sentenza sul punto è illogica e contraddittoria. Vi si sostiene, infa l’imputato avesse fatto espresso riferimento alla compagine mafiosa nel corso delle telefon mentre tale circostanza non emerge da alcuna delle interlocuzioni con la persona offesa. Né considera nella sentenza che l’imputato non avrebbe avuto alcuna necessità di far ricorso formule espresse alla luce del fatto che egli era il fratello un uomo di fiducia di NOME COGNOME. Infine, nella sentenza si omette ogni considerazione sul fati:o che l’imputato era indotto ad agire nell’interesse dell’amico NOME, persona offesa, onde evitare azioni rito nei suoi confronti.
CONSIDERATO IN DIRITTO
Il ricorso è basato su motivi infondati e va pertanto rigettato.
I primi due motivi trattano dell’interferenza tra due distinti procedimenti a carico di NOME di tal che conNOME esaminarli congiuntamente, per logica espositiva ed economia processuale. Si sostiene, in linea difensiva, che vi sia, per così dire, una sineddoche poiché nel conclusosi con l’assoluzione, la accusa di associazione per delinquere di stampo mafios conteneva anche la vicenda estorsiva esaminata in questo processo, quale reato fine (anche se non oggetto di una specifica imputazione in quella sede).
Se ne deduce pertanto che vi è contraddizione tra i giudicati per l’errore in cui è inco Corte palermitana nel presente giudizio. Non si è infatti considerato il precedente assolutor in ogni caso, è stato violato il principio del ne bis in idem, dato che il precedente giudiziario favorevole all’imputato era ostativo ad un ulteriore giudizio sul fatto, anche se diversa qualificato, ex art. 649 c.p.p..
Così riassunte le questioni proposte nel primo e nel secondo motivo di impugnazione, la Cort ritiene che esse siano infondate.
2. In relazione al primo profilo, occorre innanzitutto evidenziare che il motivo di rico lamenta la mancata considerazione del precedente favorevole da parte della Corte d’appello non può essere fondato sulla violazione dell’art.606 lett. b) c.p.p. in relazione all’art.238 b La disposizione da ultimo menzionata, infatti, fa riferimento a specifici criteri di valutazi sentenza acquisita e dei fatti in essa accertati, ma non sottrae al giudice il controllo valutazione del) fatto che si riflette nella motivazione del provvedimento. Si è infatti a che «l’acquisizione agli atti del procedimento, ai sensi dell’ad. 238 bis cod. proc. p sentenze divenute irrevocabili non comporta, per il giudice di detto procedimento, al automatismo nel recepinnento e nell’utilizzazione a fini decisori dei fatti e dei relati contenuti nei passaggi argomentativi della motivazione delle suddette sentenze, dovendosi a contrario ritenere che quel giudice conservi integra l’autonomia e la libertà delle oper logiche di accertamento e formulazione di giudizio a lui istituzionalmente riservate>> (Se n. 11140 del 15/12/2015 Daccò Rv. 266338 – 01; Sez. 4, n. 10103 del 01/02/2023 Bruno Rv. 284130 – 01). La ratio della norma, infatti, è quella di non disperdere elementi conosciti acquisiti in provvedimenti che hanno acquistato autorità di cosa giudicata, fermo restand principio del libero convincimento del giudice, nel senso che l’utilizzazione ai fini del dec risultanze di fatto emergenti anche NOME motivazione, e non dal solo dispositivo, delle sent divenute irrevocabili acquisite ex art. 238 bis, per il richiamo agli art. 187 e 192, comma proc. pen., implica innanzi tutto l’accertamento della rilevanza di dette risultanze in re all’oggetto della prova e poi una verifica in ordine alla sussistenza o meno degli indispen elementi esterni di riscontro individualizzanti, di qualsiasi natura, da acquisire nel contrad delle parti, che ne confermino la valenza di elemento di prova, per legge non autosufficiente (ex multis, Sez. 6, n. 47314 del 12/11/2009, COGNOME e altri, Rv. 245483; Sez. 3, n. 8823 d 13/01/2009, COGNOME, Rv. 242767). In definitiva, sul giudice grava uno specifico o valutativo, destinato ad essere espresso nella motivazione. Ed anche se si deduce la violazio dell’art. 238 bis cod. proc. pen. per censurare l’omessa od erronea valutazione della sente acquisita, non si fa altro che entrare in un circolo vizioso, dato che ad essere oggetto revisione di legittimità sarà pur sempre la motivazione che necessariamente dovrà render esplicite le ragioni della (contestata) valutazione. Ed allora, si torna daccapo, poiché l’a motivazionale della sentenza non può che essere criticato per la sua assenza, contraddittorie o manifesta illogicità, cioè per i criteri dettati dall’ad. 606 lett. e) c.p.p.. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
D’altronde, il primo motivo di ricorso, evocando altresì l’art.606 lett. e c.p.p., deduce motivazionale per l’omessa motivazione della prova favorevole.
Tuttavia, nemmeno tale critica alla motivazione è fondata nel merito.
Pur in mancanza di alcun riferimento, nella sentenza impugnata, alla sentenza n.1169/2021 del 26 febbraio 2021, la Corte ritiene che l’omissione motivazionale non sia rilevante e che vi sia un interesse concreto da parte dell’imputato.
Infatti, la sentenza assolutoria depositata all’udienza 30 giugno 2020 non giunge ad accerta quanto si sostiene nel ricorso, vale a dire l’estraneità dell’imputato alla vicenda estorsiva a di NOME COGNOME e della società RAGIONE_SOCIALE in relazione ai lavori all condotti per l’ammodernamento della strada INDIRIZZO del INDIRIZZO. Nella motivazione della sentenz pochi paragrafi dopo il lungo estratto riportato nel ricorso in cassazione (NOME pg.3-6), l d’appello di Palermo, preso atto della condanna dell’imputato da parte del Tribunale di Trap per il medesimo episodio, lungi dal confutarne la sussistenza, ovvero il ruolo in esso s dall’imputato, si limita ad escludere che esso fosse prova di affiliazione mafiosa.
Si legge invero a pg.31 della sentenza n.1169/2021 della Corte palermitana che “è agevole rilevare che, anche ritenendo accertato, nei suddetti limiti, che l’imputato abbia forn contributo, concorrendo alla consumazione di uno dei “delitti fine” dell’associazione mafi rileva il collegio che esso, per il suo carattere obiettivamente singolare e occasionale, no costituire, da solo, in assenza di ulteriori significativi elementi processuali, un dato pr sufficiente a confermare un’effettiva partecipazione associativa”.
Non si può pertanto affermare che la Corte palermitana nella sentenza 1169/2021 abbia escluso il ruolo del NOME nella estorsione contestata, quanto piuttosto che ne abbia esclu la valenza dimostrativa di una partecipazione mafiosa da parte dell’odierno imputato.
Così ridefinita la questione, devesi concludere per la carenza dell’interesse conc dell’imputato ad una pronuncia di annullamento sul punto, giacché la restituzione del proces all’appello non porrebbe l’imputato in una posizione poziore.
L’omessa risposta sul motivo di appello, infatti non inficia la sentenza impugnata in qu detto motivo era ab origine inammissibile, con la conseguenza che l’omessa motivazione sul punto non incide sulla sentenza impugnata. Pacifico è infatti che in tema di impugnazion inammissibile, per carenza d’interesse, il ricorso per cassazione avverso la sentenza di secon grado, che non abbia preso in considerazione un motivo di appello, che risulti ab origine inammissibile per manifesta infondatezza, in quanto l’eventuale acc:oglimento della doglian non sortirebbe alcun esito favorevole in sede di giudizio di rinvio (tra le tante: Sez. 2, s n. 10173 del 16/12/2014 – dep. 11/03/2015, Rv. 263157-01).
3. Anche il secondo motivo di ricorso, che evoca la violazione della regola del ne bis in idem, è infondato. Etiamsi daremus, quod sine magno errore dar nequit, se anche dunque ammettessimo, contro quanto si è stabilito in precedenza, che vi fosse un contrasto di giudi o che comunque il fatto fosse stato (diversamente) valutato NOME Corte palermitana nel process conclusosi con la sentenza 1169/2021, non si configura alcuna preclusione processuale. Infatt
come è stato già affermato da questa stessa Sezione, in un caso sostanzialmente sovrapponibile, «è legittimo assumere, come elemento di giudizio autonomo, circostanze di fatto raccolte ne corso di altro procedimento penale, pur quando questo si è concluso con sentenza irrevocabile di assoluzione, perché la preclusione del giudizio impedisce soltanto l’esercizio dell’azione pe per il fatto-reato che di quel giudicato ha formato oggetto, ma non riguarda la rinno valutazione delle risultanze probatorie acquisite nel processo, una volta stabilito che le possano essere rilevanti per l’accertamento di reati diversi da quelli già giudicati» (Sez 43885 del 05/04/2019 Lo Bue Rv. 277590 – 01).
D’altra parte, proprio con riferimento al tema del ne bis in idem in rapporto alla relazione tra reato associativo e reati fine, si è affermato, con orientamento che si condivide, che «nel di procedimento per il delitto di cui all’art. 416-bis cod. pen. e di separato procediment reati fine realizzati, non sussiste la preclusione del “ne bis in idern” ricorrendo l’ip concorso materiale di reati, perché per il primo la condotta necessaria e sufficiente sta prestazione della propria adesione alla organizzazione già costituita, mentre per i second condotta necessaria è quella tipica, fissata nella fattispecie criminosa» (Sez. 2, n. 5264 20/11/2014 Montalbano Rv. 261623 – 01).
Anche il terzo ed il quarto motivo di ricorso sono incentrati sulla rielaborazione del fat deducendo entrambi anche la violazione di legge: sul punto vale quanto detto sopra a pg.3) e in particolare sulla insoddisfacente valutazione effettuata NOME Corte palermitana del ruolo s dall’imputato nella vicenda e sulla sussistenza della aggravante ‘mafiosa’.
Non si può tuttavia ignorare che si è in presenza di c.d. “doppia conforme” in pu affermazione della penale responsabilità dell’imputato per il fatto di reato contestato, conseguenza che le due sentenze di merito vanno lette congiuntamente costituendo un unico corpo decisionale, essendo stati rispettati i parametri del richiamo della pronuncia di app quella di primo grado e dell’adozione – da parte di entrambe le sentenze – dei medesimi cri nella valutazione delle prove (cfr., Sez. 3, n. 44418 del 16/07/2013, COGNOME, Rv. 257 Sez. 2, n. 37295 del 12/06/2019, E., Rv. 277218). Non è pertanto consentita la riproposizione di temi che, risolvendosi nella formulazione di interpretazioni fattuale o ipotesi ricos alternative, non raggiungano la soglia della critica di legittimità della sentenza, che a unicamente alla omissione di motivazione (certamente non ricorrente nel caso specifico), al contraddittorietà o alla manifesta illogicità della motivazione (categorie nemmeno evocate ricorso).
In particolare, il ruolo di NOME NOME NOME NOME sentenza a pg.7 e 8 contrastando efficacemente le deduzioni difensive sulla vaghezza del supposto ruolo d mediatore di NOME, si ripercorrono le telefonate in cui l’imputato, interloquend NOME COGNOME, riferiva delle minacce al NOME NOME quali egli stesso aveva assistito suo ruolo di intermediario.
Ed altrettanto deve dirsi dell’ulteriore e conclusivo tema della aggravante mafiosa (art.416 1 c.p.) linearmente e logicamente ravvisata nel riferimento alla frase “vedi che c’è quello,
e quello che ti cerca, NOMENOME che devi fare?”, allusivamente riferita alla persona offesa p per esercitare su costui la pressione psicologica tipicamente generata NOME consapevolezza nell vittima ‘dell’interessamento’ da parte di un gruppo malavitoso strutturato e radicat territorio. D’altronde, come congruamente osservato in sentenza (pg.10) la richiesta di ‘pizz una tipica attività mafiosa ed anche se (come ritenuto nella sentenza) non sia condotta da associato (essendo l’imputato stato assolto nel processo ‘parNOMElo’ relativo all’imputaz associativa).
5 . Per le esposte ragioni, il ricorso va respinto. Al rigetto del ricorso consegue, ex a c.p.p., la condanna dell’imputato al pagamento delle spese processuali
P.Q.M.