Ordinanza di Cassazione Penale Sez. 7 Num. 9762 Anno 2025
Penale Ord. Sez. 7 Num. 9762 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 14/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
COGNOME NOME nato a GIOIA COGNOME il 07/08/1965
avverso la sentenza del 24/04/2024 della CORTE APPELLO di CATANZARO
dato avviso alle parti;
udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME;
R.G.
rilevato che, con due motivi di ricorso, COGNOME COGNOME ha dedotto: 1) il vizio di violazione di legge in relazione all’art. 649, cod. proc. pen. per assorbimento del fatto contestato con il capo di imputazione sub 11) della sentenza irrevocabile del GIP del tribunale di Udine e correlato vizio di motivazione (dolendosi, in particolare, del mancato riconoscimento del bis in idem tra il fatto qui giudicato e quello oggetto della sentenza irrevocabile di patteggiamento emessa nei confronti della ricorrente dal GIP del Tribunale di Udine in data 7/12/2017; i giudici di appello non avrebbero motivato le ragioni per le quali non era riconducibile la detenzione ed il trasporto di parte della più ampia quantità della sostanza precedentemente detenuta dall’imputata e per cui è già stata giudicata, limitandosi a menzionare una generica mancanza di finalità logica della condotta di detenzione complessiva, senza contestare le altre argomentazioni difensive fondate sugli atti di indagine prodotti che avevano dato atto del circoscritto arco temporale in cui sarebbero avvenuti i trasporti dalla Calabria al Friuli dell’intera sostanza e il successivo trasporto a ritroso di una parte della stessa; i giudici, quindi, avrebbero omesso di riconoscere l’esistenza degli elementi idonei a riconoscere l’applica bilità dell’art. 649, cod. proc. pen., ossia la riconducibilità dei singoli episodi d detenzione e trasporto della medesima partita di stupefacente ed il nesso di contestualità temporale tra le condotte contestate separatamente avvenute il 3 ed il 10 novembre 2016 e desumibili dalle intercettazioni e dai servizi di o.c.p.); 2) il vizio di violazione di legge processuale quanto all’inutilizzabilità delle dichiarazioni indizianti rese dall’imputata alla polizia giudiziaria in sede di perquisizione personale e correlato vizio di motivazione (dolendosi, in particolare, dell’utilizzazione delle dichiarazioni rese dall’imputata in sede di perquisizione e sequestro in data 19/11/2016, in violazione del disposto dell’art. 63, cod. proc. pen., non rilevando la circostanza che l’imputata abbia chiesto la definizione del giudizio mediante il rito abbreviato, in cui non possono trovare ingresso le prove illegittimamente acquisite ex art. 191, cod. proc. pen., trattandosi quindi di inutilizzabilità patologica, comunque da ritenersi non spontaneamente rese ai sensi dell’art. 350, comma 7, cod. proc. pen. ed, in ogni caso, non utilizzabili nemmeno in sede di giudizio abbreviato in quanto la ricorrente, come emergerebbe dal verbale, al termine delle operazioni di polizia giudiziaria, avrebbe dichiarato di non voler dichiarare nulla); Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ritenuto che entrambi i motivi di ricorso proposti dalla difesa sono inammissibili perché, oltre ad essere affetti dal vizio di genericità per aspecificità in quanto riproduttivi di censure già confutate adeguatamente in sede di appello, sono
finalizzati ad una rilettura alternativa degli elementi di prova inibita a questa Corte di legittimità e, comunque, si appalesano manifestamente infondati perché sostengono vizi motivazionali non emergenti dagli atti (si v., in particolare, le considerazioni espresse in alle pagg. 3/4 della sentenza impugnata, in cui i giudici escludono che il fatto contestato, commesso in data 19/11/2016, possa ritenersi assorbito nella condotta commessa in data 28/10/2016, già giudicata con sentenza irrevocabile, in quanto ciò non trova riscontro né negli atti acquisiti né sotto un profilo logico giuridico; in particolare, fattualmente, i giudici escludono che si potesse trattare della stessa sostanza perché, in primo luogo, la quantità di marijuana sequestrata a Lannetia Terme è notevolmente inferiore a quella di cui era rimasta in possesso, posto che del 1500 gr. inizialmente acquistati, solo 480 gr. erano stati ceduti, sicchè la ricorrente avrebbe dovuto avere la disponibilità di almeno 1 kg. di sostanza, a fronte die quasi 400 gr. rinvenuti nella sua valigia; in secondo luogo, essendo la Calabria il suo luogo di approvvigionamento, osserva la Corte d’appello, non avrebbe avuto senso trasportare verso la Calabria la stessa sostanza stupefacente, essendo maggiormente plausibile la tesi, del resto oggetto di confessione da parte della stessa imputata, che quella partita di marijuana era stata acquistata ad Udine e trasportata verso la Calabria per ulteriori e diverse ragioni; del resto, si aggiunge in sentenza, se la ricorrente avesse trasportato nuovamente ma in direzione opposta la stessa sostanza acquistata a Gioia Tauro, avrebbe illogicamente raddoppiato il rischio di essere scoperta, sicchè è stata ritenuta condivisibile la logica motivazione del primo giudice secondo cui i biglietti dei trasporti trovati nella disponibilità dell’imputata in sede id perquisizione documentavano plurimi viaggi in Calabria dell’imputata e, inevitabilmente, partite diverse di stupefacente; a ciò, poi, si aggiunge l’ulteriore rilievo esposto in sentenza, che valorizza il dato incontrovertibile rappresentato dall’aver la ricorrente, al momento del sequestro dello stupefacente, a dichiarare ai militari di aver acquistato la sostanza rinvenuta a Udine e non a Goia Tauro; in ogni caso, aggiungono i giudici di appello, pur volendo aderire alla tesi difensiva secondo cui la ricorrente stava restituendo ai venditori calabresi la stessa sostanza da loro acquistata nei giorni precedenti, era comunque certo che la prima condotta di trasporto non si sovrapponeva alla nuova e diversa condotta oggetto del presente giudizio perché il secondo trasporto è autonomo, eseguito dopo giorni dal primo trasporto e dettato da esigenze diverse dallo spaccio, donde la continuità con il fatto già irrevocabilmente giudicato non assorbe in punto di fatto il secondo trasporto, come evidenziato correttamente ai giudici di appello, con puntuale richiamo giurisprudenziale; Corte di Cassazione – copia non ufficiale
Ritenuto che, al cospetto di tale apparato argomentativo, le doglianze del ricorrente si appalesano prive di pregio, in quanto si risolvono nel “dissenso” sulla ricostruzione dei fatti e sulla valutazione delle emergenze processuali svolta dai giudici di merito, operazione vietata in sede di legittimità, attingendo la sentenza impugnata e tacciandola per presunte violazioni di legge e per vizi motivazionali con cui, in realtà, si propone una doglianza non suscettibile di sindacato da parte di questa Corte. Deve, sul punto, ribadirsi infatti che il controllo di legittimit operato dalla Corte di cassazione non deve stabilire se la decisione di merito proponga effettivamente la migliore possibile ricostruzione dei fatti, né deve condividerne la giustificazione, ma deve limitarsi a verificare se tale giustificazione sia compatibile con il senso comune e con i limiti di una plausibile opinabilità di apprezzamento (v., tra le tante: Sez. 5, n. 3416 del 26/10/2022 – dep. 26/01/2023, Lembo, n.m.; Sez. 5, n. 1004 del 30/11/1999 – dep. 31/01/2000, COGNOME, Rv. 215745; Sez. 5, n. 11910 del 22/01/2010, COGNOME, Rv. 246552), nella specie, l’esclusione del ne bis in idem è avvenuta sulla base di argomenti immuni dai vizi denunciati, e condotta in base ad argomenti logici che si sottraggono al sindacato di questa Corte;
Ritenuto, infine, quanto alla dedotta inutilizzabilità che, anzitutto, si tratta d censura priva di pregio in quanto le dichiarazioni spontanee rese dall’indagato alla polizia giudiziaria sono utilizzabili in sede di giudizio abbreviato anche in mancanza dell’avvertimento di cui all’art. 64, comma secondo, lett. c), cod. proc. pen., previsto solo per l’interrogatorio e non per le dichiarazioni di cui all’art. 350, comma settimo, cod. proc. pen.. (Sez. 3, n. 48508 del 03/11/2009, Rv. 245622 01), emergendo del resto proprio dal verbale di sequestro che “giunti al reparto, la sig.ra COGNOME COGNOME ha riferito spontaneamente ai militari che…”, spontaneità che, ove non fosse stata tale, ben avrebbe consentito all’imputata, al termine delle operazioni di perquisizione e sequestro, di farla rilevare anziché concludere di non avere nulla da dichiarare; a ciò si aggiunga, peraltro, che la difesa si è limitata ad eccepire l’inutilizzabilità delle dichiarazioni della ricorrente, senza dedurne la decisività in forza della prova di resistenza, ciò che rende per ciò solo inammissibile l’eccezione, atteso che è inammissibile per aspecificità il ricorso per cassazione con cui si eccepisce l’inutilizzabilità di un elemento probatorio senza dedurne la decisività in forza della cd. “prova di resistenza”, ai fini dell’adozione del provvedimento impugnato (Sez. 3, n. 39603 del 03/10/2024, Rv. 287024 – 02);
Ritenuto, conclusivamente, che il ricorso deve essere dichiarato inammissibile, con condanna della ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro 3000 in favore della Cassa delle Ammende, non potendosi escludere profili di colpa nella sua proposizione;
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende. Così deciso il 14 febbraio 2025
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Il Presidente