Sentenza di Cassazione Penale Sez. 4 Num. 13353 Anno 2025
Penale Sent. Sez. 4 Num. 13353 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data Udienza: 19/03/2025
SENTENZA
sul ricorso proposto da: COGNOME nato il 15/02/1954
avverso la sentenza del 29/05/2024 della CORTE APPELLO di NAPOLI
visti gli atti, il provvedimento impugnato e il ricorso; svolta la relazione dal Consigliere NOME COGNOME lette le conclusioni del Procuratore generale, in persona della sostituta NOME
NOMECOGNOME la quale chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Ritenuto in fatto
1. La Corte d’appello di Napoli, in parziale riforma della sentenza del Tribunale di Torre Annunziata, appellata tra gli altri da NOME NOME, con la quale costui era stato condannato, con ruolo apicale, per associazione per delinquere finalizzata al narcotraffico e per più reati fine, ha dichiarato estinti questi ultimi per prescrizione e, escluso il ruolo apicale quanto al delitto associativo, ha rideterminato la pena in anni undici di reclusione ed euro 70.000,00 di multa, previo riconoscimento del vincolo della continuazione con i reati giudicati dalla Corte d’appello di Salerno con sentenza 07/10/2005 irrevocabile, confermando nel resto.
Avuto riguardo ai temi devoluti con il ricorso, con i quali, come vedremo più avanti, si è rilevata l’intervenuta prescrizione anche del reato associativo, la violazione del principio del ne bis in idem (in relazione a un’associazione per delinquere operante in Sala Consilina dal 1993 al giugno 1999), nonché censurata la valutazione in ordine alle generiche e all’aumento per la continuazione, giovi considerare che la Corte territoriale ha, intanto, escluso l’effetto estintivo del tempo sul reato associativo (accertato, secondo l’editto accusatorio, in provincia di Napoli con condotte perduranti dal settembre 1 98), rilevando trattarsi di reato incluso nell’elenco di cui all’art. 51 comma 3, od. proc. pen.
Quanto, poi, alla allegata violazione del ne bis in idem, ha preliminarmente dato atto della mancata indicazione, nel gravame, di elementi dai quali ricavare l’unicità della compagine criminosa, la difesa essendosi limitata a evidenziare la coincidenza del dato temporale. Ciò posto, quel giudice ha aderito alle conclusioni motivate dal primo giudice, a mente delle quali le due associazioni avevano ambiti di operatività differenti, obiettivi e compagini completamente eterogenee (fatta eccezione per il coimputato COGNOME, senza che fossero emersi collegamenti tra le attività poste in essere – unitamente al COGNOME, al COGNOME e al COGNOME in quella diversa sede – con i reati fine, oggetto del presente procedimento. Anche questi, secondo i giudici territoriali, avrebbero distinte connotazioni, atteso che l’importazione dall’estero di consistenti quantitativi di droga non era destinata alla diversa compagine operante in Sala Consilina, conclusivamente osservando che l’associazione oggetto del presente procedimento operava senza vincolo di esclusiva, ciò rendendo assolutamente verosimile, dunque, una partecipazione dell’imputato a entrambe.
Infine, quanto alla dosimetria della pena, la Corte ha stimato equo, previo riconoscimento del vincolo della continuazione con i reati per i quali il
COGNOME aveva già riportato condanna definitiva, un aumento per la continuazione per il presente delitto (stimando più grave quello di cui all’art. 73 d.P.R. n. 309/1990, giudicato separatamente) pari ad anni tre di reclusione ed euro 20.000,00 di multa, osservando a giustificazione della individuata dosimetria che il COGNOME, nel periodo osservato, si era continuativamente dedicato all’acquisto e alla cessione di importanti quantitativi di droga, allo scopo di trarne il massimo beneficio personale in entrambe le compagini associative.
3. La difesa del COGNOME ha formulato quattro motivi.
Con il primo, ha dedotto violazione di legge con riferimento all’effetto estintivo del tempo sul reato, una volta derubricato quello di cui all’art. 74, comma ;Tt 1 d. P.R. n. 309/1990 nella ipotesi prevista dal comma 2 dello articolo, osservando che il regime della prescrizione, in ragione del tempo del commesso reato, è quello antecedente alla legge c.d. ex Cirielli del 2005.
Con il secondo, ha dedotto inosservanza di norme processuali e vizio della motivazione, quanto al principio del ne bis in idem, ritenendone sussistenti i presupposti di operatività, stanti la parziale coincidenza soggettiva delle due compagini associative e la corrispondenza storiconaturalistica nella configurazione dei reati, nel senso elaborato dalla giurisprudenza, l’assunto trovando riscontro nelle stesse dichiarazioni di COGNOME Roberto.
Con il terzo motivo, ha dedotto vizio della motivazione, quanto al diniego delle generiche: la Corte avrebbe taciuto sul punto, laddove la meritevolezza di esse discenderebbe dal comportamento processuale dell’imputato.
Infine, con il quarto motivo, ha dedotto violazione di legge, erronea applicazione della legge processuale e vizio della motivazione con riferimento all’operato aumento per la continuazione, calcolato in termini molto più afflittivi rispetto alla diversa sede processuale, quanto all’associazione operante in Sala Consilina e i singoli reati satellite.
Il Procuratore generale, in persona della sostituta NOME COGNOME ha depositato conclusioni scritte, con le quali ha chiesto la declaratoria di inammissibilità del ricorso.
Considerato in diritto
1. Il ricorso è inammissibile.
Il primo motivo è manifestamente infondato, oltre che aspecifico.
2,1 La Corte del merito, pronunciata l’estinzione dei reati satellite, ha ritenu maturata la prescrizione per quello associativo, richiamando la inclusione di esso nel nover quelli contemplati nell’art. 161, comma 2, cod. pen. , in base al quale i un quarto del tempo necessario a prescrivere, in caso di sospensione o interruzione, non oper per i reati di cui all’art. 51, comma 3-bis e 3-quater, cod. proc. pen., tra i quali figura, per l’appunto, l’art. 74 d.P.R. n. 309/1990, oggetto del presente procedimento. In tal modo, giudice ha ritenuto implicitamente applicabile al caso in esame il nuovo statuto d prescrizione introdotto con la legge n. 251 del 2005 (c.d. ex Cirielli), in forza del qua reato per cui si procede non è sostanzialmente previsto un termine massimo, la prescrizion maturando soltanto se, da ciascun atto interruttivo, sia decorso il termine minimo fis dall’art. 157 cod. pen. e, pertanto, in presenza di più atti interruttivi, è potenz suscettibile di ricominciare a decorrere all’infinito (Sez. 2, n. 4822 del 15/11/2022, dep Cristiano, Rv. 284389 – 02; n. 40855 del 19/04/2017, COGNOME, Rv. 271164 – 01; Sez. 6, n 8654 del 11/02/2014, Costa, Rv. 259108 – 01).
Dal canto suo, la difesa ha invocato l’applicazione al caso in esame della disciplina d prescrizione antecedente alla modifica di cui alla citata legge n. 251/2005, senza fornire al indicazione in ordine ai presupposti fattuali ai quali ha agganciato detta conclusione.
Infatti, il reato per il quale si procede ha natura permanente (sul punto, Sez. 2, n. del 20/02/2019, COGNOME, Rv. 275583 – 03; Sez. 6, n. 27720 del 05/03/2013, COGNOME, 255622 – 01; Sez. 6, n. 49921 del 25/01/2018, Costantino, Rv. 274287 – 01) e, rispetto a t categoria di reati, si è più volte affermato che, in caso di contestazione c.d. aper “consumazione in atto”, senza indicazione della data di cessazione della condotta illecita regola di “natura processuale” per la quale la permanenza si considera cessata con la pronunci della sentenza di primo grado non equivale a presunzione di colpevolezza fino a quella data spettando all’accusa l’onere di fornire la prova a carico dell’imputato in ordine al protrar condotta criminosa fino all’indicato ultimo limite processuale (Sez. 1, n. 39221 del 26/02/2 Saputo, Rv. 260511 – 01; Sez. 2, n. 23343 del 01/03/2016, Ariano, Rv. 267080 – 01; Sez. 2 n. 37104 del 13/06/2023, COGNOME, Rv. 285414 – 01), restando però confermato che, in tali ipot il termine finale di consumazione coincide con quello della pronuncia della sentenza di pri grado che cristallizza l’accertamento processuale, dal quale decorre il term di prescrizione del reato in mancanza di una specifica contestazione che delim temporalmente le condotte frutto della reiterazione criminosa (sez. 5, n. 12055 19/01/2022, C., Rv. 281021 – 01, in tema di atti persecutori; Sez. 5, n. 6742 del 13/12/20 D., Rv. 275490 – 01, in tema di delitto di cui all’art. 612 bis, cod. pen.; n. 22210 del 03/04/2017, C., Rv. 270241 – 01, sempre in tema di delitto di cui all’art. 612 bis, cod. pen.).
Ciò posto, la giurisprudenza, con indirizzo che può considerarsi consolidato, ha g spiegato che, in tema di cause di estinzione del reato, il principio del favor rei, in base al quale, nel dubbio sulla data di decorrenza del termine di prescrizione, il momento iniziale deve ess fissato in modo che risulti più favorevole all’imputato, opera solo in caso di incertezza as
sulla data di commissione del reato o, comunque, sull’inizio del termine di prescrizione, ma quando sia possibile eliminare tale incertezza, anche attraverso deduzioni logiche (Sez. 3 7245 del 12/01/2024, COGNOME, Rv. 285953 – 01;), da considerarsi del tutto ammissibili (Sez. n. 4139 del 13/12/2017, dep. 2018, COGNOME, Rv. 272076 – 01; n. 46467 del 16/06/2017, V., R 271146 – 01), essendo pure condivisibile il principio per il quale il termine di prescriz computato non in riferimento alla sua contestazione originaria bensì in relazione alla spec e concreta configurazione finale che del fatto il giudice abbia ritenuto in sentenza, riguardo alla qualificazione giuridica ed agli elementi circostanziali riconosciuti (in moti Sez. 2, n. 13927 del 4/3/2015, COGNOME).
2.2. Nel caso in esame, il ricorrente non ha precisato alcunché in ordine alle scansi processuali rilevanti per individuare la chiusura della contestazione di cui alla rubrica, al certamente bisogna fare riferimento per stabilire la data di chiusura della contestazione reato associativo. E, sul punto, si è già chiarito che è inammissibile, perché carente del req della specificità dei motivi, il ricorso per cassazione che deduca l’omesso rilievo ex officio da parte del giudice di merito della prescrizione del reato, quando il ricorrente non for compiuta rappresentazione della sequela procedimentale e non dimostri, alla luce della stessa l’intervenuta maturazione del termine di legge (Sez. 6, n. 35791 del 29/05/2019, COGNOME, 277495 – 01, in cui, in motivazione, la Corte ha evidenziato che la prescrizione è un eve giuridico e non un mero fatto naturale, in quanto implicante la risoluzione di plurime ques di diritto e di fatto, onde il suo accertamento non è frutto del mero computo aritmetic relativo termine sul calendario; Sez. 1, n. 12595 del 13/03/2015, falco, Rv. 263206 – 01; Sez. 5, n. 12093 del 20/01/2021, F., Rv. 28035 – 01). Nella specie, difesa non ha prospettato alcun elemento alla stregua del quale possa evincersi una chiusur della contestazione anticipata rispetto a quella individuata dal giudice d’appello, né richi elementi emersi nel giudizio di primo grado, concluso con la sentenza del 29/06/2018, cosicché il motivo deve ritenersi del tutto silente in ordine ai presupposti ai quali la difesa ha ag l’assunto del sopravvenuto fatto estintivo. Corte di Cassazione – copia non ufficiale
2.3. In ogni caso, la deduzione difensiva potrebbe semmai introdurre un problema di comparazione tra le due discipline applicabili nella specie che però si risolve, ancora una v in senso contrario a quello allegato a difesa. Infatti, lo statuto della prescrizione, sembra aver fatto riferimento il giudice d’appello, è certamente meno favorevole rispett quello invocato dalla difesa, poiché il termine di prescrizione è potenzialmente suscettibi ricominciare a decorrere all’infinito, come sopra precisato. Tuttavia, anche facendo applicazi dello statuto della prescrizione più favorevole di cui alla normativa antecedente alla leg 251 del 2005, il reato non può considerarsi prescritto, avendo la difesa omesso di considerar la forbice edittale prevista per il reato di cui all’art. 74, comma 2, d.P.R. n. 309/1990, alla quale il legislatore ha indicato solo il minimo edittale pari ad anni dieci di reclusi un massimo che va, dunque, individuato in anni ventiquattro di reclusione, giusta la previsio di cui all’art. 23 cod. pen. Ne discende che, nel caso all’esame, la prescrizione sarebbe, seco
la prospettazione difensiva, pari a complessivi anni trenta (anni venti ex art. 157 in prima della riforma di cui alla legge n. 251/2005, oltre all’aumento sino alla metà in b disposto del previgente art. 160, cod. pen.).
Anche il secondo motivo è manifestamente infondato, la difesa avendo del tutto omesso un effettivo confronto con le ragioni della decisione quanto alla allegata violazione principio del ne bis in idem. Sul punto, deve osservarsi che la Corte territoriale ha fatto buo governo del diritto vivente: ai fini della preclusione connessa al principio ne bis in idem, infatti, l’identità del fatto sussiste quando vi sia corrispondenza storico-naturalistica configurazione del reato, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento causale) e con riguardo alle circostanze di tempo, di luogo e di persona (Sez. U, n. 34655 28/06/2005, COGNOME, Rv. 231799 – 01; Sez. 1, n. 41867 del 26/06/2024, COGNOME, Rv. 287251 – 01; Sez. 4, n. 30615 del 09/05/2024, Testore, Rv. 286884 – 02; Sez. 3, n. 21994 d 01/02/2018, COGNOME, Rv. 273220 – 01, in cui si è precisato che, a tal fine, non è suffici generica identità della sola condotta). Nella specie, i giudici d’appello, previa constat della mancata allegazione di elementi da parte della difesa, hanno espressamente dato conto dei fattori di diversità, ravvisandoli, oltre che nel luogo di operatività delle due asso anche nella tipologia dei reati satellite che, nel caso di specie, hanno ad %oggetto l’importaz di ingenti quantitativi di stupefacente non destinati all’associazione operante in Sala INDIRIZZO precisando altresì che l’imputato non aveva agito nel sodalizio in esame con impegno d esclusiva, ciononostante e del tutto coerentemente avendo ravvisato l’identità di diseg criminoso con le condotte oggetto del procedimento già definito.
Il terzo motivo è manifestamente infondato, la doglianza essendo anche del tutt generica poiché muove dall’unico assunto per il quale le circostanze attenuanti generich avrebbero potuto essere riconosciute per il comportamento processuale dell’imputato.
Secondo quanto riportato alla pag. 3 della sentenza impugnata, in sede di gravame, la difesa aveva invocato il riconoscimento delle generiche ai fini del contenimento della pena p il reato associativo che tuttavia, nella specie, i giudici d’appello hanno individuato solo in di aumento per la continuazione con i reati già giudicati.
Orbene, sul punto, è già stato affermato che l’accertamento del vincol della continuazione tra il reato giudicato e altro precedente per il quale è intervenuta cond con sentenza irrevocabile richiede al giudice la sola applicazione dell’aumento dovuto p la continuazione, mentre non possono essere applicate le circostanze attenuanti, il c riconoscimento richiede l’esame dell’intera condotta antigiuridica del reo, ivi inclusa quel considerata dal precedente giudicato, ostandovi la res iudicata (Sez. 5, n. 2907 del 23/10/2013, COGNOME, Rv. 258462 – 01; Sez. 3, n. 897 del 29/11/2011, dep. 2012, COGNOME, Rv. 251907 – 01).
Tale principio, tuttavia, è stato successivamente calibrato, essendosi ritenuto possibi riconoscimento di dette circostanze anche in ipotesi di determinazione dell’aumento per l
continuazione, sempre che si tratti di valutare elementi oggettivi riferibili al singolo reato, atteso che, in caso di elementi riferibili all’imputato, essi devono riferirsi a t avvinti dal vincolo della continuazione (Sez. 1, n. 20945 del 25/02/2021, COGNOME, Rv. 28156 – 01; Sez. 2, n. 10995 del 13/02/2018, COGNOME, Rv. 272375 – 01, in cui, in applicazi del principio, la Corte ha annullato la sentenza che aveva riconosciuto le circostanze attenua generiche sulla base del comportamento processuale tenuto dagli imputati, ma le aveva applicate al solo reato satellite e non alla pena base).
Nella specie, la difesa non ha indicato alcun elemento che la Corte abbia omesso di considerare, a tal fine non potendosi riconoscere alcun rilievo alla mera locuzi “comportamento processuale”, contenuta nel ricorso, neppure concretamente declinata attraverso dati specifici.
Infine, è manifestamente infondato anche l’ultimo motivo: in maniera, ancora una volta del tutto generica, la difesa si è limitata a manifestare il suo disaccordo rispe determinazione dell’entità dell’aumento a titolo di continuazione, senza tener conto del f che la Corte lo ha motivato espressamente, valorizzando elementi direttamente riconducibili a parametri legali di cui all’art. 133, cod. pen. (importanza dei quantitativi che l’associaz proponeva di importare; intensità del dolo; spiccata pericolosità manifestata dal COGNOME). nulla rileva, peraltro, la quantificazione degli aumenti operati nel diverso procedimento, ri al quale, nella stessa sentenza censurata, si è precisato che uno degli elementi di diversità le due associazioni risiedeva proprio nella circostanza che i consistenti quantitativi oggetto condotte contestate nel presente procedimento non risultavano destinati alla divers associazione operante in Sala Consilina.
Alla declaratoria di inammissibilità segue la condanna del ricorrente al pagamento delle spese processuali e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende, difettando ragioni di esonero in ordine alla causa di inammissibilità (Corte cost. n. 186/20
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processua e della somma di euro tremila in favore della Cassa delle ammende.
Deciso il 19 marzo 2025
La Consigliera est.
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