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Ne bis in idem e reato associativo: la Cassazione

La Corte di Cassazione dichiara inammissibile il ricorso di un imputato condannato per associazione a delinquere finalizzata al narcotraffico. La sentenza chiarisce che il principio del ‘ne bis in idem’ non si applica se due sodalizi criminali, pur con parziali sovrapposizioni, presentano differenze in termini di operatività territoriale, obiettivi e compagine. Rigettate anche le censure relative alla prescrizione del reato e alla dosimetria della pena.

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Pubblicato il 6 ottobre 2025 in Diritto Penale, Giurisprudenza Penale, Procedura Penale

Ne bis in idem e reato associativo: la Cassazione chiarisce i limiti

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 13353 del 2025, offre importanti chiarimenti su questioni complesse come l’applicazione del principio del ne bis in idem in materia di reati associativi e il calcolo della prescrizione. La Corte ha esaminato il caso di un individuo condannato per aver partecipato a un’associazione finalizzata al narcotraffico, il quale sosteneva di essere già stato giudicato per fatti analoghi. La decisione conferma la condanna, stabilendo che due sodalizi criminali, seppur con elementi in comune, possono costituire fatti distinti, non coperti dal divieto di doppio processo.

I Fatti del Caso

L’imputato era stato condannato in primo grado per il reato di associazione per delinquere finalizzata al traffico di stupefacenti, con un ruolo apicale, oltre che per diversi reati-fine. La Corte d’Appello di Napoli, in parziale riforma, aveva dichiarato prescritti i reati-fine, escluso il ruolo di vertice nell’associazione e rideterminato la pena in undici anni di reclusione, riconoscendo il vincolo della continuazione con altri reati precedentemente giudicati con sentenza irrevocabile. L’imputato ha quindi proposto ricorso per Cassazione, lamentando principalmente la violazione del principio del ne bis in idem, l’intervenuta prescrizione anche per il reato associativo e vizi nella determinazione della pena.

I Motivi del Ricorso in Cassazione

La difesa ha articolato il ricorso su quattro punti principali, cercando di smontare l’impianto accusatorio confermato in appello.

La questione del ‘ne bis in idem’

Il motivo centrale del ricorso riguardava la presunta violazione del principio del ne bis in idem. La difesa sosteneva che l’imputato fosse già stato condannato per un’associazione a delinquere operante in un’altra località (Sala Consilina) nello stesso arco temporale. Secondo il ricorrente, la parziale coincidenza soggettiva e la corrispondenza storico-naturalistica dei fatti avrebbero dovuto portare a considerare le due associazioni come un unico reato, impedendo un nuovo processo. La difesa ha evidenziato come questa tesi trovasse riscontro anche nelle dichiarazioni di un coimputato.

Prescrizione, attenuanti e calcolo della pena

Gli altri motivi di ricorso vertevano su aspetti tecnici e sanzionatori:
1. Prescrizione: Si sosteneva che, una volta derubricata l’accusa escludendo il ruolo apicale, il reato associativo dovesse considerarsi prescritto secondo la normativa antecedente alla legge ‘ex Cirielli’ del 2005, più favorevole all’imputato.
2. Attenuanti Generiche: La difesa lamentava il mancato riconoscimento delle circostanze attenuanti generiche, che a suo dire sarebbero dovute derivare dal comportamento processuale dell’imputato.
3. Aumento per la Continuazione: Infine, si contestava l’eccessiva entità dell’aumento di pena applicato per la continuazione con i reati già giudicati, ritenuto sproporzionato.

Le Motivazioni della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, respingendo tutte le doglianze difensive con argomentazioni precise.

In merito al principio del ne bis in idem, i giudici hanno ribadito che per la sua applicazione è necessaria una piena corrispondenza storico-naturalistica del fatto, considerato in tutti i suoi elementi costitutivi (condotta, evento, nesso causale) e circostanze (tempo, luogo, persona). Nel caso di specie, la Corte ha validato la conclusione dei giudici di merito, secondo cui le due associazioni criminali erano distinte e non sovrapponibili. Le differenze erano sostanziali: operavano in territori diversi, avevano obiettivi e compagini eterogenee (con la sola eccezione di un coimputato) e i reati-fine, come l’importazione di ingenti quantitativi di droga, non erano destinati al gruppo di Sala Consilina. La partecipazione dell’imputato a entrambi i sodalizi non era sufficiente a fonderli in un’unica entità criminosa.

Sul tema della prescrizione, la Corte ha chiarito che il reato associativo ha natura permanente e la sua consumazione cessa con la sentenza di primo grado. Il ricorrente non ha fornito elementi per dimostrare una cessazione anticipata della condotta. Inoltre, anche applicando la normativa più favorevole invocata dalla difesa, il termine di prescrizione non sarebbe comunque maturato, data l’elevata cornice edittale del reato.

Infine, sono stati respinti i motivi relativi alla pena. Il diniego delle attenuanti generiche è stato ritenuto legittimo, poiché la richiesta era generica e non supportata da elementi specifici. Per quanto riguarda l’aumento per la continuazione, la Corte ha giudicato la motivazione adeguata, in quanto basata su parametri legali come l’importanza dei quantitativi di droga, l’intensità del dolo e la pericolosità manifestata dall’imputato.

Conclusioni

La sentenza consolida l’orientamento giurisprudenziale secondo cui la partecipazione di un soggetto a più associazioni criminali non comporta automaticamente l’applicazione del ne bis in idem. È necessaria un’analisi fattuale approfondita per determinare se si tratti di un unico fatto o di condotte criminose distinte. La decisione sottolinea l’importanza della specificità dei motivi di ricorso: le censure generiche, sia sulla prescrizione che sulle attenuanti, sono destinate all’inammissibilità. Per i professionisti del diritto, questa pronuncia rappresenta un importante riferimento per distinguere tra unicità e pluralità di reati associativi e per comprendere i criteri di valutazione della Corte in materia di prescrizione e determinazione della pena.

Quando due associazioni a delinquere sono considerate fatti diversi ai fini del ‘ne bis in idem’?
Sono considerate fatti diversi quando, nonostante eventuali parziali sovrapposizioni (temporali o soggettive), presentano differenze sostanziali negli elementi costitutivi, come l’ambito territoriale di operatività, gli obiettivi specifici, la tipologia dei reati-fine e la composizione della compagine criminale.

Come si calcola il termine di prescrizione per un reato associativo permanente?
Per un reato associativo, che ha natura permanente, il termine di prescrizione inizia a decorrere dal momento in cui cessa la permanenza della condotta illecita. In assenza di prove su una data di cessazione anteriore, la giurisprudenza consolidata considera che la permanenza cessi con la pronuncia della sentenza di primo grado.

È possibile ottenere le attenuanti generiche per il solo aumento di pena in continuazione?
La giurisprudenza ammette la possibilità di riconoscere le attenuanti in fase di determinazione dell’aumento per la continuazione. Tuttavia, se le circostanze attenuanti si basano su elementi soggettivi riferibili all’imputato (come il comportamento processuale), la valutazione deve riguardare la sua condotta complessiva, inclusa quella relativa ai reati già giudicati in via definitiva, e non solo il nuovo fatto.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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